Shiroki
Yuutsu
« Perché, Takanori? Cosa ti affligge? »
Continuava a stringerlo, dopo essergli comparsa accanto, in quel luogo
tanto rasserenante, quanto solitario. Adatto per lui, forse.
« Posso parlarti? » Cullandolo tra le sue braccia,
gli accarezzava il volto. Anche lei aveva sognato un luogo del genere e
una situazione analoga a quella che stava vivendo. Inconsciamente,
ricordando quei momenti vagamente. Portava anche quella veste bianca,
tanto leggera e semplice. Il sole si era fermato
all’orizzonte, dietro le colline che per alcuni tratti
occupavano il paesaggio.
« Verso dove, mia gentile depressione? »
« Come? »
« Chi sei? »
« Una qualunque. »
« Da dove vieni? »
« Da un luogo qualunque. »
« Perché sei qui? »
« Perché non posso vedere la mia guida soffrire
»
Pioggia. Una delicata pioggia di petali di fiori di ciliegio. Il cielo
ancora rosso, la brezza che si alzava e le miriadi di fiori che li
circondavano ondeggiavano, tutti con lo stesso ritmo, eternamente,
mossi da una volontà non propria.
« Sono una guida? »
« Sì, la mia. »
Il rosso del completo di lui e la sua aria assente, facevano quasi a
botte con i colori chiari di lei, il suo sorriso, la sua stretta
materna.
« Ah! Quanto sei piccolo, Ruki-chan! Ho sempre desiderato
dirtelo, ma non ho mai fatto in tempo neanche nei miei sogni!
» continuando a sorridere, con lievi movimenti della mano gli
scostava dei ciuffi biondi dalla fronte, prima da un lato, poi da un
altro ed un altro ancora.
« Quindi sei qui... mi vuoi aiutare? »
« Non ne sono capace. Non posso aiutare una persona,
confortarla e starle vicino se sono la prima a non star bene.
»
« Perché? »
« Tante cose, tesoro mio. »
« Del tipo? »
« Che non ho ancora capito cosa sei. »
« La tua guida, no? »
« Sì, ma... » s’interruppe,
non intenzionata a continuare la frase « tu,
perché soffri? »
« Tante cose »
« Hai visto come cadono lenti? » indicò
un petalo bianco, andato a posarsi sulla spalla di lui, spiccando
subito per il colore luminoso.
« Come le parole. »
« Come le mie, quindi? »
« Forse, ma le tue rimangono qui »
s’indicò prima la testa, poi il cuore «
e non appassiscono, non scoloriscono. »
« Davvero? »
« Sei una grande persona, tu. Parole... cosa sono? Nulla! Ma
mi hanno fatto crescere, credo. Oh, no! Rimango sempre piccola, dentro
di me. Lo sono sempre stata e continuerò ad esserlo, fin
quando non sarò costretta a stare in un luogo del genere per
l’eternità. E sì, Ruki-chan. Quando ero
ancora piccola, quando ero stupida ed una semplice ragazzina, quanto ho
odiato me stessa? »
« Perché? »
« Perché... avresti dovuto vedermi, tesoro mio.
Inutile, stupida, piccola... e davo troppo peso alle parole »
« Vorresti dirmele ora? »
« Sai che mi ricorda tanto... »
« reila? »
Rise « Sì, reila. » strinse le braccia
intorno alle spalle di lui attirandolo a sé « Non
mi sbagliavo, Takanori. »
« Scusa, perché mi chiami così?
»
« L’ho sempre fatto. È un nome talmente
bello! Ti sta bene, e chiamarti così... nulla. Mi piace.
È un altro piccolo modo per sentirti vicino. Sai quante
volte ho desiderato parlarti? Avrei voluto solo questo, niente di
più. Ah! Ruki... non ti amo. Io peso le parole.
Già è difficile dirlo ad una persona che non
conosci, immagina se sei seria nel momento in cui lo dici e cosciente
del significato delle parole stesse, ma io davvero, non ti amo. Sai,
ultimamente ho provato a paragonare ciò che rappresenti per
me e ciò che... Aoi rappresenta per colei che è
la mia vita. »
« Quindi? »
« Quindi... lei ha detto che vorrebbe qualcuno che
corrisponda a tutto ciò che ha sempre desiderato e con cui
vorrebbe passare la vita intera, magari. Tu... tu per me sei la
perfezione. Per quel che ho potuto conoscere di te, posso dire che per
me, sì, sei la perfezione. Per quello che pensi, sia chiaro,
non per come ti presenti. Sì, per quello che pensi, provi,
fai provare. Anche se non ti nascondo, che esteriormente, mi piaci,
tanto. »
« Anche basso? »
« Scherzi? È una delle cose che più amo
di te! Forse la tua piccolezza rappresenta la tua fragilità?
»
« Forse... »
« Ah! È più forte di me Taka-chan. Non
posso vederti come qualcuno con cui stare insieme... intendo proprio
come... come fidanzati. Ahah! Piuttosto, ti vedo come qualcuno con cui
sì, stare eternamente, ma come ora. Parlarti per
l’eternità. A me andrebbe bene, non mi
spaventerebbe una situazione del genere. »
Sgranò gli occhi « Non ti viene un minimo di paura
al pensiero di dover star qui a parlare per.. sempre? »
Gli sorrise dolcemente, tornando ad accarezzargli il volto «
Ribadisco di no. Avrei tante di quelle cose da dirti, e per me, una
situazione come quella, sarebbe il più bel regalo dopo aver
ricevuto una misera vita. Ah, Takanori. Mio Dio! Quanto sei... perfetto
in ogni imperfezione e amabile in ogni gesto. Sai... una volta guardavo
il video di Cassis, la canzone che ancora oggi non mi sembra vostra.
Spostavo lo sguardo sullo schermo invece di guardare il muro bianco e
c’eri sempre tu, quando camminavi, cantavi o suonavi la
chitarra. E in ogni tuo più piccolo movimento ed anche la
più insignificante espressione, riconoscevo una persona
vera, tra tanti manichini, tanti imbroglioni, portatori di menzogne e
promesse lasciate marcire. »
L’altro annuì « Ma non mi conosci.
»
« Già. »
Un silenzio quasi lacerante per lei, rotto solo dal lieve rumore delle
fronde al vento, sotto il quale erano seduti. Cosa le aveva ricordato,
Ruki? Le aveva fatto tornare in mente la sua arresa, anche quando per
la prima volta, una persona si era proposta di inseguire un sogno
insieme, senza pensare per un attimo di sembrare stupida, infantile.
« Mi sta parlando dall’altro lato. »
« Chi? Quale lato? » Ruki la guardava senza capire,
sgranando gli occhi. Da quando gli era comparsa accanto, aveva fatto
una gran fatica per capirla, a volte.
« Lei, dal lato della realtà. » rispose
guardando verso il cielo con una certa aria malinconica.
« Cosa dice? »
« Mi chiede perché abbia gettato la spugna,
perché quasi non m’importi più di
raggiungere il nostro obbiettivo che abbiamo prefisso qualche tempo
dopo esserci conosciute, quando finalmente abbiamo capito di poterci
fidare l’una dell’altra. »
« Che obbiettivo? »
« Tu e il tuo stupido chitarrista moro » rispose
lei ridendo.
Ruki sorrise divertito « Ti è antipatico?
»
« Tanto! Bravo sì, ma troppo stupido, ecco.
»
« È una brava persona. »
« Come gli altri tre, del resto. Sai che impazzisco anche per
Kouyou? »
Il cantante la guardò un attimo sbigottito «
Ma...? »
« Calma, calma. Stavo per dire che è inutile.
Certamente Uruha sarà un uomo a dir poco splendido, a mio
parere, ma sai di quante cose manca rispetto a te? »
« Cioè? »
« Una più spiccata capacità di amare,
ad esempio. Ah, Ruki! Ma ti vedi? Ti senti? Se solo potessi,
oltre a tenerti così stretto a me, parlarti ed accarezzarti,
farei qualsiasi cosa per sentirti più vicino. »
Ancora silenzio. Non come quello di prima, per lei. Ora era tranquilla.
Aveva gli occhi chiusi e lo stringeva ancora non accennando a volerlo
lasciare. La testa bionda di lui era poggiata sulla sua spalla, e
sembrava quasi che si fosse addormentato.
“È proprio uguale all’immagine che mi
ero fatta di lui. Quelle mani l’una nell’altra e i
lineamenti chiari e gentili. Un gran chiacchierone? Ma
quando?” era tornata a guardarlo, senza però fare
altri movimenti.
« Sei la madre di cui avrei bisogno ora » le
strinse la veste all’altezza del fianco.
« La madre...? » lo abbracciò, andando a
nascondere il viso tra i suoi capelli biondi.
« Posso amarti solo come una madre. »
« E sarei quindi un punto di riferimento. »
« Sì, una madre. Non una mamma, esattamente una
madre. Ho sempre voluto anche io qualcosa del genere. Parlare, pensare,
riposare tranquillamente. »
Passarono ancora qualche istante senza aprire bocca. Lei aveva ripreso
a guardare verso il cielo, che probabilmente sarebbe rimasto rosso per
l’eternità. Ruki era tornato ad avere gli occhi
chiusi, sempre con la testa appoggiata sulla spalla di lei. Venivano
cullati dalla brezza che accarezzava i loro corpi. Rilassante,
sì. Chissà da quanto tempo è qui, si
chiedeva lei. Già, chissà da quanto. Si domandava
anche, se non fosse stato lì per aspettarla, come se
qualcuno avesse ascoltato le sue preghiere. Come se qualcuno avesse
esaudito il suo unico e più grande desiderio di raccontargli
tutto quello che rappresentava per lei.
« Sai, questo luogo... non è la prima volta che mi
ritrovo qui » confessò abbassando lo sguardo.
« Quando ti è già successo di trovarti
in questo campo infinito? » domandò lui a bassa
voce.
« Non lo ricordo con precisione. So solo che è
solo merito tuo e di ciò che canti che per la prima volta
riuscivo a vivere sogni quasi reali, come se fossi stata sul punto di
raggiungerli veramente quei luoghi. Come oggi, anche se non so quale
sarà il mio destino: rimanere qui? Svegliarmi? Non ne ho
idea. Ogni luogo che hai creato è legato ad una canzone.
Okuribi, ad esempio »
Ruki annuì non schiudendo gli occhi né muovendosi
di poco.
« Ecco. Quella canzone mi rimanda a un parco di notte, con
alberi alti e bassi che si alternano. Lampioni con luce fioca e viali
piastrellati. Panchine in bambù, laghetti curati e
splendenti sotto la luce riflessa della Luna. Non riesci ad
immaginarlo, Takanori? » gli prese una mano, chiudendo anche
lei gli occhi « Più o meno »
« Ascolta. Ascolta la tua voce, ascolta la melodia che avete
creato. Non ti aiuta a trovarti in quel luogo? Cosa mi dici? Cosa
senti? Tristezza? Malinconia? »
« Calma » rispose avvinghiandosi di più
a lei.
« Sì, è vero. Non
c’è un rumore di troppo, giusto? »
« Solo dell’acqua che scorre »
« Ma questo... questo è il posto a cui sono
più affezionata. Nulla potrebbe mai superare la trascendenza
in cui ci troviamo ora. Ho sognato tutto questo, Takanori. Io ero
così, tu anche, il cielo, la terra, i confini. E
l’hai creato tu. Shiroki Yuutsu »
« Verso dove mia gentile depressione? »
« Già » lo strinse, quasi sul punto di
piangere « verso dove? Erano tutti dei demoni. Tutti al pari
del diavolo. Piangevo nel letto, la porta chiusa. Avevo avuto la
sensazione di vivere qualcosa di spiacevole, doloroso »
Ruki la guardò « Quale canzone, ora? »
« Non ce n’era una. Tutto era silenzio e tu venivi
brutalmente spezzato in mille pezzi. Un primo Ruki piangeva,
l’altro sanguinava. Ripercorrevo tutti gli incontri della mia
vita: tutti con un aspetto a dir poco demoniaco, una risata malefica,
in grado di entrarti dentro, prenderti, tormentarti per sempre, anche
dopo il trapasso. Gli unici normali, sorridenti, pronti ad assicurarmi
che tutto sarebbe andato bene eravate tu e lei, lei che tanto amo, lei
che tanto mi è stata vicina. Solo che il tuo sangue
traboccava più delle tue lacrime. Mi sono svegliata ed ho
vissuto con una specie di colpa che tutt’ora non mi da pace.
Non avevo fatto nulla per aiutarti, nulla, come se avessi accettato una
sorta di tuo saluto »
Ruki scosse la testa guardandola. Ora lei piangeva e sorrideva allo
stesso tempo « Ma… cosa dici? »
« Lo so che è tutto assurdo, ma… lascia
perdere, Takanori. Insomma... ora guardami! Non ti faccio minimamente
schifo? Io mi odio! Ti faccio domande, cerco di toccarti, ma non so se
è tutto vero! Non so se sto parlando a me stessa e mi sto
illudendo per l’ennesima volta! Oh, Takanori! Sta cambiando
qualcosa dall’altro lato e sto malissimo! » Non
sorrideva più. Le lacrime scorrevano senza sosta.
Ruki la guardava allarmato. Quanto era strana? Tantissimo, e non
riusciva bene a capire il perché di tutte quelle parole che
lei stesse dicendo. Erano vaghe, quelle frasi, ma probabilmente, lei,
stava più che altro avendo uno sfogo, per questo i suoi
pensieri erano confusi e incomprensibili.
« Ora cosa vuoi dire? »
« Che adesso sto diventando gelosa, sempre
dall’altro lato! Quindi sono stata tanto ipocrita per anni?
Per anni avrei finto di non interessarmi agli sguardi insistenti di cui
vieni ricoperto? Ho voglia di piangere, gridare, parlarti, stringerti,
dall’altro lato. Non posso e il mio dolore qui cresce senza
freni. Quanto ci passiamo? Molti anni. Non sono giapponese, non sono
matura né bella. Non sono semplicemente alla tua altezza
né tanto meno in grado di essere amata, notata da te...
»
Il biondo spalancò gli occhi. Era diventata estremamente
incoerente in così breve tempo « Hai detto che io
sono solo la tua guida! »
« Non avercela con me! Ho sempre saputo di mentire nel
momento in cui dicevo roba del genere! Come potrei volere te, Takanori
Matsumoto, in qualità di mia semplice guida? Ricordo tutti
quei racconti in cui avevo messo tanta fantasia e... magari
sì, amore. M’immaginavo insieme a te, e perdevo le
ore a pensare a cosa tu, potessi rispondere a quello che ti dicevo. Ma
ero io.. ero solo io.. dimmi la scrittura cosa mi poteva dare, se non
una stupida illusione destinata a durare il tempo di un breve respiro.
Due secondi dopo infatti ero lì a pensare che nulla sarebbe
potuto essere come immaginavo... mai »
Tutto d’un tratto mutò in quel luogo. Quel
colorato e vivo albero di ciliegio si spogliò dei suoi
frutti, delle sue foglie. I rami divennero secchi, nudi, come il
paesaggio ormai bianco, privo di tutti i suoi vecchi allegri colori. Il
cielo grigio, scuro. La brezza calda, trasformata in un pungente vento
tipicamente invernale. Quella era la desolazione, che lei, aveva creato.
« Seppellendo il tuo respiro nella stagione calma. Tu, che
hai aspettato per l’aiuto, dissolta nel nulla. Non
posso far ritirare la mia voce cosicché tu non possa
sentirla più.. Ho realizzato che è il mio
peccato »
Iki mo
dekizu ni tada kotaeru dake
Tsumaru
kotoba wo ooi tsukusu
Yuutsu
yo doko he
Shigamitsuki
negatta asu wa ima wo saiteru
Kimi
wo mamoru ka no you ni
Yura
yura yura
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