Salvate
il suo
Sorriso
Mentre attraversavo London Bridge
un giorno senza sole
vidi una donna pianger d'amore,
piangeva per il suo Geordie.
Una
figura
incappucciata stava correndo lungo il ponte al crepuscolo, il mantello
nero che
le svolazzava attorno alle caviglie e le mani artigliate sui bordi del
mantello, che il vento le incollava al corpo. Non si guardava attorno,
non
incrociava gli occhi dei radi passanti, si muoveva silenziosamente e
con una
certa ansia. Raggiunse la metà del ponte prima di fermarsi:
la persona che
stava cercando era lì, malgrado tutto.
Un
uomo magro
vestito di scuro era appoggiato alla balaustra e guardava
l’acqua, lo sguardo
fisso e sfocato di chi vaga altrove con la mente.
«Severus!»
chiamò la figura incappucciata accelerando il passo.
Nulla,
se non
un grugnito quasi impercettibile, manifestò che
l’uomo stava ascoltando.
La
figura si
fermò solo quando gli arrivò accanto.
«Severus, che fine avevi fatto? Lucius era
preoccupato, ha detto che eri assente alla riunione di ieri sera, mi ha
detto
di venirti a cercare… e anche Mulciber e Benoit non
c’erano… il Signore Oscuro
era… era furioso, pensava che aveste fallito, che foste
morti tutti…»
«Sono morti tutti»
sottolineò atono
Severus scrollando appena le spalle. «Mulciber combattendo,
Benoit poco dopo
essere stato catturato. Eravamo in netta minoranza numerica.»
La
figura
gemette. «Non è possibile…
perché non sei andato a fare rapporto, Severus? Ti
stavamo per dare per disperso, non sapevamo cosa pensare, tu e Mulciber
siete
fra i nostri migliori…»
«Narcissa,
eravamo
dieci contro tre, la maggior parte della squadra speciale»
ribatté Severus con
una punta di impazienza. Ci fu un attimo di silenzio, poi
proseguì: «E tra loro
Evans…»
Narcissa
rimase un attimo confusa, poi esclamò mentre un lampo di
comprensione le
illuminava la mente: «La Sanguesporco
di Potter? Quella che ha cercato di… che si è
scontrata con il Signore Oscuro lo scorso gennaio? Severus,
è assurdo! Chi li
aveva informati?!»
«Non
lo so»
rispose lui piatto. «Ma è grazie proprio a quella Sanguesporco se sono qui, Narcissa,
quindi ti prego di moderare i
termini.»
La
donna si
morse le belle labbra, e proseguì con una certa incertezza:
«Tu… tu hai un…
debito… con la Sang…
con la
Potter?»
«Di
vita»
specificò algido l’uomo. «E sarebbe
stato lo stesso per Benoit se le avessero
dato tempo. Non è a favore delle esecuzioni a sangue
freddo.»
Un
po’ stupita
dalla piega presa dalla conversazione, Narcissa proseguì:
«Ma è un’Auror… non
vorrai dirmi che ti ha lasciato andare?!»
«Mi
ha messo
in mano una bacchetta e mi ha intimato di non farmi più
vedere» rispose Severus
con freddo sarcasmo. «Non proprio il comportamento della
classica Auror con
intenzioni omicide, non credi?»
Qualcosa,
nel
suo tono, spinse la donna a chiedere stupita: «Severus,
tu… tu non sei più suo
amico, vero? Avevi capito alla fine che era totalmente indegna di te,
una
Mezzabbabbana dal sangue sporco, vero?»
All’assenza
di
qualunque reazione da parte dell’uomo lo guardò
stralunata e poi disse
velocissimamente: «Avresti dovuto partecipare alla riunione
di ieri sera,
Severus, perché si è… si è
parlato molto di Lily Potter, e della sua famiglia.»
Impiccheranno Geordie con una
corda d'oro,
è un privilegio raro.
Rubò sei cervi nel
parco del re
vendendoli per denaro.
Un
movimento, subito
represso, scusse il viso dell’uomo.
«Davvero!»
sibilò poi. «E dimmi, chi è il
fortunato incaricato di ucciderli? Per due Aurur
della levatura dei Potter, membri dell’Ordine e allievi di
Silente, immagino
abbiano scomodato i Lestrange come minimo…» Si
interruppe al movimento
frenetico della testa di Narcissa. «No? E chi altri,
allora?»
«Tu
non
capisci, Severus!» esclamò la donna guardandolo
con attenzione. «Non è una
normale spedizione, è qualcosa di molto più
grande… andrà il Signore Oscuro in
persona!»
Per
la prima
volta dall’inizio del dialogo, Severus parve preso alla
sprovvista. «Il…
Signore Oscuro?» articolò con un’ombra
di incertezza nella voce. «Pensavo che
non intendesse esporsi dopo l’omicidio
di…»
«Severus,
non
hai proprio capito!» esclamò la donna impaziente.
«I Potter sono la famiglia
della profezia, Harry Potter è il ragazzo che
sconfiggerà il Signore Oscuro, e
lui intende liberarsene!»
Nulla,
se non
la contrazione delle mani e l’irrigidirsi
dell’espressione, avrebbe indicato
che dentro l’uomo qualcosa era appena esploso. Il tempo si
fermò e parve
espandersi mentre ogni singola parola scendeva lentamente nel suo
cervello e vi
faceva breccia.
La
famiglia
della profezia…
I
Potter…
Liberarsene…
«Pensavo
fossero i Paciock…» riuscì a sibilare
mentre il suo controllo vacillava
pericolosamente.
«I
Paciock?»
Narcissa parve sorpresa. «Cosa c’entrano i Paciock,
sono i Potter che…»
«Sono io che ho
riferito quella profezia,
Narcissa!» Lo scoppio la fece indietreggiare,
scioccata.
«Sono io che l’ho riportata, parlava di un
bambino nato a luglio da genitori che avevano tre volte sfidato il
Signore
Oscuro! I Paciock hanno avuto un bambino a luglio, e hanno partecipato
a tre
scontri contro il Signore Oscuro, sono loro! Sono loro…» Si
voltò bruscamente contro la
ringhiera, passandosi le mani sul viso.
Narcissa
era
francamente stupefatta, e anche un po’ spaventata.
«Severus, cosa stai dicendo?
Non si è mai parlato dei Paciock, quando Lucius mi ha detto
di venirti a
cercare e ad aggiornare mi ha detto soltanto di riferiti che il Signore
Oscuro
ha esposto la profezia ai Mangiamorte e gli ha detto che intendeva
sventarla
con l’uccisione del bambino di cui parla, Harry
Potter…»
«Ma perché i Potter?!»
esclamò l’uomo
quasi fuori di sé. «Li ucciderà tutti,
dal primo all’ultima…»
«Severus,
cosa – stai – dicendo?»
Narcissa era
sempre più perplessa. «Sono nemici, combattono
contro di noi! Devono essere
uccisi! Anzi, è un
privilegio che sia il Signore Oscuro in persona a scomodarsi per loro,
non
credo che lo avrebbe fatto per tanti altri. E poi sono un pericolo per
Lui,
rischiano di far crollare tutto ciò per cui abbiamo sempre
combattuto! È
necessario per noi come per lui che vengano eliminati, o non potremo
mai
raggiungere il nostro obbiettivo…»
Sellate il suo cavallo dalla
bianca
criniera
sellatele il suo pony
cavalcherà fino a
Londra stasera
ad implorare per Geordie
Con
gli occhi
quasi fuori dalle orbite, l’uomo tornò a girarsi.
«Devo parlare al Signore
Oscuro, devo dirgli…»
«Severus,
che
ti prende?» La donna gli appoggiò una mano sul
braccio. «Sono solo nemici, non
ti sei mai fatto scrupolo ad agire contro nemici…»
Ci
fu un
attimo di silenzio, mentre Severus riprendeva in mano le redini del suo
autocontrollo. «Non è per… è
che il Signore Oscuro rischia… rischia di commettere
un tremendo… errore, sono i Paciock, non i Potter,
non… non riuscirà ad
estinguere la minaccia con la loro morte…»
Bugia,
bugia…
A
lui non
importava niente del Signore Oscuro, né dei Paciock,
né di Potter o di suo
figlio, ma se lei ne restava
coinvolta…
Spariva tutto il resto. Costasse il mondo, lei doveva sopravvivere.
«Devo
andare,
Narcissa» disse in tono impersonale spostando la sua mano
quasi con malagrazia.
«Devo… scongiurare questo… questo
equivoco, la posta è troppo alta,
l’hai…
l’hai detto anche tu, sarebbe la fine del nostro
sogno…»
La
donna lo
guardò con una punta di scetticismo. «Severus,
cosa hai intenzione di…?»
«Lasciami
andare, Narcissa!» rispose lui facendo un passo indietro.
«Dov’è il Signore
Oscuro, ora?»
Un
ultimo
sguardo, prima di rispondere. «Era… ieri sera era
a Lestrange Hall, è il… il
nuovo quartier generale, a che io sappia…»
La
guardò
fissamente, fino a quando lei non cominciò a muoversi, a
disagio, con la
sensazione di essere sviscerata fino all’anima da quegli
occhi neri, completamente
privi di luce, spenti come se qualcosa dietro ad essi si fosse
fulminato.
«Grazie, Narcissa» disse solo Severus prima di
smaterializzarsi con un piccolo
pop.
Riapparve
di
fronte ad un lussuoso cancello di ferro battuto dal chiavistello
impreziosito
da serpenti incisi che si attorcigliavano attorno alla serratura.
Severus
si
limitò a tendere il braccio marchiato e i serpenti si
contorsero fino ad
avviluppare il suo polso, per poi ritrarsi mentre il cancello si apriva
con un
lieve cigolio.
Non
ci si
poteva materializzare all’interno della tenuta dei Lestrange,
lo sapeva bene,
quindi cominciò a correre, supportato da un incantesimo che
lo condusse per tre
miglia di selciato in meno di un minuto. Il portone si aprì
davanti a lui senza
che fosse necessario bussare, e in cima alle scale
dell’ingresso apparve la
figura fasciata di nero della padrona di casa.
«Ma
tu guarda…
la nostra piccola serpe uccisa» commentò ironica.
«Venuto a pagare il prezzo
del fallimento, Piton?»
«Devo
parlare
con il Signore Oscuro» disse lui muovendosi velocemente verso
di lei. «Ho…
notizie da riferirgli…»
«Davvero?»
Il
tono di Bellatrix si fece canzonatorio mentre guardava il suo aspetto
stravolto. «E tu sei proprio sicuro che lui voglia parlare
con te, Piton? O che
gli importi quello che vuoi dirgli? Non era molto contento quando ieri
abbiamo
saputo del fallimento della vostra missione, non so se ti
riaccoglierà bene… E
ora tu vieni qui. Oh, devo ammettere che non credevo fossi
tanto…
autolesionista.»
«Lestrange,
dov’è il Signore Oscuro?»
ringhiò Severus, la pazienza che andava
definitivamente a farsi benedire.
Lei
lo guardò
con un sorriso beato. «Sta lavorando all’attuazione
del nostro obbiettivo, come
sempre, Piton… non si stanca mai di sognare un futuro
migliore per noi Purosangue,
è per questo che lo
serviamo, non credi?»
«Dove
posso
trovarlo?»
Un
sopracciglio della donna scattò verso l’alto.
«Piton, non hai sentito cosa ho
detto? Il Signore Oscuro sta lavorando. Non andrai a disturbarlo. Non
credo che
nemmeno il piacere di sentire le tue grida potrebbe distoglierlo dalla
sua
concentrazione…»
«È
una
questione che… che lo riguarda personalmente.»
Maledetta
donna, che godeva nel tenerlo sulle spine!
Una
scintilla
di interesse si accese negli occhi di Bellatrix. «Se
è tanto urgente, Piton,
puoi dirlo a me. Come sua luogotenente lo informerò non
appena sarà libero,
senza tralasciare il tuo coinvolgimento.»
Ma
lui scosse
il capo: l’ultima cosa di cui aveva bisogno era che quella
pazza esaltata della
Lestrange si mettesse in mezzo. «È una cosa di cui
parlerò solo con il Signore
Oscuro in persona» disse fermamente. Se fosse stato
più calmo sarebbe riuscito
a ironizzare, ma in quel momento non se ne sentiva né in
grado né in vena:
l’urgenza della sua missione si scontrava e fondeva con il
terrore per il
risultato.
Gli
occhi di
lei lampeggiarono. «Dimentichi te stesso,
ragazzino!» sibilò, simile a un
serpente e come esso letale. «Pensi che l’aver
riferito una miserabile profezia
ti elevi al rango di suo confidente?! Ah!» Rise, una risata acuta, di gola,
da far rizzare i capelli. «Inventati
qualcos’altro, serpentello, dovranno passare anni prima che
tu sia degno di
parlare con il Signore Oscuro in momenti inopportuni!»
«Ma
dopotutto
sarebbe poco gentile rifiutare un colloquio all’unico
sopravvissuto del nostro
ultimo, fallimentare esperimento, non credi, Bella?»
Geordie non rubò mai
neppure per me
un frutto o un fiore raro.
Rubò sei cervi nel
parco del re
vendendoli per denaro.
Non
serviva
chiedere a chi appartenesse quella voce; sarebbe valsa
l’espressione di
Bellatrix, un misto di adorazione e reverenza, a informare che la voce
fredda,
modulata ma in qualche modo inumana apparteneva al mago più
ricercato di tutta la Gran Bretagna.
«Mio
signore…»
mormorò la donna chinandosi fino a terra e rialzandosi solo
quando un uomo
alto, vestito completamente di nero le passò accanto
poggiandole appena una
mano sulla spalla.
«Severus…»
proseguì Lord Voldemort cominciando a scendere le scale.
«Di ritorno e ancora
sconvolto, vedo. Spero tu mi sia venuto a spiegare cosa sia andato
storto.»
Automaticamente,
l’uomo si inchinò fino a terra e, quando il
Signore Oscuro gli fu vicino, gli
baciò l’orlo della veste.
«Sì… sì, mio
signore» disse dopo essersi alzato.
Tutti
i suoi
sensi erano all’erta, non poteva permettersi nessuna
distrazione, nessun
tentennamento: era nella fossa dei leoni solo e disarmato, e sapeva di
dover
dosare ogni parola, ogni espressione per poter ottenere quello che
voleva.
«Siamo…
stati
presi alla sprovvista, mio signore.» La sua voce,
automaticamente, riprese il
consueto tono freddo e impersonale. «I traditori del loro
sangue dovevano
essere stati informati della nostra prossima…
visita… perché al loro posto
c’erano dieci Auror di cui almeno otto della Squadra
Speciale. Non posso dire
che abbiamo prevalso, ma ci siamo battuti: quando il combattimento
è terminato,
cinque di loro erano morti e almeno due feriti in modo
grave.» Fece una pausa,
poi continuò come se stesse riferendo un qualunque fatto di
cronaca: «Mulciber
è morto nello scontro, io e Benoit siamo stati imprigionati.
Io sono riuscito a
fuggire poco dopo l’esecuzione di Benoit.»
Gli
occhi
dardeggianti di Lord Voldemort lo scrutarono a lungo da sotto il
cappuccio.
Concentrati. Controlla la tua mente, non sei
un debole…
Sapeva
che
l’unico modo per poter mantenersi in vita era non mostrare la
verità. Ma in
fondo, a mentire era bravo, lo era sempre stato.
Sono state le mie bugie ad allontanarti…
«Vedo»
disse
alla fine Lord Voldemort mentre i suoi occhi continuavano a
concentrarsi sul
suo viso. «Ma non è di questo che mi sei venuto a
parlare, o sbaglio?»
Senza
volerlo,
Severus si sentì deglutire. Era arrivato alla parte
fondamentale della sua
missione, la più rischiosa. Quella che assolutamente non
doveva fallire,
nonostante il quasi nullo preavviso.
«Il
mio
signore vede tutto» disse con un filo di voce.
«Sono venuto a parlarvi… a
proposito della profezia…»
«Ah…
la
profezia che tu stesso mi hai così opportunamente riferito,
mio giovane
seguace?» Rise appena, mentre si voltava. «Bella,
dobbiamo trovare gli autori
della… delazione… che ha causato il decesso del
mio vecchissimo amico Mulciber
e del povero Benoit. Vuoi occupartene tu? Assieme a Rodolphus,
magari?»
«Certo,
mio
signore» rispose lei all’istante, inchinandosi
nuovamente. «Sarà un onore, mio
signore.»
Si
diresse
subito verso l’uscita, senza guardarsi indietro.
Lord
Voldemort
la guardò uscire con un mezzo sorriso. «E
così siamo soli, Severus. Spero ti
renda conto di cosa significhi questo.»
«Il
mio
signore è troppo buono, è tutto
magnanimità…» Sentiva le parole
fluirgli dalla
bocca, ma non poteva credere di essere lui a pronunciarle. La bocca
singolarmente asciutta, cominciò:
«Credo… di aver trovato la famiglia a cui si
riferisce la profezia, mio signore.» Fece una pausa per
inumidirsi le labbra e
attese le reazioni della figura di fronte a sé.
«Davvero,
Severus?» La voce sotto il cappuccio suonava divertita.
«Che servo infaticabile
non sei mai… mi vergogno quasi a dirti che anche
io l’ho trovata.» Lo guardò
con un piccolo sogghigno. «Ma sarei curioso di
sapere se i nostri pareri coincidono.»
Ci
fu una
piccola pausa prima che Severus dicesse: «I
Paciock… mio signore, non so come
ho fatto a non capirlo prima! I Paciock erano presenti in tutti gli
scontri a
cui il mio signore ha preso parte, ed hanno avuto un figlio uno degli
ultimi
giorni di luglio… deve essere lui il bambino a cui la
profezia…»
«Ah,
Severus,
mi dai un grande dolore!» Il tono, esageratamente
dispiaciuto, era da solo un
insulto. «Speravo che avessi capito… e
invece…» Sorrise appena mentre i suoi
occhi si fissavano in quelli agghiacciati di Severus. «I
Paciock sono una
famiglia antica e purosangue, di discendenza purissima, e per quanto al
momento
la loro linea di azione sia deviata, nulla vieta che in futuro possano
condividere la nostra causa.» Studiò con velato
divertimento l’irrigidirsi dei
suoi muscoli e proseguì con letale dolcezza:
«Forse conosci anche
l’alternativa, Severus? Sei sempre stato un ragazzo
intelligente…
fortunatamente per le nostre file, esiste un
altro bambino nato esattamente l’ultimo di luglio,
da genitori che
continuano ostinatamente a mettersi in mezzo al mio cammino.»
Rise quasi
affettuosamente. «E… in questo caso, il ragazzo
è molto più appetibile, la sua
stirpe sfortunatamente è corrotta, e potrebbe diventare un
fastidio.»
«Mio…
signore,
un bambino… mezzosangue non potrebbe mai diventare
un… un pericolo,
senz’altro.» Si impose di controllare la voce.
«Un bambino purosangue, se
cresciuto nel modo sbagliato, potrebbe più facilmente
raggiungere un potere maggiore
di un piccolo mezzosangue…»
«Ah,
ma i
mezzosangue non sempre sono inermi, Severus» lo interruppe in
tono ammonitore
Lord Voldemort. «Io e te ne siamo la prova vivente, non
credi? E quel bambino
non sarebbe in grado di cancellare la macchia sul suo albero
genealogico, come
abbiamo fatto noi, non ti sembra?»
«Mio
signore
è… è preso per poter dire cosa
farà…»
«Esatto,
Severus. Non intendo aspettare di vedere cosa potrà
diventare in grado di
fare.» Lo guardò piegando appena la testa di lato,
come di fronte ad un
esperimento interessante. «Quindi, Harry Potter deve morire,
e con lui chi
prova a impedirmelo.»
Salvate le sue labbra, salvate il
suo
sorriso,
non ha vent'anni ancora
cadrà l'inverno anche
sopra il suo viso,
potrete impiccarlo allora
Sarebbe
stato
difficile descrivere il miscuglio di emozioni che quelle parole
scatenarono in
lui. Paura, dolore, delusione, disperazione, rabbia,
impotenza… vorticavano
tutti nella sua testa, a stento contenuti. Non poteva permettersi di
perdere il
controllo, non poteva permettersi cedimenti. Nessuno sapeva sfruttare i
cedimenti meglio di Lord Voldemort.
Con lui chi prova a impedirmelo…
Gli
venne
quasi da ridere per la disperazione. Con quella clausola al suo
discorso, il
suo padrone, il suo maestro aveva appena apposto su Lily Evans una
condanna di
morte sicura come quella sul ragazzo.
Se
non fosse
stato così coinvolto, si sarebbe sentito esasperato dalla
sua ex-migliore
amica. Provare a
impedirlo… si sarebbe fiondata in mezzo per
ricevere la
maledizione in pieno petto piuttosto che permettere a qualcuno di fare
male a
una persona che amava. Perché non era in grado di pensare a
sé stessa, per una
volta? Doveva sempre andare in mezzo, cercare di fare
qualcosa… maledetta
Grifondoro orgogliosa!
«Considerando
che non daresti della “orgogliosa” al
padre e dubito che il ragazzo possa
improvvisamente diventare una lei, immagino che tu ti stia riferendo
alla
madre» sottolineò con delicatezza Lord Voldemort.
Severus
sussultò e cercò di riassumere il controllo della
sua mente, ma due occhi scuri
spietatamente divertiti lo stavano ancora scrutando.
«Quanta
fretta, Severus… quali pensieri vuoi tenere nascosti al tuo
signore?» Senza
dargli il tempo di rispondere, aggiunse: «Che
cos’è quella donna per te?»
Ci
fu una
pausa di silenzio in cui Severus a malapena si accorse di essere
nuovamente
uscito nel buio del giardino, mentre rifletteva sulle implicazioni
della
domanda. «È… colei che mi ha permesso
di fuggire, mio signore» disse alla fine,
cercando la via più diplomatica per esporre la sua richiesta.
Una
smorfia
contrasse le labbra sottili dell’Erede di Serpeverde.
«In debito con una
Sanguesporco, Severus?» chiese in tono di disapprovazione.
«E perché mai
avrebbe dovuto farlo?»
Domanda
che
avrebbe dovuto prevedere.
«Siamo
cresciuti insieme, signore» confessò alla fine,
chinando la testa.
«Povero
Severus» lo compatì Lord Voldemort passandogli una
mano gelida sulle spalle.
«Quasi dimenticavo che anche tu sei dovuto crescere fra
Babbani e feccia per la
stupidità di tua madre…» Si
voltò verso di lui e sorrise nuovamente. «Ma non
devi sentirti in debito con lei, lo sai» sussurrò.
«È solo una Sanguesporco,
non è degna di poter vantare un credito su di
te…»
Oh, sì che lo è, è
più degna lei di vantare
tutti i crediti che vuole su di me di quanto non lo siano tutti i vermi
che ti
strisciano attorno…
«Ciò
nonostante, mio signore, vorrei poter… perorare per la sua
vita, presso di
voi.»
L’aveva
fatto.
Il dado, come si soleva dire, era stato tratto. Ora poteva solo
aspettare le
sue reazioni.
Il
suo
silenzio era snervante, specie se avvertito in contrasto con la sua
mente, che
stava urlando.
Non può morire, non lei! Salazar, ha a
malapena vent’anni! Salvatela, non chiedo altro!
Farò qualunque cosa, ucciderò
il bambino con le mie stesse mani, ucciderò Silente,
brucerò Londra da solo, ma
salvatela!
«Severus…»
Gli
sembrava
ancora di vederla, una bambina dai capelli mogano ridere spensierata su
un’altalena sbilenca, quella stessa ragazzina sorridere a
lui, abbracciarlo,
porgergli la mano… Sei il mio
migliore
amico, Sev… E quegli occhi… quegli
occhi non potevano andare distrutti.
«…
senz’altro
puoi capire…»
Quegli
occhi
così unici, così espressivi… sapeva
controllarsi, lei, ma gli occhi la
tradivano sempre. Quando lo stava prendendo in giro, quando stava
urlando
contro Potter, quando si concentrava sulle sue pozioni… e
quando sorrideva.
Aveva il sorriso più bello del mondo.
Non può venir cancellato, non
può! Il suo
sorriso deve restare! Dovessi
ingannare, mentire o uccidere il suo sorriso deve essere salvato!
«…
che la vita
di una Sanguesporco, a dispetto del tuo ammirevole senso
d’onore…»
Quegli
stessi
occhi che si erano colmati di un dolore insostenibile, quando lui
l’aveva
tradita.
Sanguesporco.
Perché
il
tradimento era l’unica cosa in grado di ferirla, e
l’aveva sperimentato due
volte, nella sua breve vita, sempre da parte delle persone a cui teneva
di più.
Dolore,
rabbia, delusione, tristezza… c’era tutto nelle
iridi chiare, in quei momenti…
«…
è
assolutamente irrilevante.»
Il
macigno
posto sul suo petto si fece più pesante. «Mio
signore, posso chiedervi,
malgrado questo, di risparmiare la sua vita?»
Lord
Voldemort
fissò su di lui uno sguardo troppo acuto, poi parve
sorpreso. «Severus, non mi
dirai che desideri quella donna!»
Era
possibile
nascondere tante cose, ma non in quel momento. «Per
paradossale che possa
sembrare, mio signore, è stata praticamente
l’unica persona in grado di…» Si
interruppe, non sapeva cosa dire. Comprenderlo? Capirlo? Accettarlo?
Volergli
bene? «… di annullare le influenze che il mondo
babbano aveva operato su di
me.»
«E
senza
dubbio è una bella donna» concluse
l’altro con un sogghigno. «Ma così non
va,
Severus! Non hai più cinque anni, ne hai venti e devi
pensare al futuro! Quella
donna è solo una macchia sul tuo passato…
dovresti liberartene, se già non
l’hai fatto. Esistono molte alternative, altrettanto
piacevoli ma più degne, a
cui potresti rivolgerti.»
E
ora era con
le spalle al muro. Se c’era una cosa di cui era assolutamente
inutile e
addirittura dannoso parlare a Lord Voldemort erano i sentimenti. Un
Mangiamorte
non ha sentimenti, un Mangiamorte si lascia guidare dalla logica o
dalla
devozione.
«Mio
signore,
ci… sarà tempo per risolvere il problema del
ragazzo… non… sarebbe… più semplice… aspettare e vedere
quali dei
due manifesti poteri maggiori?»
Tutto,
pur di
ritardare quel momento.
«Severus,
Severus» lo rimproverò con sarcasmo estremo il suo
padrone. «Non cercare di
scivolare così. Ne abbiamo già parlato, il
bambino deve morire prima di poter
rappresentare una minaccia. E mi sembra che stessimo discutendo di sua
madre,
ora.»
«Sì,
mio
signore.» Prese un respiro profondo, cercando con scarso
successo di riordinare
le sue idee.
«Sentiti
libero di esprimerti, Severus» lo raggiunse la voce
pesantemente ironica di
lord Voldemort. «Mi divertirebbe sapere cosa pensi esattamente…»
Ma non potresti mai capirlo…
La
prudenza
non serviva, e l’orgoglio non l’avrebbe salvata.
«Mio
signore,
vi supplico, come grazia personale, di risparmiare la vita di Lily
Evans.»
Né il cuore degli
inglesi né lo scettro
del re
Geordie potran salvare,
anche se piangeran con te
la legge non può
cambiare.
Il
mago piegò
capricciosamente la testa. «Severus, devo dire che il tuo
comportamento mi
preoccupa…»
Si
divertiva a
prenderlo in giro, a studiare le sue reazioni come avrebbe potuto fare
un gatto
particolarmente sadico con un topo particolarmente gustoso.
«Mio
signore?»
«La
tua singolare
ossessione per quella donna è anormale»
spiegò portandosi una mano al mento,
come in preda ad un’astrusa ponderazione. «Immagino
che l’età influisca…
dopotutto sei ancora giovane, malgrado io tenda a
dimenticarmelo…» Un sorriso
particolarmente sgradevole si disegnò sulle sue labbra.
«Gli svantaggi
dell’età, spero vorrai
comprendere…» Lo guardò, come colto da
un’ispirazione
improvvisa. «O forse è proprio il fatto che ti
abbia liberato a scatenare in te
questa atipica reazione?»
Per
quanto lo
riguardava, poteva credere quello che preferiva, l’importante
era che lei si
salvasse. «Non… lo so, mio signore.»
Aveva di nuovo le labbra secche. «So che… credo che non sarà necessario arrivare al suo…
omicidio per liberarsi del bambino…»
«Necessario?»
Il Signore Oscuro parve soppesare la parola.
«Necessario… no, non sarà necessario arrivare al suo omicidio,
Severus, ma non vedo per quali motivi andrebbe evitato. È
una Sanguesporco, e
nient’altro, e sarò io stesso ad ucciderla,
malgrado questo… Noi intendiamo
epurare il nostro mondo da quella feccia, è il nostro
scopo… Non vorrai
veramente cambiare il nostro scopo solo per una bella donna,
Severus?»
«No,
mio
signore, ma…»
«E
temo che
sia per noi tempo di rientrare, Severus» proseguì
dolcemente Lord Voldemort. «O
i miei fidi Mangiamorte potrebbero cominciare a temere che tu mi abbia
rapito…»
Rise. L’ipotesi nella sua mente era tanto surreale da poter
essere risibile.
Ma
Severus non
avvertiva nessuna voglia di ridere. Piuttosto di sguainare la bacchetta
ed
eseguire un anatema che uccide. Ma non poteva. Avrebbe vanificato
tutto,
avrebbe reso tutto inutile… «Il mio signore
prenderà in considerazione la mia
richiesta?»
Il
mago, già
sul punto di voltarsi, tornò nuovamente a guardarlo. Parve
riflettere qualche
secondo prima di dire: «Ci penserò su,
Severus… Sì, credo che mi risolverò
con
grandissimo rammarico a uccidere la tua donna, dopo una così
appassionata
difesa.» Gli si avvicinò e gli poggiò
una mano sulla spalla. «Sappi che avrai
tutto il mio supporto emotivo nel caso fossi tentato di restituirle
l’Avada di
cui mi ha fatto oggetto qualche tempo fa.» E tornò
ridendo al castello ad una
velocità tale che parve Smaterializzarsi.
E
tutta la
tensione di quel tremendo dialogo parve riversarsi su Severus tanto da
gettarlo
a terra, nelle ombre incalzanti della notte.
Così lo impiccheranno
con una corda d'oro,
è un privilegio raro.
Rubò sei cervi nel
parco del re
vendendoli per denaro.
Non
l’avrebbe
salvata, lo sapeva.
Era
stato
stupido poterlo anche solo sperare.
Non
avrebbe
mai risparmiato una Sanguesporco,
per
lui era già un segno di distinzione che una simile plebaglia
si fosse meritata
il suo interessamento personale… sarebbe stato quello il suo
regalo: ucciderla
personalmente e non devolvere il compito ad altri.
Le
ginocchia
non lo sostenevano, ma lui doveva allontanarsi, la sua mente non era
protetta,
era troppo sconvolto, era troppo vicino…
Con
un intenso
sforzo di volontà si costrinse ad andare verso il limitare
del parco,
procedendo alla massima velocità consentita dalle sue
conoscenze di
incantesimi. Si smaterializzò non appena toccò i
confini, per ripiombare nella
sua casa.
Uccisa.
Lily
stava per
essere uccisa.
Lily
si
sarebbe spenta.
Ed
era stato
lui, con le sue stesse mani, a costruirle il patibolo.
Lui
aveva
riferito al Signore Oscuro la profezia. Lui si era adoperato
affinché il suo
signore prendesse in considerazione la minaccia, lui aveva lavorato per
ottenere la sua approvazione.
Lui
aveva
condotto passo per passo la morte da Lily.
E
non c’era
modo di salvarla.
O forse sì…
Il
barlume di
un’idea nacque nella sua mente, e acquisì la forza
della disperazione.
C’erano
due
grandissimi poteri che si stavano scontrando in Inghilterra. Uno, il
suo, a cui
aveva dedicato tutta la sua vita, era quello di Lord Voldemort.
L’altro,
rappresentato dai suoi nemici, a cui lei aveva
dedicato tutta la sua vita, era quello di Albus Silente.
Si
era rivolto
a Lord Voldemort, e aveva fallito. Davvero stava ancora esitando di
fronte alla
prospettiva di andare da Albus Silente?
Senza
nemmeno
accorgersene era di nuovo in piedi nel mezzo del suo salotto. Poteva
farlo? Era
davvero abbastanza coraggioso da
tradire palesemente Lord Voldemort?
Tu sei una delle persone più forti che
io
conosca, Sev, non permettergli di convincerti del contrario!
Riuscì
a
recuperare il controllo mentre la sua mente riacquistava il suo sangue
freddo.
Silente era l’unico in grado di impedire la morte di Lily, e
andava avvisato.
Ma non poteva farlo via lettera, o attraverso un qualunque altro
canale. Doveva
farlo di persona. Avrebbe capito. Doveva capire,
non c’era nessun altro.
Esitò
un
ultimo attimo.
Non
si era
unito a Lord Voldemort per paura. Si era unito a lui perché
condivideva i suoi
ideali, la sua sete di potere, il desiderio di rivalsa su un mondo
inferiore
che li teneva bloccati, confinati e compressati. Tradire lui
significava
tradire il lavoro di una vita, significava gettare via tre anni di
preparativi
e sogni.
Non
arrivò
neanche a completare il pensiero: l’immagine di una Lily
quindicenne,
sorridente, si sovrappose a entrambe.
Non permettergli di convincerti del
contrario!
Non
lo avrebbe
fatto mai più.
Non
l’avrebbe
tradita di nuovo.
Con
un colpo
di bacchetta, aprì la porta e si inoltrò nelle
strette strade della sua città,
mentre da cielo cominciavano a cadere i primi fiocchi.
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