Capitolo
2. You
haven’t the right to be her.
Un
nuovo inizio, un nuovo giorno. Non sono tanto diversa da ieri, in
questo specchio continuo a non vedere che un riflesso.
Però,
qualcosa è cambiato dopotutto.
Erano
passati diversi giorni dalla sua adozione nella famiglia Kuchiki.
Rukia
era seduta sulla soglia dello shoji di camera sua che collegava
all’esterno. Accarezzata dalla leggera brezza di primo
mattino, si sentì finalmente libera. L’aria fresca
che soffiava sul suo viso sembrava la stessa che sentiva quando nel
Rukongai, al mattino presto, si recava vicino al fiume per trovare
qualche attimo di quiete, e pensare. Riconosceva la dolcezza di quel
soffio ed il suo tenue profumo.
Forse,
dopotutto, non era poi così lontana se poteva raggiungerla
fin lì.
Il
suo sguardo si perse nelle luci che pian piano cambiavano colore, dando
spazio a tinte più luminose che proiettavano, per contrasto
con la grande fonte di luce del sole che pian piano ergeva, ombre
ancora più nette sulle cose.
I
suoni erano delicati, silenziosi, ma bastava chiudere gli occhi per
sentire il dolce mormorio del vento che scuoteva le foglie,
l’erba del prato umido, l’acqua, il cui scroscio la
rilassava completamente.
Aprì
debolmente gli occhi. Questa volta il sole era più intenso e
tutto sembrava sul giallo.
A
quell’ora del mattino era come se il tempo scorresse
più velocemente. Quasi come se volesse che il suo spettatore
godesse per poco tempo di quell’atmosfera, proprio
perché doveva rimanere magica.
Proprio
perché doveva riuscire ad incantare chi riusciva a
svegliarsi presto.
Un
attimo prima il cielo era ancora scuro, e l’attimo dopo
già era tinto di un celeste chiarissimo, contornato da un
orizzonte arancione che rimandava al tramonto.
Se
tutto il giorno fosse stato così, nessuno avrebbe
più fatto caso alla bellezza del silenzio, e
all’unicità dei colori che pian piano cominciavano
a risplendere nel buio.
Fu
felice che il nobile Byakuya proprio la sera prima le avesse dato
quella stanza che affacciava sul giardino.
Si
era ritrovata spesso a pensare di chiedere questa cortesia, ma non le
si era mai presentato il momento opportuno. Eppure, di sua iniziativa,
era stato lui stesso ad annunciarle che poteva scegliere la stanza che
più preferiva, indicandole fra quelle che affacciavano sul
giardino.
Per
un attimo si era chiesta come avesse mai potuto intuire questo suo
piccolo capriccio. Non credeva di essere mai stata evidente.
Abbassò
lo sguardo e prese ad osservare distrattamente la sua mano fasciata,
adagiata sulle sue gambe.
Se
la muoveva, sentiva ancora le fitte del dolore di quella ferita
provocatole dalla scheggia di vetro dello specchio che lei stessa aveva
frantumato. L’accarezzò debolmente, ma anche un
delicato gesto come quello bastò a farla sussultare.
Chissà
perché, invece, quando era stato lui a toccarla, non aveva
provato alcun dolore.
Anzi.
Il ricordo di quel piacevole tocco sulla sua pelle bastava a farle
sentire delle vibrazioni per tutto il corpo.
Ricordava
ancora nitidamente il viso impenetrabile del nobile Byakuya che
osservava la sua ferita dopo l’accurata visita del medico di
famiglia. Lui era sempre gelido e noncurante, eppure fu sicura che
fosse preoccupato per lei. Le aveva chiesto distrattamente
perché lo aveva fatto, e lei non aveva saputo rispondergli.
Si era solo limitata a sorridergli. Perché poi?
Perché gli aveva sorriso proprio in quel momento? In
realtà era semplicemente felice che lui fosse lì,
a chiedersi qualcosa su di lei, anche se per pochi minuti.
Il
fatto di essere stata nei suoi pensieri per quel piccolo lasso di tempo
l’aveva fatta sentire insolitamente felice e quella stessa
emozione la pervadeva tutt’ora, rievocando quel momento, fino
a disegnarle sul volto quella medesima contentezza.
Eppure
lo conosceva da così poco.
Lui,
nonostante quel temperamento glaciale, in qualche modo era diventato il
suo pilastro. Nonostante lo vedesse poco, nonostante avessero poco a
che fare l’uno con l’altra, nonostante si
incontrassero di raro in quella grande e lussuosissima villa. Lui era
diventato il suo unico scoglio e in questo buio immenso dove doveva
rintracciare pian piano le linee della sua vita, vedeva nitido il suo
profilo, i suoi occhi.
Non
c’era un motivo. Era così e per questo aveva
deciso di provarci. Di provarci per davvero ad essere un Kuchiki.
Non
sarebbe stato facile ricominciare tutto, ma avrebbe almeno tentato.
Ancora
di più questa era l’occasione buona
perché il nobile Ginrei Kuchiki si era allontanato di casa
proprio la sera prima. Non le era stato detto il motivo della sua
partenza, ma sapere che non ci sarebbe stato per qualche giorno la
sollevò non poco visto che in quella casa tutti non facevano
che tenerle gli occhi addosso. Tranne Byakuya.
Quel
pensiero l’intristì di colpo.
Byakuya
era l’unica persona alla quale avrebbe volentieri dato conto,
eppure era il più lontano di tutti. Si chiedeva spesso
perché.
Scosse
velocemente la testa.
Adesso
erano soli in casa, Byakuya di certo non si sarebbe allontanato visto
che avrebbe dovuto curare gli affari di famiglia da solo. Sarebbe stata
la sua occasione per cominciare a stringere un qualche legame con lui.
Chissà, magari avrebbero persino scoperto di andare
d’accordo.
Così
si alzò e prese a scegliere da sola i vestiti da indossare.
Ancora non le andava giù che fosse lavata, vestita e
acconciata da degli estranei. Forse anche per questo aveva preso a
svegliarsi presto, così da farsi trovare già
pronta in camera.
Lasciò
velocemente la stanza, quindi, per dirigersi nel bagno di
quell’ala della casa. Si guardò appena intorno, la
casa sembrava deserta in quella zona. Probabilmente perché
era riservata alle stanze da letto e alla servitù non era
permesso avvicinarvisi prima di un certo orario. Non ci stette a
pensare troppo, comunque, e sgattaiolò per i corridoi
attenta a non far rumore. Girò appena lo sguardo in
direzione della stanza di Byakuya.
Dal
fusuma non illuminato, dedusse che la stanza fosse ancora al buio.
Probabilmente lui stava dormendo.
Sentì
una strana morsa al cuore pensando al nobile Byakuya steso sul suo
futon, con un viso rilassato, che dormiva nella penombra.
Deglutì cercando di distogliere la sua mente da
un’immagine simile, ma non le fu facile. Che lo volesse o
meno, il ragazzo dai capelli neri riscuoteva non poca
curiosità in lei.
Aprì
il futon che conduceva nel bagno e, ancora prima di entrare,
tirò via la cintura che teneva fermo lo yukata, che fece
scivolare dalle sue spalle fino a lasciarlo cadere per terra. Prima di
entrare nell’ofuro si osservò nello specchio e
questa volta non pensò a nulla.
Si
sedette sullo sgabello e prese ad insaponarsi velocemente. Aveva
cominciato improvvisamente a sentirsi nervosa. Questo ogni volta che
vedeva la sua immagine.
Massaggiò
le sue spalle, per scendere pian piano sul petto, poi sul ventre.
Lentamente
riprese ad avere dei movimenti più delicati. Un leggero
brivido le trapasso l’intero corpo e fu costretta a stringere
le spalle fra loro.
Forse
era rimasta seduta sullo sgabello troppo a lungo e stava prendendo
freddo, così si buttò addosso l’acqua
calda.
Espirò
bruscamente per cacciare l’acqua che inevitabilmente era
scivolata sul suo viso. Stropicciò gli occhi portando poi la
mano sui capelli per buttarli all’indietro. Sentì
questi sfiorarla appena all’altezza delle scapole. Quando
erano bagnati, i suoi capelli potevano considerarsi lunghi, sfortuna
era che una volta asciugati tendessero sempre a gonfiarsi, e quindi a
ricadere a malapena sulle spalle. Non che non le piacessero, ma vedersi
diversi qualche volta è interessante. E in quel senso,
immaginarsi con i capelli lunghi e lisci le dava una certa impressione.
Positiva.
Si
sciacquo più volte prima di immergersi nella vasca
d’acqua calda per rilassarsi. Rimase lì per
diversi minuti, lasciando che le sue braccia galleggiassero a pelo
d’acqua.
I
capelli erano morbidi sulle sue spalle, le cui ciocche più
lunghe ricadevano sul seno. Il suo viso cominciava pian piano
a farsi paonazzo, ma non ci fece troppo caso perché calore a
parte stava bene.
Chiuse
gli occhi.
Poteva
dire che quello era stato il bagno più bello e rilassante
della sua vita. Nel Rukongai non aveva la possibilità di
fare tanta attenzione alla sua igiene date le sue precarie condizioni,
ma nel suo piccolo coglieva ogni occasione per riuscire a immergersi da
qualche parte e darsi una sistemata.
Ma
mai aveva fatto il bagno in un ofuro. Un ofuro poi così
elegante e spazioso, davvero degno di una famiglia nobile. Era in
situazioni come queste che rimpiangeva i suoi amici. Non era giusto che
lei fosse lì. Non era giusto che lei avesse tutto questo e
loro no. Per di più senza alcuno specifico motivo.
Fu
quando un violento raggio di sole si proiettò
improvvisamente nell’acqua che la ragazza riprese coscienza.
Si
girò di scatto e dalla piccola finestra posta in alto nella
stanza, si accorse che il cielo era luminosissimo. Spalancò
gli occhi incredula. Doveva alzarsi immediatamente!
Così
si mise in piedi ed annodò un asciugamano addosso. Come una
stupida non si era portata alcun cambio, così raccolse da
terra lo yukata col quale aveva dormito e si affacciò sul
corridoio sperando di poter raggiungere camera sua indisturbata.
Come
temeva, la casa era completamente illuminata. Dovevano essere in piedi
tutti oramai. Strinse i denti, maledicendo la sua stupidità
nell’essere rimasta a mollo così tanto tempo,
dopodichè si inoltrò fuori percorrendo il
corridoio più velocemente che poteva. I piedi nudi e ancora
bagnati non le permisero un’andatura disinvolta,
così non poté essere veloce come avrebbe voluto.
Si
voltò appena verso la stanza di Byakuya. Il futon era
aperto. Sbirciò appena dentro con la coda
dell’occhio e non vedendolo dedusse che doveva essere in
piedi anche lui. Si affrettò quindi a superare la sua
stanza, voleva evitare di incontrarlo proprio ora.
Girò
l’angolo e mentre si diresse nella sua stanza si accorse che
anche il suo futon era aperto. Subito storse il naso sicura che dentro
fossero già entrate le cameriere per mettere in ordine.
Sospirò pazientemente, ma una volta oltrepassata
appena la soglia dovette ricredersi immediatamente.
Byakuya
Kuchiki era lì.
Il
suo cuore prese a battere velocemente, le sue gambe si immobilizzarono
e i suoi occhi si pietrificarono alla sua vista. Il ragazzo guardava
distrattamente fuori, completamente immerso nei suoi pensieri, ma lei
era più che sicura che, con un simile reiatsu, lui avesse
già avvertito la presenza della giovane ancora prima che lei
entrasse.
Strinse
a se ancora più fortemente l’asciugamano. In
verità questo era abbastanza lungo e la copriva dal petto
fin oltre alle ginocchia.
Ma
era proprio il fatto di essere ancora bagnata e soprattutto di non
avere niente addosso oltre quello, ed essere quindi praticamente mezza
nuda davanti a lui a preoccuparla. Portò una mano dietro la
schiena, cercando di alzare quanto più possibile
l’asciugamano anche lì. In verità
cominciò a sentirsi decisamente stupida e, proprio quando
Byakuya cominciò a voltarsi verso di lei, istintivamente
sbandò di colpo e si fece ancora più paonazza di
prima, mentre i suoi capelli cominciavano ad arruffarsi asciugandosi al
vento.
Byakuya
sembrò guardarla con curiosità, ma velocemente le
sue attenzioni ritornarono verso lo shoji aperto, dimenticandosi quasi
di lei. Fu allora che Rukia con determinazione entrò nella
stanza e prese ad afferrare velocemente il primo yukata che ebbe a
portata di mano. Lo mise sulle spalle, infilando le braccia nelle
maniche e lo allacciò velocemente in vita, provvedendo dopo
a tirare giù l’asciugamano.
“N-nobile
Byakuya…tu, cosa…cosa ci fai qui?!”
disse mentre metteva in azione il suo piano di vestirsi senza svestirsi.
“Dalla
finestra aperta, ero sicuro tu fossi in piedi. Vestiti,
dopodichè vieni da me.” Disse asciutto non
rivolgendole alcuno sguardo.
“Io
posso venire subito se vuoi. Sono già…”
Lui la guardò dritto negli occhi, interrompendo
così il suo discorso.
Il
nobile Byakuya sapeva comunicare anche con un solo sguardo e da quel
gesto sembrava volerle far capire di preparasi come si deve. Fu quando
però i suoi occhi scesero leggermente più in
basso che Rukia capì veramente. Seguendo i suoi occhi
infatti, si rese conto che il sottile tessuto dello yukata si era
bagnato in diversi punti dato che il suo corpo era ancora umido quando
l’aveva indossato. Visto poi che sotto, per la fretta, non
aveva indossato nulla, e il colore del suo vestito fosse un delicato
rosa confetto, si vedevano abbastanza nitidamente, da sotto il tessuto,
le forme del suo corpo che, seppur acerbo, era comunque il corpo di una
giovane donna.
Così
strinse subito le mani sul petto e prese a fissare imbarazzatissima il
pavimento non sapendo se o cosa dire.
Per
lei il nobile Byakuya era un estraneo dopotutto.
Come
si era permesso di guardarla in maniera tanto spudorata?
Per
di più quell’espressione divertita, che si
intravedeva a malapena sul suo volto, ma che ai suoi occhi era
più che evidente date le circostanze, cominciò ad
irritarla notevolmente. Dovette trattenersi nel non reagire in nessun
modo.
“Potrei
essere lasciata da sola adesso?” disse usando per la prima
volta un tono più nervoso nei confronti di Byakuya.
Il
ragazzo si limitò ad annuire, le diede le spalle e
sfilò via allontanandosi leggiadramente da quella stanza.
In
quel momento, la soavità dei movimenti di Byakuya fu
qualcosa di così fastidioso, e fu capace solo di guardarlo
con un’espressione alterata e perplessa.
Che
tipo di persona era quel ragazzo?
Era
distaccato, freddo, aristocratico nei modi…e poi se la
rideva sotto i baffi di fronte il suo imbarazzo?!
Aggrottò
le sopraciglia ancora innervosita e tremendamente confusa,
dopodichè chiuse violentemente il fusuma e prese ad
asciugarsi e vestirsi come si doveva.
Più
tardi, una volta pronta, si fece coraggio e si presentò
davanti la camera del nobile Byakuya come lui le aveva chiesto, con
l’intenzione al momento di non alludere a ciò che
era successo poco prima.
Non
aveva neanche voglia di pensarci più di tanto, anche se il
cuore le batteva forte alla sola idea che lui avesse potuto dir
qualcosa in merito. Il sol pensiero le faceva venir voglia di girare i
tacchi e far finta di aver dimenticato la sua richiesta di venire
lì. Tuttavia oramai era troppo tardi, lui sicuramente si era
già accorto della sua presenza. Tanto valeva mostrarsi
disinvolta. Cominciare in questo modo la loro convivenza da soli, senza
la presenza del nonno, era inappropriato. Aveva già deciso
che almeno con lui voleva partire bene e per questo doveva
approfittarne fintanto che erano soli in casa. Dopotutto Byakuya non
sembrava tanto più grande di lei. Forse era già
maggiorenne, ma in fin dei conti quattro o cinque anni di differenza
non erano poi molti. Chissà che quindi lui non si sarebbe
lasciato andare un po’ con lei, allontanando da se quella
maschera impenetrabile che lui indossava costantemente.
Chinò
appena la testa, poi alzò la mano e con le nocche batte
delicatamente sul fusuma generando dei rintocchi appena udibili, ma che
bastarono per far sì che dall’altra parte venisse
risposta. Pochi istanti e infatti Rukia sentì la calda voce
di Byakuya che l’invitava ad entrare.
La
ragazza dai capelli neri deglutì, infilò la mano
nell’apertura della porta e la tirò per poi
entrare appena sulla soglia. Non osò proseguire di
più, non sapeva mai bene come comportarsi in
quella famiglia così attaccata a determinati
clichè che lei non sapeva se e quando sarebbe mai riuscita
ad imitare.
Prese
a guardarsi intorno. La stanza aveva già avuto modo di
scrutarla quella volta in cui si era incantata ad osservarlo di
nascosto in camera sua, ricordava con un certo imbarazzo,
però ufficialmente era quella la prima volta che vi entrava.
Era ampia, spaziosa, ben arieggiata ed ordinata. La stanza che
esattamente si ci aspettava.
Byakuya
era di spalle e, come suo solito, non si voltò neanche per
assicurarsi che fosse lei.
La
sua schiena era lunga e dritta, e nonostante questo suo aspetto esile,
le sue spalle sapevano trasmettere forza ed imponenza. Il nobile
Byakuya doveva essere un abile combattente, ne era certa.
“Siediti,
Rukia.”
La
ragazza annuì con la testa e si inginocchiò
velocemente rimanendo a guardarlo. Lui parlava sempre molto lentamente,
per questo non era mai in grado di capire quando prendesse parola o no.
Il
silenzio tuttavia durò a lungo e per questo si
sentì in dovere di dire qualcosa. Byakuya intanto
chinò appena il capo cominciando a fare per posizionarsi di
fronte a lei e parlare, ma la ragazza era così profondamente
agitata da non accorgersene. Tanto che prese a parlare a raffica
convinta che spettasse a lei rompere il ghiaccio in qualche modo.
“E’
davvero una splendida giornata! Stamattina ne ho approfittato per
allenarmi, spero di non aver arrecato disturbo. Il giardino
è davvero bello! Non l’ho neanche ringraziata per
la stanza, la vista è davvero magnifica. Noto che anche la
sua affaccia qui. Oh! Ehm…ho appreso che il nobile Ginrei
è fuori per qualche giorno, spero sia…”
Si
fermò notando la faccia attonita del nobile Byakuya.
Lui
infatti sembrava aver assunto per la prima volta un qualche tipo di
espressione. Sembrava piuttosto perplesso di quanto la ragazza fosse
capace di parlare, e di argomenti quasi decisamente sconnessi fra loro
per giunta.
In
verità non la stava guardando con rimprovero, ma con un
genuino stupore. Tuttavia il suo viso era da sempre abituato ad non
esprimere mai chiaramente ciò che sentiva davvero.
Così
si limitò solo a riposizionarsi di fronte a lei e a
nascondere un lieve ghigno che ai suoi occhi avrebbe potuto essere
inteso in modo dispregiativo.
Da
parte sua, Rukia invece si sentì terribilmente mortificata
non sapendo di preciso dove aver sbagliato. Certo, in verità
vedere Byakuya guardarla con quella faccia le aveva fatto salire il
cuore in gola e il viso le si era fatto di colpo bollente. E non
perché pensava di aver fatto una brutta figura, ma
perché per lei era strano identificare in lui situazioni
normali come lo stupore, la rabbia, gioia, ecc…
Lo
vedeva ancora da lontano, come un personaggio di un libro del quale non
conosceva ancora le sfaccettature. Ed il primo incontro con una di
queste sapeva lasciarle il segno, anche se erano appena impercettibili
come le sue.
Era
successo anche quando l’aveva guardata la prima volta negli
occhi quando era andata con lui e Ginrei Kuchiki a discutere brevemente
sulla sua adozione qualche giorno prima.
Ritornò
velocemente al presente. Chiuse gli occhi e gli porse le sue scuse
tutto d’un fiato.
“Mi
dispiace nobile Byakuya! Forse ho parlato troppo.”
Strinse
gli occhi più che poteva. In qualche modo quel gesto
l’aiutò a scaricare la tensione. Si
ritrovò involontariamente a stringere il kimono nei i pugni
delle mani all’altezza delle ginocchia.
Improvvisamente
si sentì appena sfiorare il mento. Guidata da quel leggero
tocco, alzò il viso e si ritrovò davanti gli
splendidi occhi grigio-blu del ragazzo dai capelli neri. Le sue dita
erano delicate, la toccavano appena, eppure emanavano una energia che
sembrava premere direttamente sulla sua volontà.
Lui
rimase composto, seduto normalmente di fronte a lei, con il braccio
teso mentre la guardava profondamente. Lei restò a perdersi
nel suo viso incapace di guardare altrove, estasiata che fosse lui ad
averla voltata verso di se.
Lo
vide muovere lentamente le labbra e parlare con quel tono profondo e
basso, eppure autoritario, che da un lato temeva, dall’altro
considerava assolutamente seducente.
“Ti
prego, non essere così tesa.” Le disse mantenendo
con quel suo modo di fare serio ed impenetrabile.
Rukia,
ancora persa nei suoi tratti, cercò di tornare padrona di
se. Così eliminò quei suoi occhioni sbarrati e
smarriti, recuperando un’espressione più normale e
naturale.
“Bene.”
Annuì
lui compiaciuto, allontanando lentamente la mano dal viso della
ragazza, che per poco non sussultò poiché presa
ancora fortemente dai suoi sentimenti.
Un
leggero tocco del nobile Byakuya era capace di fare questo. Aveva
sentito delle forti vibrazioni scorrerle per tutto il corpo fino a
scaricarsi a terra. Delle vibrazioni così forti che
avrebbero fatto sbandare il corpo intero se fosse stata giusto
leggermente meno padrona di se. Si chiese se il ragazzo fosse
consapevole di poter suscitare simili sentimenti nelle persone che lo
circondavano. Oppure chissà se succedeva soltanto a lei, ma
non credeva. Era un ragazzo giovane ed affascinate, chi mai avrebbe
potuto essere indifferente ad un suo sguardo o ad un suo tocco?
Lo
vide adagiare la sua candida mano sulle gambe e da quella sua
espressione posata e seria si chiese se invece non stesse fantasticando
troppo e magari stesse solo sognando.
Per
lei quell’attimo era durato un lunghissimo minuto, era stato
così solo per lei? Probabilmente sì. Lui era
naturale e frigido come il solito. Per lui non era successo
assolutamente niente.
“Dovresti
venire con me al gotei. Sarebbe il caso tu cominciassi a prender posto
li.”
“Al
gotei?” lo interruppe presa alla sprovvista. “Suo
nonno ha ordinato che io avrei dovuto ricevere prima delle lezioni di
educazione. Non credevo che invece…”
“Vuoi
diventare una shinigami? Allora dobbiamo cominciare a muoverci, Rukia.
E per quanto riguarda la tua educazione, studierai anche quello. Una
cosa non esclude l’altra.”
“Certo.”
Annuì lei trovando più che ovvie le sue parole.
Si chiedeva solo quando avrebbe trovato il tempo di studiare se allo
stesso tempo avrebbe anche lavorato come shinigami.
“Seguimi.”
Le ordinò alzandosi per primo e dirigendosi verso la soglia
della porta.
Rukia
lo imitò immediatamente e prese a camminare dietro di lui.
Visto da così vicino, Byakuya era decisamente alto. In
verità lei già di suo era una ragazza piuttosto
bassina, anche per la sua età, quindi se già
normalmente lui era prominente, vicino a lei lo era ancora di
più. Si sentì leggermente in imbarazzo nel dover
alzare addirittura tutta la testa per potergli vedere il viso. Lei gli
arrivava a malapena al petto, forse era il caso di imparare ad
indossare delle scarpe alte.
Sorrise
appena, divertita dal pensare una cosa del genere. Vide Byakuya
rivolgerle appena uno sguardo avendo notato l’espressione
vivace della ragazza che subito si giustificò.
“Chiedo
scusa. E’ solo che notavo quanto siete alto.”
Il
ragazzo dietro i suoi occhi vitrei e glaciali, fu di nuovo sorpreso
dello strano modo di interloquire di Rukia. Byakuya Kuchiki era un uomo
abituato fin da giovane a parlare in modo serio e non confidenziale.
Discorsi vaghi, incentrati sul più e il meno non erano mai
stati il suo forte per questo. Gli era stato insegnato ad esprimersi
sempre con fare tecnico. Difficilmente le persone con cui si era
trovato ad avere a che fare erano mai state intenzionate invece a
stabilire un rapporto con lui, se non davvero poche.
Per
questo rimase in silenzio, non curandosi di dare una risposta alla
giovane nuova entrata della sua famiglia. Si limitò solo a
rallentare il passo per farle capire che preferiva che lei gli
camminasse di fianco, anziché vederla seguirlo alle sue
spalle.
[…]
La
mattinata passò in fretta. In verità Rukia non
aveva capito bene il perché il nobile Byakuya
l’avesse portata con se al lavoro. Le aveva fatto conoscere
della gente, ma oltre al sentirsi tremendamente perduta fra tutti quei
corridoi che caratterizzavano il gotei, non le era rimasto altro.
Si
buttò energicamente sul futon in preda alla stanchezza e la
testa le pulsava da impazzire.
Le
prime ore era stato anche piacevole osservare il ragazzo dai capelli
neri mentre dirigeva il lavoro di suo nonno, capitano della sesta
compagnia, e mentre compilava quelle carte che in accademia aveva
imparato a riconoscere anche lei.
Persino
in quel contesto, dove emergevano altri shinigami di nobili origini
appartenenti a famiglie altolocate, lui sapeva ergersi al di sopra di
loro e circondarsi di un’eleganza inequiparabile. Quasi come
se facesse parte del suo stesso dna a differenza degli altri nobili che
invece davano l’aria di essere decisamente impostati.
Lui
invece era naturale, disinvolto, un vero principe dal sangue blu.
Sì, Byakuya era quanto di più si avvicinava alla
figura di un principe. Un principe silenzioso ed aristocratico, tetro
ed irraggiungibile, bello ed attraente.
Si
sollevò dal futon e guardò fuori dallo shoji. Era
ancora giorno ma oramai il cielo stava pian piano lasciando spazio alla
sera.
Mancavano
però ancora molto tempo per cena. Si chiese se avesse potuto
chiedere di uscire per qualche ora. Così si alzò
e andò in giro per casa cercando Byakuya, ma stranamente non
lo vide in giro. Percorse il corridoio che portava alla sua stanza e
quando si rese conto di star girando invano, si rivolse ad una
cameriera che stava uscendo proprio adesso dalla sua stanza.
“Scusi,
Byakuya dov’è?”
“B-byakuya?”
sobbalzo quasi offendendosi per il fatto che la ragazza lo avesse
spudoratamente chiamato per nome. “Il signor Kuchiki mi ha
detto di non voler essere disturbato. E’ nell’ofuro
in questo momento.”
Detto
questo riprese le sue faccende e fece per lasciare quell’ala
della casa, ma la giovane dai capelli neri la fermò
tempestivamente.
La
donna si voltò mostrandosi visibilmente infastidita di
essere distratta continuamente dai suoi lavori.
“Sa
per caso se lui disapproverebbe se io facessi giusto due passi nelle
vicinanze?”
“Non
so come potrei esserle d’aiuto, signorina. Comunque non ne
vedo il motivo.”
Disse
più per levarsela di torno.
Per
qualche motivo Rukia aveva destato l’antipatia di molte
persone in quella casa. Forse perché era una ragazzina del
rukongai, o chissà, magari perché a loro modo di
vedere sembrava già prendersi molte confidenze. Generalmente
Rukia ci faceva caso, ma questa volta era troppo presa dalla voglia di
uscire da sola per badare ai toni dei suoi domestici. Così
le sorrise raggiante e scappò via.
“Grazie!
Ditegli allora che sarò presto di ritorno se chiede di
me.”
Era
ancora abbastanza frastornata per l’intensa mattinata,
l’unica cosa che in quel momento l’avrebbe aiutata
a sentirsi meglio non era poggiarsi su un letto, bensì un
po’ d’aria fresca. Inoltre non era mai andata in
giro per il Seiretei, per questo già l’idea la
trovava emozionante di suo. Tanto da farle dimenticare la stanchezza ed
ogni tipo di malessere.
Così
infilò un kimono blu scuro decorato con dei piccoli fiori,
legandolo in vita con un obi rosso scuro, e una volta indossate le
ciabatte, uscì di casa. Impiegò un po’
prima di abbandonare definitivamente l’abitazione. Il
giardino era così immenso da non essere percorribile in meno
di qualche minuto. Per di più la sua bellezza di quando
risplendeva sotto le luci del tramonto era paradisiaca, e non riusciva
a non distrarsi quando, percorrendo quei sentieri, incrociava i
bellissimi alberi di ciliegio, i cespugli in fiore, e sentiva quel
bellissimo profumo di erba. Arrivata al cancello di ingresso, rivolse
un’ultima volta lo sguardo verso di esso.
Da
lontano era ancora più bello. Le macchie di colore si
confondevano fra di loro donando un’aria mistica e fiabesca a
quel posto. Chi l’avrebbe mai detto che un posto simile
sarebbe diventato la sua casa.
Guardò
dinanzi a se. La strada era leggermente in salita. Chissà
che camminando in quella direzione non sarebbe riuscita ad ammirare la
casa anche dall’alto. Senza pensarci troppo prese a
percorrere quella strada, mentre lentamente le luci del tramonto
facevano spazio a quelle più scure della notte. Vide
cominciare a sbucare dal cielo le prime stelle.
Rimase
estasiata da tale vista.
Di
tanto in tanto sbirciava le altre ville che sorgevano tra le colline e
costatò che era tutto quel quartiere che in generale era
curato e pittoresco, anche se la villa Kuchiki rimaneva
senz’altro quella più vistosa ed elegante.
Più
si perdeva in quel paesaggio e più pensava a quanto fossero
profondamente diversi il rukongai ed il sereitei.
Si
chiese se mai anche i suoi amici avessero potuto vedere ciò
che stavano ammirando i suoi occhi. Magari un giorno li avrebbe
rivisti, e li avrebbe tutti ospitati a casa sua. Forse un weekend in
cui sarebbe stata sola in casa, perché sapeva che
difficilmente i Kuchiki avrebbero approvato un’iniziativa
simile. Anche se qualche simpatia per la gente del rukongai dovevano
averla. Dopotutto l’avevano adottata, e se
l’avevano fatto voleva dire che non tutti quelli della
nobiltà erano poi così intolleranti come sembrava.
Si
guardò in giro. Essendo la prima volta che percorreva quelle
vie, voleva evitare di allontanarsi troppo. Si sedette ai piedi di un
albero posto di fianco a lei e riprese ad ammirare silenziosamente
tutto.
La
sua mente cominciò a svuotarsi completamente. La
serenità di quel paesaggio stava entrando a far parte di lei
ed il forte desiderio di godere a pieno quel momento
cominciò a palpitare forte. L’unica cosa che le
mancava era qualcuno con cui godere di tutto questo.
Si
mise in piedi, alzò un braccio ed afferrò il
primo ramo che fu in grado di raggiungere e si tirò su
incastrando il piede nel tronco. Ripeté questo movimento
finché non arrivò abbastanza in alto e si sedette.
Poggiò
la testa contro il tronco e pur volendo tenere lontano dalla sua mente
ogni tipo di pensiero, la solitudine non faceva che affliggerla.
Certo,
nel rukongai non aveva tutto questo, però…
Però…aveva
i suoi amici.
Persone
che la conoscevano.
Persone
che le volevano bene.
Tutto
questo le mancava…le mancava fortemente.
Improvvisamente
sentì un reiatsu a lei fortemente familiare.
Balzò
in piedi e sperando di scorgere in qualche modo la sua presenza. Chiuse
gli occhi cercando di concentrarsi e
dall’intensità dell’energia sembrava che
lui fosse nel boschetto li nelle vicinanze.
In
preda all’emozione, saltò giù
dall’albero e prese a seguire l’energia spirituale
che aveva sentito.
Era
lui, era sicura che fosse lui. Dopotutto non era più tardi
delle otto, chissà che non fosse venuto ad allenarsi li su
ordine dell’accademia. Dopotutto lei, essendo stata adottata
dai Kuchiki, aveva abbandonato la scuola per gli shinigami. Ma
regolarmente avrebbe dovuto frequentarla ancora.
Sì,
per questo doveva essere per forza lui.
“Renji?
Renji? Sei tu, brutto stolto?” disse cercando di non
sorridere troppo mentre oramai aveva raggiunto il bosco e vi si era
già inoltrata dentro.
Avanzò
di molto e solo quando tutto cominciò a farsi decisamente
più buio rallentò il passo. Strinse le braccia
fra di loro per via della forte umidità e prese a guardarsi
intorno frastornata.
“Renji?”
Ripeté
più volte il suo nome, ma non sentiva più neanche
la sua energia. Cominciò a chiedersi se non avesse
immaginato tutto, ma si rimproverò subito. Era il suo
reiatsu, ne assolutamente convinta. Doveva smetterla di essere
così dubbiosa. Così strinse i pugni e
cercò in qualche modo di orientarsi, ma la luce scarseggiava
sempre di più e cominciò a temere di essersi
perduta oramai.
I
suoi occhi blu scuro erano fissi sull’ambiente circostante, e
nonostante cercasse di non badarci, il cuore le pulsava fortissimo
assieme al suo senso di inquietudine che man mano che avanza andava
aumentando. Ad un certo punto decise che l’unica cosa da
farsi oramai era tornare indietro. Se anche fosse stato davvero Renji,
oramai lo aveva perduto. Così si girò al
contrario e ripercorse a ritroso la strada che aveva fatto, ma
velocemente si rese conto che qualcosa non tornava.
“C’erano
tutti questi cespugli spinosi qui? Accidenti…”
Sbandò
e dovette inginocchiarsi a terra quando qualcosa la ferì ad
un piede.
“Maledizione!”
Disse
massaggiandosi il piede e costatando che usciva del sangue sul tallone.
Era
buio enon vedeva più niente.
Era
andata sempre dritto, la strada doveva essere giusta per forza, non
aveva camminato poi molto. Così si rimise in piedi e
cercò di ignorare il dolore, ma ogni piccolo ostacolo
presente sul terreno comportava delle profonde fitte sulla ferita,
tuttavia cercò di farsi coraggio pensando che non doveva
essere lontana. Il suo cuore ormai le si stava facendo implacabile e
non seppe fin quanto sarebbe riuscita ad ignorare il panico che la
stava assalendo irrefrenabile.
Non
aveva paura. Era l’ incertezza del nero, il timore del niente
sul quale stava marciando. I suoi occhi non bastavano, la luce lunare
non l’aiutava. Dove diavolo era finita?
Un
punto di riferimento! Un qualsiasi punto di riferimento!
Gli
alberi scorrevano veloci al suo passo che, seppur zoppicante, si faceva
sempre più veloce. I rami sbattevano sul suo viso, ma lei
non curante continuò ad avanzare. Sarebbe arrivata da
qualche parte, per forza sarebbe dovuta approdare in una qualsiasi zona
se avesse percorso sempre la stessa direzione. Doveva tenere duro, non
poteva rimanere lì.
Strinse
i denti e cercò di aumentare il passo ancora di
più. Voleva andare via. Via assolutamente. Era troppo buio,
troppo scuro, non vedeva nulla, se non i cespugli che si facevano
sempre più fitti, sempre più…!!
“Ah!!”
Urlò
d’istinto quando si accorse di essere sull’orlo di
un dirupo.
Osservò
il vuoto di quel precipizio e non seppe come riuscì a non
cadde giù. Allacciò le braccia al tronco di un
albero spezzato per riacquistare l’equilibrio e una volta
riacquistato il controllo, lentamente scivolò fino a terra,
sfinita dalla paura.
Strinse
gli occhi sperando di non piangere.
Aveva
paura, era sporca, graffiata, i piedi le dolevano, i suoi occhi
pulsavano, e tremava.
“Dove
diavolo sono…” sussurrò fra se.
“Dove diavolo sono?!”
Il
vento soffiava fortemente scuotendole i capelli ormai totalmente
scomposti ed impastati di terra e foglie. L’aria era frigida,
in una distesa che sembrava dimenticata, infossata nella selva incolta
ed abbandonata. Non c’era nessuno. Ed era completamente sola.
Di
nuovo.
Era
corsa lì perché una parte di lei desiderava
rivedere i suoi amici, ma ancora di più voleva riassaporare
la libertà.
La
libertà di una vita sofferta, ma che era sua.
Pensava
di averla placata, pensava di averla domata. Invece quella voglia era
viva come non mai, e senza che se ne accorgesse, l’aveva
portata lontana da casa. Un istinto curioso, il suo, che
l’aveva portata a perdersi in un bosco tetro e buio.
Aprì
debolmente gli occhi.
Stranamente
la paura cominciò ad abbandonarla. Era stanca, davvero
molto. Forse per questo aveva smesso di pensare troppo
all’improvviso. Il suo cuore si calmò e lentamente
si sdraiò sulla terra, sempre poggiata su quel secco tronco.
Si
chiese se il nobile Byakuya si fosse già accorto della sua
assenza…magari aveva mandato qualcuno a cercarla. Intanto
avrebbe passato sicuramente lì la notte. Quella prospettiva
non la turbò come aveva immaginato.
Tornò
ad osservare il paesaggio circostante e sotto il chiaro della luna quel
precipizio che prima l’aveva spaventata a morte, adesso
sembrava quasi bello. Tutto era tornato più quieto. Era
davvero possibile provare piacere e timore per una stessa cosa, e
cambiare giudizio a differenza di pochi minuti?
In
verità non volle chiederselo. Si lasciò solo
andare al sonno che si faceva sempre più pesante.
“Ehi!
C’è qualcuno li?”
Rukia
sbandò a quella voce. Si alzò col busto e
portò una mano davanti agli occhi quando una luce la
colpì in pieno viso.
“Ragazza,
che ci fai qui?!” tuonò la voce sgraziata di un
uomo che sembrava un cacciatore, o un taglialegna. Non sembrava ostile,
comunque. Anzi, sembrava guardarla con seria preoccupazione. Le si
avvicinò e le porse la mano per aiutarla ad alzarsi.
“Mi…mi
sono perduta!” rispose lei mentre si rimetteva in piedi,
faticando sui talloni feriti.
L’uomo
la osservò e si rese conto dei sui graffi un po’
su tutto il corpo.
“Chi
sei?” le chiese dolcemente.
In
un primo momento la ragazza dai capelli neri non seppe se rispondergli,
tuttavia la sua bocca parlò prima che la sua mente prendesse
a funzionare come doveva. Così, con gli occhi spalancati ed
una voce frastornata, gli rispose.
“R-Rukia.
Rukia Kuchiki, signore.” Aggiunse.
“Kuchiki?
Bene, posso riportarti a casa. Conosco bene la strada.” Le
porse di nuovo la mano, ma la ragazza si ritrasse non sapendo se
effettivamente poteva fidarsi di lui. Così
l’anziano signore cercò in qualche modo delle
parole per confortarla. “Non deve aver timore di me. Ho
servito la sua casa per molti anni. Mi occupavo del giardino fino ad un
anno fa.”
Sorrise
e quell’espressione buona le comunicò fiducia.
Avrebbe dovuto rifiutare, sarebbe stato meglio allontanarsi da
qualsiasi sconosciuto.
Lo
sapeva.
Però
il suo istinto la portò a scegliere di seguirlo. Non
c’era un motivo, sapeva che fosse del tutto imprudente. Ma lo
fece.
Qualche
volta esperienze del genere si trasformavano in tragedie, tragedie
spesso irreversibili. Ma questa volta Rukia fu fortunata
perché aveva incontrato davvero una brava persona che la
riportò realmente davanti la villa Kuchiki.
Era
notte fonda, ma non riusciva a farsi un’idea di che ora si
fosse fatta esattamente. Camminava col cuore che batteva forte,
sconvolta per quel che era accaduto. Quando cominciò a
vedere da lontano quella casa, luminosa negli splendidi colori delle
luminarie accese, non si rassicurò stranamente. Si
sentì ancora più inquieta.
Arrivati
nei pressi dell’ingresso, girò appena lo sguardo e
vide da lontano la figura eretta e composta di Byakuya Kuchiki sul
ciglio dello shoji.
Era
vestito con un kimono dai diversi toni sull’azzurro, e sulle
spalle un haori in tinta.
Anche
l’uomo lo vide e gli fece un live cenno con la mano, poi
guardò la ragazza.
“Bene,
siamo arrivati. Stia attenta la prossima volta.”
Rukia
si chinò con tutto il busto verso di lui.
Intanto
anche il nobile Byakuya si era avvicinato assieme ad alcuni membri
della servitù, ben attenti ad osservare la scena.
“La
ringrazio con tutto il cuore di avermi riportato a casa!
Grazie.”
Non
era ancora pratica di quale fosse il giusto atteggiamento di un nobile
di fronte un ringraziamento di vero cuore. Pensava di doversi mostrare
contenuta, ma le venne naturale rivolgergli un sincero e largo sorriso.
Mentre
risollevava la testa e gli mostrava la sua espressione felice,
l’uomo sembrò osservarla bene per la prima volta.
La
luce della lanterna in mezzo ad un bosco non era certamente ottimale,
ma quella emanata dalla dimora dei Kuchiki gli permise di guardare
attentamente il viso della giovane, e quando lo fece, sembrò
quasi terrorizzarsi, spalancando gli occhi e prendendo a tremare.
Lo
vide muovere le labbra e sembrare come sull’orlo di un
collasso. Per questo l’espressione di Rukia cambiò
radicalmente e si fece preoccupata.
“E’
tutto…a posto?”
“Lei…non
è possibile. N-nobile Hisana!
Lei…”
“Hisana?”
ripeté non capendo.
“Rukia.”
La
ragazza si voltò verso Byakuya.
Anche
l’uomo rivolse due occhi perduti verso il giovane Kuchiki,
come se cercasse in lui delle risposte. Ma Byakuya lo sdegnò
e, al contrario, quasi lo trafisse con gli occhi, con uno sguardo che
sembrava addirittura volerlo uccidere. Rukia ancora non lo aveva mai
visto così e quasi ebbe paura di lui.
“Chiedo
perdono. Sono lieto di esservi stato utile. Signore, signorina Kuchiki,
arrivederci.”
Detto
questo si dileguò ancora più confuso e
frastornato di come era prima. Rukia lo osservò mentre si
allontanava, disturbata e terribilmente confusa. Si rivolse a Byakuya,
e mentre faceva per girarsi verso di lui, si accorse che era
già sparito.
Si
voltò indietro e lo vide inoltrarsi in casa.
Cosa
era successo?
Perché
aveva reagito così?
Infischiandosene
dei collaboratori familiari che le stavano mettendo sulle spalle un
michiyuki e già facevano per controllarle le ferite, Rukia
corse verso il giovane ereditario del casato Kuchiki e gli si
parò davanti. Gli mostrò un’espressione
corrucciata e contrariata per quel modo di fare assolutamente sgarbato
verso chi le aveva salva la vita, e per la prima volta gli
parlò con quella schiettezza e determinazione che
contraddistingueva il suo carattere nel rukongai.
“Nobile
Byakuya! Quell’uomo mi ha messo in salvo! Ero in pericolo per
colpa della mia imprudenza e lui mi ha aiutato! Perché ti
sei comportato così?!” strinse i pugni.
Il
ragazzo dai capelli neri la guardò infastidito e rimase a
guardarla dall’alto verso il basto con gli occhi stretti a
fessura. Come suo solito, tuttavia, le girò la faccia e fece
per rigare dritto.
Come
sempre, lei non era meritevole di una risposta. Era entrata a far parte
di quella famiglia, ma nessuno aveva intenzione di considerarla tale.
Nessuno voleva mai darle delle spiegazioni.
Tutti
questi pensieri affollarono la sua mente, e in un attimo di
disperazione e rabbia, urlò di nuovo il suo nome come per
implorargli una reazione, una qualsiasi reazione. Così
allungò il braccio e prima che lui si muovesse, lo
affermò per la manica del kimono.
“Nobile
Byakuya!”
Byakuya
si voltò di scatto, e le rivolse due occhi di ghiaccio che
la fecero sbandare.
Aveva
ottenuto la sua reazione. Il nobile Kuchiki aveva cambiato espressione
e lo aveva visto guardarla con odio e disprezzo.
Aveva
alzato solo un po’ la voce, ma quel tono grave su di lui era
capace di immobilizzare chiunque fosse lì vicino. Sia Rukia
che la servitù, infatti, rimasero impietriti, incapaci di
dire o fare qualsiasi cosa.
Tutto
sembrava essersi bloccato. Il vento, gli sguardi, i
pensieri…tutto, prima che lui distogliesse lo sguardo non
vincolando più con i suoi occhi temibili i presenti.
Chiuse
gli occhi come per recuperare lucidità, poi li
riaprì e guardò nel vuoto. Rukia intanto si
sentì sprofondare. Non seppe assolutamente cosa dire.
“Devi
chiamarmi ‘fratello’, Rukia. Non voglio
ripetertelo.”
Detto
questo si dileguò entrando in casa.
Rukia
si sentì mancare. Una volta che lui fu scomparso dalla vista
di tutti, i domestici le si avvicinarono e l’accompagnarono
in camera sua e cominciarono i preparativi per medicarla.
La
sua mente rimase annebbiata per tutta la sera, mentre un solo nome
echeggiava dentro di lei.
Hisana…
Chi
era questa donna?
Chi
era questa persona, il cui solo nome era stato capace di alterare tutti
quella notte?
E
poi cosa significava quella risposta?
‘Fratello’?
Perché
proprio ora Byakuya aveva ribadito che doveva chiamarlo così?
Cosa
c’entrava con il loro discorso?
[…]
“Cosa
gli è saltato in testa?”
“Nominare
la nobile Hisana…sa bene quanto turbi ancora il signor
Kuchiki Byakuya.”
Byakuya
si sdraiò sul suo fusuma. La sua stanza era immersa del
silenzio e nel buio più immenso. Non era aperta alcuna
finestra, alcuna fonte di luce entrava in quella stanza. In quel
momento l’oscurità era l’unica cosa che
sembrava ancora aiutarlo a non vedere niente, neanche i suoi pensieri.
Girò
appena gli occhi verso la porta e prese ad osservare la debolissima
luce che filtrava da sotto il fusuma. Sentiva perfettamente le voci dei
suoi domestici che bisbigliavano fra di loro cercando di non
disturbarlo. Pensavano forse non li sentisse.
Si
voltò completamente, dando le spalle alla porta e chiuse gli
occhi.
Immagini
e ricordi cominciarono a prender forma nella sua mente.
Il
profumo del suo giardino in fiore, il cielo azzurro, la sua voce, i
suoi occhi, la sua pelle…
Era
tutto così vero…
Era
tutto ancora così vivo e reale. Gli sembrava di porte ancora
toccare tutto con mano.
Dopotutto…era
passato solo poco più di un anno da allora.
[Un
anno prima]
“Nobile
Byakuya! Nobile Byakuya!”
Una
giovane ragazza dai capelli neri corse agitando delicatamente
una mano, con i lembi del kimono stretti nell’altra in modo
da agevolare i suoi movimenti. Aveva la pelle candida e dei
profondissimi occhi azzurri. Il suo kimono era di un delicatissimo
rosa, decorato con dei fiori bianchi, stretto in un obi color verde
acquamarina, abbinato con un michiyuki dello stesso colore.
Alla
sua voce, un ragazzo dall’aspetto aristocratico si
girò verso di lei e le rivolse appena un debole sorriso,
colmo però della gioia di vederla.
“Ancora
non riesco a capire perché insisti a chiamarmi
così, Hisana.”
“Perché?
Come dovrei chiamarti?” gli chiese mentre sistemava delle
rose bianche sulla scrivania dove il ragazzo stava lavorando. Prese
poi a spuntarle e pulirle dalle foglie e dalle spine
più grosse.
“Byakuya,
suppongo.” Disse lui con fare ovvio.
La
ragazza ridacchiò.
“Ci
proverò allora. Tienimela per favore, Byakuya!”
disse marcando la parola Byakuya quasi come a prenderlo in giro, con
fare affettuoso naturalmente, mentre gli porse una rosa.
Il
giovane l’afferrò fra le dita e gliela sorresse
mentre lei continuava a pulirla.
Era
estasiato ogni volta che la vedeva.
Il
suo sorriso, il suo modo di fare, la sua voce…Hisana era
capace di prendere il meglio di lui ed un suo solo sguardo riusciva a
trasmettergli la serenità ed il più assoluto
benessere. Era delicata, candida, esattamente come quella rosa.
Era
la persona più bella e speciale che avesse mai incontrato
nella sua vita. Una vita fatta di rinunce, di obbedienza, di
rigorosità, disciplina, durezza.
Lei
era la sua porta verso quel qualcosa che era sempre mancato nella sua
vita. Il calore. Quel calore immenso che solo un animo come il suo era
capace di trasmettere.
E
lui?
Era
capace di trasmettere quel calore a sua volta verso di lei? Non era
bravo con i sentimenti, ma dietro al suo sguardo sperava sempre che la
ragazza potesse leggere in qualche modo l’amore che
ricambiava con tutto se stesso.
“Ahi!”
A
quell’urlo di dolore Byakuya subito si sporse verso di lei.
Osservò
allarmato la sottile mano della ragazza, dalla quale scendeva una
piccola goccia di sangue.
“Accidenti!
Non preoccuparti, nobile Byakuya. Mi sono soltanto punta.”
Disse
sorridendo e ispezionando il piccolo taglio, ma il ragazzo la
precedette e le prese la mano con la sua. Portò il suo dito
tagliato verso le sue labbra e con un gesto delicato lo mise in bocca,
assaporando il suo sangue ed insistendo con la lingua sulla parte
tagliata che localizzò senza troppi problemi.
Hisana
rimase ad osservarlo senza smettere di sorridergli ed una parte di lei
si sentì in imbarazzo. Adorava sentire Byakuya. Il suo
contatto, la sua vicinanza. Però non ci era abituata. Era
una ragazza molto semplice e bastava davvero poco ad emozionarla. Per
di più un ragazzo come lui…
Byakuya
era un uomo riservato e molto taciturno. Però vedeva la sua
dolcezza, la sua sensibilità, e sapeva quanto fosse profondo
in realtà, e quanto gli imponessero invece le sue
responsabilità.
E
poteva dire con estrema sicurezza di stimarlo e di essere felice di
averlo al suo fianco.
Chiuse
gli occhi.
“Nobile
Byakuya, adesso basta. Sai bene quanto ci osservino tutti.”
“Lascia
che guardino.” Disse continuando a tenere la sua mano vicina
a se.
A
quelle parole Hisana gli si avvicinò e gli sfiorò
il viso con l’altra mano.
“Sono
fiorite altre rose da quella parte. Vieni, sono assolutamente
stupende.”
Byakuya
la tirò verso di se, ed anziché assecondarla,
posò le sue labbra sulle sue. Le massaggiò
delicatamente, non approfondendo di più il bacio. Si
limitò a volerla sentire vicino a se, a voler toccare appena
le sua morbida bocca.
La
ragazza lo lasciò fare e lasciò che fosse lui a
dirigere ogni movimento. Sentiva la delicatezza di quando si premeva
contro di lei, assolutamente piacevole ed intensa, assieme
alla passionalità che invece cercava di contenere. I suoi
baci erano un attimo di soavità che la portavano via
completamente.
Quando
lui si fermò appena, lei si scostò lentamente e
rimase a guardarlo specchiandosi nei suoi bellissimi occhi grigi.
“Nobile
Byakuya…grazie.”
Grazie…
Grazie…
Grazie,
mi dici.
Hisana…
Dovrei
essere io a ringraziarti per quello che mi hai dato, per quello che hai
saputo fare di me in così poco tempo.
Sono
stato felice.
Per
un piccola grande parentesi della mia vita ho conosciuto la
felicità.
Ed
è stato grazie a te.
Il
mio potere, le mie ricchezze, invece, non hanno potuto aiutarti.
Io
non ho potuto offrirti più di ciò che avevo.
Tu
invece…hai fatto molto di più.
Molto…
Byakuya
riaprì gli occhi.
Si voltò di nuovo verso il fusuma e questa volta non
filtrava alcuna luce. Dovevano essere tutti a dormire oramai.
Si
riabbandonò fra le coperte e gli tornò in mente
il viso arrabbiato di Rukia.
Era
per questo che voleva che lei non lo chiamasse così.
Era
per questo che doveva chiamarla “fratello”.
Perché
ogni volta che lei lo guardava negli occhi e lo chiamava nobile
Byakuya, la sua mente si confondeva e non riusciva più a
mentire a se stesso.
Non
lo voleva, ma non poteva negare che la loro somiglianza fosse
così impressionante.
Perché..?
Perché
Hisana gli aveva chiesto questo?
L’aveva
adottata con estremo amore e rispetto verso di lei, ma allora non
sapeva quanto lei gli avesse chiesto in realtà.
Rukia
era davvero identica ad Hisana.
Soltanto
esteticamente, in verità.
Bastava
guardare lo sguardo e il tipo di espressione di Rukia perché
già le vedesse completamente diverse.
Però
i lineamenti…il tutto…non poteva non riportagli
alla mente il ricordo della donna che aveva amato.
L’unico
modo che aveva per superare il suo passato ed andare avanti in qualche
modo era allontanare tutto quello che gli ricordava Hisana.
Ma
paradossalmente la cosa che più gliela riportava alla mente
era qualcuno che non poteva allontanare.
Nonostante
fossero estremamente diverse.
Non
poteva ignorarla.
Non
poteva tacere.
Ma
lo avrebbe fatto.
Perché
lo aveva promesso.
La
sua vista lo disturbava. Il solo saperla a poche stanze più
in la dalla sua lo tormentava.
Lui
aveva il diritto di stare da solo con i suoi ricordi. Di stare solo con
il suo dolore.
Per
questo lei non doveva essere li.
Perché
Rukia Kuchiki non era Hisana.
Non
sarebbe mai stata Hisana.
Per
questo non aveva il diritto di somigliarle, anche se solo esteticamente.
[…]
Vi
ringrazio tantissimo per le splendide recensioni che mi avete lasciato.
Scusate l'enorme attesa, ma ho diverse long fic da portare avanti, per
cui spesso per me è difficile gestirmi il tempo. Se a questo
addiziono anche i miei studi... Per questo voglio dirvi che
l'aggiornamento sarò lento. Suppongo che più di
un capitolo al mese non riuscirò ad aggiornare.
Anche perchè è una fanfiction per la
quale mi sto
applicando molto, perchè sto trattando di due personaggi,
Byakuya e Rukia, che mi
piacciono molto assieme. In un contesto poi che nel manga mi ha sempre
incuriosita.
Spero
continuerete a seguirmi.^^
Gargonne: Essendo tu
la mia prima recensitrice, non ti dico come stavo a mille quando ho
letto il tuo commento.
Si prova sempre un po' di ansia quando si riceve un giudizio e...ti
ringrazio davvero! La tua recensione mi è piaciuta
tantissimo perchè ha puntualizzato degli aspetti che ci
tenevo fossero gli elementi forza del primo capitolo: le emozioni.
Mentre scrivevo cercavo io stessa di immergermi in una situazione di
ansia
per riuscire a descrivere i pensieri di Rukia, i suoi atteggiamenti,
ciò che c'era attorno a lei, in modo che il lettore le
sentisse almeno minimamente sulla sua pelle. Ed il fatto che le scene
da me descritte, l'ultima dello specchio sopratutto, si possa
quasi vedere, guarda...mi ha rempito di gioia.
E' soddisfacente leggere
nei commenti dei lettori ciò che ti premeva far emergere,
per cui sono davvero stata felice di leggere le tue parole. Grazie^^
Xazy: Sono
felicissima che nell'insieme la fanfic risulti scorrevole. Sono molte
pagine di lettura e temevo risultasse pesante. Ma non sono riuscita a
tagliare nulla perchè per me quelle scene insieme assumevano
un preciso significato. Quindi sono contenta di apprendere dal tuo
commento che sia riuscita a renderla piacevole.
Ho voluto essere
elegante e precisa nelle descrizioni e sono lieta che sia qualcosa che
ti abbia colpito. Le tue parole mi hanno dato tanta soddisfazione^^ Per
non parlare del fatto che trovi IC i personaggi protagonisti di questa
storia. Parlare di Byakuya è facile e difficile allo stesso
tempo. Non sai mai se sbilanciarti, se osare di più, oppure
no. Per cui sto sempre molto attenta. Per quanto riguarda Rukia, la
immagino molto dubbiosa, anche spaventata, di questo nuovo mondo in cui
dovrà vivere e che la sconvolgerà chiaramente.
Come darle torto. I vari flashback presenti in bleach fanno
capire come il contesto in cui ha
vissuto probabilmente abbia pesato molto su di lei. Per questo
mi è venuto naturale descriverla così. Anche se
in questo capitolo ho cercato di renderla più dinamica
perchè comunque è quella la Rukia che mi piace di
più^^ Grazie per avermi recensita!
Valeluce:
oh, che
piacere vederti^^ Sono stata così felice di leggere un tuo
commento! E' importante sostenerci noi fan ByaRuki XD Al di la di come
personalmente immaginiamo questo punto del passato di Rukia, mi fa
piacere
leggere che al momento l'elaborazione ti sia piaciuta. E sopratutto che
tu sia soddisfatta. Guarda, è una parola importante
perchè io tengo molto che i miei lettori siano prima di
tutto soddisfatti di ciò che leggono. E questo rende
soddisfatta anche me!^^ Sempre rimamendo in tema, sono stata contenta
di leggere che la mia Rukia sia a "tutto tondo" (anche io uso molto
questa parola XD). La psicologia mi affascina e per questo cerco sempre
di riportarla nelle mie storie, per cui sapere che è uno dei
punti forza, mi rende entusiasta! Hai centrato in pieno anche quando
hai parlato delle descrizioni, dei particolari a cui do importanza,
perchè era davvero mia intenzione descrivere atmosfere ed
ambienti in un certo modo. E il fatto che comunque tutto ciò
non appesantisca il testo è importante perchè una
fic può anche essere stra-elaborata, ma deve essere prima di
tutto piacevole da leggere.
Grazie
per aver ricambiato la mia recensione^^
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