Joseph,
sentendo quel nome, impazzì definitivamente. Ora,
però, doveva mantenere la calma davanti a quell'uomo e
dimostrarsi forte e sicuro di sè. Si chinò vicino
a lui tenendo puntata la pistola alla gola e continuò il suo
interrogatorio.
"Perchè ti ha assunto per uccidermi?"
"Non sei l'unico" - rispose - "Lo fa da dieci anni. Mi paga per portare
fin qui i suoi ospiti e poi ucciderli. Non so perchè lo
faccia, ma io semplicemente devo eseguire le sue richieste."
Joseph non replicò subito, ma rimase un pò a
riflettere.
Alla fine Sir Mortimer si rivelava un mostro. Aveva ingannato centinaia
di ragazzi, illudendoli di un futuro roseo, mentre in realtà
erano semplici oggetti per le sue fantasie perverse. Aveva architettato
la storia dei premi per l'impegno in modo che le sue vittime dessero il
massimo durante i rapporti sessuali. Anche il fatto che educasse i
bambini rientrava in quest'ottica. Insegnandoli e allevandoli nei
migliori dei modi, faceva nascere in loro un senso di gratitudine nei
suoi confronti e così si sentivano obbligati a sdebitarsi.
La triste realtà si rivelava soltanto durante l'ultimo
viaggio verso il mondo esterno. Sir Mortimer li faceva uccidere forse
per avarizia, non volendo pagare il lascito promesso, forse
perchè temeva che parlassero di ciò che era
successo, forse perchè ne aveva semplicemente voglia. Le
cause però non erano importanti per Joseph.
Riprese a domandare.
"Dopo che li uccidevi, dove seppellivi i cadaveri?"
"A destra del ponte, dove c'è quel sasso."
Il nero si girò verso il luogo e vide i corpi di Sasha e
Irina stesi a terra, poi anche quelli dei due mulatti, e ancora, quelli
di numerosi altri ragazzi, tutti insanguinati e sporchi di terrra.
Joseph si riprese dall'allucinazione.
"Sir Mortimer, per poterti pagare, richiedeva certamente una prova del
delitto compiuto."
"Si, si, non voleva vedere i cadaveri, non gli piaceva, così
dovevamo tagliare il pene e il clitoride delle vittime."
Il tono dell'uomo era incerto e sembrava chiedere perdono, come se
avesse capito le nefandezze che aveva compiuto con l'unico scopo del
denaro. Piangeva e tremava dal terrore.
"Ultima cosa, dove siamo ora?"
"Ancora all'interno delle proprietà del conte, in fondo alla
via c'è la sua villa."
"Bene, grazie delle informazioni, ora è il momento di
espiare le tue colpe!"
Gli occhi dell'uomo si spalancarono dall'improvvisa preoccupazione,
mentre gli veniva sfilato un pugnale appeso alla sua cintura. Con un
gesto deciso Joseph gli tirò giù le braghe,
mettendogli in mostra il membro. Lo tagliò di netto usando
la massima precisione. Il sangue zampillò copiosamente e
l'uomo gridò dal dolore e dallo spavento. Le mani forti del
nero gli spalancarono ancora di più la bocca.
Sentì un tozzo pezzo di carne all'interno del cavo orale che
veniva spinto sempre più in fondo. Non riusciva a respirare
e così morì asfissiato dopo un quarto d'ora di
spasmi.
Joseph fissò il cadavere soddisfatto, poi cercò
la vanga che avrebbe dovuto seppellirlo se non si fosse salvato
dall'agguato. La trovò in un'intercapedine sotto i sedili
della carrozza. Scavò una fossa e ci calò le due
salme dei due uomini. Dalla faccia barbuta dell'ultimo spuntava un
insanguinato salsiciotto di carne. Joseph incominciò a
ridere beffardo, poi riempi la sepoltura , sistemò un
pò la scena del delitto e, con pistola e coltello al fianco,
diresse la carrozza verso la villa di Sir Mortimer.
Durante il breve tragitto, Joseph ripercorse mentalmente il folle
progetto che tosto avrebbe compiuto. Giunto al portone della villa,
scese dalla carrozza e si diresse all'entrata delle cucine. La
trovò aperta come sempre. Sir Mortimer non temeva i ladri,
ma non aveva ancora fatto i conti con gli assassini...
Joseph entrò nella stanza e si mise alla ricerca di un
imbuto, di un mestolo e della mannaia che aveva usato molte volte
durante la sua servitù. Presi questi attrezzi si diresse
alla camera di Sir Mortimer, dalla quale proveniva già il
suo pesante russare.
Girò il pomello della porta e si avvicinò al
letto del suo aguzzino. Si mosse con freddezza. Stordì il
vecchio con il manico della mannaia, gli sfilò la vestaglia
da notte e gli penetrò l'ano con l'imbuto. Poi si
coricò il corpo sulle spalle e s'incamminò verso
il laboratorio della cera. Il conte sembrava già morto
perchè non respirava e non dava cenni di vita.
Joseph lo appese con una catena a due ganci sul soffitto. Lo mise a
testa in giù, con le gambe rivolte all'alto, come se fosse
un crocifisso capovolto. Poi accese il fuoco e la cera
incominciò a bollire. Il suo insano piano si stava attuando
alla perfezione. Presto si sarebbe vendicato di quattro anni di
violenze, stupri e sfruttamento, ma anche di centinaia di giovani
innocenti uccisi per l'unica colpa di essere capitati nelle mani di un
pervertito.
La cera stava bollendo dolcemente e ciò significava che era
pronta all'uso. Joseph immerse dentro il mestolo e con la solita fredda
lucidità lo svuotò nell'imbuto conficcato fra le
gambe di Sir Mortimer. Il liquido caldo scese attraverso il retto fino
alle sue viscere lo risvegliò dal suo sonno. Gli occhi gli
balenarono dalla confusione e dalla paura.
"Jo... Jo... Joseph! Non dovevi essere morto?"
"Sono tornato dall'inferno soltanto per vendicarmi!"
Svuotò un ulteriore mestolo al suo interno, poi ancora un
altro e continuò così fino a dimezzare il paiolo.
Il vecchio svennè e forse morì. Il suo addome si
stava gonfiando lentamente. Se lo avesse bucato, sarebbe uscito fuori
un getto di cera bollente.
Il ragazzo si tolse questa soddisfazione sferrando un colpo secco di
mannaia. Un fiotto di nauseante liquido rossastro scaturì
dal taglio e macchiò tutto il pavimento. Rideva divertito e
riempì il retto con altra cera. Il flusso dello stomaco
riprese copiosamente alimentato da Joseph, che smise quando
svuotò tutta la pentola. Si ripulì e con la
mannaia in mano si diresse verso le camere dei bambini, lasciando alle
sue spalle un cadavere penzolante da cui ora sgorgava sangue.
Ora che si era vendicato del vecchio, avrebbe iniziato la sua missione
esistenziale. Se i suoi due più cari amici non erano
riusciti ad avere un futuro, nemmeno gli altri bambini ne avrebbero
avuto diritto. Joseph ci aveva messo poco per capirlo. Era stata una
sorte d'illuminazione improvvisa. Il suo destino era quello di
stroncare ogni nuova vita umana.
Aprì la porta della sua prima camera da letto, senza rumore
e fissò a lungo i quattro bambini che dormivano
tranquillamente. Il cinesino si svegliò all'improvviso, si
stroppicciò gli occhi e si vide calare una mannaia in testa.
Joseph gli spaccò il cranio in due, poi ammazzò,
senza che se ne accorgessero, gli altri con un colpo alla gola. Non
toccò i loro cadaveri, decidendo di lasciarli nella loro
ultima posa fino a che il tempo non li avrebbe consumati.
Uscì dalla stanza e andò nell'altra, lasciando
sul parquet una scia di impronte di sangue. Ripetè con
accuratezza lo stesso rituale su altri tre bambini, poi decise di
uccidere anche la piccola Maria, la ragazza che lo aveva sostitutio e
che ora dormiva in un alloggio separato.
Joseph ci impiegò poco ad arrivare nella piccola e umida
stanza dove per quattro anni si era addormentato sperando che ogni
notte fosse l'ultima. La mulatta giaceva beata nel letto. Il suo
respiro le muoveva sensualmente il seno semiscoperto, ma il negro non
provò nessuna reazione. Calò invece la mannaia
sulla sua gola senza troppi indugi e la uccise. Vide che si era
imbrattato di sangue, così aprì l'armadio e
fortunatamente trovò un suo vecchio completo di velluto
nero. Dopo essersi cambiato, girò per tutta la villa,
trafugando qualsiasi oggetto prezioso che incontrava. Caricò
così due sacchi pieni di gioielli e libri rari
sulla carrozza e partì per Londra. Era già l'alba.
Vendette il bottino ottenuto al mercato nero e ricavò circa
duecentomila sterline. Con esse aprì una piccola bottega in
Savile Row e fece costruire un attrezzato laboratorio di
solidificazione nel sotterraneo. Passò poi notti intere a comprare neonati
alle prostitute, con i quali produsse il primo lotto di bambole. Fu un
successo e così decise di rapire i pargoli delle famiglie
più ricche di Londra, in modo da compiere la sua malsana
missione di stroncare le giovani vite destinate alla
felicità.
Benchè fosse curioso per l'aristocrazia vittoriana, nessuno
sospettò o fece domande su quel gentile ed educato ragazzo
di colore. D'altronde aveva donato generosamente del denaro ad alcuni
orfanotrofi...
Joseph si svegliò dal sonno in cui era caduto. Dovevano
essere passate più di tre ore. Si avvicinò alla
vasca di marmo e vide nella cera bollente le mebra spappolate di Lady
Eleanor che galleggiavano in una schiuma di color indefinito.
"Maledizione" - esclamò - "Dovevo essere più
attento! Uffa, adesso devo buttarla via!"
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