@Princess_Dadi: Grazie mille, spero continui a piacerti :3
@Nyxenhaal89: Grazie mille, e non preoccuparti, la croccopapera
è dalla mia XD
@Cipotta91: Grazie mille, vedo che Ezio è piaciuto a molti XD
Capitolo 5: Echi di guerra.
Re Fado cavalcava alla testa di cinque cavalieri. Dopo una lunga ed
estenuante cavalcata, Jehanna era in vista. Situata proprio al centro
di un’oasi, era una cittadina lussureggiante ed accogliente.
Gli abitanti non temevano la sete, grazie al lago che si trovava
all’uscita nord, né il caldo, in quanto le case
erano tinteggiate di bianco. Il palazzo regio era una grossa piramide a
gradoni, finemente decorata. La città delle dune bianche,
come veniva chiamata, a causa della sabbia del piccolo deserto che si
estendeva intorno la città. Tale deserto era anche una buona
difesa: i cavalli venivano rallentati di molto, nullificando eventuali
cariche, e la fanteria arrancava. Tuttavia, Jehanna era caduta, presa
da quello che, in fondo, non era che un pugno di uomini: appena
duecento soldati avevano posto fine alla lunga imbattibilità
della città delle dune bianche. Fado e la sua scorta
cavalcò nella città semi-distrutta.
Entrò nel palazzo regio, trovando ad aspettarlo i vari
regnanti: Jiol, in qualità di re di Akaneia che parlottava
con Ganondorf, re di Hyrule. Scorse seduto su una sedia il marchese
Uther di Ositia, imponente nella sua altezza, affiancato dal marchese
di Pherae Elbert, che si passava una mano tra i folti baffi rossi, e
l’anziano marchese Hausen di Caelin, che tossicchiava a causa
della sua cagionevole salute.
Jiol si volse verso il nuovo arrivato.
“Ben arrivato, mancavate solo voi.”
“Smettila con quel falso sorriso Jiol, so benissimo cosa vuoi
ottenere da noi.”
Il regnante di Akaneia accusò il colpo, ma si
limitò a rispondere di seguirlo nella sala del trono.
“Dove sono Pent, Mansel e Vigarde?”
“Lord Pent non verrà.”si intromise
Ganondorf”Gli altri due ci aspettano.”
Si sedettero ad un lungo tavolo. A capotavola sedevano Jiol e
Ganondorf, mentre gli altri sovrani sedevano ai lati. Mansel, il
pontefice di Raust, osservò con disprezzo Ganondorf, mentre
Vigarde si ravvivò i suoi capelli lilla. Jiol prese la
parola.
“Come sapete, vi ho chiamato per un motivo molto semplice.
Voglio la resa, incondizionata, di tutti voi, o i nostri eserciti
marceranno sulle vostre terre.”
Ci fu un mormorio di dissenso.
“Questa richiesta non è accettabile. Siamo
disponibili a firmare un patto di non aggressione reciproca, ma nulla
più.”
“Lord Elbert”fece Ganondorf”Lei
è quello che meno di tutti dovrebbe parlare. Il suo
esercito, se tale lo vogliamo chiamare, è uno sputo di
uomini raccattati qua e là.”
“Ma il mio può benissimo distruggervi in appena
due giorni.”si intromise Vigarde”E so che
l’esercito di Ganondorf è a pochi giorni di marcia
da Graze.”
Il re di Hyrule serrò i denti.
“Avanti, avanti, siamo ragionevoli.”disse
Jiol”Una resa incondizionata, mi basta una firma di ognuno di
voi, e portate a casa la pelle, non avete speranza contro i nostri
soldati. E questa è la prova.”concluse, indicando
alle sue spalle il panorama di Jehanna devastata.
“Non ci faremo intimidire!”sbottò Uther,
alzandosi di scatto, facendo cadere la sedia.”La lega di
Lycia marcerà su Akaneia, e sarò io stesso ad
ucciderti!”
“Temo che dunque la cosa non si possa risolvere
così facilmente.”disse Jiol, squadrando un ad uno
i componenti di quel convegno.” In tal caso, la vostra
utilità è pari a zero.”
Ad un cenno d’intesa, Ganondorf schioccò le dita,
e la stanza venne invasa da una decina di soldati.
“Cosa significa questo?”chiese Vigarde.
“Uccideteli.”
I soldati si gettarono contro i loro obbiettivi. Mansel fu il primo a
cadere, seguito da Elbert, mentre Uther e Vigarde, agguantata un arma
dai nemici, lottavano strenuamente per difendersi. Un colpo di lancia
superò le difese del marchese di Ositia che, rabbioso,
lanciò la sua contro Jiol, che la afferrò prima
che potesse colpirlo. Ormai a terra giaceva solo un moribondo Vigarde.
Ganondorf gli si avvicinò, sovrastandolo.
“Addio, imperatore. Domani prenderò la testa di
suo figlio.”
“Ly… On…”fece in tempo a dire
l’imperatore, prima che reclinasse la testa da un lato e
spirasse.
Zelgius apparve sulla porta.
“Occupati di rimandare i corpi alle loro
famiglie.”ordinò il re di Akaneia”Non
sarebbe divertente se non si difendessero.”
Zelgius fece un inchino, per poi dare disposizioni ad una decina di
soldati.
Zelda migliorava a vista d’occhio. Stava recuperando in
fretta tutta la forza che aveva un tempo. Dapprima riusciva a creare
solo una piccola sfera di fuoco, ma grazie all’allenamento di
Morva ora riusciva a creare un globo grande quanto una testa umana.
Anche con l’arco era migliorata, riuscendo a colpire
perfettamente al centro ogni bersaglio che le veniva posto davanti.
Tuttavia, se con le basi se la cavava bene, con le armi che avrebbero
sconfitto definitivamente Ganondorf era ancora in alto mare. La freccia
di luce, l’unica arma oltre alla Spada Suprema in grado di
poter esorcizzare il male, era un incantesimo di alto livello. Anni e
anni di studio occorrevano per impararlo, e non tutti erano in grado di
usarlo. Era un incantesimo per pochi. Dalla sua creazione, si diceva
che solo due persone fossero in grado di usarlo. Una di queste era,
naturalmente, Zelda. Si concentrò al massimo, focalizzando
poi la sua attenzione sulla freccia incoccata nel suo arco.
Lasciò la presa, e il dardo saettò contro il suo
bersaglio. L’ennesimo insuccesso. Morva assisteva
all’allenamento immobile. Ogni tanto suggeriva qualcosa, ma
si limitava a quello. Dopo l’ennesimo tentativo andato a
vuoto, Zelda si buttò all’indietro, esausta. Morva
allora le si avvicinò, aiutandola a rialzarsi.
Molte ore erano passate, ed ormai era giunto l’imbrunire.
“Credo che sia giunta ora di riposarsi.”
La principessa lo guardò negli occhi.
“I Goron dipendono da noi. Non posso fermarmi ora.”
Morva scosse la testa.
“Deve arrivare alla battaglia in forze. È inutile
che riesca a creare una freccia di luce, se poi non è in
grado di sostenere una battaglia.”
La principessa si trovò costretta a dargli ragione. Si
allontanò allora nei cunicoli del castello, ritirandosi
nelle sue stanze.
“La Torre di Valni.”annunciò Ezio.
Davanti a loro, in una piccola radura, si innalzava una torre altissima.
“È…
Maestosa.”commentò Marth.
“Andiamo.”li esortò Ezio.
I tre obbedirono. Dopo svariate ore, passate a cavalcare, sarebbe stato
un sogno tornare in piedi. Si diressero all’ingresso della
torre. Legarono i cavalli ad un albero lì vicino, ed
entrarono. Un ampio salone si estendeva davanti loro. Un pilastro
centrale reggeva la struttura, insieme ad una fitta serie di colonne.
Il pavimento era ornato con delle mattonelle blu, e alle pareti erano
appese numerose torce. Ezio procedeva speditamente, mentre i tre
principi non erano a loro agio. Quella torre aveva un aria sinistra.
Tuttavia, appena notarono che non c’era nulla di cui
preoccuparsi, seguirono il giovane assassino. Salirono un paio di
piani, prima che Ezio li fermò con la mano, entrando in una
stanza, chiusa da una tenda rossa. Ne uscì subito dopo,
facendo cenno ai tre di entrare. Si trovarono in una piccola stanza
quadrata, dove al centro sedeva un altro assassino. Era vestito come
Ezio, ma si notava che era più vecchio, e gli mancava un
dito.
“Salute e pace,
principi”esordì”Il mio nome è
Altair Ibn-La'Ahad, maestro degli assassini.”
“Ci ha convocato per qualcosa di urgente,
vero?”chiese Ephraim.
“È così.”disse Altair,
greve”Questa guerra è solo il preludio a qualcosa
di molto più grande.”
I tre furono sgomenti a questa notizia.
“Qualcosa di più
grande?”ripetè Eirika.
Altair annuì.
“Credo sia meglio istruirvi a cosa andate
incontro.”Altair prese fiato”Voi conoscerete di
certo la guerra conosciuta come ‘Lo Sterminio’,
giusto?”
I tre annuirono.
“Bene. Dopo tale guerra, il mondo si trovava
sull’orlo della rovina. La razza degli Elfi fu quasi
completamente sterminata dagli umani, che vedevano in loro una
minaccia, ed i draghi esiliati in una dimensione lontana. Una grande
oscurità ormai era calata sul pianeta. Questa
oscurità inizio piano piano a corrompere la più
grande forza esistente: il Cuore. Ad un certo punto, i Cuori furono
completamente corrotti dall’oscurità. Con questo
processo, gli uomini perdono il proprio Cuore, così come il
proprio corpo e la propria anima. Dal Cuore corrotto, nasce una nuova
creatura. Essa è oscurità pura, guidata solo
dall’istinto e dalla propria fame per ciò che
hanno perso. Essi sono gli Heartless.”
“Quindi”chiese Marth”Un Heartless non ha
un cuore, giusto?”
“Esattamente. Gli Heartless vagano cercando di saziare,
invano, la loro fame di cuori. Se un Heartless riesce ad estrarre un
cuore da un petto, si genera un altro Heartless. Tuttavia, se un
Heartless ruba un Cuore forte, da esso si genera un Nessuno. Essi sono
essenzialmente un guscio vuoto, tenuto insieme
dall’oscurità. Stando alle informazioni che
abbiamo raccolto fin’ora, tredici Nessuno hanno mantenuto una
forma umana. Essi comandano tutti gli altri. In generale, indossano una
lunga tunica nera.”
Marth sobbalzò.
“Si fanno chiamare Organizzazione XIII.”
“E questo cosa ha a che fare con la guerra?”
“L’esercito di Jiol è formato sia da
uomini che da Heartless. Quello di Ganondorf, interamente da
Heartless.”
Un cupo silenzio calò nella stanza.
“L’Organizzazione ha fornito loro questi
Heartless.”
“Ma a quale scopo?”domandò Eirika.
“L’Organizzazione ha due obbiettivi: la conquista
del mondo, ed uno ancora più importante. I Nessuno non
provano emozioni. Vogliono riottenere il loro Cuore.”
“Non mi pare un obbiettivo così
sbagliato.”commentò Eirika.
“Certo, non lo è. Ma per riottenere il loro Cuore,
è necessario che si riesca ad evocare il Potere
Supremo.”Altair fece una piccola pausa.”Il potere
di Kingdom Hearts.”
“Kingdom Hearts?”ripetè Ephraim stupito.
“Il regno dei Cuori. Una volta evocatone il potere,
l’Organizzazione potrà riavere ciò che
vuole. Ma c’è un alto prezzo da pagare: per
interessare Kingdom Hearts, occorrono migliaia, milioni di Cuori. E per
liberare un Cuore prigioniero e farlo affluire in Kingdom Hearts, hanno
bisogno degli Custodi del Keyblade.
“Keyblade.”mormorò Marth.
“L’arma più potente di tutte. Questa
guerra è volta a far sprofondare immondo
nell’oscurità, in modo che i Custodi vengano
risvegliati. E allora, l’Organizzazione riotterrà
ciò che vuole. E dominerà incontrastata il
mondo.”
“Cosa dovremmo fare?”chiese Marth.
“Purtroppo, questa guerra non può essere evitata.
Dovete trovare i Custodi, ed avvisarli di questo pericolo. Devono
distruggere l’Organizzazione.”
“Ci chiede di trovare un ago in un
pagliaio.”commentò Marth.
“Tuttavia, deve essere fatto. La salvezza di Eldolas
è nelle mani dei Custodi.”
I tre si guardarono, ed annuirono.
“Lo faremo, Altair.”disse Ephraim con decisione.
L’assassino sorrise.
“Molto bene. Ora seguitemi, ho dei regali per i principi di
Renais.”
I cinque salirono ancora. Arrivarono all’ultimo piano, il
ventesimo, dove al centro della sala circolare, vicino il pilastro
centrale, vi era un piccolo altare. Sopra, troneggiavano una lancia ed
uno spadino. Altair si avvicinò ai due giovani.
“I vostri braccialetti.”
“Come?”chiese Eirika.
“I vostri braccialetti. Posateli
sull’altare.”
I principi di Renais fecero come ordinato, e si tirarono indietro.
Dapprima non successe nulla, ma dopo un po’ i braccialetti
iniziarono a brillare, sempre più forte, finché
non vennero avvolti da una luce arancione, e si sollevarono. Ruotarono
intorno ad una piccola orbita, prima che anche le due armi iniziarono a
brillare della stessa luce. In un attimo, il bracciale di Ephraim si
era attaccato intorno alla lancia, mentre quello di Eirika intorno allo
spadino. Altair avanzò verso le due armi, prendendole in
mano e porgendole ai principi.
“Siegmund, la lancia delle fiamme”disse,
consegnando la lancia ad Ephaim”E Sieglinde, lo spadino del
tuono.”disse, mentre dava ad Eirika l’arma.
I due guardarono meravigliati quelle armi, di una bellezza
straordinaria. Sentivano la loro potenza scorrere dentro di esse. Si
meravigliarono della loro maneggevolezza e della loro
velocità.
“Guarda guarda, i bambini hanno nuovi giocattoli”
Nel mezzo della sala, attraverso un varco oscuro, si
materializzò un uomo vestito di nero.
“L’Organizzazione XIII!”urlò
Eirika.
“Infatti.”rispose quello,
gesticolando.”Io sono il numero VIII, il Soffio di Fiamme
Danzanti. Il mio nome è Axel. A-X-E-L, l’avete
memorizzato?”disse, scoprendosi il cappuccio, rivelando dei
capelli rossi, ‘a porcospino’, con le sopracciglia
più corte del normale. Due occhi verdi fissavano i presenti,
e sotto di essi erano presenti due segni simili a gocce nere.
“Allora, chi di voi è Marth?”chiese.
Dopo che non ottenne nessuna risposta, abbassò sconsolato le
braccia.
“Allora credo di dovervi uccidere tutti.”
Schioccò le dita, e la stanza venne coperta da un muro
circolare di fiamme. Axel posizionò le braccia
orizzontalmente, mentre delle fiamme le attraversavano, fermandosi
davanti i palmi aperti. Iniziarono a girare vorticosamente, fino a
quando non assunsero la forma di due dischi di metallo, con due assi in
mezzo per facilitarne la presa. L’interno era rosso, e otto
punte circondavano la parte esterna. Rivolse un ghigno ad i suoi
avversari, che già avevano le armi in pugno.
“Oh… Che mal di mare.”Rennac stava
aggrappato al parapetto della nave.
“Gwahaha, mezza calzetta!”lo prese in giro Dozla.
L’Arachel gli fu accanto ed, alzando lo scettro, il ragazzo
venne avvolto da una luce verdastra. In men che non si dica si
sentì meglio.
“Grazie”disse lui.
L’Arachel gli diede una forte pacca sulla spalla, ridendo.
“Ma non c’è di che!”
“Ma chi me l’ha fatto fare?”chiese Rennac.
“La tua devozione verso di me?”rispose la ragazza.
“Era una domanda retorica.”
Era passata una giornata. Le due navi, cariche di soldati, avanzavano
alla volta di Porto Kiris. In due giorni avrebbero raggiunto Renais, o
almeno così si augurava L’Arachel.
La ragazza si posò sul parapetto.
“Ah… Ephraim.”
La Brigata dell’Alba era giunta nel suo nascondiglio. Esso si
trovava in un piccolo passo di montagna, non molto lontano da Altea. Si
trattava di un forte abbandonato.
“Siamo tornati.”disse Ike.
In una stanza, più grande delle altre, stavano quattro
persone, una ragazza e tre ragazzi. La ragazza era vestita con una
tunica viola, lunga fino alla vita, dei leggins neri, infilati in
stivali avana, allacciati fino sotto il ginocchio con stringhe rosse.
Aveva dei lunghi copri - braccia neri, su quello sinistro aveva un
fiocco rosso, mentre su quello destro aveva due bracciali. Indossava
una lunga sciarpa blu, lunga fino al ginocchio. Aveva i capelli
d’argento e gli occhi gialli. Il secondo era un ragazzo dai
capelli verdi e gli occhi gialli. Indossava una aderente maglia nera
smanicata, che lasciava scoperto l’ombelico, sopra cui
indossava un corto gilet verde sbracciato. Aveva due copri –
braccia azzurri, sopra i quali indossava delle mitene di cuoio.
Indossava lunghi pantaloni avana, infilati in stivali di un colore
giallino, sopra i quali indossava delle uose di cuoio. Portava una
cintura e, trasversalmente, una fondina per un coltello e altre tre
più piccole. Indossava anche una lunga sciarpa bianca. Il
secondo era biondo, coi capelli un po’ lunghi e aveva gli
occhi azzurri. Indossava una corta tunica azzurra, aperta
all’altezza della vita, un paio di pantaloni bianchi inseriti
in un paio di stivali color ruggine. Indossava due mitene, e a tracolla
portava una faretra ed un arco. Il terzo aveva dei capelli a caschetto
blu e gli occhi azzurri. Indossava una maglia a maniche corte grigia,
con una croce di stoffa sul davanti, e sulle spalle aveva due copri
spalla in acciaio. La mano sinistra era bendata, mentre alla destra
aveva un copri – braccia bendato. Indossava lunghi pantaloni
blu, infilati in alti stivali grigi, con delle piccole ghette nere.
Stava lucidando una katana. Mia gli accollò anche la sua.
“Ike”chiese la ragazza”Lucia sta
bene?”
Ike annuì e si spostò, facendo entrare la ragazza.
“Micaiah, Leonardo, Zihark, Sothe, mi fa piacere
rivedervi.”
L’arciere, Leonardo, sorrise, Sothe, il ragazzo con i capelli
verdi, salutò con una mano, mentre Zihark
continuò a pulire la sua katana.
Shinon entrò nella stanza, con Rolf al suo fianco.
“Fra tre giorni è il grande giorno, eh?”
Zihark annuì.
“O la va o la spacca.”
Anche Rhys entrò, insieme alla ragazzina.
“Mist”disse”dobbiamo fare ancora un
po’ di pratica.”
La ragazza annuì allegra.
“Dobbiamo essere pronti, fra tre giorni attacchiamo il
castello.”disse Ike.
Il gruppo annuì. Dovevano giocare d’astuzia: erano
in netto svantaggio numerico, ed equipaggiati come meglio potevano, ma
non potevano certo competere con un vero esercito.
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