Imprisonment

di Altariah
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Pensa al passato, capisci il presente, indovina il futuro.

Le mie mani cercavano insistentemente, una notte tra tante, di cercare di arrivare a toccare i sottili fori della finestra della mia cella. Avevo dodici anni allora, ma purtroppo quello sbocco per me era raggiungibile solo stirandomi e faticando. E il risultato era che riuscivo a farci arrivare solo le mie mani, completamente graffiate, a furia di colpire involontariamente il muro ruvido, quando giocavo a giochi - inventati da me, ovvio- in cui c’era da correre.
Parlavo spesso da sola; anzi, praticamente da sola, sembrava che facessi ribrezzo ai carcerieri. Se non addirittura paura.
Paura?
Perché io, una semplice fanciulla che non ha neppure idea di cosa sia la Libertà, dovevo incutere una sensazione del genere a degli uomini?
Io?
Io chi ero? Chi sono, anzi?

Uno scarto della società, senza sentimenti, senza genitori, senza passato e senza futuro.
Senza un nome.
Chissà se mio padre o mia madre avessero mai deciso per me un nome. Penso che sia un lusso troppo grande possederne uno tutto per sé. Chissà se sono costretta qui per una giusta causa.
Io non lo so, sono soltanto un puntino sulla faccia della Terra.




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