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Autore: Aerius    08/07/2010    1 recensioni
"Ma i suoi piani erano quelli di una formica in confronto a quelli che aveva in mente la Regina. Fu costretto a mettersi al suo servizio, a piegarsi. Che altro poteva fare? Per la prima volta, il guerriero più potente, consapevolmente, si piegò, decise di servire.. la parola stessa gli dava una orrenda sensazione di disgusto, ma era l'unica scelta, o quella o la morte. E la morte non era ancora un'opzione accettabile." [Cross-over Final Fantasy VII-VIII-IX]
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

 

 

Capitolo 4 –Identità Rivelate-

-Forza con quelle braccia, femminucce! Voglio vedervi sudare sangue!- sbraitò il sergente Wallace –muovete quei muscoli, dannazione! Cosa siete, vermi o uomini?!?-

-Burmer, signore!- fu l’istantanea risposta.

-Non ho sentito, sacchi di immondizia!-

-BURMER, SIGNORE!- nuovamente si udì la risposta, ma stavolta con molti più decibel.

Ormai da più di tre ore il sergente stava allenando implacabilmente la squadra di burmer Risvegliati, più il povero CLR-01. Come era stato detto loro, dopo aver preso l’equipaggiamento, avevano raggiunto il sergente nella sala addestramento, per poi finire vittime del suo sadismo senza fine, fra piegamenti, addominali, prove di forza e di velocità ad un livello a dir poco disumano. Ora stavano compiendo semplici esercizi di sollevamento pesi, praticamente come prendersi un caffè rispetto a quello che avevano appena sùbito.

I burmer non si lamentavano, essendo la loro razza molto incentrata sulla vita militare e sulla disciplina rigida, anzi si trovavano molto a loro agio con un sergente così severo, sostanzialmente privo di pietà. Quando Barret allenava le truppe perdeva del tutto la sua aria bonacciona per trasformarsi in un gigante nero crudele e malvagio.

Quello a disagio era CLR-01, il ragazzo biondo con la coda, che si scoprì per nulla avvezzo a ricevere ordini. E soprattutto ad eseguirli. I suoi compagni topomorfi magari si trovavano anche bene, ma lui no! Detestava sentirsi dire cosa fare, cosa che fece notare appena prima di cominciare l’allenamento..

Quel gesto di avventato coraggio gli costò trenta giri di sala, più tre serie da sessanta di addominali, più cinquanta piegamenti. E tutto tenendosi addosso l’equipaggiamento completo più tutte le armi della squadra. Poi gentilmente il sergente gli concesse di scaricarsi di dosso le armi, ma pretese che tutta la squadra si allenasse con addosso la corazza.

-Dovete abituarvi ad avere quella roba addosso!- spiegò, con il solito tono burbero –dovrete essere in grado di correre, saltare, combattere con la corazza! Spesso tutte e tre queste cose assieme! Mica vogliamo vedervi spompati dopo solo tre metri di corsa, vero?!-

E nessuno poteva dargli torto, nemmeno il ragazzo. I burmer poi non si lamentavano di nulla, facevano qualsiasi cosa il sergente chiedesse loro, animati da uno spirito a dir poco epico. Era opinione del ragazzo che fossero stati particolarmente colpiti dal racconto di V.I.V.I. e che quindi la loro era una sorta di.. vendetta. O qualcosa di simile. Almeno avevano un motivo valido per combattere questa guerra, al contrario di lui, che nonostante le parole di Rufus Shinra continuava a sentirsi del tutto inadeguato e fuori posto.

-Più piegamenti e meno ripensamenti!!- sbraitò Barret, tirando al povero biondo una gomitata sulle costole, notando la sua aria pensosa. Quello, che in quel momento di pensiero stava sostenendo sulle spalle un bilancere da ottanta chili, fu costretto a lasciarlo cadere a terra con gran clangore, per poi piegarsi in due dal dolore.

-Sospendete l'allenamento, sergente Wallace- la voce di V.I.V.I risuonò stentorea nella sala, con il consueto timbro elettronico -il colonnello Strife desidera vedere la squadra nella sala briefing per affidare loro una missione-

Barret emise una sorta di grugnito di malumore -dì a quel cretino biondo depresso che la squadra è ancora in fase d'addestramento- replicò verso l'altoparlante da cui V.I.V.I comunicava -se vuole, può mandarli al macello fra una settimana o due- concluse, con aria noncurante, voltandosi nuovamente verso i dodici componenti che ancora stavano sudando sotto i pesi e i bilancieri.

-Il colonnello Strife mi ha detto di riferirle che si tratta di una missione di livello Alfa con alte probabilità che degeneri in un livello Omega, e che se persisterà ad ignorare gli ordini verrà degradato a caporale e, cito testualmente- la voce del colonnello Strife sostituì quella di V.I.V.I. -#..sparato nello spazio a calci in culo, fin dentro a un fottuto cataclisma cosmico#-

Barret sbuffò, chiaramente scontento della decisione, ma sotto sotto soddisfatto della risposta. Per un qualche masochistico motivo, Barret pareva ascoltare solo chi sapeva stargli alla pari nel linguaggio scurrile.

-Ok, signorine, qui abbiamo finito!- urlò quindi verso il ragazzo biondo e i burmer, che con sospiri di sollievo poggiarono a terra bilancieri e pesi –ora andate a farvi una doccia, a cambiarvi, e poi scaraventatevi nella sala briefing! Chi tarda, al ritorno gli faccio fare tanti di quei piegamenti che vomiterà l’anima tre volte prima di riprendersi! Avete quindici minuti da..- controllò l’orologio integrato nel braccio cibernetico -..ora!-

Esattamente quattordici minuti e cinquantanove secondi dopo, gli undici burmer e il ragazzo biondo erano seduti sulle panche della sala briefing in cui si erano trovati quella mattina. Ma molte cose erano cambiate nel frattempo: intanto non c’erano panche ma sedie di plastica rigida, un materiale che nessuno di loro aveva mai visto, inoltre sul palco davanti a loro era stato montato una sorta di supporto metallico dal funzionamento tutt’ora oscuro; infine, Barret era assente, al suo posto c’era un uomo con assurdi capelli biondi sparati in tutte le direzioni possibili, con abiti neri, grossi paraspalle bordati d’argento e un occhio elettronico, il sinistro, stava squadrando con attenzione i soggetti che aveva davanti; l’altro occhio, azzurro e freddo, sembrava spento, neutro, privo di ogni scintilla vitale, come tutto il suo volto, duro e impietoso.

Alzò la mano destra, chiusa in un guanto nero, con cui accese il supporto metallico, che per un attimo lampeggiò, prima di cominciare a proiettare quella che sembrava una mappa olografica tridimensionale.

-Quella che vedete- iniziò a parlare l’uomo –è una mappa della periferia della città di Esthar- la sua voce era talmente fredda e atona da provocare in alcuni brividi di disagio lungo la schiena –il vostro compito sarà penetrare nella città, attraversare la periferia..- mentre parlava, la mappa seguiva il suo discorso, indicando zone e strade -..fino a giungere al centro della città, esattamente qui- la mappa si fermò, mostrando un grande edificio, indicando anche presidi, difese, guarnigione –una volta entrati, muovetevi con cautela e in silenzio, senza farvi scoprire. Se qualcuno nota i vostri movimenti, uccidetelo. Dovrete arrivare in cima e prelevare questa persona- la mappa sparì, al suo posto comparve la foto di un uomo di mezza età, anche se manteneva ancora un volto affilato e giovanile, con lunghi capelli neri e occhi vispi e attivi. Sotto a caratteri digitali vi era il suo nome: Laguna Loire –una volta recuperato, rientrate immediatamente alla Proteus. Non è ammissibile la perdita di questa persona, tantomeno la sua morte- un altro gesto della mano, e il supporto metallico si spense –supponiamo che la missione andrà liscia fino al termine della prima parte, ma le proiezioni tattiche suggeriscono che una volta raggiunto il soggetto la situazione possa.. complicarsi. Per questo sarà vostra priorità attendere i rinforzi prima di tentare di rientrare. Tu- e indicò un burmer in prima fila –sei a capo della prima parte dell’operazione. Una volta arrivati i rinforzi ti atterrai agli ordini dell’ufficiale in comando- altro gesto della mano, schietto, diretto, e di congedo –i vostri ordini gli avete. Preparatevi, quindi fra trenta minuti raggiungere l’hangar delle capsule- senza dire o fare altro, il Colonnello Strife, prese con sé il supporto metallico ed uscì dalla stanza.

-Hai notato, V.I.V.I.? Più invecchia e più diventa stronzo- commentò Cid, dalla sua posizione privilegiata. Davanti a lui, sugli schermi, saettavano ogni tipo di immagini, che controllava con la coda nell’occhio, ma negli ultimi minuti si era concentrato nel briefing della nuova squadra.

-Il Colonnello prende molto seriamente il suo ruolo- commentò la voce elettronica.

-Il Colonnello dovrebbe prendersi una vacanza- commentò invece il pilota, con improvvisa aria seria, accendendosi un sigaro, e stirandosi le braccia –e anche tu Vivi.. tutti noi.. sta andando avanti da troppi anni-

-L’alternativa è la resa, non la vacanza, tenente Highwind- fu la replica istantanea di V.I.V.I. –e la prego di non chiamarmi mai più così. Io sono V.I.V.I.-

Cid prese un paio di boccate dal nuovo sigaro, facendo fuori uscire poi con aria soddisfatta il fumo dal naso –lo so- fu la risposta, mentre stirava le gambe, e poggiava i piedi sul quadro comandi, con aria rilassata –ma sai com’è.. quando crei qualcosa tendi a ricordarne le origini-

La tensione era palpabile, mentre il gruppetto percorreva i corridoi metallici sulle cui pareti correvano tubi e cavi di diversa dimensione.

Tutti erano armati con corazze verdi, tranne il biondo CRL-01, a cui era stata data stranamente una corazza blu. Inoltre lui era l’unico a indossare stivali, data la natura delle estremità inferiori dei burmer, che non permettevano l’utilizzo di alcuna calzatura. Assomigliavano molto alle zampe inferiori dei roditori.. per non parlare poi delle orecchie che spuntavano dai buchi appositamente fatti sui caschi su misura dei topomorfi. La coda invece era il tratto comune di tutta la squadra, che fuoriusciva dal retro dei pantaloni di tutti, senza eccezione. La coda del biondo CLR-01 era anch’essa bionda e scimmiesca, mentre quella dei burmer era sottile e ricoperta di leggera peluria grigiastra.

Nonostante l’eccezionalità della loro razza, i fabbri della Proteus sapevano il fatto loro. Per il resto le armature erano identiche, con due grossi spallacci di cuoio indurito a proteggere busto e spalle, avambracci che partivano con uno snodo sul gomito, e che terminavano sul dorso della mano, quindi una protezioni semplice sul perone e infine degli schinieri di un materiale chiamato mith-rilh, che partivano con una protezione a snodo sul ginocchio per poi coprire tutto lo stinco. Inoltre la dotazione standard prevedeva una pistola semplice, un mitra leggero, un pugnale e diversi accessori, quali binocolo, diversi tipi di fumogeni, torce, cavi e funi di vario genere, alcuni kit di pronto soccorso, ganci e apparecchi radio-riceventi. Le armi personali, quali le lance dei burmer e le daghe del ragazzo biondo erano segnalate come extra, quindi erano solo responsabilità del soldato l’eventuale trasporto, stivaggio e utilizzo.

Ma nonostante tutto questo equipaggiamento, pianificazione e preparazione, il disagio sembrava l’emozione dominante.

-Ehi..- il ragazzo biondo tentò di richiamare l’attenzione del burmer nominato comandante della squadra, magari per avere qualche informazione in più –ehi, tu.. scusa, vorrei..-

-Soldato, siamo in missione- replicò il topomorfo, seccamente, come risposta, voltandosi di scatto –quindi chiamami signore o comandante-

-Thorwald, calmati.. che ti prende?- lo richiamò un compagno, lì accanto, poggiandoli la mano sullo spallaccio e agitando nervosamente la coda –è solo un ragazzo.. e qui siamo tutti compagni, ci conosciamo tutti- fece notare, indicando il resto dei burmer, disposti a semicerchio, fermi in mezzo al corridoio deserto -non ha senso una gerarchia di comando-

Thorwald sospirò pesantemente, a fondo, mentre le orecchie lunghe e grigie si abbassavano. Aveva un’aria sconfitta e preoccupata –hai.. hai ragione, Eleos..- ammise infine –scusami, mh, ragazzo.. è una situazione nuova per tutti..- gli altri burmer annuirono, anche se negli occhi si poteva leggere una sorta di rabbia repressa indefinita –chiamami pure Thor, come fanno tutti..- dispose infine con una scrollata di spalle, indicando il resto della squadra -..e tu invece sei..?-

-Ehr.. io..- iniziò il ragazzo biondo, improvvisamente in imbarazzo –non credo di.. ricordamelo.. tutti qui finora mi hanno chiamato così..- si giustifica, indicandosi la scritta CLR-01 stampata sulla corazza. Seguì un momento di silenzio.

-Si chiama Gidan- disse infine Eleos, rompendo l’assenza di suono –era a Cleyra, non vi ricordate? Assieme a.. uh..- si prese il capo con una mano, come se avesse un dolore improvviso –io.. non ricordo, ma era qualcuno di importante.. o qualcuna..-

-Abbiamo tutti vuoti di memoria- replicò Thorwald, secco e sintetico –ora andiamo, non ci è rimasto molto tempo per raggiungere l’hangar- concluse, intimando di riprendere a camminare.

-Ehi, amico.. grazie- disse Gidan, poggiando una mano sulla spalla di Eleos, con un sorrisone enorme –almeno ora so come mi chiamo-

L’altro gli rivolse un’occhiata vivamente perplessa e stranita, con anche un orecchio inclinato, indice di dubbio –“amico”..? Ti ho detto come ti chiami, e tu nemmeno mi dai un’occhiata come si deve?- replicò il burmer, con un’aria.. strana. Finta offesa, avrebbe detto.

E fu solo allora che il ragazzo guardò oltre il vetro del casco e vide un paio di occhi verdi chiaramente femminili, poi guardò un po’ più in basso e vide che effettivamente il pettorale dell’armatura era un po’ più sporgente rispetto agli altri..

Che gaffe per un gentleman come lui! Anche se burmer, aveva chiaramente confuso il sesso della topomorfa, cosa che lo gettò sostanzialmente nell’imbarazzo e nel panico più totale.

-Ehr.. io.. ecco.. vedi..- iniziò a balbettare, mentre la squadra aveva iniziato a correre, per non tardare all’appuntamento con le capsule -..non potevo.. non sapevo..-

-Ah, fossi il primo umano che si sbaglia..- replica pacata la burmer, correndo guardando davanti a sé –e ora taci e corri.. non ti ricordavo così, a Cleyra-

Il biondo spalancò gli occhi –tu.. ti ricordi tutto di Cleyra?!- domandò sconvolto, senza smettere di guardarla, avido di informazioni.

-Che ti ho appena detto? Taci e corri- tagliò corto la topomorfa, seguendo la squadra, che ora svoltato un angolo si ritrovò davanti a una gigantesca e robusta porta metallica, segnata a strisce nere e gialle. Lentamente e con grandi cigolii, la porta si aprì, rivelando un immenso hangar, rivestito di tubi, catene, e ganci;una luce gialla lampeggiante attorno a loro erano posteggiati aeronavi, caccia, motoveicoli, e mezzi di ogni genere e dimensione, su cui si affaccendavano meccanici e addetti di ogni razza e genia. Ovviamente gli umani erano la stragrande maggioranza, ma Gidan poté vedere fra loro anche strani pupazzi col cappello da mago in testa e inquietanti occhi gialli, altri burmer, strani animali simili a felini rossi con criniere nere e code fiammeggianti, grossi pennuti gialli che emettevano risuonanti “kuè!”, piccoli gattini rosa con alucce viola sulle spalle e un pompon rosso sulla testa appeso a un capello..

Ma non ebbe tempo di approfondire la conoscenza di quella insolita folla, la sua squadra parve ignorare tutto ciò, fiondandosi dove era stato loro ordinato. Ammirava e un po’ invidiava quella concentrazione ineccepibile di fronte a tante stranezze.

Si infilarono in un corridoio dove ai lati erano stati stivati enormi idrovolanti su cui un gran numero di meccanici stava lavorando con alacrità, lo percorsero di corsa, a ritmo serrato. Il ragazzo aveva già il fiatone, dato che era difficile stare al passo coi topomorfi, geneticamente adatti alla corsa.

Infine il gruppo si fermò davanti a una parete metallica, presieduta da un umano, stravaccato in un posto di comando.

-Gruppo Esthar?- chiese con voce annoiata. Thorwald si limitò ad annuire.

-Capsule Uno, Cinque e Tredici, e che il Lifestream sia con voi- rispose l’umano, con tono rassegnato, digitando alcuni comandi sulla tastiera. La parete metallica si aprì, mostrano oltre quindici vani, di cui tre aperti.

-Quattro per capsula- ordinò Thorwald; anche se avevano deciso di non adottare gerarchie, rimaneva sua la responsabilità della missione –Denis, Jemel e Dolon, con me; Closs, Kairone, Eleos e Gidan nella Cinque; i restanti nella Tredici- concluse, infilandosi nella capsula assieme agli altri burmer.

Le capsule erano piccole e strette, sufficienti a malapena a far stare la gente in piedi, illuminate da una permanente luce rossa. Disposti su quattro lati vi erano stretti sedili con cinture di sicurezza, in alto sopra di loro stivarono in strette aperture gli zaini, mentre le lance furono inserite in alcune aperture laterali verticali, e fissate con cinghie. E non appena si sedettero e si furono messi le cinture, prima ancora di chiedersi come avrebbero fatto a partire, iniziò la sequenza automatica di lancio.

L’apertura si chiuse, isolandoli nelle capsule.

All’esterno, nello spazio cosmico, la gigantesca stazione spaziale Proteus iniziava lentamente a voltarsi su sé stessa, mostrando verso il pianeta sotto di lei una paratia metallica che si apriva, dietro cui erano allineate le capsule. Tre di queste si illuminarono con luci rosse e verdi. Senza alcun suono, una dopo l’altra, vennero sparate verso il pianeta.

-Ossantocielo! Che gli antenati ci proteggano!- esclamarono fra ringhi di sorpresa tutti i burmer all’interno della capsula in cui era stato alloggiato Gidan.

-Porca di quella..!- si espresse anche lui, afferrando con le mani la prima cosa che potesse dargli stabilità.

Il contraccolpo era stato tremendo, come essere infilati in un proiettile e poi sparati con un fucile. Attorno a loro tutto tremò per un istante, strappandogli esclamazioni e commenti di diversa natura, nessuno lusinghiero. Ma con loro somma sorpresa, tale contraccolpo finì quasi subito. Attorno a loro avevano sempre l’impressione di andare veloci, ma ora erano nettamente più stabili.

-Rarefazione dello spazio cosmico- disse uno dei burmer, Closs –mi.. mi sono letto un file sullo spazio esterno.. non c’è atmosfera, niente aria, niente di niente, quindi.. niente attrito- concluse di spiegare, con un sorriso nervoso -..almeno, fino a quando non arriviamo sul pianeta..- aggiunse, sbiancando sotto la leggera peluria del volto topesco.

-Oddio.. io voglio uscire di qui! Subito!- disse l’altro burmer, Kairone, iniziando a fare cenno di togliersi le cinghie. Eleos, con massima nonchalance, gli tirò un gran cazzotto che lo privò di sensi.

-Qualcun altro vuole uscire di testa ora?- domandò, squadrando uno per uno i rimanenti sani di mente. Tutti scossero la testa, terrorizzati, ma senza darlo a vedere.

La capsula iniziò a tremare violentemente.

-Siamo entrati nell’atmosfera!- disse Closs, appiattendo le orecchie sul capo, e rattrappendosi.

-Ed è un bene o un male?- domandò Gidan, spaventato quanto lui.

-Se riusciamo a passare oltre i primi strati senza bruciare, direi bene..- fu la risposta dell’altro.

-Bruciare?! Aspetta un attimo, nessuno mi ha parlato di bruciare..!- l’affermazione del biondo cadde nel vuoto giacché le pareti delle capsule iniziarono ad arroventarsi.

Bruciando come meteoriti, luminose come comete, le tre capsule entrarono nell’atmosfera del pianeta. Impianti automatici di raffreddamento ridussero il riscaldamento delle paratie, riducendo lucore, fumo e scia. Solcarono per un attimo i cieli di Esthar, per poi precipitare al suolo, attivando altri sistemi automatici di anti-impatto. Solo alla fine, gli sportelli si aprirono.

-Dici che sia stata una buona idea?- domandò Cid, dopo aver monitorato ogni cosa.

-Non avevamo scelta- rispose la dottoressa Carol, accanto a lui, osservando mesta e seria anch’ella i monitor da cui Cid aveva seguito la disavventura del gruppo nelle capsule –tutte le altre squadre sono impegnate, lo stesso colonnello Strife è appena partito per una missione su Tera.. non c’era nessun altro che potesse impegnarsi in questo compito-

-Come dire, viva la sincerità.. qualcuno ha detto a quei poveri topi che li abbiamo mandati in missione, ma che ci aspettiamo al novantanove per cento dei casi un loro fallimento?- domandò quindi con distrazione Cid, digitando distrattamente su una tastiera. Davanti a lui comparvero alcuni diagrammi cardiaci.

-Certo che no.. guarda i loro diagrammi del cuore, l’unica cosa che impedisce loro di avere un collasso è la nostra fiducia in loro- rispose la dottoressa, indicando i monitor.

-Mph, che crudeltà.. ma non dovremmo essere i buoni, noi?-

 

 

 

 

Angolino dell’Autore:

 

Orbene, rieccomi ^_^ finalmente gli esami e l’università mollano un po’ il cappio che mi hanno stretto attorno al collo, così ne approfitto per sfogarmi un po’ postando un nuovo capitoletto, che come noterete è sì lineare, ma non rinuncio a qualche excursus qua e là <__< abitudine, come dice una certa Lucrecia “I’m so sorry..”

Ringraziamenti:

Tico_Sarah : personalmente, nemmeno io impazzisco per Squall, anche se devo ammettere che ai fini della storia mi servirà, quindi avrà una parte bella consistente u_u come anche Irvine, decisamente più simpatico o_ò il loro momento ci sarà ma.. sarà più avanti, vista la vicenda che sto seguendo ora, ma che comunque si esaurirà in massimo un paio di capitoli, e.. e non dico altro, se no spoilero di brutto o__o grazie ancora! =D

Detto ciò, vi saluto, e aspettatevi pure un nuovo capitolo la prossima settimana! Ho finalmente recuperato un pò di ritmo, e non me lo voglio perdere! è_é see you soon!

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