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Autore: fiammah_grace    23/07/2010    2 recensioni
Ambientata durante i primi mesi dell'adozione di Rukia nella famiglia Kuchiki. Un mondo sfarzoso, immenso, troppo grande per una persona proveniente dal rukongai che aveva sempre lottato per ottenere tutto. Cosa sarebbe rimasto della sua vecchia vita? A cosa stava andando incontro?
Uno specchio frantumato, schegge di ricordi e sogni che non potevano più intersecarsi con questa nuova realtà che le era stata imposta. Ed in tutto questo, l'unica persona che non riusciva a comprendere era proprio lui, Byakuya Kuchiki. Nobile, autoritario e distaccato, sembrava non importarsi nulla di lei. Eppure aveva saputo che era stato proprio lui a volere questa adozione...a sconvolgere la sua vita.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Byakuya Kuchiki, Kuchiki Rukia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2. You haven’t the right to be her.




Un nuovo inizio, un nuovo giorno. Non sono tanto diversa da ieri, in questo specchio continuo a non vedere che un riflesso.
Però, qualcosa è cambiato dopotutto.


Erano passati diversi giorni dalla sua adozione nella famiglia Kuchiki.
Rukia era seduta sulla soglia dello shoji di camera sua che collegava all’esterno. Accarezzata dalla leggera brezza di primo mattino, si sentì finalmente libera. L’aria fresca che soffiava sul suo viso sembrava la stessa che sentiva quando nel Rukongai, al mattino presto, si recava vicino al fiume per trovare qualche attimo di quiete, e pensare. Riconosceva la dolcezza di quel soffio ed il suo tenue profumo.
Forse, dopotutto, non era poi così lontana se poteva raggiungerla fin lì.
Il suo sguardo si perse nelle luci che pian piano cambiavano colore, dando spazio a tinte più luminose che proiettavano, per contrasto con la grande fonte di luce del sole che pian piano ergeva, ombre ancora più nette sulle cose.
I suoni erano delicati, silenziosi, ma bastava chiudere gli occhi per sentire il dolce mormorio del vento che scuoteva le foglie, l’erba del prato umido, l’acqua, il cui scroscio la rilassava completamente.
Aprì debolmente gli occhi. Questa volta il sole era più intenso e tutto sembrava sul giallo.
A quell’ora del mattino era come se il tempo scorresse più velocemente. Quasi come se volesse che il suo spettatore godesse per poco tempo di quell’atmosfera, proprio perché doveva rimanere magica.
Proprio perché doveva riuscire ad incantare chi riusciva a svegliarsi presto.
Un attimo prima il cielo era ancora scuro, e l’attimo dopo già era tinto di un celeste chiarissimo, contornato da un orizzonte arancione che rimandava al tramonto.
Se tutto il giorno fosse stato così, nessuno avrebbe più fatto caso alla bellezza del silenzio, e all’unicità dei colori che pian piano cominciavano a risplendere nel buio.
Fu felice che il nobile Byakuya proprio la sera prima le avesse dato quella stanza che affacciava sul giardino.
Si era ritrovata spesso a pensare di chiedere questa cortesia, ma non le si era mai presentato il momento opportuno. Eppure, di sua iniziativa, era stato lui stesso ad annunciarle che poteva scegliere la stanza che più preferiva, indicandole fra quelle che affacciavano sul giardino.
Per un attimo si era chiesta come avesse mai potuto intuire questo suo piccolo capriccio. Non credeva di essere mai stata evidente.
Abbassò lo sguardo e prese ad osservare distrattamente la sua mano fasciata, adagiata sulle sue gambe.
Se la muoveva, sentiva ancora le fitte del dolore di quella ferita provocatole dalla scheggia di vetro dello specchio che lei stessa aveva frantumato. L’accarezzò debolmente, ma anche un delicato gesto come quello bastò a farla sussultare.
Chissà perché, invece, quando era stato lui a toccarla, non aveva provato alcun dolore.
Anzi. Il ricordo di quel piacevole tocco sulla sua pelle bastava a farle sentire delle vibrazioni per tutto il corpo.
Ricordava ancora nitidamente il viso impenetrabile del nobile Byakuya che osservava la sua ferita dopo l’accurata visita del medico di famiglia. Lui era sempre gelido e noncurante, eppure fu sicura che fosse preoccupato per lei. Le aveva chiesto distrattamente perché lo aveva fatto, e lei non aveva saputo rispondergli. Si era solo limitata a sorridergli. Perché poi? Perché gli aveva sorriso proprio in quel momento? In realtà era semplicemente felice che lui fosse lì, a chiedersi qualcosa su di lei, anche se per pochi minuti.
Il fatto di essere stata nei suoi pensieri per quel piccolo lasso di tempo l’aveva fatta sentire insolitamente felice e quella stessa emozione la pervadeva tutt’ora, rievocando quel momento, fino a disegnarle sul volto quella medesima contentezza.
Eppure lo conosceva da così poco.
Lui, nonostante quel temperamento glaciale, in qualche modo era diventato il suo pilastro. Nonostante lo vedesse poco, nonostante avessero poco a che fare l’uno con l’altra, nonostante si incontrassero di raro in quella grande e lussuosissima villa. Lui era diventato il suo unico scoglio e in questo buio immenso dove doveva rintracciare pian piano le linee della sua vita, vedeva nitido il suo profilo, i suoi occhi.
Non c’era un motivo. Era così e per questo aveva deciso di provarci. Di provarci per davvero ad essere un Kuchiki.
Non sarebbe stato facile ricominciare tutto, ma avrebbe almeno tentato.
Ancora di più questa era l’occasione buona perché il nobile Ginrei Kuchiki si era allontanato di casa proprio la sera prima. Non le era stato detto il motivo della sua partenza, ma sapere che non ci sarebbe stato per qualche giorno la sollevò non poco visto che in quella casa tutti non facevano che tenerle gli occhi addosso. Tranne Byakuya.
Quel pensiero l’intristì di colpo.
Byakuya era l’unica persona alla quale avrebbe volentieri dato conto, eppure era il più lontano di tutti. Si chiedeva spesso perché.
Scosse velocemente la testa.
Adesso erano soli in casa, Byakuya di certo non si sarebbe allontanato visto che avrebbe dovuto curare gli affari di famiglia da solo. Sarebbe stata la sua occasione per cominciare a stringere un qualche legame con lui. Chissà, magari avrebbero persino scoperto di andare d’accordo.
Così si alzò e prese a scegliere da sola i vestiti da indossare. Ancora non le andava giù che fosse lavata, vestita e acconciata da degli estranei. Forse anche per questo aveva preso a svegliarsi presto, così da farsi trovare già pronta in camera.
Lasciò velocemente la stanza, quindi, per dirigersi nel bagno di quell’ala della casa. Si guardò appena intorno, la casa sembrava deserta in quella zona. Probabilmente perché era riservata alle stanze da letto e alla servitù non era permesso avvicinarvisi prima di un certo orario. Non ci stette a pensare troppo, comunque, e sgattaiolò per i corridoi attenta a non far rumore. Girò appena lo sguardo in direzione della stanza di Byakuya.
Dal fusuma non illuminato, dedusse che la stanza fosse ancora al buio. Probabilmente lui stava dormendo.
Sentì una strana morsa al cuore pensando al nobile Byakuya steso sul suo futon, con un viso rilassato, che dormiva nella penombra. Deglutì cercando di distogliere la sua mente da un’immagine simile, ma non le fu facile. Che lo volesse o meno, il ragazzo dai capelli neri riscuoteva non poca curiosità in lei.
Aprì il futon che conduceva nel bagno e, ancora prima di entrare, tirò via la cintura che teneva fermo lo yukata, che fece scivolare dalle sue spalle fino a lasciarlo cadere per terra. Prima di entrare nell’ofuro si osservò nello specchio e questa volta non pensò a nulla.
Si sedette sullo sgabello e prese ad insaponarsi velocemente. Aveva cominciato improvvisamente a sentirsi nervosa. Questo ogni volta che vedeva la sua immagine.
Massaggiò le sue spalle, per scendere pian piano sul petto, poi sul ventre.
Lentamente riprese ad avere dei movimenti più delicati. Un leggero brivido le trapasso l’intero corpo e fu costretta a stringere le spalle fra loro.
Forse era rimasta seduta sullo sgabello troppo a lungo e stava prendendo freddo, così si buttò addosso l’acqua calda.
Espirò bruscamente per cacciare l’acqua che inevitabilmente era scivolata sul suo viso. Stropicciò gli occhi portando poi la mano sui capelli per buttarli all’indietro. Sentì questi sfiorarla appena all’altezza delle scapole. Quando erano bagnati, i suoi capelli potevano considerarsi lunghi, sfortuna era che una volta asciugati tendessero sempre a gonfiarsi, e quindi a ricadere a malapena sulle spalle. Non che non le piacessero, ma vedersi diversi qualche volta è interessante. E in quel senso, immaginarsi con i capelli lunghi e lisci le dava una certa impressione. Positiva.
Si sciacquo più volte prima di immergersi nella vasca d’acqua calda per rilassarsi. Rimase lì per diversi minuti, lasciando che le sue braccia galleggiassero a pelo d’acqua.
I capelli erano morbidi sulle sue spalle, le cui ciocche più lunghe ricadevano sul seno. Il suo viso cominciava pian piano a farsi paonazzo, ma non ci fece troppo caso perché calore a parte stava bene.
Chiuse gli occhi.
Poteva dire che quello era stato il bagno più bello e rilassante della sua vita. Nel Rukongai non aveva la possibilità di fare tanta attenzione alla sua igiene date le sue precarie condizioni, ma nel suo piccolo coglieva ogni occasione per riuscire a immergersi da qualche parte e darsi una sistemata.
Ma mai aveva fatto il bagno in un ofuro. Un ofuro poi così elegante e spazioso, davvero degno di una famiglia nobile. Era in situazioni come queste che rimpiangeva i suoi amici. Non era giusto che lei fosse lì. Non era giusto che lei avesse tutto questo e loro no. Per di più senza alcuno specifico motivo.
Fu quando un violento raggio di sole si proiettò improvvisamente nell’acqua che la ragazza riprese coscienza.
Si girò di scatto e dalla piccola finestra posta in alto nella stanza, si accorse che il cielo era luminosissimo. Spalancò gli occhi incredula. Doveva alzarsi immediatamente!
Così si mise in piedi ed annodò un asciugamano addosso. Come una stupida non si era portata alcun cambio, così raccolse da terra lo yukata col quale aveva dormito e si affacciò sul corridoio sperando di poter raggiungere camera sua indisturbata.
Come temeva, la casa era completamente illuminata. Dovevano essere in piedi tutti oramai. Strinse i denti, maledicendo la sua stupidità nell’essere rimasta a mollo così tanto tempo, dopodichè si inoltrò fuori percorrendo il corridoio più velocemente che poteva. I piedi nudi e ancora bagnati non le permisero un’andatura disinvolta, così non poté essere veloce come avrebbe voluto.
Si voltò appena verso la stanza di Byakuya. Il futon era aperto. Sbirciò appena dentro con la coda dell’occhio e non vedendolo dedusse che doveva essere in piedi anche lui. Si affrettò quindi a superare la sua stanza, voleva evitare di incontrarlo proprio ora.
Girò l’angolo e mentre si diresse nella sua stanza si accorse che anche il suo futon era aperto. Subito storse il naso sicura che dentro fossero già entrate le cameriere per mettere in ordine. Sospirò pazientemente, ma una volta oltrepassata appena la soglia dovette ricredersi immediatamente.
Byakuya Kuchiki era lì.
Il suo cuore prese a battere velocemente, le sue gambe si immobilizzarono e i suoi occhi si pietrificarono alla sua vista. Il ragazzo guardava distrattamente fuori, completamente immerso nei suoi pensieri, ma lei era più che sicura che, con un simile reiatsu, lui avesse già avvertito la presenza della giovane ancora prima che lei entrasse.
Strinse a se ancora più fortemente l’asciugamano. In verità questo era abbastanza lungo e la copriva dal petto fin oltre alle ginocchia.
Ma era proprio il fatto di essere ancora bagnata e soprattutto di non avere niente addosso oltre quello, ed essere quindi praticamente mezza nuda davanti a lui a preoccuparla. Portò una mano dietro la schiena, cercando di alzare quanto più possibile l’asciugamano anche lì. In verità cominciò a sentirsi decisamente stupida e, proprio quando Byakuya cominciò a voltarsi verso di lei, istintivamente sbandò di colpo e si fece ancora più paonazza di prima, mentre i suoi capelli cominciavano ad arruffarsi asciugandosi al vento.
Byakuya sembrò guardarla con curiosità, ma velocemente le sue attenzioni ritornarono verso lo shoji aperto, dimenticandosi quasi di lei. Fu allora che Rukia con determinazione entrò nella stanza e prese ad afferrare velocemente il primo yukata che ebbe a portata di mano. Lo mise sulle spalle, infilando le braccia nelle maniche e lo allacciò velocemente in vita, provvedendo dopo a tirare giù l’asciugamano.

“N-nobile Byakuya…tu, cosa…cosa ci fai qui?!” disse mentre metteva in azione il suo piano di vestirsi senza svestirsi.

“Dalla finestra aperta, ero sicuro tu fossi in piedi. Vestiti, dopodichè vieni da me.” Disse asciutto non rivolgendole alcuno sguardo.

“Io posso venire subito se vuoi. Sono già…” Lui la guardò dritto negli occhi, interrompendo così il suo discorso.

Il nobile Byakuya sapeva comunicare anche con un solo sguardo e da quel gesto sembrava volerle far capire di preparasi come si deve. Fu quando però i suoi occhi scesero leggermente più in basso che Rukia capì veramente. Seguendo i suoi occhi infatti, si rese conto che il sottile tessuto dello yukata si era bagnato in diversi punti dato che il suo corpo era ancora umido quando l’aveva indossato. Visto poi che sotto, per la fretta, non aveva indossato nulla, e il colore del suo vestito fosse un delicato rosa confetto, si vedevano abbastanza nitidamente, da sotto il tessuto, le forme del suo corpo che, seppur acerbo, era comunque il corpo di una giovane donna.
Così strinse subito le mani sul petto e prese a fissare imbarazzatissima il pavimento non sapendo se o cosa dire.
Per lei il nobile Byakuya era un estraneo dopotutto.
Come si era permesso di guardarla in maniera tanto spudorata?
Per di più quell’espressione divertita, che si intravedeva a malapena sul suo volto, ma che ai suoi occhi era più che evidente date le circostanze, cominciò ad irritarla notevolmente. Dovette trattenersi nel non reagire in nessun modo.

“Potrei essere lasciata da sola adesso?” disse usando per la prima volta un tono più nervoso nei confronti di Byakuya.

Il ragazzo si limitò ad annuire, le diede le spalle e sfilò via allontanandosi leggiadramente da quella stanza.
In quel momento, la soavità dei movimenti di Byakuya fu qualcosa di così fastidioso, e fu capace solo di guardarlo con un’espressione alterata e perplessa.

Che tipo di persona era quel ragazzo?
Era distaccato, freddo, aristocratico nei modi…e poi se la rideva sotto i baffi di fronte il suo imbarazzo?!

Aggrottò le sopraciglia ancora innervosita e tremendamente confusa, dopodichè chiuse violentemente il fusuma e prese ad asciugarsi e vestirsi come si doveva.
Più tardi, una volta pronta, si fece coraggio e si presentò davanti la camera del nobile Byakuya come lui le aveva chiesto, con l’intenzione al momento di non alludere a ciò che era successo poco prima.
Non aveva neanche voglia di pensarci più di tanto, anche se il cuore le batteva forte alla sola idea che lui avesse potuto dir qualcosa in merito. Il sol pensiero le faceva venir voglia di girare i tacchi e far finta di aver dimenticato la sua richiesta di venire lì. Tuttavia oramai era troppo tardi, lui sicuramente si era già accorto della sua presenza. Tanto valeva mostrarsi disinvolta. Cominciare in questo modo la loro convivenza da soli, senza la presenza del nonno, era inappropriato. Aveva già deciso che almeno con lui voleva partire bene e per questo doveva approfittarne fintanto che erano soli in casa. Dopotutto Byakuya non sembrava tanto più grande di lei. Forse era già maggiorenne, ma in fin dei conti quattro o cinque anni di differenza non erano poi molti. Chissà che quindi lui non si sarebbe lasciato andare un po’ con lei, allontanando da se quella maschera impenetrabile che lui indossava costantemente.
Chinò appena la testa, poi alzò la mano e con le nocche batte delicatamente sul fusuma generando dei rintocchi appena udibili, ma che bastarono per far sì che dall’altra parte venisse risposta. Pochi istanti e infatti Rukia sentì la calda voce di Byakuya che l’invitava ad entrare.
La ragazza dai capelli neri deglutì, infilò la mano nell’apertura della porta e la tirò per poi entrare appena sulla soglia. Non osò proseguire di più, non sapeva mai bene come comportarsi in quella famiglia così attaccata a determinati clichè che lei non sapeva se e quando sarebbe mai riuscita ad imitare.
Prese a guardarsi intorno. La stanza aveva già avuto modo di scrutarla quella volta in cui si era incantata ad osservarlo di nascosto in camera sua, ricordava con un certo imbarazzo, però ufficialmente era quella la prima volta che vi entrava. Era ampia, spaziosa, ben arieggiata ed ordinata. La stanza che esattamente si ci aspettava.
Byakuya era di spalle e, come suo solito, non si voltò neanche per assicurarsi che fosse lei.
La sua schiena era lunga e dritta, e nonostante questo suo aspetto esile, le sue spalle sapevano trasmettere forza ed imponenza. Il nobile Byakuya doveva essere un abile combattente, ne era certa.

“Siediti, Rukia.”

La ragazza annuì con la testa e si inginocchiò velocemente rimanendo a guardarlo. Lui parlava sempre molto lentamente, per questo non era mai in grado di capire quando prendesse parola o no.
Il silenzio tuttavia durò a lungo e per questo si sentì in dovere di dire qualcosa. Byakuya intanto chinò appena il capo cominciando a fare per posizionarsi di fronte a lei e parlare, ma la ragazza era così profondamente agitata da non accorgersene. Tanto che prese a parlare a raffica convinta che spettasse a lei rompere il ghiaccio in qualche modo.

“E’ davvero una splendida giornata! Stamattina ne ho approfittato per allenarmi, spero di non aver arrecato disturbo. Il giardino è davvero bello! Non l’ho neanche ringraziata per la stanza, la vista è davvero magnifica. Noto che anche la sua affaccia qui. Oh! Ehm…ho appreso che il nobile Ginrei è fuori per qualche giorno, spero sia…”

Si fermò notando la faccia attonita del nobile Byakuya.

Lui infatti sembrava aver assunto per la prima volta un qualche tipo di espressione. Sembrava piuttosto perplesso di quanto la ragazza fosse capace di parlare, e di argomenti quasi decisamente sconnessi fra loro per giunta.
In verità non la stava guardando con rimprovero, ma con un genuino stupore. Tuttavia il suo viso era da sempre abituato ad non esprimere mai chiaramente ciò che sentiva davvero.
Così si limitò solo a riposizionarsi di fronte a lei e a nascondere un lieve ghigno che ai suoi occhi avrebbe potuto essere inteso in modo dispregiativo.
Da parte sua, Rukia invece si sentì terribilmente mortificata non sapendo di preciso dove aver sbagliato. Certo, in verità vedere Byakuya guardarla con quella faccia le aveva fatto salire il cuore in gola e il viso le si era fatto di colpo bollente. E non perché pensava di aver fatto una brutta figura, ma perché per lei era strano identificare in lui situazioni normali come lo stupore, la rabbia, gioia, ecc…
Lo vedeva ancora da lontano, come un personaggio di un libro del quale non conosceva ancora le sfaccettature. Ed il primo incontro con una di queste sapeva lasciarle il segno, anche se erano appena impercettibili come le sue.
Era successo anche quando l’aveva guardata la prima volta negli occhi quando era andata con lui e Ginrei Kuchiki a discutere brevemente sulla sua adozione qualche giorno prima.
Ritornò velocemente al presente. Chiuse gli occhi e gli porse le sue scuse tutto d’un fiato.

“Mi dispiace nobile Byakuya! Forse ho parlato troppo.”

Strinse gli occhi più che poteva. In qualche modo quel gesto l’aiutò a scaricare la tensione. Si ritrovò involontariamente a stringere il kimono nei i pugni delle mani all’altezza delle ginocchia.
Improvvisamente si sentì appena sfiorare il mento. Guidata da quel leggero tocco, alzò il viso e si ritrovò davanti gli splendidi occhi grigio-blu del ragazzo dai capelli neri. Le sue dita erano delicate, la toccavano appena, eppure emanavano una energia che sembrava premere direttamente sulla sua volontà.
Lui rimase composto, seduto normalmente di fronte a lei, con il braccio teso mentre la guardava profondamente. Lei restò a perdersi nel suo viso incapace di guardare altrove, estasiata che fosse lui ad averla voltata verso di se.
Lo vide muovere lentamente le labbra e parlare con quel tono profondo e basso, eppure autoritario, che da un lato temeva, dall’altro considerava assolutamente seducente.

“Ti prego, non essere così tesa.” Le disse mantenendo con quel suo modo di fare serio ed impenetrabile.

Rukia, ancora persa nei suoi tratti, cercò di tornare padrona di se. Così eliminò quei suoi occhioni sbarrati e smarriti, recuperando un’espressione più normale e naturale.

“Bene.”

Annuì lui compiaciuto, allontanando lentamente la mano dal viso della ragazza, che per poco non sussultò poiché presa ancora fortemente dai suoi sentimenti.
Un leggero tocco del nobile Byakuya era capace di fare questo. Aveva sentito delle forti vibrazioni scorrerle per tutto il corpo fino a scaricarsi a terra. Delle vibrazioni così forti che avrebbero fatto sbandare il corpo intero se fosse stata giusto leggermente meno padrona di se. Si chiese se il ragazzo fosse consapevole di poter suscitare simili sentimenti nelle persone che lo circondavano. Oppure chissà se succedeva soltanto a lei, ma non credeva. Era un ragazzo giovane ed affascinate, chi mai avrebbe potuto essere indifferente ad un suo sguardo o ad un suo tocco?
Lo vide adagiare la sua candida mano sulle gambe e da quella sua espressione posata e seria si chiese se invece non stesse fantasticando troppo e magari stesse solo sognando.
Per lei quell’attimo era durato un lunghissimo minuto, era stato così solo per lei? Probabilmente sì. Lui era naturale e frigido come il solito. Per lui non era successo assolutamente niente.

“Dovresti venire con me al gotei. Sarebbe il caso tu cominciassi a prender posto li.”

“Al gotei?” lo interruppe presa alla sprovvista. “Suo nonno ha ordinato che io avrei dovuto ricevere prima delle lezioni di educazione. Non credevo che invece…”

“Vuoi diventare una shinigami? Allora dobbiamo cominciare a muoverci, Rukia. E per quanto riguarda la tua educazione, studierai anche quello. Una cosa non esclude l’altra.”

“Certo.” Annuì lei trovando più che ovvie le sue parole. Si chiedeva solo quando avrebbe trovato il tempo di studiare se allo stesso tempo avrebbe anche lavorato come shinigami.

“Seguimi.” Le ordinò alzandosi per primo e dirigendosi verso la soglia della porta.

Rukia lo imitò immediatamente e prese a camminare dietro di lui. Visto da così vicino, Byakuya era decisamente alto. In verità lei già di suo era una ragazza piuttosto bassina, anche per la sua età, quindi se già normalmente lui era prominente, vicino a lei lo era ancora di più. Si sentì leggermente in imbarazzo nel dover alzare addirittura tutta la testa per potergli vedere il viso. Lei gli arrivava a malapena al petto, forse era il caso di imparare ad indossare delle scarpe alte.
Sorrise appena, divertita dal pensare una cosa del genere. Vide Byakuya rivolgerle appena uno sguardo avendo notato l’espressione vivace della ragazza che subito si giustificò.

“Chiedo scusa. E’ solo che notavo quanto siete alto.”

Il ragazzo dietro i suoi occhi vitrei e glaciali, fu di nuovo sorpreso dello strano modo di interloquire di Rukia. Byakuya Kuchiki era un uomo abituato fin da giovane a parlare in modo serio e non confidenziale. Discorsi vaghi, incentrati sul più e il meno non erano mai stati il suo forte per questo. Gli era stato insegnato ad esprimersi sempre con fare tecnico. Difficilmente le persone con cui si era trovato ad avere a che fare erano mai state intenzionate invece a stabilire un rapporto con lui, se non davvero poche.
Per questo rimase in silenzio, non curandosi di dare una risposta alla giovane nuova entrata della sua famiglia. Si limitò solo a rallentare il passo per farle capire che preferiva che lei gli camminasse di fianco, anziché vederla seguirlo alle sue spalle.

[…]

La mattinata passò in fretta. In verità Rukia non aveva capito bene il perché il nobile Byakuya l’avesse portata con se al lavoro. Le aveva fatto conoscere della gente, ma oltre al sentirsi tremendamente perduta fra tutti quei corridoi che caratterizzavano il gotei, non le era rimasto altro.
Si buttò energicamente sul futon in preda alla stanchezza e la testa le pulsava da impazzire.
Le prime ore era stato anche piacevole osservare il ragazzo dai capelli neri mentre dirigeva il lavoro di suo nonno, capitano della sesta compagnia, e mentre compilava quelle carte che in accademia aveva imparato a riconoscere anche lei.
Persino in quel contesto, dove emergevano altri shinigami di nobili origini appartenenti a famiglie altolocate, lui sapeva ergersi al di sopra di loro e circondarsi di un’eleganza inequiparabile. Quasi come se facesse parte del suo stesso dna a differenza degli altri nobili che invece davano l’aria di essere decisamente impostati.
Lui invece era naturale, disinvolto, un vero principe dal sangue blu. Sì, Byakuya era quanto di più si avvicinava alla figura di un principe. Un principe silenzioso ed aristocratico, tetro ed irraggiungibile, bello ed attraente.
Si sollevò dal futon e guardò fuori dallo shoji. Era ancora giorno ma oramai il cielo stava pian piano lasciando spazio alla sera.
Mancavano però ancora molto tempo per cena. Si chiese se avesse potuto chiedere di uscire per qualche ora. Così si alzò e andò in giro per casa cercando Byakuya, ma stranamente non lo vide in giro. Percorse il corridoio che portava alla sua stanza e quando si rese conto di star girando invano, si rivolse ad una cameriera che stava uscendo proprio adesso dalla sua stanza.

“Scusi, Byakuya dov’è?”

“B-byakuya?” sobbalzo quasi offendendosi per il fatto che la ragazza lo avesse spudoratamente chiamato per nome. “Il signor Kuchiki mi ha detto di non voler essere disturbato. E’ nell’ofuro in questo momento.”

Detto questo riprese le sue faccende e fece per lasciare quell’ala della casa, ma la giovane dai capelli neri la fermò tempestivamente.
La donna si voltò mostrandosi visibilmente infastidita di essere distratta continuamente dai suoi lavori.

“Sa per caso se lui disapproverebbe se io facessi giusto due passi nelle vicinanze?”

“Non so come potrei esserle d’aiuto, signorina. Comunque non ne vedo il motivo.”

Disse più per levarsela di torno.
Per qualche motivo Rukia aveva destato l’antipatia di molte persone in quella casa. Forse perché era una ragazzina del rukongai, o chissà, magari perché a loro modo di vedere sembrava già prendersi molte confidenze. Generalmente Rukia ci faceva caso, ma questa volta era troppo presa dalla voglia di uscire da sola per badare ai toni dei suoi domestici. Così le sorrise raggiante e scappò via.

“Grazie! Ditegli allora che sarò presto di ritorno se chiede di me.”

Era ancora abbastanza frastornata per l’intensa mattinata, l’unica cosa che in quel momento l’avrebbe aiutata a sentirsi meglio non era poggiarsi su un letto, bensì un po’ d’aria fresca. Inoltre non era mai andata in giro per il Seiretei, per questo già l’idea la trovava emozionante di suo. Tanto da farle dimenticare la stanchezza ed ogni tipo di malessere.
Così infilò un kimono blu scuro decorato con dei piccoli fiori, legandolo in vita con un obi rosso scuro, e una volta indossate le ciabatte, uscì di casa. Impiegò un po’ prima di abbandonare definitivamente l’abitazione. Il giardino era così immenso da non essere percorribile in meno di qualche minuto. Per di più la sua bellezza di quando risplendeva sotto le luci del tramonto era paradisiaca, e non riusciva a non distrarsi quando, percorrendo quei sentieri, incrociava i bellissimi alberi di ciliegio, i cespugli in fiore, e sentiva quel bellissimo profumo di erba. Arrivata al cancello di ingresso, rivolse un’ultima volta lo sguardo verso di esso.
Da lontano era ancora più bello. Le macchie di colore si confondevano fra di loro donando un’aria mistica e fiabesca a quel posto. Chi l’avrebbe mai detto che un posto simile sarebbe diventato la sua casa.
Guardò dinanzi a se. La strada era leggermente in salita. Chissà che camminando in quella direzione non sarebbe riuscita ad ammirare la casa anche dall’alto. Senza pensarci troppo prese a percorrere quella strada, mentre lentamente le luci del tramonto facevano spazio a quelle più scure della notte. Vide cominciare a sbucare dal cielo le prime stelle.
Rimase estasiata da tale vista.
Di tanto in tanto sbirciava le altre ville che sorgevano tra le colline e costatò che era tutto quel quartiere che in generale era curato e pittoresco, anche se la villa Kuchiki rimaneva senz’altro quella più vistosa ed elegante.
Più si perdeva in quel paesaggio e più pensava a quanto fossero profondamente diversi il rukongai ed il sereitei.
Si chiese se mai anche i suoi amici avessero potuto vedere ciò che stavano ammirando i suoi occhi. Magari un giorno li avrebbe rivisti, e li avrebbe tutti ospitati a casa sua. Forse un weekend in cui sarebbe stata sola in casa, perché sapeva che difficilmente i Kuchiki avrebbero approvato un’iniziativa simile. Anche se qualche simpatia per la gente del rukongai dovevano averla. Dopotutto l’avevano adottata, e se l’avevano fatto voleva dire che non tutti quelli della nobiltà erano poi così intolleranti come sembrava.
Si guardò in giro. Essendo la prima volta che percorreva quelle vie, voleva evitare di allontanarsi troppo. Si sedette ai piedi di un albero posto di fianco a lei e riprese ad ammirare silenziosamente tutto.
La sua mente cominciò a svuotarsi completamente. La serenità di quel paesaggio stava entrando a far parte di lei ed il forte desiderio di godere a pieno quel momento cominciò a palpitare forte. L’unica cosa che le mancava era qualcuno con cui godere di tutto questo.
Si mise in piedi, alzò un braccio ed afferrò il primo ramo che fu in grado di raggiungere e si tirò su incastrando il piede nel tronco. Ripeté questo movimento finché non arrivò abbastanza in alto e si sedette.
Poggiò la testa contro il tronco e pur volendo tenere lontano dalla sua mente ogni tipo di pensiero, la solitudine non faceva che affliggerla.
Certo, nel rukongai non aveva tutto questo, però…

Però…aveva i suoi amici.

Persone che la conoscevano.

Persone che le volevano bene.

Tutto questo le mancava…le mancava fortemente.

Improvvisamente sentì un reiatsu a lei fortemente familiare.
Balzò in piedi e sperando di scorgere in qualche modo la sua presenza. Chiuse gli occhi cercando di concentrarsi e dall’intensità dell’energia sembrava che lui fosse nel boschetto li nelle vicinanze.
In preda all’emozione, saltò giù dall’albero e prese a seguire l’energia spirituale che aveva sentito.

Era lui, era sicura che fosse lui. Dopotutto non era più tardi delle otto, chissà che non fosse venuto ad allenarsi li su ordine dell’accademia. Dopotutto lei, essendo stata adottata dai Kuchiki, aveva abbandonato la scuola per gli shinigami. Ma regolarmente avrebbe dovuto frequentarla ancora.
Sì, per questo doveva essere per forza lui.

“Renji? Renji? Sei tu, brutto stolto?” disse cercando di non sorridere troppo mentre oramai aveva raggiunto il bosco e vi si era già inoltrata dentro.

Avanzò di molto e solo quando tutto cominciò a farsi decisamente più buio rallentò il passo. Strinse le braccia fra di loro per via della forte umidità e prese a guardarsi intorno frastornata.

“Renji?”

Ripeté più volte il suo nome, ma non sentiva più neanche la sua energia. Cominciò a chiedersi se non avesse immaginato tutto, ma si rimproverò subito. Era il suo reiatsu, ne assolutamente convinta. Doveva smetterla di essere così dubbiosa. Così strinse i pugni e cercò in qualche modo di orientarsi, ma la luce scarseggiava sempre di più e cominciò a temere di essersi perduta oramai.
I suoi occhi blu scuro erano fissi sull’ambiente circostante, e nonostante cercasse di non badarci, il cuore le pulsava fortissimo assieme al suo senso di inquietudine che man mano che avanza andava aumentando. Ad un certo punto decise che l’unica cosa da farsi oramai era tornare indietro. Se anche fosse stato davvero Renji, oramai lo aveva perduto. Così si girò al contrario e ripercorse a ritroso la strada che aveva fatto, ma velocemente si rese conto che qualcosa non tornava.

“C’erano tutti questi cespugli spinosi qui? Accidenti…”

Sbandò e dovette inginocchiarsi a terra quando qualcosa la ferì ad un piede.

“Maledizione!”

Disse massaggiandosi il piede e costatando che usciva del sangue sul tallone.
Era buio enon vedeva più niente.
Era andata sempre dritto, la strada doveva essere giusta per forza, non aveva camminato poi molto. Così si rimise in piedi e cercò di ignorare il dolore, ma ogni piccolo ostacolo presente sul terreno comportava delle profonde fitte sulla ferita, tuttavia cercò di farsi coraggio pensando che non doveva essere lontana. Il suo cuore ormai le si stava facendo implacabile e non seppe fin quanto sarebbe riuscita ad ignorare il panico che la stava assalendo irrefrenabile.
Non aveva paura. Era l’ incertezza del nero, il timore del niente sul quale stava marciando. I suoi occhi non bastavano, la luce lunare non l’aiutava. Dove diavolo era finita?
Un punto di riferimento! Un qualsiasi punto di riferimento!
Gli alberi scorrevano veloci al suo passo che, seppur zoppicante, si faceva sempre più veloce. I rami sbattevano sul suo viso, ma lei non curante continuò ad avanzare. Sarebbe arrivata da qualche parte, per forza sarebbe dovuta approdare in una qualsiasi zona se avesse percorso sempre la stessa direzione. Doveva tenere duro, non poteva rimanere lì.
Strinse i denti e cercò di aumentare il passo ancora di più. Voleva andare via. Via assolutamente. Era troppo buio, troppo scuro, non vedeva nulla, se non i cespugli che si facevano sempre più fitti, sempre più…!!

“Ah!!”

Urlò d’istinto quando si accorse di essere sull’orlo di un dirupo.
Osservò il vuoto di quel precipizio e non seppe come riuscì a non cadde giù. Allacciò le braccia al tronco di un albero spezzato per riacquistare l’equilibrio e una volta riacquistato il controllo, lentamente scivolò fino a terra, sfinita dalla paura.
Strinse gli occhi sperando di non piangere.
Aveva paura, era sporca, graffiata, i piedi le dolevano, i suoi occhi pulsavano, e tremava.

“Dove diavolo sono…” sussurrò fra se. “Dove diavolo sono?!”

Il vento soffiava fortemente scuotendole i capelli ormai totalmente scomposti ed impastati di terra e foglie. L’aria era frigida, in una distesa che sembrava dimenticata, infossata nella selva incolta ed abbandonata. Non c’era nessuno. Ed era completamente sola.
Di nuovo.

Era corsa lì perché una parte di lei desiderava rivedere i suoi amici, ma ancora di più voleva riassaporare la libertà.
La libertà di una vita sofferta, ma che era sua.
Pensava di averla placata, pensava di averla domata. Invece quella voglia era viva come non mai, e senza che se ne accorgesse, l’aveva portata lontana da casa. Un istinto curioso, il suo, che l’aveva portata a perdersi in un bosco tetro e buio.
Aprì debolmente gli occhi.
Stranamente la paura cominciò ad abbandonarla. Era stanca, davvero molto. Forse per questo aveva smesso di pensare troppo all’improvviso. Il suo cuore si calmò e lentamente si sdraiò sulla terra, sempre poggiata su quel secco tronco.
Si chiese se il nobile Byakuya si fosse già accorto della sua assenza…magari aveva mandato qualcuno a cercarla. Intanto avrebbe passato sicuramente lì la notte. Quella prospettiva non la turbò come aveva immaginato.
Tornò ad osservare il paesaggio circostante e sotto il chiaro della luna quel precipizio che prima l’aveva spaventata a morte, adesso sembrava quasi bello. Tutto era tornato più quieto. Era davvero possibile provare piacere e timore per una stessa cosa, e cambiare giudizio a differenza di pochi minuti?
In verità non volle chiederselo. Si lasciò solo andare al sonno che si faceva sempre più pesante.

“Ehi! C’è qualcuno li?”

Rukia sbandò a quella voce. Si alzò col busto e portò una mano davanti agli occhi quando una luce la colpì in pieno viso.

“Ragazza, che ci fai qui?!” tuonò la voce sgraziata di un uomo che sembrava un cacciatore, o un taglialegna. Non sembrava ostile, comunque. Anzi, sembrava guardarla con seria preoccupazione. Le si avvicinò e le porse la mano per aiutarla ad alzarsi.

“Mi…mi sono perduta!” rispose lei mentre si rimetteva in piedi, faticando sui talloni feriti.

L’uomo la osservò e si rese conto dei sui graffi un po’ su tutto il corpo.

“Chi sei?” le chiese dolcemente.

In un primo momento la ragazza dai capelli neri non seppe se rispondergli, tuttavia la sua bocca parlò prima che la sua mente prendesse a funzionare come doveva. Così, con gli occhi spalancati ed una voce frastornata, gli rispose.

“R-Rukia. Rukia Kuchiki, signore.” Aggiunse.

“Kuchiki? Bene, posso riportarti a casa. Conosco bene la strada.” Le porse di nuovo la mano, ma la ragazza si ritrasse non sapendo se effettivamente poteva fidarsi di lui. Così l’anziano signore cercò in qualche modo delle parole per confortarla. “Non deve aver timore di me. Ho servito la sua casa per molti anni. Mi occupavo del giardino fino ad un anno fa.”

Sorrise e quell’espressione buona le comunicò fiducia. Avrebbe dovuto rifiutare, sarebbe stato meglio allontanarsi da qualsiasi sconosciuto.
Lo sapeva.
Però il suo istinto la portò a scegliere di seguirlo. Non c’era un motivo, sapeva che fosse del tutto imprudente. Ma lo fece.
Qualche volta esperienze del genere si trasformavano in tragedie, tragedie spesso irreversibili. Ma questa volta Rukia fu fortunata perché aveva incontrato davvero una brava persona che la riportò realmente davanti la villa Kuchiki.
Era notte fonda, ma non riusciva a farsi un’idea di che ora si fosse fatta esattamente. Camminava col cuore che batteva forte, sconvolta per quel che era accaduto. Quando cominciò a vedere da lontano quella casa, luminosa negli splendidi colori delle luminarie accese, non si rassicurò stranamente. Si sentì ancora più inquieta.
Arrivati nei pressi dell’ingresso, girò appena lo sguardo e vide da lontano la figura eretta e composta di Byakuya Kuchiki sul ciglio dello shoji.
Era vestito con un kimono dai diversi toni sull’azzurro, e sulle spalle un haori in tinta.
Anche l’uomo lo vide e gli fece un live cenno con la mano, poi guardò la ragazza.

“Bene, siamo arrivati. Stia attenta la prossima volta.”

Rukia si chinò con tutto il busto verso di lui.
Intanto anche il nobile Byakuya si era avvicinato assieme ad alcuni membri della servitù, ben attenti ad osservare la scena.

“La ringrazio con tutto il cuore di avermi riportato a casa! Grazie.”

Non era ancora pratica di quale fosse il giusto atteggiamento di un nobile di fronte un ringraziamento di vero cuore. Pensava di doversi mostrare contenuta, ma le venne naturale rivolgergli un sincero e largo sorriso.
Mentre risollevava la testa e gli mostrava la sua espressione felice, l’uomo sembrò osservarla bene per la prima volta.
La luce della lanterna in mezzo ad un bosco non era certamente ottimale, ma quella emanata dalla dimora dei Kuchiki gli permise di guardare attentamente il viso della giovane, e quando lo fece, sembrò quasi terrorizzarsi, spalancando gli occhi e prendendo a tremare.
Lo vide muovere le labbra e sembrare come sull’orlo di un collasso. Per questo l’espressione di Rukia cambiò radicalmente e si fece preoccupata.

“E’ tutto…a posto?”

“Lei…non è possibile. N-nobile Hisana! Lei…”

“Hisana?” ripeté non capendo.

“Rukia.”

La ragazza si voltò verso Byakuya.
Anche l’uomo rivolse due occhi perduti verso il giovane Kuchiki, come se cercasse in lui delle risposte. Ma Byakuya lo sdegnò e, al contrario, quasi lo trafisse con gli occhi, con uno sguardo che sembrava addirittura volerlo uccidere. Rukia ancora non lo aveva mai visto così e quasi ebbe paura di lui.

“Chiedo perdono. Sono lieto di esservi stato utile. Signore, signorina Kuchiki, arrivederci.”

Detto questo si dileguò ancora più confuso e frastornato di come era prima. Rukia lo osservò mentre si allontanava, disturbata e terribilmente confusa. Si rivolse a Byakuya, e mentre faceva per girarsi verso di lui, si accorse che era già sparito.
Si voltò indietro e lo vide inoltrarsi in casa.
Cosa era successo?
Perché aveva reagito così?
Infischiandosene dei collaboratori familiari che le stavano mettendo sulle spalle un michiyuki e già facevano per controllarle le ferite, Rukia corse verso il giovane ereditario del casato Kuchiki e gli si parò davanti. Gli mostrò un’espressione corrucciata e contrariata per quel modo di fare assolutamente sgarbato verso chi le aveva salva la vita, e per la prima volta gli parlò con quella schiettezza e determinazione che contraddistingueva il suo carattere nel rukongai.

“Nobile Byakuya! Quell’uomo mi ha messo in salvo! Ero in pericolo per colpa della mia imprudenza e lui mi ha aiutato! Perché ti sei comportato così?!” strinse i pugni.

Il ragazzo dai capelli neri la guardò infastidito e rimase a guardarla dall’alto verso il basto con gli occhi stretti a fessura. Come suo solito, tuttavia, le girò la faccia e fece per rigare dritto.
Come sempre, lei non era meritevole di una risposta. Era entrata a far parte di quella famiglia, ma nessuno aveva intenzione di considerarla tale. Nessuno voleva mai darle delle spiegazioni.
Tutti questi pensieri affollarono la sua mente, e in un attimo di disperazione e rabbia, urlò di nuovo il suo nome come per implorargli una reazione, una qualsiasi reazione. Così allungò il braccio e prima che lui si muovesse, lo affermò per la manica del kimono.

“Nobile Byakuya!”

Byakuya si voltò di scatto, e le rivolse due occhi di ghiaccio che la fecero sbandare.
Aveva ottenuto la sua reazione. Il nobile Kuchiki aveva cambiato espressione e lo aveva visto guardarla con odio e disprezzo.
Aveva alzato solo un po’ la voce, ma quel tono grave su di lui era capace di immobilizzare chiunque fosse lì vicino. Sia Rukia che la servitù, infatti, rimasero impietriti, incapaci di dire o fare qualsiasi cosa.
Tutto sembrava essersi bloccato. Il vento, gli sguardi, i pensieri…tutto, prima che lui distogliesse lo sguardo non vincolando più con i suoi occhi temibili i presenti.
Chiuse gli occhi come per recuperare lucidità, poi li riaprì e guardò nel vuoto. Rukia intanto si sentì sprofondare. Non seppe assolutamente cosa dire.

“Devi chiamarmi ‘fratello’, Rukia. Non voglio ripetertelo.”

Detto questo si dileguò entrando in casa.
Rukia si sentì mancare. Una volta che lui fu scomparso dalla vista di tutti, i domestici le si avvicinarono e l’accompagnarono in camera sua e cominciarono i preparativi per medicarla.
La sua mente rimase annebbiata per tutta la sera, mentre un solo nome echeggiava dentro di lei.

Hisana…

Chi era questa donna?

Chi era questa persona, il cui solo nome era stato capace di alterare tutti quella notte?

E poi cosa significava quella risposta?
‘Fratello’?
Perché proprio ora Byakuya aveva ribadito che doveva chiamarlo così?
Cosa c’entrava con il loro discorso?

[…]

“Cosa gli è saltato in testa?”

“Nominare la nobile Hisana…sa bene quanto turbi ancora il signor Kuchiki Byakuya.”

Byakuya si sdraiò sul suo fusuma. La sua stanza era immersa del silenzio e nel buio più immenso. Non era aperta alcuna finestra, alcuna fonte di luce entrava in quella stanza. In quel momento l’oscurità era l’unica cosa che sembrava ancora aiutarlo a non vedere niente, neanche i suoi pensieri.
Girò appena gli occhi verso la porta e prese ad osservare la debolissima luce che filtrava da sotto il fusuma. Sentiva perfettamente le voci dei suoi domestici che bisbigliavano fra di loro cercando di non disturbarlo. Pensavano forse non li sentisse.
Si voltò completamente, dando le spalle alla porta e chiuse gli occhi.
Immagini e ricordi cominciarono a prender forma nella sua mente.
Il profumo del suo giardino in fiore, il cielo azzurro, la sua voce, i suoi occhi, la sua pelle…

Era tutto così vero…

Era tutto ancora così vivo e reale. Gli sembrava di porte ancora toccare tutto con mano.

Dopotutto…era passato solo poco più di un anno da allora.




[Un anno prima]




“Nobile Byakuya! Nobile Byakuya!”

Una giovane ragazza dai capelli neri corse agitando delicatamente una mano, con i lembi del kimono stretti nell’altra in modo da agevolare i suoi movimenti. Aveva la pelle candida e dei profondissimi occhi azzurri. Il suo kimono era di un delicatissimo rosa, decorato con dei fiori bianchi, stretto in un obi color verde acquamarina, abbinato con un michiyuki dello stesso colore.
Alla sua voce, un ragazzo dall’aspetto aristocratico si girò verso di lei e le rivolse appena un debole sorriso, colmo però della gioia di vederla.

“Ancora non riesco a capire perché insisti a chiamarmi così, Hisana.”

“Perché? Come dovrei chiamarti?” gli chiese mentre sistemava delle rose bianche sulla scrivania dove il ragazzo stava lavorando. Prese poi a spuntarle e pulirle dalle foglie e dalle spine più grosse.

“Byakuya, suppongo.” Disse lui con fare ovvio.

La ragazza ridacchiò.

“Ci proverò allora. Tienimela per favore, Byakuya!” disse marcando la parola Byakuya quasi come a prenderlo in giro, con fare affettuoso naturalmente, mentre gli porse una rosa.

Il giovane l’afferrò fra le dita e gliela sorresse mentre lei continuava a pulirla.
Era estasiato ogni volta che la vedeva.
Il suo sorriso, il suo modo di fare, la sua voce…Hisana era capace di prendere il meglio di lui ed un suo solo sguardo riusciva a trasmettergli la serenità ed il più assoluto benessere. Era delicata, candida, esattamente come quella rosa.
Era la persona più bella e speciale che avesse mai incontrato nella sua vita. Una vita fatta di rinunce, di obbedienza, di rigorosità, disciplina, durezza.
Lei era la sua porta verso quel qualcosa che era sempre mancato nella sua vita. Il calore. Quel calore immenso che solo un animo come il suo era capace di trasmettere.
E lui?
Era capace di trasmettere quel calore a sua volta verso di lei? Non era bravo con i sentimenti, ma dietro al suo sguardo sperava sempre che la ragazza potesse leggere in qualche modo l’amore che ricambiava con tutto se stesso.

“Ahi!”

A quell’urlo di dolore Byakuya subito si sporse verso di lei.
Osservò allarmato la sottile mano della ragazza, dalla quale scendeva una piccola goccia di sangue.

“Accidenti! Non preoccuparti, nobile Byakuya. Mi sono soltanto punta.”

Disse sorridendo e ispezionando il piccolo taglio, ma il ragazzo la precedette e le prese la mano con la sua. Portò il suo dito tagliato verso le sue labbra e con un gesto delicato lo mise in bocca, assaporando il suo sangue ed insistendo con la lingua sulla parte tagliata che localizzò senza troppi problemi.
Hisana rimase ad osservarlo senza smettere di sorridergli ed una parte di lei si sentì in imbarazzo. Adorava sentire Byakuya. Il suo contatto, la sua vicinanza. Però non ci era abituata. Era una ragazza molto semplice e bastava davvero poco ad emozionarla. Per di più un ragazzo come lui…
Byakuya era un uomo riservato e molto taciturno. Però vedeva la sua dolcezza, la sua sensibilità, e sapeva quanto fosse profondo in realtà, e quanto gli imponessero invece le sue responsabilità.
E poteva dire con estrema sicurezza di stimarlo e di essere felice di averlo al suo fianco.
Chiuse gli occhi.

“Nobile Byakuya, adesso basta. Sai bene quanto ci osservino tutti.”

“Lascia che guardino.” Disse continuando a tenere la sua mano vicina a se.

A quelle parole Hisana gli si avvicinò e gli sfiorò il viso con l’altra mano.

“Sono fiorite altre rose da quella parte. Vieni, sono assolutamente stupende.”

Byakuya la tirò verso di se, ed anziché assecondarla, posò le sue labbra sulle sue. Le massaggiò delicatamente, non approfondendo di più il bacio. Si limitò a volerla sentire vicino a se, a voler toccare appena le sua morbida bocca.
La ragazza lo lasciò fare e lasciò che fosse lui a dirigere ogni movimento. Sentiva la delicatezza di quando si premeva contro di lei, assolutamente piacevole ed intensa, assieme alla passionalità che invece cercava di contenere. I suoi baci erano un attimo di soavità che la portavano via completamente.
Quando lui si fermò appena, lei si scostò lentamente e rimase a guardarlo specchiandosi nei suoi bellissimi occhi grigi.

“Nobile Byakuya…grazie.”


Grazie…


Grazie…


Grazie, mi dici.

Hisana…


Dovrei essere io a ringraziarti per quello che mi hai dato, per quello che hai saputo fare di me in così poco tempo.
Sono stato felice.
Per un piccola grande parentesi della mia vita ho conosciuto la felicità.
Ed è stato grazie a te.

Il mio potere, le mie ricchezze, invece, non hanno potuto aiutarti.

Io non ho potuto offrirti più di ciò che avevo.
Tu invece…hai fatto molto di più.


Molto…



Byakuya riaprì gli occhi.
Si voltò di nuovo verso il fusuma e questa volta non filtrava alcuna luce. Dovevano essere tutti a dormire oramai.

Si riabbandonò fra le coperte e gli tornò in mente il viso arrabbiato di Rukia.

Era per questo che voleva che lei non lo chiamasse così.
Era per questo che doveva chiamarla “fratello”.

Perché ogni volta che lei lo guardava negli occhi e lo chiamava nobile Byakuya, la sua mente si confondeva e non riusciva più a mentire a se stesso.
Non lo voleva, ma non poteva negare che la loro somiglianza fosse così impressionante.
Perché..?
Perché Hisana gli aveva chiesto questo?
L’aveva adottata con estremo amore e rispetto verso di lei, ma allora non sapeva quanto lei gli avesse chiesto in realtà.
Rukia era davvero identica ad Hisana.
Soltanto esteticamente, in verità.
Bastava guardare lo sguardo e il tipo di espressione di Rukia perché già le vedesse completamente diverse.
Però i lineamenti…il tutto…non poteva non riportagli alla mente il ricordo della donna che aveva amato.
L’unico modo che aveva per superare il suo passato ed andare avanti in qualche modo era allontanare tutto quello che gli ricordava Hisana.
Ma paradossalmente la cosa che più gliela riportava alla mente era qualcuno che non poteva allontanare.

Nonostante fossero estremamente diverse.

Non poteva ignorarla.
Non poteva tacere.

Ma lo avrebbe fatto.
Perché lo aveva promesso.


La sua vista lo disturbava. Il solo saperla a poche stanze più in la dalla sua lo tormentava.
Lui aveva il diritto di stare da solo con i suoi ricordi. Di stare solo con il suo dolore.
Per questo lei non doveva essere li.

Perché Rukia Kuchiki non era Hisana.

Non sarebbe mai stata Hisana.

Per questo non aveva il diritto di somigliarle, anche se solo esteticamente.



[…]



Vi ringrazio tantissimo per le splendide recensioni che mi avete lasciato. Scusate l'enorme attesa, ma ho diverse long fic da portare avanti, per cui spesso per me è difficile gestirmi il tempo. Se a questo addiziono anche i miei studi... Per questo voglio dirvi che l'aggiornamento sarò lento. Suppongo che più di un capitolo al mese non riuscirò ad aggiornare. Anche perchè è una fanfiction per la quale mi sto applicando molto, perchè sto trattando di due personaggi, Byakuya e Rukia, che mi piacciono molto assieme. In un contesto poi che nel manga mi ha sempre incuriosita.
Spero continuerete a seguirmi.^^

Gargonne: Essendo tu la mia prima recensitrice, non ti dico come stavo a mille quando ho letto il tuo commento.
Si prova sempre un po' di ansia quando si riceve un giudizio e...ti ringrazio davvero! La tua recensione mi è piaciuta tantissimo perchè ha puntualizzato degli aspetti che ci tenevo fossero gli elementi forza del primo capitolo: le emozioni. Mentre scrivevo cercavo io stessa di immergermi in una situazione di ansia per riuscire a descrivere i pensieri di Rukia, i suoi atteggiamenti, ciò che c'era attorno a lei, in modo che il lettore le sentisse almeno minimamente sulla sua pelle. Ed il fatto che le scene da me descritte, l'ultima dello specchio sopratutto, si possa quasi vedere, guarda...mi ha rempito di gioia.
E' soddisfacente leggere nei commenti dei lettori ciò che ti premeva far emergere, per cui sono davvero stata felice di leggere le tue parole. Grazie^^

Xazy: Sono felicissima che nell'insieme la fanfic risulti scorrevole. Sono molte pagine di lettura e temevo risultasse pesante. Ma non sono riuscita a tagliare nulla perchè per me quelle scene insieme assumevano un preciso significato. Quindi sono contenta di apprendere dal tuo commento che sia riuscita a renderla piacevole.
Ho voluto essere elegante e precisa nelle descrizioni e sono lieta che sia qualcosa che ti abbia colpito. Le tue parole mi hanno dato tanta soddisfazione^^ Per non parlare del fatto che trovi IC i personaggi protagonisti di questa storia. Parlare di Byakuya è facile e difficile allo stesso tempo. Non sai mai se sbilanciarti, se osare di più, oppure no. Per cui sto sempre molto attenta. Per quanto riguarda Rukia, la immagino molto dubbiosa, anche spaventata, di questo nuovo mondo in cui dovrà vivere e che la sconvolgerà chiaramente. Come darle torto. I vari flashback presenti in bleach fanno capire come il contesto in cui ha vissuto probabilmente abbia pesato molto su di lei. Per questo mi è venuto naturale descriverla così. Anche se in questo capitolo ho cercato di renderla più dinamica perchè comunque è quella la Rukia che mi piace di più^^ Grazie per avermi recensita!

Valeluce: oh, che piacere vederti^^ Sono stata così felice di leggere un tuo commento! E' importante sostenerci noi fan ByaRuki XD Al di la di come personalmente immaginiamo questo punto del passato di Rukia, mi fa piacere leggere che al momento l'elaborazione ti sia piaciuta. E sopratutto che tu sia soddisfatta. Guarda, è una parola importante perchè io tengo molto che i miei lettori siano prima di tutto soddisfatti di ciò che leggono. E questo rende soddisfatta anche me!^^ Sempre rimamendo in tema, sono stata contenta di leggere che la mia Rukia sia a "tutto tondo" (anche io uso molto questa parola XD). La psicologia mi affascina e per questo cerco sempre di riportarla nelle mie storie, per cui sapere che è uno dei punti forza, mi rende entusiasta! Hai centrato in pieno anche quando hai parlato delle descrizioni, dei particolari a cui do importanza, perchè era davvero mia intenzione descrivere atmosfere ed ambienti in un certo modo. E il fatto che comunque tutto ciò non appesantisca il testo è importante perchè una fic può anche essere stra-elaborata, ma deve essere prima di tutto piacevole da leggere.

Grazie per aver ricambiato la mia recensione^^


  
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