I'm not Marcus
Ma Nadine non fu l'unica nuova
creatura a vedere la luce in quegli anni. Qualche tempo prima, dieci
anni per la precisione, i terribili esperimenti che si eseguivano
nella piccola isola di Tihany portarono gli scienziati a risultati
concreti.
Così,
una mattina di Novembre del 2014, vennero alla luce due gemelli,
maschi e in perfetta salute.
O
quasi.
Uguali
nell’aspetto, un po’ meno geneticamente. Ma era un
problema che avrebbero affrontato con calma, quando se ne sarebbe
presentata la necessità. Per ora sia gli scienziati che il
promotore di tali esperimenti, poteva ritenersi soddisfatti e gioire
del buon esito dei loro intenti.
I
due neonati vennero chiamati Felix e Aleksander. Corvinus,
ovviamente.
Perché
i due piccoli ignari bambini, erano i cloni di Marcus Corvinus, il
capostipite di tutti i vampiri d’Ungheria.
Usando
il sangue del suddetto patriarca, erano stati creati in laboratorio e
impiantati nel ventre di un’umana, visto che tutte le donne
della specie più idonea abortivano nel giro di poche
settimane.
Ma
probabilmente proprio a causa di questa variante, Felix e Aleksander
nacquero con due precise differenze. Il primo, era semplicemente…
umano. Non mostrava cioè alla nascita nulla che dichiarasse la
sua origine quanto meno abominevole. Un neonato normale, che
necessitava di latte come ogni creatura nata da un mammifero.
Aleksander
invece, pur essendo normale all’apparenza, era già un
mostro. Rifiutava il latte prediligendo… sangue. Era nato
vampiro e allo stesso tempo aveva in sé una parte Lycan. Era
un ibrido: non era mai successo, nemmeno con Selene e Michael.
Era
ufficialmente nata una nuova razza e l’ideatore di questo
scellerato piano non poteva che essersene orgoglioso. Dopo anni di
lotte, era riuscito a ricreare la fonte, due gemelli speciali come lo
erano stati Marcus e William. Anche se solo il tempo, avrebbe
dimostrato fino a che punto sarebbero stati degni dei loro potenti e
terribili antenati.
Sicuramente,
l’ibrido prometteva molto bene…
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Tihany
– Ungheria - 2025.
“Io
non ti capisco..” ammise, disgustato nel vedere il fratello
trangugiare con piacere orribile pasto.
“Cosa
non capisci?”
Felix
si strinse nelle spalle. “Ma non ti fa schifo bere sangue? È..
ferroso, viscido… mi viene da vomitare al solo pensiero!”
Aleksander
rise pulendosi la bocca con una mano. “Tu sei strano
fratellino. Qui tutti bevono sangue, tutti quelli della nostra razza
voglio dire. Solo tu fai il prezioso!”
L’altro
strinse i pugni e lo guardò accigliato. “Io non faccio
il prezioso” obiettò indignato “io stavo per
morire l’ultima volta che hanno provato a farmelo bere! Tu fai
cose strane, tutti fate cose strane! A me piace il cibo normale, non
queste cose…. da vampiro!”
“Ma
noi lo siamo!”
“No!
Tu lo sei, io no!” e corse via, ferito dall'ennesima
affermazione circa la sua identità che lui rifiutata con tutto
sé stesso.
Suo
fratello era fiero di essere.. quella cosa, Felix no. Non aveva
neanche undici anni eppure aveva letto moltissimo su quelli della sua
razza, e non gli piacevano affatto.
Erano
cattivi, violenti, sanguinari e perversi. E Aleksander era sulla
buona strada.
Era
strano vedere come due gemelli, identici fisicamente, fossero tanto
diversi in tutti gli altri ambiti della vita.
Entrambi
con capelli rossi e occhi azzurri, stessa statura e costituzione
fisica. Ma uno pasteggiava allegramente a sangue e derivati, se
necessario. L'altro adorava hamburger e patatine. E se solo sentiva
l'odore del sangue, veniva colto da nausea.
Avevano
provato ad iniziarlo al consueto pasto a base di sangue, ma per poco
non morì e decisero di lasciar perdere, almeno per il momento.
Doveva essere un difetto genetico, povero caro, a renderlo
intollerante al sangue!
Questo
era l'unico neo sullo splendido esemplare di clonazione umana. Anche
se era un neo da non sottovalutare. E soprattutto, si doveva
combattere contro la sua voglia di umanità, di normalità.
Perché Felix, pur nutrendosi come un comune bambino, non era
davvero umano.
Lui
lo sapeva ma non lo accettava, dovevano farglielo accettare.
Così
una mattina, Felix si svegliò e non trovò suo fratello
che dormiva accanto a lui.
“Alek?”
lo chiamò alzandosi “dove sei? Se è uno dei
stupidi scherzi, questa volta le prendi sul serio!” minacciò
agitando un pugno in aria.
Ma
suo fratello non era lì, e non era nemmeno nell'attigua stanza
che loro usavano per giocare. Aveva una terribile sensazione,
Aleksander non si allontanava mai senza di lui, se si svegliava prima
lo aspettava seduto sul letto, non lo lasciava da solo.
Corse
da Jan, l'unico di quei vampiri un po' meno vampiro, anche se beveva
sangue come gli altri, ma neanche lui sapeva dove fosse suo fratello.
“Calmati
ragazzo mio, vedrai che sarà andato a fare un giro nei
laboratori, lo fa sempre!” gli disse cercando di
tranquillizzarlo.
“Ma
non senza di me! È successo qualcosa... lo so, lo sento!”
affermò agitato.
Forse
era il famigerato legame tra fratelli gemelli, ma Felix sentiva
davvero che qualcosa non andava.
Corse
dall'uomo che lui chiamava zio, ma del quale in realtà non
sapeva nulla, neanche il nome.
“Non
trovo Alek, sai dirmi dov'è?” gli domandò
timoroso. Quell'uomo, che aveva reso possibile la sua nascita e lui
lo sapeva, lo spaventava.
“Felix”
iniziò sospirando “dobbiamo parlare.” e gli posò
una mano sulla spalla.
“Di
cosa?” Un brivido di terrore percorse la sua schiena.
“Questa
notte Aleksander si è sentito male. Si è alzato e ha
raggiunto la prima stanza occupata da qualcuno... poi è caduto
a terra, e non si è più rialzato. Mi dispiace ragazzo
mio.”
Felix
lo guardò impietrito, doveva per forza aver capito male. “E'
una bugia! Mi avrebbe chiamato se si fosse sentito male!”
L'uomo
scosse il capo. “Non so che dirti figliolo. Forse non voleva
spaventarti o la paura lo ha spinto a cercare aiuto esterno... so che
è dura ma...”
Il
ragazzino si liberò da quella mano che non sentiva amica e
fece un passo indietro. “No tu non sai niente! Lui era mio
fratello, lui mi amava! E anche se era un mostro che beveva sangue,
io lo amavo! Tutti siete dei mostri, tutti quanti! E io vi odio, vi
odio!”
Così
dicendo, corse fuori, in quel giardino che aveva creato appositamente
per loro. Raggiunse uno degli alberi e iniziò a prenderlo a
pugni. Non beveva sangue, amava il cibo umano, ma aveva una forza a
dir poco demoniaca.
La
corteccia si sbriciolò ben presto e tutto l'albero tremò
sotto la furia dei suoi colpi.
Pianse
lacrime amare, sentendo come se una parte di lui fosse morta insieme
a suo fratello.
Era
vero, lo amava anche se ai suoi occhi umani faceva cose orribili, e
non riusciva ad accettare la sua morte. Lui, l'unico essere vivente
che poteva considerare come famiglia, era morto in silenzio senza
dirgli una parola.
Le
sue mani iniziarono a sanguinare ma non accennava a fermarsi, tanto
che iniziò anche a prenderlo a calci, sfogando l'incontenibile
rabbia che forse nasceva anche da tutto il resto e non solo dalla
misteriosa e prematura dipartita di suo fratello.
Sapeva
di essere stato creato per qualche scopo, non glielo avevano mai
nascosto, sapeva di non avere genitori e di essere la copia di
qualcun altro, e lui odiava profondamente tutto ciò.
E
ora aveva perso l'unico legame che aveva con il mondo, ritrovandosi
da solo in quella specie di prigione.
“Basta!”
urlò Jan raggiungendo il ragazzino.
“Sparisci,
non sono affari tuoi!”
“Felix,
smettila!” ripeté prendendolo per le braccia. Lui si
divincolò e lo spinse lontano, facendolo cadere.
“Ti
ho detto di lasciarmi in pace!”
Jan
non si arrese, si alzò e lo raggiunse afferrandolo di nuovo
per le braccia. “E'
quello che vogliono, smettila!”
gli sussurrò con un filo di voce.
Felix
lo guardò ansimando e corrugò la fronte. “Che
diavolo vuol dire?”
“Fidati.
È quello che vogliono... smettila di fare questa dimostrazione
di forza!”
“Dov'è
Alek? È davvero morto?”
domandò sussurrando a sua volta.
“Non
lo so, non credo. Ma non possiamo parlarne qui. Fidati ragazzo mio,
quello che vogliono è toglierti la tua umanità.
Smettila e torna dentro.”
Il
ragazzino annuì alzando gli occhi verso le finestre
dell'edificio. Qualcuno lo stava spiando e sapeva benissimo chi era.
Lo
zio, ovviamente, compiaciuto di aver saputo scatenare la naturale
violenza insita nel DNA di quella creatura. Tutto secondo i piani.
In
un certo senso, era sempre stato suo fratello a mantenere viva la sua
umanità, poiché quando gli vedeva fare ciò che
lui considerava orribile, si rifugiava nel suo stupido sogno di
normalità. Ora, senza quell'intralcio, Felix sarebbe cambiato.
Ne era sicuro.
Lo
guardò rientrare con un ghigno soddisfatto sulle labbra.
“Eh
sì caro ragazzo, da ora in poi le cose cambieranno...”
Il
giovane Felix, addolorato e arrabbiato, si rinchiuse nella sua camera
e lì restò per giorni, rifiutandosi di uscire. Parlò
solo con Jan, che gli spiegò che qualunque cosa fosse successa
a suo fratello, era stata fatta per lui, per modificarlo come non
erano ancora riusciti a farlo.
“Non
ci riusciranno” affermò convinto “io non sono come
loro, non sono un mostro.”
Si
fermò e rifletté a lungo, poi alzò lo sguardo e
lo puntò oltre la finestra. “Io non sono Marcus
Corvinus. Io sono Felix.”
L'uomo
di fronte a lui annuì sospirando.
Sarebbe
stato difficile per quel ragazzo non perdersi nelle pieghe della
malvagità.
Era
nato per questo, e difficilmente si sarebbe sottratto al suo destino.
Ma
lui lo avrebbe aiutato in ogni modo possibile.
a/n: grazie alle persone che
leggono e che hanno messo questa storia nei preferiti/seguiti. Spero
che continui a piacervi.
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