V
Si domanda Milo se ha fatto bene. Ha salvato la vita
dell'allievo di Camus. Andava fatto? Al momento non può esserne certo. Ma se
magari la ragazzina che è venuta dal Giappone fosse veramente Athena?
Possibile? Assurdamente possibile! Milo non può fare altro che aspettare.
Aspettare le sorti della battaglia. Aspettare di vedere se e dove l'avanzata
dei ragazzi si fermerà. Quel
presentimento lo sta uccidendo. Vede chiaramente il suo futuro. Sa che
vivrà. E allora? Cosa lo preoccupa? Sa. Sente che i ragazzini hanno
superato la casa del Capricorno. Non tutti. Ma quasi. Hyoga l'ha superata. I
suoi presentimenti si stanno avverando. L'allievo sfiderà il maestro? E
allora? Camus è un uomo di giustizia. Più di chiunque al Santuario. Solo
ora Milo comprende i tentennamenti dell'amico, le parole non dette sul Grande
Sacerdote, il suo esilio volontario durato 7 anni. Niente a che fare con
l'addestramento del marmocchio. O almeno non
solo per quello. Camus sapeva. Aveva intuito, di questo Milo ne è ormai
sicuro. E allora? Camus è un uomo di giustizia. E la giustizia non può
essere sconfitta. Non deve essere sconfitta.
Lo immaginava Milo.
Ne era quasi sicuro.
Li ha lasciati passare.
Sorride Milo.
Sicuro che tutto andrà a posto. Almeno crede.
Eppure non tutti sono passati.
Uno è rimasto nella casa di Camus.
Lui
Hyoga.
Un dolore lancinante
colpisce Milo al petto.
Una sensazione di dejavù attanaglia il suo cuore.
Non lo lascia respirare.
Camus completamente congelato.
Riverso a terra.
Sorridente
Camus non sorride mai.
L'istinto suggerisce a Milo di darsi una mossa. Non può. Un
cavaliere non abbandona mai la postazione durante la battaglia. Gli ordini non
si discutono. E se il Grande Sacerdote fosse un impostore? E' un impostore! I
sentimenti dei due contendenti assorbono completamente la sua attenzione. E'
troppo agitato per comprendere chiaramente cosa stia succedendo nell'undicesima
casa. Sente il conflitto imperversare nella casa e dentro il cuore di Camus. Da
una parte il cavaliere che vuole vincere, dall'altra il maestro che non riesce
a non insegnare all'allievo. In ogni caso è necessario portare a termine il
compito assegnato fino in fondo. Una volta intrapresa una strada non la si
abbandona. Mai. Neanche se i motivi per cui ci si batte sono sbagliati? E' questo
che si domanda ora Milo. Perchè? Camus sa, ne è sicuro Milo, da quale parte si
trova la giustizia. Eppure si ostina a combattere. Perchè? Il conflitto
si fa serrato. Le gambe di Milo cominciano a muoversi senza che la sua testa
riesca a fermarle. Prima lentamente, poi sempre più velocemente.
Corre Milo.
Prima lentamente, poi sempre più velocemente.
Corre Milo. Corre.
Impaziente. Agitato. Furioso.
Sente che non arriverà in tempo. Lo sa.
Ne ha la certezza.
Non fa nulla.
Deve provarci, tentare, lo deve al suo amico, al suo
compagno d'armi. Sale le scale delle case che lo dividono da quella di Camus
sempre più freneticamente. Se potesse si teletrasporterebbe. Ma forse neanche
così riuscirebbe ad arrivare in tempo. Tempo.
E' il tempo che
manca.
Per evitare che si compia il destino è il tempo che manca.
Se si potesse fermarlo. Non per tanto. Solo per un istante. Allora si che
sarebbe l'ideale. Ma il Tempo scorre e la clessidra, ingenerosa alle sue
suppliche, fa scorrere la sabbia dall'alto in basso, puntualmente,
inesorabilmente verso la fine di tutto.
In colpa.
Mi sento in colpa? Forse si. E' possibile.
Plausibile. E' lui che ha permesso all'allievo del suo amico di proseguire. Ma
non è solo per quello. La sensazione di stare per perdere qualcosa di prezioso
lo attanaglia. Il dolore si fa sempre più pressante. Non importa.
L'importante ora è correre. A per di fiato, senza tregua. Superata la nona
casa, deserta da una vita, arriva alla decima. La casa del cavaliere di
Capricorn è così pulita che ci si potrebbe specchiare sui pavimenti. E la sua?
Completamente distrutta. Possibile? Possibile. Magari Shura ha fatto passare
quei marmocchi. Magari sapeva cose che lui ignorava. Del resto anche Camus
glielo aveva detto. No! Camus non dice, sottintende, suggerisce, ti fa credere.
Ma no! Camus non dice mai. A mala pena parla. Uscito dalla casa
immacolata eccolo di fronte a lui. Lo
spettacolo dell'Apocalisse. E' passato un tornando. Ma dove è il cavaliere di
Capricorn? I marmocchi sono passati, ne è sicuro. Sicuro, sente i loro cosmi nelle case più avanti. Ma dove è
Shura? Non ha importanza, non è lui il suo amico, non è lui la persona che deve
tentare di salvare. Andando avanti vede il corpo esanime di uno dei ragazzi con
cui ha combattuto. Il cavaliere del Dragone, l'allievo di Libra. Ha indosso
l'armatura di Capricorn. Perchè? Non ha importanza. Non ora. Riprende la
sua corsa Milo. Senza sosta, ormai la meta è vicina. Sfinito, sfiancato, non
dalla corsa, ma dalla morsa che toglie vita al suo cuore.
Siamo cavalieri cazzo.
Cavalieri!
E allora?
Non è che abbiamo firmato un contratto con la morte.
Sicuro? Sicuro.
Arrivato.
Finalmente! Il gelo gli entra nelle ossa, lo smuove, lo
scuote, lo sconvolge.
Mai sentito così freddo!
Neanche nelle lunghe notti passate in Siberia ad ammirare le
stelle. Freddo e ghiaccio. Ovunque. Entra, timoroso dello spettacolo che sta
per osservare. Due corpi. Distesi. Congelati. L'uno di fronte all'altro.
Scavalca il primo pensieroso, vorrebbe fermarsi, controllare, ma non può, ha urgenza
di raggiungere l'altro. Dei due l'uno. E per lui è più importante il suo amico.
Ignobile? Forse? Orribile? Sicuramente. Ma questa è la vita gente. Camus è
disteso sul pavimento. Il suo corpo è blu. Il suo volto, così sereno e
rilassato non è mai stato così bello. Sul suo viso un sorriso. Cazzo amico
mio. Non ricorda Milo di aver mai visto sorridere il suo amico. E ora? In
morte sorride? Ma cosa c'e' da ridere Camus? Questa è la domanda che
martella la testa di Milo. Il suo amico è morto sorridendo e lui non riesce a
darsi pace. Lui che ha permesso al suo carnefice di passare. Lui che doveva
ascoltare il cuore oltre ogni ragione.
Non è quello che ho fatto?
La ragione, in effetti, avrebbe voluto che lui quei ragazzi
li facesse fuori. E allora? Avrebbe dovuto permettere alla ragione di
scavalcare il suo cuore? Non ha senso. Ma del resto nulla in quell'assurda
giornata ha avuto un senso. Fin dal momento in cui si è svegliato gli è
sembrato tutto così assurdo. Surreale. Irrazionale. Patetico. Non era quello il
destino che sarebbe dovuto appartenere al cavaliere di Aquarius. Semmai era lui
che doveva morire. Ne era ben più degno di Camus. Tutto è relativo. Ma allora, dunque, se tutto
non ha senso, perchè dare un senso al nostro destino? Basta! E'
arrabbiato Milo. E la rabbia acceca, avvelena. Non può farne a meno.
E' arrabbiato.
Con se.
Con Hyoga.
Con il francese.
E' tutta colpa sua se Camus è morto. Lui che ha lasciato
passare il biondino. Il suo assassino. Stupido. Idiota. Non usi mai il
cervello.
E' tutta colpa di Hyoga se Camus è morto. L'allievo che
supera il maestro. Inaccettabile. Impensabile. Ingrato.
E' colpa di Camus. E' tutta colpa sua. Solo sua. Fino a che
punto si può spingere un uomo?
Camus era un uomo di giustizia. Avrebbe dovuto farli passare.
E invece. L'ultimo insegnamento era proprio necessario? Mettere in gioco la
propria vita per creare un uomo migliore? E a lui non ha pensato? Al dolore, ai
sensi di colpa. Bastardo Camus. Egoista.
A me non hai pensato?
Non è innamorato di Camus Milo.
Lo sa
ne è certo.
Della loro amicizia è innamorato.
Di quel sentimento che unisce forse più dell'amore. Nella
gioia e nel dolore. Nelle difficoltà la solidarietà è un sentimento che solo
l'amicizia può dare. Una sensazione prende possesso del corpo di Milo per un
attimo. Solo per un istante realizza che i marmocchi hanno compiuto l'impresa.
Saori Kido è Athena. Onore e gloria a lei. E' sconsolante scoprire per Milo che
ha servito un folle senza mai rendersene conto. E la giustizia? Ha servito la giustizia?
Non mi importa nulla. Camus è morto. Lui è vivo. Hyoga è vivo. Osserva
attentamente il francese. Il suo sorriso. Si inginocchia stremato il cavaliere
di Scorpio. Accanto al suo amico, spossato, sfiancato da quella lunga giornata.
Le lacrime non si addicono ad un cavaliere. Lui è un cavaliere. Non piange
Milo. Vorrebbe, ma non riesce. La mano si muove autonomamente, scollegata dal
suo cervello. Accarezza i capelli rossi dell'amico. Una sensazione di pace
pervade il corpo di Milo. Una serenità mai provata lo avvolge. Forse ha capito
Milo. Forse. Hai sempre pensato che Hyoga sarebbe stato migliore di te.
Ecco la verità. Nuda e cruda. Felice di aver creato un uomo migliore di te.
Sereno per aver adempiuto al tuo dovere. Sorride Milo. Sei uno stronzo Camus.
Un ultimo sguardo. Una sola singola lacrima scende sulle sue guance.
Le lacrime non sono adatte ad un cavaliere.
Anche Camus ha pianto una volta.
Non per me.
Si volta Milo ad osservare l'altro corpo.
Ancora vivo.
Questo mondo è per i vivi.
Prende sulle sue braccia il corpo spento di Hyoga. Non si
volta più indietro. Esce dalla casa di ghiaccio. E' necessario guardare oltre.
Non ha dubbi Milo. Il suo amico sarà sempre con lui. Con loro.
La sua memoria vivrà in Hyoga e lui farà in modo che Hyoga sopravviva
a tutto.
Semplice.
Lineare.
Questo è l'ultimo capitolo di questa storia breve. Colgo
l'occasione per ringraziare tutti quelli che si sono soffermati un momento a
leggere e spero che vi sia piaciuta.
X Hoel: Il Settimo Sigillo, come avrai intuito, è
anche uno dei miei film preferiti e mi sembrava pertinente il fatto che anche i
Saint infondo giocano costantemente la loro partita con la Morte.
Concordo in pieno anche sul fatto che Milo è il cavaliere
dell'opzione B: per me è sempre stato l'unico infondo ad essere più complesso e
completo. E' l'uomo della riflessione e dell'azione, sa essere giusto e
crudele. Anche nella morte di Camus secondo me, l'iniziale rabbia che può aver
provato, alla fine lascia il posto ad un senso di ineluttabilità. Spero
comunque di non essere stata troppo drammatica :-)
x sagitta72: eccoti servito l'ultimo capitolo.
Spero di non averti fatto usare troppi fazzoletti, quando c'e' Camus in mezzo
non si sa mai con te. :-DDD