Capitolo 4
–Identità Rivelate-
-Forza con quelle
braccia, femminucce! Voglio vedervi sudare sangue!- sbraitò il sergente Wallace
–muovete quei muscoli, dannazione! Cosa siete, vermi o uomini?!?-
-Burmer, signore!-
fu l’istantanea risposta.
-Non ho sentito,
sacchi di immondizia!-
-BURMER, SIGNORE!-
nuovamente si udì la risposta, ma stavolta con molti più decibel.
Ormai da più di tre
ore il sergente stava allenando implacabilmente la squadra di burmer
Risvegliati, più il povero CLR-01. Come era stato detto loro, dopo aver preso
l’equipaggiamento, avevano raggiunto il sergente nella sala addestramento, per
poi finire vittime del suo sadismo senza fine, fra piegamenti, addominali, prove
di forza e di velocità ad un livello a dir poco disumano. Ora stavano compiendo
semplici esercizi di sollevamento pesi, praticamente come prendersi un caffè
rispetto a quello che avevano appena sùbito.
I burmer non si
lamentavano, essendo la loro razza molto incentrata sulla vita militare e sulla
disciplina rigida, anzi si trovavano molto a loro agio con un sergente così
severo, sostanzialmente privo di pietà. Quando Barret allenava le truppe perdeva
del tutto la sua aria bonacciona per trasformarsi in un gigante nero crudele e
malvagio.
Quello a disagio era
CLR-01, il ragazzo biondo con la coda, che si scoprì per nulla avvezzo a
ricevere ordini. E soprattutto ad eseguirli. I suoi compagni topomorfi magari si
trovavano anche bene, ma lui no! Detestava sentirsi dire cosa fare, cosa che
fece notare appena prima di cominciare l’allenamento..
Quel gesto di
avventato coraggio gli costò trenta giri di sala, più tre serie da sessanta di
addominali, più cinquanta piegamenti. E tutto tenendosi addosso
l’equipaggiamento completo più tutte le armi della squadra. Poi gentilmente il
sergente gli concesse di scaricarsi di dosso le armi, ma pretese che tutta la
squadra si allenasse con addosso la corazza.
-Dovete abituarvi ad
avere quella roba addosso!- spiegò, con il solito tono burbero –dovrete essere
in grado di correre, saltare, combattere con la corazza! Spesso tutte e tre
queste cose assieme! Mica vogliamo vedervi spompati dopo solo tre metri di
corsa, vero?!-
E nessuno poteva
dargli torto, nemmeno il ragazzo. I burmer poi non si lamentavano di nulla,
facevano qualsiasi cosa il sergente chiedesse loro, animati da uno spirito a dir
poco epico. Era opinione del ragazzo che fossero stati particolarmente colpiti
dal racconto di V.I.V.I. e che quindi la loro era una sorta di.. vendetta. O
qualcosa di simile. Almeno avevano un motivo valido per combattere questa
guerra, al contrario di lui, che nonostante le parole di Rufus Shinra continuava
a sentirsi del tutto inadeguato e fuori posto.
-Più piegamenti e
meno ripensamenti!!- sbraitò Barret, tirando al povero biondo una gomitata sulle
costole, notando la sua aria pensosa. Quello, che in quel momento di pensiero
stava sostenendo sulle spalle un bilancere da ottanta chili, fu costretto a
lasciarlo cadere a terra con gran clangore, per poi piegarsi in due dal
dolore.
-Sospendete
l'allenamento, sergente Wallace- la voce di V.I.V.I risuonò stentorea nella
sala, con il consueto timbro elettronico -il colonnello Strife desidera
vedere la squadra nella sala briefing per affidare loro una
missione-
Barret emise una
sorta di grugnito di malumore -dì a quel cretino biondo depresso che la squadra
è ancora in fase d'addestramento- replicò verso l'altoparlante da cui V.I.V.I
comunicava -se vuole, può mandarli al macello fra una settimana o due- concluse,
con aria noncurante, voltandosi nuovamente verso i dodici componenti che ancora
stavano sudando sotto i pesi e i bilancieri.
-Il colonnello
Strife mi ha detto di riferirle che si tratta di una missione di livello Alfa
con alte probabilità che degeneri in un livello Omega, e che se persisterà ad
ignorare gli ordini verrà degradato a caporale e, cito testualmente- la voce
del colonnello Strife sostituì quella di V.I.V.I. -#..sparato nello spazio a
calci in culo, fin dentro a un fottuto cataclisma cosmico#-
Barret sbuffò,
chiaramente scontento della decisione, ma sotto sotto soddisfatto della
risposta. Per un qualche masochistico motivo, Barret pareva ascoltare solo chi
sapeva stargli alla pari nel linguaggio scurrile.
-Ok, signorine, qui
abbiamo finito!- urlò quindi verso il ragazzo biondo e i burmer, che con sospiri
di sollievo poggiarono a terra bilancieri e pesi –ora andate a farvi una doccia,
a cambiarvi, e poi scaraventatevi nella sala briefing! Chi tarda, al ritorno gli
faccio fare tanti di quei piegamenti che vomiterà l’anima tre volte prima di
riprendersi! Avete quindici minuti da..- controllò l’orologio integrato nel
braccio cibernetico -..ora!-
…
Esattamente
quattordici minuti e cinquantanove secondi dopo, gli undici burmer e il ragazzo
biondo erano seduti sulle panche della sala briefing in cui si erano trovati
quella mattina. Ma molte cose erano cambiate nel frattempo: intanto non c’erano
panche ma sedie di plastica rigida, un materiale che nessuno di loro aveva mai
visto, inoltre sul palco davanti a loro era stato montato una sorta di supporto
metallico dal funzionamento tutt’ora oscuro; infine, Barret era assente, al suo
posto c’era un uomo con assurdi capelli biondi sparati in tutte le direzioni
possibili, con abiti neri, grossi paraspalle bordati d’argento e un occhio
elettronico, il sinistro, stava squadrando con attenzione i soggetti che aveva
davanti; l’altro occhio, azzurro e freddo, sembrava spento, neutro, privo di
ogni scintilla vitale, come tutto il suo volto, duro e impietoso.
Alzò la mano destra,
chiusa in un guanto nero, con cui accese il supporto metallico, che per un
attimo lampeggiò, prima di cominciare a proiettare quella che sembrava una mappa
olografica tridimensionale.
-Quella che vedete-
iniziò a parlare l’uomo –è una mappa della periferia della città di Esthar- la
sua voce era talmente fredda e atona da provocare in alcuni brividi di disagio
lungo la schiena –il vostro compito sarà penetrare nella città, attraversare la
periferia..- mentre parlava, la mappa seguiva il suo discorso, indicando zone e
strade -..fino a giungere al centro della città, esattamente qui- la mappa si
fermò, mostrando un grande edificio, indicando anche presidi, difese,
guarnigione –una volta entrati, muovetevi con cautela e in silenzio, senza farvi
scoprire. Se qualcuno nota i vostri movimenti, uccidetelo. Dovrete arrivare in
cima e prelevare questa persona- la mappa sparì, al suo posto comparve la foto
di un uomo di mezza età, anche se manteneva ancora un volto affilato e
giovanile, con lunghi capelli neri e occhi vispi e attivi. Sotto a caratteri
digitali vi era il suo nome: Laguna Loire –una volta recuperato, rientrate
immediatamente alla Proteus. Non è ammissibile la perdita di questa persona,
tantomeno la sua morte- un altro gesto della mano, e il supporto metallico si
spense –supponiamo che la missione andrà liscia fino al termine della prima
parte, ma le proiezioni tattiche suggeriscono che una volta raggiunto il
soggetto la situazione possa.. complicarsi. Per questo sarà vostra priorità
attendere i rinforzi prima di tentare di rientrare. Tu- e indicò un burmer in
prima fila –sei a capo della prima parte dell’operazione. Una volta arrivati i
rinforzi ti atterrai agli ordini dell’ufficiale in comando- altro gesto della
mano, schietto, diretto, e di congedo –i vostri ordini gli avete. Preparatevi,
quindi fra trenta minuti raggiungere l’hangar delle capsule- senza dire o fare
altro, il Colonnello Strife, prese con sé il supporto metallico ed uscì dalla
stanza.
…
-Hai notato,
V.I.V.I.? Più invecchia e più diventa stronzo- commentò Cid, dalla sua posizione
privilegiata. Davanti a lui, sugli schermi, saettavano ogni tipo di immagini,
che controllava con la coda nell’occhio, ma negli ultimi minuti si era
concentrato nel briefing della nuova squadra.
-Il Colonnello
prende molto seriamente il suo ruolo- commentò la voce
elettronica.
-Il Colonnello
dovrebbe prendersi una vacanza- commentò invece il pilota, con improvvisa aria
seria, accendendosi un sigaro, e stirandosi le braccia –e anche tu Vivi.. tutti
noi.. sta andando avanti da troppi anni-
-L’alternativa è
la resa, non la vacanza, tenente Highwind- fu la replica istantanea di
V.I.V.I. –e la prego di non chiamarmi mai più così. Io sono
V.I.V.I.-
Cid prese un paio di
boccate dal nuovo sigaro, facendo fuori uscire poi con aria soddisfatta il fumo
dal naso –lo so- fu la risposta, mentre stirava le gambe, e poggiava i piedi sul
quadro comandi, con aria rilassata –ma sai com’è.. quando crei qualcosa tendi a
ricordarne le origini-
…
La tensione era
palpabile, mentre il gruppetto percorreva i corridoi metallici sulle cui pareti
correvano tubi e cavi di diversa dimensione.
Tutti erano armati
con corazze verdi, tranne il biondo CRL-01, a cui era stata data stranamente una
corazza blu. Inoltre lui era l’unico a indossare stivali, data la natura delle
estremità inferiori dei burmer, che non permettevano l’utilizzo di alcuna
calzatura. Assomigliavano molto alle zampe inferiori dei roditori.. per non
parlare poi delle orecchie che spuntavano dai buchi appositamente fatti sui
caschi su misura dei topomorfi. La coda invece era il tratto comune di tutta la
squadra, che fuoriusciva dal retro dei pantaloni di tutti, senza eccezione. La
coda del biondo CLR-01 era anch’essa bionda e scimmiesca, mentre quella dei
burmer era sottile e ricoperta di leggera peluria grigiastra.
Nonostante
l’eccezionalità della loro razza, i fabbri della Proteus sapevano il fatto loro.
Per il resto le armature erano identiche, con due grossi spallacci di cuoio
indurito a proteggere busto e spalle, avambracci che partivano con uno snodo sul
gomito, e che terminavano sul dorso della mano, quindi una protezioni semplice
sul perone e infine degli schinieri di un materiale chiamato mith-rilh, che
partivano con una protezione a snodo sul ginocchio per poi coprire tutto lo
stinco. Inoltre la dotazione standard prevedeva una pistola semplice, un mitra
leggero, un pugnale e diversi accessori, quali binocolo, diversi tipi di
fumogeni, torce, cavi e funi di vario genere, alcuni kit di pronto soccorso,
ganci e apparecchi radio-riceventi. Le armi personali, quali le lance dei burmer
e le daghe del ragazzo biondo erano segnalate come extra, quindi erano solo
responsabilità del soldato l’eventuale trasporto, stivaggio e
utilizzo.
Ma nonostante tutto
questo equipaggiamento, pianificazione e preparazione, il disagio sembrava
l’emozione dominante.
-Ehi..- il ragazzo
biondo tentò di richiamare l’attenzione del burmer nominato comandante della
squadra, magari per avere qualche informazione in più –ehi, tu.. scusa,
vorrei..-
-Soldato, siamo in
missione- replicò il topomorfo, seccamente, come risposta, voltandosi di scatto
–quindi chiamami signore o comandante-
-Thorwald, calmati..
che ti prende?- lo richiamò un compagno, lì accanto, poggiandoli la mano sullo
spallaccio e agitando nervosamente la coda –è solo un ragazzo.. e qui siamo
tutti compagni, ci conosciamo tutti- fece notare, indicando il resto dei burmer,
disposti a semicerchio, fermi in mezzo al corridoio deserto -non ha senso una
gerarchia di comando-
Thorwald sospirò
pesantemente, a fondo, mentre le orecchie lunghe e grigie si abbassavano. Aveva
un’aria sconfitta e preoccupata –hai.. hai ragione, Eleos..- ammise infine
–scusami, mh, ragazzo.. è una situazione nuova per tutti..- gli altri burmer
annuirono, anche se negli occhi si poteva leggere una sorta di rabbia repressa
indefinita –chiamami pure Thor, come fanno tutti..- dispose infine con una
scrollata di spalle, indicando il resto della squadra -..e tu invece
sei..?-
-Ehr.. io..- iniziò
il ragazzo biondo, improvvisamente in imbarazzo –non credo di.. ricordamelo..
tutti qui finora mi hanno chiamato così..- si giustifica, indicandosi la scritta
CLR-01 stampata sulla corazza. Seguì un momento di silenzio.
-Si chiama Gidan-
disse infine Eleos, rompendo l’assenza di suono –era a Cleyra, non vi ricordate?
Assieme a.. uh..- si prese il capo con una mano, come se avesse un dolore
improvviso –io.. non ricordo, ma era qualcuno di importante.. o
qualcuna..-
-Abbiamo tutti vuoti
di memoria- replicò Thorwald, secco e sintetico –ora andiamo, non ci è rimasto
molto tempo per raggiungere l’hangar- concluse, intimando di riprendere a
camminare.
-Ehi, amico..
grazie- disse Gidan, poggiando una mano sulla spalla di Eleos, con un sorrisone
enorme –almeno ora so come mi chiamo-
L’altro gli rivolse
un’occhiata vivamente perplessa e stranita, con anche un orecchio inclinato,
indice di dubbio –“amico”..? Ti ho detto come ti chiami, e tu nemmeno mi dai
un’occhiata come si deve?- replicò il burmer, con un’aria.. strana. Finta
offesa, avrebbe detto.
E fu solo allora che
il ragazzo guardò oltre il vetro del casco e vide un paio di occhi verdi
chiaramente femminili, poi guardò un po’ più in basso e vide che effettivamente
il pettorale dell’armatura era un po’ più sporgente rispetto agli
altri..
Che gaffe per un
gentleman come lui! Anche se burmer, aveva chiaramente confuso il sesso della
topomorfa, cosa che lo gettò sostanzialmente nell’imbarazzo e nel panico più
totale.
-Ehr.. io.. ecco..
vedi..- iniziò a balbettare, mentre la squadra aveva iniziato a correre, per non
tardare all’appuntamento con le capsule -..non potevo.. non sapevo..-
-Ah, fossi il primo
umano che si sbaglia..- replica pacata la burmer, correndo guardando davanti a
sé –e ora taci e corri.. non ti ricordavo così, a Cleyra-
Il biondo spalancò
gli occhi –tu.. ti ricordi tutto di Cleyra?!- domandò sconvolto, senza smettere
di guardarla, avido di informazioni.
-Che ti ho appena
detto? Taci e corri- tagliò corto la topomorfa, seguendo la squadra, che ora
svoltato un angolo si ritrovò davanti a una gigantesca e robusta porta
metallica, segnata a strisce nere e gialle. Lentamente e con grandi cigolii, la
porta si aprì, rivelando un immenso hangar, rivestito di tubi, catene, e
ganci;una luce gialla lampeggiante attorno a loro erano posteggiati aeronavi,
caccia, motoveicoli, e mezzi di ogni genere e dimensione, su cui si
affaccendavano meccanici e addetti di ogni razza e genia. Ovviamente gli umani
erano la stragrande maggioranza, ma Gidan poté vedere fra loro anche strani
pupazzi col cappello da mago in testa e inquietanti occhi gialli, altri burmer,
strani animali simili a felini rossi con criniere nere e code fiammeggianti,
grossi pennuti gialli che emettevano risuonanti “kuè!”, piccoli gattini rosa con
alucce viola sulle spalle e un pompon rosso sulla testa appeso a un
capello..
Ma non ebbe tempo di
approfondire la conoscenza di quella insolita folla, la sua squadra parve
ignorare tutto ciò, fiondandosi dove era stato loro ordinato. Ammirava e un po’
invidiava quella concentrazione ineccepibile di fronte a tante
stranezze.
Si infilarono in un
corridoio dove ai lati erano stati stivati enormi idrovolanti su cui un gran
numero di meccanici stava lavorando con alacrità, lo percorsero di corsa, a
ritmo serrato. Il ragazzo aveva già il fiatone, dato che era difficile stare al
passo coi topomorfi, geneticamente adatti alla corsa.
Infine il gruppo si
fermò davanti a una parete metallica, presieduta da un umano, stravaccato in un
posto di comando.
-Gruppo Esthar?-
chiese con voce annoiata. Thorwald si limitò ad annuire.
-Capsule Uno, Cinque
e Tredici, e che il Lifestream sia con voi- rispose l’umano, con tono
rassegnato, digitando alcuni comandi sulla tastiera. La parete metallica si
aprì, mostrano oltre quindici vani, di cui tre aperti.
-Quattro per
capsula- ordinò Thorwald; anche se avevano deciso di non adottare gerarchie,
rimaneva sua la responsabilità della missione –Denis, Jemel e Dolon, con me;
Closs, Kairone, Eleos e Gidan nella Cinque; i restanti nella Tredici- concluse,
infilandosi nella capsula assieme agli altri burmer.
Le capsule erano
piccole e strette, sufficienti a malapena a far stare la gente in piedi,
illuminate da una permanente luce rossa. Disposti su quattro lati vi erano
stretti sedili con cinture di sicurezza, in alto sopra di loro stivarono in
strette aperture gli zaini, mentre le lance furono inserite in alcune aperture
laterali verticali, e fissate con cinghie. E non appena si sedettero e si furono
messi le cinture, prima ancora di chiedersi come avrebbero fatto a partire,
iniziò la sequenza automatica di lancio.
L’apertura si
chiuse, isolandoli nelle capsule.
…
All’esterno, nello
spazio cosmico, la gigantesca stazione spaziale Proteus iniziava lentamente a
voltarsi su sé stessa, mostrando verso il pianeta sotto di lei una paratia
metallica che si apriva, dietro cui erano allineate le capsule. Tre di queste si
illuminarono con luci rosse e verdi. Senza alcun suono, una dopo l’altra,
vennero sparate verso il pianeta.
…
-Ossantocielo! Che
gli antenati ci proteggano!- esclamarono fra ringhi di sorpresa tutti i burmer
all’interno della capsula in cui era stato alloggiato Gidan.
-Porca di quella..!-
si espresse anche lui, afferrando con le mani la prima cosa che potesse dargli
stabilità.
Il contraccolpo era
stato tremendo, come essere infilati in un proiettile e poi sparati con un
fucile. Attorno a loro tutto tremò per un istante, strappandogli esclamazioni e
commenti di diversa natura, nessuno lusinghiero. Ma con loro somma sorpresa,
tale contraccolpo finì quasi subito. Attorno a loro avevano sempre l’impressione
di andare veloci, ma ora erano nettamente più stabili.
-Rarefazione dello
spazio cosmico- disse uno dei burmer, Closs –mi.. mi sono letto un file sullo
spazio esterno.. non c’è atmosfera, niente aria, niente di niente, quindi..
niente attrito- concluse di spiegare, con un sorriso nervoso -..almeno, fino a
quando non arriviamo sul pianeta..- aggiunse, sbiancando sotto la leggera
peluria del volto topesco.
-Oddio.. io voglio
uscire di qui! Subito!- disse l’altro burmer, Kairone, iniziando a fare cenno di
togliersi le cinghie. Eleos, con massima nonchalance, gli tirò un gran cazzotto
che lo privò di sensi.
-Qualcun altro vuole
uscire di testa ora?- domandò, squadrando uno per uno i rimanenti sani di mente.
Tutti scossero la testa, terrorizzati, ma senza darlo a vedere.
La capsula iniziò a
tremare violentemente.
-Siamo entrati
nell’atmosfera!- disse Closs, appiattendo le orecchie sul capo, e
rattrappendosi.
-Ed è un bene o un
male?- domandò Gidan, spaventato quanto lui.
-Se riusciamo a
passare oltre i primi strati senza bruciare, direi bene..- fu la risposta
dell’altro.
-Bruciare?! Aspetta
un attimo, nessuno mi ha parlato di bruciare..!- l’affermazione del biondo cadde
nel vuoto giacché le pareti delle capsule iniziarono ad arroventarsi.
…
Bruciando come
meteoriti, luminose come comete, le tre capsule entrarono nell’atmosfera del
pianeta. Impianti automatici di raffreddamento ridussero il riscaldamento delle
paratie, riducendo lucore, fumo e scia. Solcarono per un attimo i cieli di
Esthar, per poi precipitare al suolo, attivando altri sistemi automatici di
anti-impatto. Solo alla fine, gli sportelli si aprirono.
…
-Dici che sia stata
una buona idea?- domandò Cid, dopo aver monitorato ogni cosa.
-Non avevamo scelta-
rispose la dottoressa Carol, accanto a lui, osservando mesta e seria anch’ella i
monitor da cui Cid aveva seguito la disavventura del gruppo nelle capsule –tutte
le altre squadre sono impegnate, lo stesso colonnello Strife è appena partito
per una missione su Tera.. non c’era nessun altro che potesse impegnarsi in
questo compito-
-Come dire, viva la
sincerità.. qualcuno ha detto a quei poveri topi che li abbiamo mandati in
missione, ma che ci aspettiamo al novantanove per cento dei casi un loro
fallimento?- domandò quindi con distrazione Cid, digitando distrattamente su una
tastiera. Davanti a lui comparvero alcuni diagrammi cardiaci.
-Certo che no..
guarda i loro diagrammi del cuore, l’unica cosa che impedisce loro di avere un
collasso è la nostra fiducia in loro- rispose la dottoressa, indicando i
monitor.
-Mph, che crudeltà..
ma non dovremmo essere i buoni, noi?-