Ringrazio chi mi ha
recensito,
e per quelli che non l’hanno fatto, beh… ragazzi,
ci sono le visite, dai,
lasciatemi un commento. Non riesco a capire se la direzione presa vi
piaccia o
meno!
Dedico questo capitolo ad Ernil, perché ha fatto un
lavoro recensitorio
FOLLE questa sera, rendendomi una slasher molto felice. XD
@Trixina:
Eeheh, mi fa piacere che ti sia piaciuta la scena Al/Tom! ^^
Sì, in effetti è
stata molto dolciosa, ma era voluta. Un po’ di quiete prima
della tempesta! E
Al è adorabile, lo so. ;P (auto-pimping? No, è
che io me lo immagino così XD)
Beh, sì Harry e Ron li ha fatti un po’ come me li
ricordavo… c’è poco da fare,
per me saranno sempre dei bambinoni troppo cresciuti. XD Grazie per i
complimenti… anche io sono dispiaciuta dalla defezione dei
soliti commentatori,
ma voi mi date la forza di mandare avanti la baracca, quindi davvero
Trixina,
GRAZIE.
@Altovoltaggio:
non importa, l’importante è che alla fine mi fai
sapere che ne pensi! Le
recensioni sono importanti per il morale dell’autore e
diciamocelo, anche un
po’ per goduria personale ^^ Grazie mille per i complimenti,
specialmente
quelli ad Albus-è-Al!
@Simomart: Ciao,
benarrivata! Grazie della SPLENDIDA recensione, articolata e precisa
che mi hai
lasciato! Davvero è la tua prima storia slash! Allora
è un onore! ^^ Anche tu
già conoscevi Taylor Kirsch? Vero che è stupendo!
XD Per quanto riguarda Rose e
Scorpius avranno un peso nei prossimi capitoli, ma purtroppo dovendo
gestire
tante coppie devo fare delle scelte. Allora, per le info…
Posto ogni domenica,
verso mezzanotte, o altrimenti in mattinata tardi. Dipende da quando
torno dai
bagordi e quanto tardi mi alzo XD Per quanto riguarda la durata, penso
di
finire con il 50 capitolo massimo, ma ci sarà una seconda
parte, salvo
imprevisti, tra l’altro, un po’ più het.
;)
@Mikyvale: Non
preoccuparti Miky! L’importante è rivederti su
questi schermi ^^ Il mantello
scoprirai a cosa serve, e chi l’ha preso. Grazie mille per
continuare a
seguirmi! Stay tuned!
****
Capitolo XXXVIII
Help
me, help me
You know me better than I knew myself
Getting nothing done/ I'm getting nothing done
Failing all my friends/ And I'm failing
everyone¹
(Mayday
[M’aidez], People in
Planes)
6
Novembre 2022
India,
Regione di Nagaland. Mattina.
La situazione non era delle
migliori.
Si trovavano in una radura,
spersi nel nulla della penisola indiana, circondati da una dozzina di
indigeni
guerrieri con zanne lunghe come avambracci di un bambino. Armati.
Ron teneva la bacchetta tesa
di fronte a sé. “Harry…”
Sussurrò a denti stretti.
“Lo so.”
Si schiarì la voce.
“Siamo qui per incontrare un nostro
amico…” Iniziò scandendo lentamente
ogni
parola. “Rolf Scamandro.”
I Naga non si mossero. Poi, quello con l’arco più
grosso e con più collane e
piume addosso, emise un sibilo. Harry suppose che stesse parlando.
È
serpentese. Oh, dannazione.
Da
quando Voldemort aveva smesso di
esistere, i poteri a lui collegati si erano andati via via
affievolendo, pari
passo con la scomparsa della cicatrice.
Il che significava che a
quarantadue anni suonati non percepiva che qualche parola, e per giunta
incomprensibile, nella lingua dei rettili.
Forse
era l’unica cosa utile che mi avrebbe potuto
lasciare in eredità…
“Sta parlando in
serpentese,
vero?” Sussurrò Ron. “Ti prego, dimmi
che lo capisci.” Alla sua espressione
inspirò bruscamente. “Okay, dobbiamo combattere?
Perché devo sapere se potrei
morire lontano migliaia di miglia da casa mia. Così
saprò se Hermione onorerà la
mia tomba o ballerà sul mio cadavere.”
I Naga a quello scambio di parole, forse irritati dal non capirci
assolutamente
niente, si fecero più vicini e minacciosi.
Harry prese una decisione, velocemente. “Abbassa la
bacchetta, Ron.”
“Cosa?”
“Abbassala.” Ripeté, chinandosi a
metterla a terra, con un movimento attento.
“Harry, che
diavolo stai…”
“Ascolta. Se avessero voluto ucciderci l’avrebbero
già fatto. Credo che vogliano
catturarci.”
“Adesso sì che mi sento meglio! Per diventare il
loro pranzo? Scordatelo!”
Harry lanciò un’occhiata di ferro –
sviluppata durante gli anni passati come
caposquadra – e gli fece cenno di abbassarla.
“Fa’ come ti dico, Ron. Fidati.”
“Ricordami che ti devo un pugno sul naso.”
Sibilò, ma obbedì. Subito due
guerrieri gli furono addosso, legandoli saldamente con le mani dietro
la
schiena. Quello che sembrava il capo prese le bacchette che uno dei due
gli
porse, studiandole.
“Spero non voglia usarle come stuzzicadenti”
Borbottò Ron.
Il Naga, con gran sollievo di entrambi, si limitò a tenerle
in mano mentre ordinò
qualcosa ai suoi guerrieri.
La piccola carovana si
mosse.
Harry ebbe la percezione di camminare a lungo, ma forse era la
stanchezza della
materializzazione, addizionata al caldo umido che gli fiaccava le ossa.
Dopo un tempo imprecisato, e
un borbottio pressoché ininterrotto da parte di Ron,
arrivarono a quello che
sembrava a tutti gli effetti un villaggio.
Harry lo studiò
con
attenzione: era recintato da un alto steccato di legno, e sorvegliato
da tre postazioni
diverse. All’ingresso stava una capanna rettangolare, la
più grande di tutte.
Al centro c’era una radura, con quella che sembrava la dimora
del capo, a
giudicare dai colori accesi del legno in cui era dipinta. Davanti
c’era un
enorme Naga – molto più grosso del capo della
piccola spedizione e accanto a
lui…
“Rolf!”
L’uomo, praticamente un bambino accanto al grosso
uomo-serpente, si tolse la
pipa dalle labbra, rivolgendo loro un cenno. “Harry,
Ronald… Benvenuti nella
tribù Zhamai.” Poi si rivolse al
capotribù, parlandogli in quello che ad Harry
sembrò indiano. Non serpentese, comunque.
Il grosso essere
sferzò la
coda e rivolse qualche parola al gruppo di guerrieri. I due che li
tenevano si
affrettarono a liberarli dei legacci.
Ron si massaggiò
i polsi. “Rivoglio
la mia bacchetta.” Disse subito.
“Le terranno loro
finché la
visita non sarà conclusa.” Chiarificò
Rolf, dopo aver tirato uno sbuffo di
pipa. “Misure precauzionali. L’hanno presa anche a
me.”
Ron sembrò
innervosirsi, ma
non disse nulla. Negli anni aveva imparato a mordersi la lingua
più di quanto
volesse veramente. Harry gliene fu grato.
“Rolf, pensavamo
saresti
venuto a prenderci tu…” Azzardò, con
calma ammirevole, considerando che erano
circondati da imponenti montagne di scaglie e zanne.
“Sono dovuto
rimanere qui come
garanzia.” Spiegò. “Gli Zhamai sono una
tribù estremamente diffidente verso i
maghi. Sono stato presentato ufficialmente da un altro
capotribù non più di tre
giorni fa e nonostante abbiano accettato… beh, non si fidano
neppure di me.”
Concluse con semplicità, mentre Ron lanciava uno sguardo
sconfortato all’amico.
“Adesso capisco
perché Luna
l’ha sposato.” Sussurrò, scrutando cupo
l’aria rilassata del naturalista. “Sono
sciroccati tutti e due.”
Harry represse un mezzo
sorriso, e si schiarì la voce. “Hanno accettato di
sottoporsi ad un
interrogatorio?”
“Ne stavamo giusto parlando. Lootra, il capotribù,
mi ha spiegato che ha perso uno
dei suoi guerrieri migliori, mentre cinque sono tornati in condizioni
terribili,
perché portati via da un uomo che …
l’espressione corretta è, suppongo, ha
stimolato loro il demone della cupidigia.”
“Pensavo fossero stati portati in Inghilterra dal Ministero
Indiano.”
“È così infatti.” Rolf
scambiò qualche altra parola con il Naga, che li fissava
in modo così truce che Harry si meravigliò che
non li avessero ancora riempiti
di frecce. “Pare che il funzionario che è venuto
qui abbia promesso loro la
fama. A quanto ho capito sarebbero stati ospiti di una serie di
convegni sulle
creature magiche ad Edimburgo. Molti dei giovani di qui sono attratti
dal mondo
al di fuori del villaggio. Persino le tribù più
isolate come questa hanno avuto
contatti con i maghi.”
Harry annuì. “Chiedigli se è disposto
farci parlare con i suoi guerrieri.”
“Già fatto.” Lo precedette Rolf.
“Ha detto che non è disposto a farveli
incontrare, ma che parlerà lui con voi. Inoltre vuole avere
l’assicurazione che
la sua tribù non venga coinvolta in faccende tra
maghi.”
“L’avrà. Digli però che ho
davvero bisogno di parlare con uno dei suoi
guerrieri. Potrebbe essere testimone in un indagine auror.”
Soggiunse.
Rolf si rivolse verso
l’essere, e dopo un paio di scambi di battute, il Naga fece
un cenno,
rientrando nella capanna di legno e paglia.
“Ha detto di seguirlo.” Tradusse Rolf.
“Ma Ronald dovrà rimanere fuori.”
“Eh? E perché?” Si adombrò
l’uomo. “Qual è il problema?”
“Accetta solo di parlare con il capo. In questo caso,
Harry.”
Harry fece un sorriso di scuse all’amico. “Resta
qui. Sorveglia la situazione.”
“Certo, senza bacchetta.” Ribatté
l’altro innervosito. “Non metterci troppo. Vorrei
tornare a casa prima di colazione, fusorario permettendo.”
Harry gli fece un cenno, entrando dentro la capanna. Fu stupito dal
vedere come
fosse estremamente simile a quella che poteva immaginare per un
indigeno umano.
Il Naga si acciambellò tra un groviglio di pelli, facendo
cenno loro di
sedersi.
Harry obbedì, sperando ardentemente che non gli fosse
offerto niente di ciò che
bolliva in un angolo della capanna. Aveva un odore nauseabondo.
Rolf si accomodò
perfettamente
a suo agio accanto all’essere. “Ha detto che vuole
sapere il motivo per cui hai
bisogno di parlare con uno dei guerrieri.”
“Spiegagli che potrebbe essere un testimone, e qualsiasi cosa
dica o ricordi,
anche la più sciocca, potrebbe esserci molto
utile.” Ripeté pazientemente.
Rolf tradusse diligentemente
e
il Naga sferzò di nuovo la coda, palesemente infastidito.
“Dice che non si
fida dei
maghi, e non vuole che uno dei suoi giovani sia accusato di cose che
non ha
commesso.” Concluse con un sospiro. “Harry, se vuoi
un consiglio, accetta la
sua proposta. Siamo suoi ospiti, ma il concetto di
ospitalità Naga è
estremamente variabile.”
Harry esitò. Era venuto lì per avere delle
risposte, ma come si aspettava, la
cosa non stava funzionando. Capiva il capotribù. Ma il
capotribù era piuttosto
palese che non si sforzasse di capire lui.
“Quindi il punto
principale è
che non si fida di me, è esatto?”
“Grossomodo.” Assentì Rolf.
“Non prenderlo come un punto personale. Noi maghi
spesso veniamo visti come sfruttatori, e considerando che sei dei suoi
guerrieri sono stati effettivamente
sfruttati da un mago…” Fece un cenno vago.
“Oltre a questo, il governo magico
indiano non rispetta le loro tradizioni, il più delle volte
li vede come
selvaggi pericolosi. Capisci bene che con queste premesse, e
già tanto che
accetti di dirti ciò che sa lui.”
Harry sospirò. “Chiedigli cosa sa.”
Rolf tradusse e il Naga si premurò di fare un breve e
conciso discorso, prima
di piantargli le pupille oblique addosso.
“Ha detto che un
funzionario
del ministero è venuto a parlare qui a Luglio, credo, se ben
ricordo il
calendario Naga. Sei dei suoi guerrieri hanno acconsentito a partire
per
Londra, per…”
“Questa è la parte che so già, Rolf.
Quello che voglio sapere è cosa gli hanno
detto dopo che sono tornati.”
Rolf ripeté la domanda, ma la risposta fu desolante come
Harry si aspettava.
“Dice che arrivati lì sono stati affidati ad un
mago inglese, e poi ad un altro
mago che ha operato su di loro un’ oscura magia. Li ha
costretti ad obbedire.”
Fece una pausa. “Imperio?”
Chiese.
“Probabile.”
Fece una smorfia
l’uomo. “Non c’è
altro?”
“È tutto quello che sa.”
Harry serrò le
labbra: poco o
niente, come immaginava.
Devo
guadagnarmi la sua fiducia…
L’unico
modo era mostrargli che c’era
qualcosa che un mago poteva avere in comune con una creatura oscura.
Doveva
stabilire un contatto.
Devo
parlargli in serpentese…
Si concentrò,
guardandolo. Da
ragazzo per lui era normale come parlare inglese. E se la cicatrice
ancora c’era,
forse…
“Parlo… serpentese.”
Sussurrò a
fatica, come ricordando una lingua straniera che aveva parlato anni
prima. Ed
era così.
Dalla faccia che fece Rolf e dall’espressione sbigottita del
Naga, capì che
qualcosa aveva detto.
“Lo
parli, sì.” Convenne Lootra. “Non sapevo che i maghi potessero parlare la lingua
degli avi.”
“Non tutti.”
Fece una pausa. “So che noi maghi
non godiamo della vostra
fiducia. Ma ci sono maghi buoni, e maghi malvagi. Chi ha rapito i
vostri
guerrieri è un malvagio. E lo stiamo cercando. Devo parlare
con uno dei vostri
guerrieri perché un giovane mago, un mago innocente,
è in pericolo. Non siamo
diversi, anche io sto cercando di proteggere qualcuno.”
Il Naga lo squadrò a lungo, dandogli la spiacevole
sensazione che tentasse di
leggergli i pensieri. Poco probabile, ma chissà che la
legimanzia non
funzionasse anche per le creature oscure.
“E
sia.” Concesse. Subito dopo sibilò un
ordine ad una delle
sentinelle poste davanti alla capanna.
“Pensavo non ne fossi più capace…
intendo, di parlare il serpentese.” Interloquì
Rolf impressionato.
“Lo pensavo anche
io. C’è da
dire che non ho più avuto molti modi per esercitarmi. E
neanche motivi.”
Aggiunse con un mezzo sorriso. Tacquero quando entrò un
altro naga dentro la
capanna. Era più piccolo rispetto al capotribù,
ma in compenso aveva un aspetto
ben più feroce.
“Questo è mio figlio
Lotha.” Spiegò
Lootra. “Faceva parte dei cinque che
sono
tornati.”
Harry improvvisamente si sentì molto più nervoso,
e allo stesso tempo più
comprensivo. Fece un cenno verso la creatura, che replicò,
guardinga.
“Lotha, ho bisogno che tu ricordi a
chi
sei stato affidato con i tuoi compagni. Non Duil, l’altro.”
Il guerriero sferzò la coda. Lanciò
un’occhiata al padre, poi rispose. “Il
guerriero. Non era come l’altro mago. Non
aveva paura di noi. Non ci temeva. Era grande e potente.”
“Perché dici che era
potente? Vi ha
minacciato?”
“Noi Naga percepiamo la forza di voi
maghi.” Replicò sferzante il giovane.
“Percepiamo
il campo magico di cose e umani. Lui era potente. E ci ha fatto un
incantesimo,
come li chiamate voi. Da quel momento, siamo stati tutti in suo potere.”
“Imperio…” Sussurrò Harry
distrattamente. “Potresti
descrivermelo?”
Il Naga rimase in silenzio,
così a lungo che Harry pensò che non avesse
capito la domanda. Poi riprese. “Era
alto, due teste più di te. Indossava
vesti strane. Diverse dalle vostre. Non ricordo altro.”
Vestiti babbani… Fantastico.
Significa
che può nascondersi anche trai babbani.
“Ricordi
cosa vi ha chiesto di fare? Magari se era da solo?”
“Era da solo.”
Confermò. “E ricordo cosa
ci ha chiesto di fare. Ci ha
chiesto di cercare una pietra in una Foresta. Ha dato a Selik la pietra
e gli
ha detto di trovare un ragazzo. Selik è morto.”
Soggiunse con un sibilo che
ricordava gesso su una lavagna. Harry fece una smorfia, ma la sua mente
lavorava febbrile.
Una
pietra nella Foresta…
“Hai
visto quella pietra? Sapresti descrivermela?”
“Sì, l’ho
trovata io. Era piccola, scura
e dal grande potere.”
Harry sentì il
sangue gelarsi
nelle vene. Non c’era ombra di dubbio, di cosa si potesse
trattare,
considerando che lui stesso aveva gettato quella pietra nella Foresta
Proibita,
più di vent’anni prima. Stava parlando della
Pietra della Resurrezione. Uno dei
Doni della Morte.
“Vi
ha chiesto di recuperare… altro?”
“No.”
Negò il guerriero. “Ci ha
tenuto per giorni in una grotta,
dentro la Foresta. Con noi c’era il mago che avevamo
incontrato all’inizio,
quello che ci aveva consegnato a lui. Era sotto il nostro stesso
incantesimo.
Poi ci ha fatto un incantesimo e ci siamo ritrovati dentro un campo
recintato.
Ci hanno detto di cercare quel ragazzo, lo stesso che avrebbe dovuto
trovare
Selik. Poi siete arrivati voi.”
Harry cercò di non far trapelare lo sgomento e
l’angoscia che montavano dentro
di lui.
Aveva cercato e trovato un Dono della Morte. La Pietra. Forse era
quello meno
pericoloso o utile, ma proprio per questo non poteva essere la sola
cosa che
cercavano.
E il ragazzo…
Si schiarì la
voce. “Sai chi è il
ragazzo? Vi ha dato un nome?”
Il naga sferzò la coda, forse un segno di diniego.
“Ci ha detto che era alto e magro.
Ci ha detto che il suo campo magico
era diverso da quello degli altri giovani maghi. Ed era vero.”
Tom…
Si tratta di Tom, Merlino Benedetto.
“Sai
perché vuole il ragazzo?” Si sentiva la
bocca secca, ma
controllò perfettamente la voce. Non aveva passato quasi
vent’anni all’Ufficio
Auror senza saper controllare le proprie emozioni. Piton,
considerò amaro, si
sarebbe stupito dell’autocontrollo che era sopravvenuto con
la sua maturità.
“No.
Ma so che lo vuole.”
Il capotribù a quel punto decise di intervenire. “Il ragazzo è in pericolo,
mago. Se non l’abbiamo preso noi, è certo
che lo prenderà lui.”
****
Hogwarts,
Corridoio del quinto piano.
Notte.
Il bagno caldo li aveva
rilassati in molti modi.
Dopo aver asciugato i vestiti con un incantesimo se li erano rimessi,
il tutto
nel più perfetto silenzio.
Ma andava meglio, pensò Al, una volta che la porta del bagno
dei Prefetti si fu
richiusa alle loro spalle, lasciandoli nel corridoio buio. Poteva
andare
meglio, certo, ma stava andando un
po’
meglio.
Più
di quanto ci si possa aspettare vista la
situazione…
Lanciò
un’occhiata a Thomas,
mormorando un lumos per rischiarare
il pavimento a pochi passi da loro. L’altro ragazzo distolse
lo sguardo,
abbacinato dal fiotto di luce troppo vicino al suo viso.
“Al, fa’ attenzione.” Sussurrò
con una smorfia.
“Scusa. Ma è già tanto se non ti ho
ficcato la bacchetta nell’occhio. Non
capisco perché non lasciano le torce accese anche dopo il
coprifuoco.”
“Probabilmente perché si aspettano che nessuno
vada in giro per i corridoi.”
Suggerì ironico. “Usiamo solo la tua bacchetta.
Meglio non dare nell’occhio.
Credo che Gazza avrebbe qualcosa da ridire sulla nostra presenza
qui.”
“E da quando questo ha costituito un problema?”
Ribatté facendolo sorridere.
“Forza, andiamo. Voglio evitare di aggiungere carico alle
accuse che già ho.”
Disse, volendo suonare ironico. Al pensò che avrebbe dovuto
rivedere il suo
concetto di ‘battuta di spirito’.
“Non è
divertente, Tom.”
L’altro serrò appena le labbra. “Lo
so.”
“Ti ho già detto che sei un idiota?”
“Circa un centinaio di volte.” Fece una pausa.
“Non che tu abbia torto.”
“Cosa credi che succederà?”
Tom rimase il silenzio mentre svoltavano il corridoio. Poi fece un
breve
sospiro. “Non ne ho idea. Suppongo di poter essere accusato
di favoreggiamento
e di intralcio alla giustizia. Dopotutto ho coperto
quell’uomo.”
“Non andrai ad Azkaban.” Disse, mentre una
spiacevole morsa gli serrava lo
stomaco. “Non ci andrai.”
“Al…” Gli lanciò
un’occhiata tra l’esasperato e
l’amaramente divertito.
Piuttosto complessa, ma perfettamente intellegibile. “Se stai
cercando di
tirarmi su il morale, non funziona.”
“Scusa.” Si morse l’angolo di un labbro.
“Merlino, sei un tale…”
Al sapeva che era esattamente un tale.
Avrebbe voluto prenderlo a calci, schiantarlo e appenderlo per un piede
alla
torre di Astronomia. Non necessariamente in quell’ordine.
Alla fine Tom aveva parlato,
certo. Aveva confessato, a dirla tutta e lui aveva capito. Seriamente,
capiva
perché l’aveva fatto, ed era per questo che
l’aveva trascinato in quel bagno.
Per quanto suonasse ridicolo
e
poco consono alla situazione, aveva voluto ritagliare un momento solo
per loro,
prima che il maglio della realtà si abbattesse su entrambi.
Papà
risolverà tutto. Papà metterà a posto
le cose.
Se lo ripeteva da ore, e per
quanto ci credesse, seriamente, che suo padre fosse una specie di
supereroe…
Ho
paura.
Si sentì
afferrare la mano,
stritolarla a dirla tutta. L’espressione di Tom rifletteva la
sua.
“So che ho
sbagliato.” Disse
soltanto. “Ma non pensavo di poter tornare
indietro.”
“Che vuoi
dire?”
Tom distolse lo sguardo. “Intendo dire… che ho
scoperto delle cose. Non so se
si tratta di cose che mi riguardino direttamente, o sia stata solo una
falsa
pista per spingermi in una trappola.”
“E cos’hai scoperto?”
“Sai cos’è un homunculus?”
Al cercò di ricordare se aveva mai sentito quel termine.
Scosse la testa. “No.
Sembra una parola latina.”
“Credo lo sia. È una creatura alchemica.
Artificiale, si potrebbe dire.”
“Se sapessi che
vuol dire
artificiale…”
“È un termine babbano.” Fece una
smorfia. “In sintesi significa creato
dall’uomo. È qualcosa… o qualcuno, non
saprei dirlo, creato in laboratorio. Non
naturalmente.”
“Un uomo creato in laboratorio?” Corrugò
le sopracciglia. “Si può fare una cosa
del genere?”
“Ci hanno provato sia i babbani sia i maghi, in tempi e modi
diversi. Per
quanto riguarda i babbani, hanno usato una scienza chiamata genetica
… Per
quanto riguarda i maghi, hanno provato con l’alchimia,
tramite un processo
chiamato Takwin. È un
termine arabo.”
Soggiunse alla sua espressione confusa.
“E ci sono riusciti?”
“I babbani non ancora, i maghi sì. Almeno, un
alchimista, un arabo, dice di
esserci riuscito, secoli fa.” Fece una pausa. “Ed
è morto, per questo.”
Al lo guardò. Non che fosse facile veder impallidire Tom,
considerando che già
era pallido di suo, ma in quel momento gli sembrò terreo.
“E questo cosa
c’entra con te e la tua nascita?”
“… Non essere stupido, Al.” Disse
soltanto.
Albus dapprima non
capì. Poi
quando comprese, ebbe l’accortezza di voltarsi con la
bacchetta abbassata, di
scatto. “Aspetta un secondo. Stai dicendo che tu credi di
essere nato così?”
“Non è questione di credere.
La
realtà oggettiva dei fatti è che non ho genitori.
Che non esisto prima del ritrovamento
di Harry. In nessun registro, in nessuno ospedale del mondo magico o
babbano.
Che non mi è stato mai tagliato il cordone ombelicale
perché non l’ho mai
avuto.” La voce stava salendo di volume, tanto che Al temette
che qualcuno
potesse sentirlo. “Questo a cosa porta?”
“Porta al fatto che sei un idiota, Tom.”
Tagliò corto, cercando di mantenere un
tono di voce deciso. “Come puoi credere a quel
tipo?”
“Ti sto dicendo che non è questione di credere a
John Doe. Ma quello che ho
letto personalmente… a quello credo.”
Serrò la mascella in una smorfia
disgustata. “Potrei non essere neppure
umano…”
“Tom!”
Sbottò, stavolta senza curarsi
del tono di voce. Lo strattonò per un braccio, facendolo
voltare. “Sei
completamente idiota?”
“… Smettila di insultarmi.”
“No. Per Merlino… sei stato allattato da una
donna, sei cresciuto ed hai
sviluppato poteri come un normalissimo bambino del mondo magico! Hai
due paia
di occhi, di gambe e di braccia. E per giunta fai delle contorsioni
mentali da
pazzi.” Lo costrinse a guardarlo. “Sei il mio
migliore amico, sei il mio
ragazzo e sei più umano di certi troll che vagano per i
sotterranei con la
nostra stessa spilla. Oltre al fatto che non puoi credere che piova
solo perché
qualcuno ti ha indicato una nuvola.” Lo scrollò
per un braccio, come a
suggellare il discorso.
L’altro si liberò con uno strattone, ma senza
violenza. Arrivarono alle scale
mobili, in quel momento insolitamente quiete.
“… Ma se lo fossi, mi vorresti
comunque?” Sussurrò così piano che non
fu del
tutto certo di averlo sentito.
E seppe che la risposta,
vera
o meno che fosse, avrebbe condizionato tutto.
Per lui il problema non si
poneva. Forse peccava di leggerezza, forse era insensibile o
superficiale.
Ma se sei troppo profondo, poi ti cacci
in situazioni del genere…
Ha
ragione Lily. A volte paga essere scemi, piuttosto
che il contrario.
“Mi pare
ovvio.” Sbuffò,
calandosi nella parte del sicuro di sé. Gli andava stretta,
ma fece del suo
meglio. “Senza di me moriresti affogato nella tua
asocialità.”
Tom batté le palpebre, guardandolo per un attimo
assolutamente indecifrabile.
Poi gli prese il viso tra le mani e gli diede un bacio. Uno di quei baci.
Quando si staccarono fu perché erano a corto
d’aria. Al si sentiva le gambe più
o meno ridotte come quando era dentro la vasca.
È
grave dottore?
“Non farlo mai più quando siamo sulle
scale e mi
separa dal vuoto solo una balaustra.” Brontolò,
facendolo sogghignare appena.
Tom fece per rispondere qualcosa, quando dal corridoio dietro di loro
spuntò la
luce azzurrina di un lumos. Al vide
Tom serrare istintivamente la presa sulla bacchetta.
“Ragazzi, grazie
al cielo
siete qui!” Era Ainsel Prynn.
Al aggrottò le
sopracciglia,
confuso. “Professoressa? Cosa…”
“Vi stavo cercando. Il professor Lupin mi aveva detto che
eravate tornati nei
sotterranei, ma quando sono andata a cercavi non vi ho trovati. Per
fortuna mi
sono ricordata che siete entrambi prefetti e…”
“Cosa sta succedendo?” Tagliò corto Tom,
ogni emozione, brutta o buona che
fosse, sparita dal viso. Ad Al fece una bruttissima impressione.
“Un estraneo si è introdotto dentro Hogwarts e
tutti gli studenti sono stati accompagnati
nelle loro Case. Come ho detto, non siete al sicuro.”
“Torniamo subito al dormitorio.” Ribatté
Al, inquietato. Tom aveva una faccia
tremenda.
Che
si tratti di John Doe?
…
Che stupido. Chi altri potrebbe essere?
“Tu, Potter.
Dursley ho
bisogno che mi segua.”
“Perché?” Che suo padre fosse
già stato informato? Che avessero informato i
professori?
Impossibile, come ha fatto se non ho
detto nulla neanche a mamma?
Come
hanno fatto a risalire a Tom?
“Potter, non credo
sia questo
il momento per discutere.” Tagliò corto la donna.
“Non dovreste essere neppure
qui. Vista la situazione chiuderò un occhio sulla questione
dei punti, ma devi subito
ritornare ai sotterranei, e senza esitazioni. Abbiamo motivo di credere
che
l’intruso sia pericoloso.”
“Ma…”
“Al, vai.” Lo seccò Tom, senza
guardarlo. “Non hai sentito la professoressa?”
Cosa?
“Ma vorrei solo sapere cosa sta succedendo, e
perché avete bisogno di lui!”
Insisté, sentendosi il cuore in gola. Non aveva il minimo
senso.
Era come se tutti loro
avessero una determinata quantità di informazioni a
disposizione.
Naturalmente Tom le aveva
tutte, o comunque la maggior parte. Suo padre e gli auror pochissime,
per
quanto ne sapeva. Il master player
era quel John Doe, ed era lui che dirigeva i giochi.
Ma adesso… chi sa cosa, e quanto?
Che
sta succedendo? E perché è venuta la
professoressa
Prynn?
“Potter, sei uno
studente. Non
un auror, né un piccolo investigatore. Va’ a
letto. Dursley è in buone mani.”
Doveva obbedire. Strinse la bacchetta tra le dita, sentendosi la bocca
secca.
Tutto il suo essere urlava di non farlo, di non lasciare Tom da solo,
benché
fosse con una professoressa, la loro professoressa di Trasfigurazione.
Ma
lei non ti è mai piaciuta…
“Al,
vai.” Ripeté Tom, e fu come una
sferzata. Sembrava furioso con lui.
Non gli restò che obbedire.
****
Dormitorio
femminile.
Stanza del sesto anno.
Rose fu svegliata da un
corpo
morto che gli piombò sulla spalla. Dopo un breve attimo di
smarrimento si
accorse che si trattava della zampa del cugino. Detta anche mano.
“Cosa…
che?” Bofonchiò
sconvolta, afferrando il lume sul comodino ed accendendolo con un
movimento
ormai allenato. “Jam?”
“Hai visto il mio mantello?”
James era pallido alla luce della lampada ad olio e ancora vestito.
Doveva
essere passata la mezzanotte.
Non
dovrebbe essere a letto a russare come un troll?
“Che diavolo ci
fai qui?”
Sbottò, tirandosi a sedere e tirando su le coperte,
automaticamente, anche se
indossava una maglietta assolutamente coprente. La sua preferita,
quella dei Chudley.
“E soprattutto, come diavolo ci sei arrivato?”
“Grazie a me.” Disse un’altra voce,
mentre una figura alta si avvicinò al
letto. “Buonasera, Rosey-Posey.”
“Per le mutande di Merlino! Scorpius!”
Esclamò con un sussurro terrificato. “Se
qualcuno vi trova qui verrete appesi per le mutande alla torre di
astronomia!”
E non voglio sapere come sono riusciti ad
eludere le scale a scivolo dei dormitori…
No,
non credo di volerlo sapere. Davvero.
“Il dettaglio pare
sia
ininfluente, visto che Poo ha smarrito il suo Mantello
Leggendario.”
“Non l’ho perso! Me l’hanno
rubato!” Sbottò il ragazzo. Rose gli
tirò una botta
sul braccio, indicando con un cenno le compagne addormentate.
“Volete finirla di urlare? Se le
svegliate…”
“Quella in fondo non è la Finnigan?”
“Detta anche Rana Dalla Bocca Larga, sì. Volete
levarvi dai piedi così mi
vesto? Sala Comune.”
“Il mio
mantello…” Cominciò James.
“Scorpius, liberami di lui.” Pronunciò
brutale. Il ragazzo si illuminò in un
sorriso gioioso, afferrando peso James e trascinandolo via. Dopo che i
borbottii furono cessati, Rose ebbe il tempo di buttarsi addosso una
vestaglia
e prendere la bacchetta. Quando finalmente ritrovò le
scarpe, sepolte sotto il
letto, riuscì a scendere.
James era accanto al fuoco, e aveva una faccia orribile.
Rose deglutì, e
capì che nel
dormiveglia aveva sottovalutato il problema. Fu contenta anche di non
essersi
fermata allo specchio attaccato alla porta a controllare lo stato dei
suoi
capelli, perché probabilmente la vanità femminile
in quel momento sarebbe morta
fulminata.
Comunque odiò Scorpius per il suo pigiama coordinato e la
perfetta piega dei
capelli.
“Che
succede?”
“Hai visto il mio mantello?” Sbottò
James, finalmente libero da costrizioni. “Restituiscimelo,
se ce l’hai tu. Basta scherzi del cazzo!”
“Ho cercato di dirgli che io e te non c’entriamo
niente, anche in qualità di
Prefetti sfiancati dalle sue infrazioni. Non mi ha dato
retta.” Spiegò l’altro,
seduto sul bracciolo della poltrona.
“James, non siamo
stati noi.”
Prese un respiro vedendo l’espressione riottosa del cugino.
“Posso giurartelo
su ciò che vuoi. Io quel mantello poi non lo vorrei toccare
neanche con la punta
della bacchetta. Non so se te lo ricordi, ma è un dono della Morte…”
Scorpius inarcò
le
sopracciglia. “Wow. Allora era vero. Questo batte le reliquie
maledette e le
segrete infestate del mio castello.”
“È il mantello di mio nonno.”
Ribatté l’altro. “E qualcuno
l’ha rubato.”
Rose si massaggiò
la sella del
naso, cercando di riflettere.
Ci mancava solo questa… A volte
rimpiango
che Al sia finito nei sotterranei.
Sono circondata da monumenti al testosterone.
“Chi sapeva dove
lo tenevi?”
“Gli Scamandro, Bobby… e voi.”
Scrollò le spalle.
“Sei completamente idiota? Quel mantello ha un valore
inestimabile e lo dici a
metà Grifondoro?!” Sbottò incredula
Rose. “Pensavo lo tenessi per te!”
James fece una smorfia. “Anche se l’avessi fatto,
Rosie, qualcuno avrebbe
notato la mia insolita
capacità di
sparire nel nulla, no? Specie Lys e Lor, che sono con me dal primo
anno. Finché
non sono diventati due giganti di montagna li facevo nascondere con me.
E Bobby
è un tipo fidato. Non sono stati loro.”
“Quindi rimaniamo
noi?”
Suggerì Scorpius, in tono irritato. “Io non sapevo
neanche cosa avessi di
preciso, Potter.”
“Non sto dicendo che siete stati voi.”
Replicò duro, rimpallandogli un’occhiata
offesa. Per James non c’era niente di insultante come essere
accusato di tradire
la fiducia dei propri amici. “Sto solo dicendo che
è sparito.”
“Non vi mettete a
litigare.”
Sospirò Rose. “La cosa sensata da fare, adesso,
è aspettare domattina e andare
a cercare il Direttore della casa per denunciare il furto.”
“Dal manuale del perfetto grifondoro…”
La prese in giro James, aspro. “Col
cazzo. Io voglio prendere il colpevole adesso e riempirlo di
mazzate.” Ringhiò,
e a Rose sembrò che gonfiasse quasi i muscoli.
Stupido
troll.
“Allora cosa conti
di fare,
eh? Girare per la scuola finché non hai trovato
l’uomo invisibile?”
“No. Ma non ho intenzione di mettermi a letto ed aspettare
che il colpevole
l’abbia nascosto tra le sue cose.”
“Il professor Paciock non c’è, stanotte
dorme alla locanda…” Osservò Scorpius.
“Non stavo
parlando di andare
da zio Nev, infatti. Voglio andare da Teddy.”
“Ted? Oh, per l’amor di Nimue… lo lasci
riposare in pace?” Esclamò Rose
esasperata, mentre Scorpius faceva un sogghignetto. “Spiegami
cosa potrebbe
fare lui adesso!”
“Dire a tutti di frugare nei loro cazzo di bauli e tirare
fuori il mio
mantello!” Non aspettò risposta. Si diresse a
passo di marcia verso il ritratto
della Signora Grassa, e la svegliò brutalmente per farlo
passare.
“Lascialo stare, Rosie. È obnubilato dal
testosterone…” Mormorò dolcemente
Scorpius,
con un’aria divertita. “Che facciamo, lo
seguiamo?”
Rose sospirò: aveva passato tutta la sua vita a stare
dietro, come spalla
tragicamente consapevole, alle follie dei fratelli Potter.
Probabilmente era Dna,
attitudine o destino, ma non avrebbe mai potuto sottrarsi, esattamente
come
Hugo non poteva evitare di fare da valletto a Lily.
Aveva scelto Al come Potter di Fiducia
perché probabilmente era il più normale dei tre.
Fissazione per oscuri
personaggi familiari a parte.
Guardò Scorpius e
seppe che se
non altro, adesso erano in due.
“Sai, tu non ti rendi pienamente conto di cosa significa
stare dietro ad un
Potter.”
“Dici? Probabile. Ma ho sempre amato il brivido.”
Si scostò cavallerescamente.
“Prima tu, rosellina.”
Raggiunsero James con
fatica,
visto che il ragazzo sembrava macinare metri con
un’implacabilità da bulldozer.
Dovettero scendere la torre e passare le scale mobili prima di
avvistare la
luce fioca della sua bacchetta.
“Ah, siete
qui.” Disse quando
si vide raggiunto.
“Sai, credo che un giorno ti soffocherò nel
sonno.” Replicò Rose con una
smorfia, mentre faceva luce con la bacchetta. “È
strano…” Soggiunse.
“Cosa?” chiese James, distratto
dall’evitare di sbattere contro le armature,
preso a guardare la Mappa dei Malandrini.
“C’è
troppo silenzio.”
Mormorò. “Voglio dire, è vero,
è notte e in giro non dovrebbe esserci nessuno,
ma…”
“In effetti non vedo la gatta malefica da nessuna parte.
Avrebbe già dovuto
venire a rompere le scatole…”
Si fermò. “Come non detto gente…
È dietro l’angolo.” Sussurrò
allarmato. Rose
afferrò un confuso Scorpius e si nascosero in una nicchia
rientrate nel muro.
“Potter, sei peggio di James Bond… e quella
mappa?”
“Mentre i tuoi tramavano nell’ombra i miei
progenitori si dilettavano in
malefatte utili ai posteri.” Replicò James,
facendogli poi cenno di restare in
silenzio.
Passarono alcuni attimi in
cui
il puntino rappresentante il gatto sentinella rimase immobile.
“Beh?”
Mormorò Rose. “Perché
non si muove?”
Scorpius lanciò un’occhiata al puntino.
“Strano. È difficile che quella bestia
si fermi a farsi una toeletta.”
James non disse nulla. Si staccò dalla nicchia e si
allontanò, proprio in
direzione del Nemico.
“James!”
Sussurrò Rose, sbalordita. Nessuna
risposta.
James tornò dopo
qualche
attimo. “Venite.” Disse soltanto.
“Jamie, la gatta…”
“Venite vi ho detto.” Ripeté e alla luce
bluastra delle bacchette notò che
aveva un’espressione strana. Confusa, avrebbe detto Rose.
Forse anche
spaventata.
Quando si avvicinarono,
scoprirono che il gatto c’era. Ma era morto.
“Cosa
diavolo…” Sussurrò Rose.
“Cosa…”
“Per questo non si muoveva sulla mappa.” Disse,
illuminando il corpo esanime
dell’animale. “Sembra stata seccata da una magia.
Non c’è sangue. È solo…
morta.”
“Una… maledizione?” Rose
deglutì. “Andiamo, magari è morta per
cause naturali!”
“Con quell’espressione? Guardagli il
muso.” Rispose James.
Rose e Scorpius si
avvicinarono. La gatta non era morta naturalmente. Aveva gli occhi
vitrei
spalancati nel vuoto e la bocca protesa, come se cercasse aria.
“Morgana
benedetta…” Rose si
tirò su di scatto, distogliendo lo sguardo.
“È morta soffocata.”
“Già. Ed essendo una delle sentinelle
più efficaci della scuola, cominciò a
pensare che…” James si fermò, scrutando
di nuovo la mappa. Soffocò
un’imprecazione tra le labbra. “Ci mancava solo
questa.”
“Che succede?” Chiese Scorpius, rimasto zitto fino
a quel momento. Aveva smesso
di sorridere però, notò Rose. “Che
succede adesso?”
“Albie. È qui in giro.”
“Al? Stai scherzando!” Rose non ci capiva
più niente.
Era chiaro che non si
trattasse più solo del furto del mantello.
Che ci fa Al in giro?
La risposta arrivò quando il ragazzo
svoltò l’angolo, e aggiunse ulteriore
luce alla porzione in cui stazionavano i tre. “Ragazzi! Che
ci fate qui?”
“La stessa domanda potremo farla a te, fratellino.
Passeggiatina notturna?”
Chiese James, ma privo della solita verve sarcastica. Sembrava nervoso.
Lo erano tutti, stimò Rose, notando l’aria tesa e
pallida dell’altro cugino.
“C’è…
qualcuno nel castello.
Un intruso.” Spiegò il serpeverde.
“Pensavo che avessero consegnato tutti nei
dormitori.”
Rose lo guardò confusa. “Che storia è
questa? Nessuno ci ha detto di far
niente!”
“Come…”
Disse. “Un intruso…”
“Non ne sappiano niente, Potter. Nessuno ci ha detto di
rimanere nei nostri
dormitori. Siamo usciti perché qualcuno ha rubato il
Mantello dell’Invisibilità
a tuo fratello. Stavamo andando dal professor
Lupin…” Scorpius illuminò la
porzione di pavimento accanto a sé e il corpo del gatto.
“Ed abbiamo trovato
questo.”
Rose vide Al guardare il gatto, senza riuscire a spiccicare parola. La
domanda
aleggiava attorno a loro, pesante come un macigno.
Che
diavolo sta succedendo?
James
si umettò le labbra. “C’è un
intruso, sicuramente. Ma l’abbiamo scoperto adesso, da
te.”
E Albus capì.
Il panico e consapevolezza
lo
investirono con la violenza di un uragano, lasciandolo senza fiato.
La professoressa Prynn gli
aveva mentito. La professoressa Prynn non aveva avvertito nessuno.
L’aveva mandato
via. L’aveva
separato da Tom.
L’aveva fatto
apposta.
Oh
… Dio.
Non
è dalla nostra parte! Non è dalla nostra parte!
Rose ebbe paura che Albus
sarebbe svenuto. Lo vide perdere completamente il poco colore che aveva
e
boccheggiare come se gli mancasse l’aria nei polmoni e
terreno sotto ai piedi.
Poi lo sentì soffocare un lamento.
“L’ho lasciato andare via…”
Sussurrò coprendosi la bocca con una mano.
“L’ho
lasciato andare via.”
“Chi? Di chi parli, Al?” Lo prese per le spalle,
cercando di farsi guardare. Ma
Al non la notò neanche, scartò violentemente,
cercando di correre nella
direzione da cui era venuto.
James lo afferrò al volo, bloccandogli le braccia.
“Al! Che cazzo sta succedendo!?”
“Lasciami!”
Urlò. “Lasciami, gliel’ho
lasciato prendere! Gliel’ho lasciato portare via!”
James ignorò i
suoi tentativi
di divincolarsi. Rose pensò che la differenza di peso e
altezza in quel momento
era plateale. James lo teneva stretto contro di sé,
bloccato, ma senza
violenza, con fermezza.
E il fratello, per quanto si
divincolasse, non riusciva a farci niente.
“Chi, Al?” Ripeté di nuovo James.
“Dimmi chi, e ti lascio andare!”
“Tom…” Al si fermò, il corpo
teso fino allo spasimo e il respiro affrettato.
“Ha preso Tom. La professoressa Prynn è
l’intruso! È lei!”
“Ma che cavolo…” James non
mollò la presa, ma lanciò un’occhiata
sbalordita ai
compagni. La distrazione però gli fu fatidica. Al se ne
accorse e si liberò un
braccio, violentemente. “Everte
Statim.”
Disse soltanto, con sicurezza terrificante.
James sentì un
colpo tremendo,
come se qualcuno l’avesse spintonato con la forza di cinque
giganti. Fu
sbattuto contro il muro, mentre Al si liberò, correndo via.
“Al!”
Rose fece per corrergli dietro, ma James le si parò davanti.
“Basta fughe del cazzo!” Sbraitò,
rialzandosi con fatica, ignorando lo
stordimento e il dolore. “Io vado dietro a
quell’idiota, voi andate ad
avvertire Teddy. Subito!”
****
Note:
Mi odiate? Siii. Lo so. Me lo merito. Tenete duro.
1 - La canzone
qui . Questo gruppo merita davvero. Penso che
sarà il mio fornitore
ufficiale di canzoni per questa storia. ;P
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