Capitolo 5
Capitolo 5 -Dannati
Esthariani-
-..Perché non escono dalle
capsule?-
-Non saprei-
-Non saranno mica morti?!-
-Nah, i diagrammi sarebbero
crollati come tessere del domino! Sono quelle maledette capsule, la prima volta
che le usi è come venire frullati e shakerati. Sono solo sconvolti-
-Si, ma ora devono uscire,
altrimenti le capsule non attiveranno i sistemi automatici di occultamento!-
-Ecco il guaio della tecnologia..
si automatizza tutto e poi la missione va a puttane perché non è scattato quello
o l’altro relè che doveva attivare qualche altra cosa di importante..-
-Se non si automatizza, quelli
non sanno nemmeno da che parte infilare l’elmo-
-V.I.V.I. sveglia i belli
addormentati e sbattili fuori da quelle capsule!-
-Sarà fatto, tenente
Highwind-
-Mph, la missione più breve di
sempre.. già spacciati ancora prima di mettere il naso fuori.. glielo avevo
detto a Cloud che dovevano concludere l’addestramento-
-Taci, che porti rogna-
…
-Squadra di Terra della
missione Esthar, svegliatevi, e uscite subito dalle capsule!-
La voce artificiale di V.I.V.I.
risuonò nel vuoto metallico dell’interno delle tre capsule.
-Squadra di Terra della
missione Esthar,questo è un ordine prioritario! Svegliatevi, e uscite subito
dalle capsule!-
Ancora nessuna reazione, dai suoi
sensori V.I.V.I. poteva percepire i corpi dei cosmonauti stesi sui loro posti
senza mostrare alcun segno di vita. Ma per fortuna i suoi sensori percepivano
tutti e dodici i battiti cardiaci.
-Squadra di Terra della
missione Esthar, è indispensabile che mi prestiate attenzione! Uscite subito
dalle capsule! Gidan,svegliati!-
-Mmmhmmh.. eh..?- fece
l’interessato, aprendo a malapena un occhio –chi.. cosa.. che diavolo..?- il
ragazzo, con fatica, tentò di muoversi, scoprendosi ben allacciato al suo
sedile. Si guardò attorno con aria assonnata e sorpresa, come se vedesse per la
prima volta le pareti metalliche e i suoi compagni, tre burmesiani totalmente
intontiti e incoscienti.
-Ossanti.. la capsula ha..
abbiamo.. noi siamo..- tentò di formulare il biondo, sconvolto, armeggiando con
le cinture.
-Siete atterrati con successo
sul pianeta a un chilometro e mezzo dalla città- lo informò V.I.V.I., nel
suo solito tono piatto ed elettronico –avete venti minuti di tempo per uscire
dalle capsule e attivare la sequenza automatica stealth prima che arrivino le
locali forze di polizia. E la cintura non si apre così, spingi il bottone
giallo-
-Fosse facile, c’è questa
schifosa luce rossa che me lo fa diventare rosa il bottone!- fu l’irato commento
del ragazzo, che fece infine scattare la cintura, liberandosene. Subito fece un
balzo in avanti, prendendo i primi due burmer che gli capitarono a tiro per i
colletti della corazza e scotendoli con forza –ehi, ragazzi! Svegliatevi, siamo
atterrati, e siamo già nei guai!-
I due topomorfi si svegliarono
tre scrollate dopo, emettendo curiosi mugugni e squittii di intontimento, ma al
contrario di Gidan, si resero conto molto più in fretta della situazione.
-Oh, siamo atterrati?!- disse
Eleos, staccandosi la cintura –porca miseria! Fuori, fuori tutti! Anche tu,
bello addormentato!- aggiunse, tirando un pugno allo sterno del burmer che aveva
scazzottato ancora prima di entrare nell’atmosfera –e non dimenticate il
bagaglio e le lance! Un burmesiano senza lancia è come un umano senza
gambe!-
-Questa me la faccio spiegare,
prima o poi..- borbottò Gidan, recuperando il suo zaino e le daghe, che infilò
alla cintura.
Uno alla volta uscirono dalla
stretta apertura della capsula, e una volta fuori videro che anche nelle altre
tre capsule, a parecchie decine di metri di distanza stava avvenendo la stessa
cosa, con le altre due squadre di burmer che recuperavano armi e bagagli, ed
uscivano dai crateri.
Eleos allungò una mano in segno
di saluto –attiviamo le ricetrasmittenti- disse –sarà molto più semplice
comunicare.. ..Thorwald, mi senti?-
All’orecchio di tutti,
all’interno del casco, si sentì prima un brusìo, poi la voce del caposquadra
-*crack crazzle* si.. ti sento, Eleos. Tutto bene?-
-Si, stiamo bene..- il burmer
picchiato tossì leggermente -..circa.. cosa facciamo ora?-
-Vi sto mandando le coordinate
di un luogo riparato. Andiamo lì e facciamo il punto della situazione- fu la
risposta –mantenete i canali aperti in caso di problemi. Passo e
chiudo-
-Va bene- poi si voltò verso gli
altri tre, con espressione decisa –sentito? Muoviamoci!-
E mentre quei piccoli manipoli si
allontanavano, dalle capsule abbandonate si sentì un fortissimo rumore
elettronico. Tutti si voltarono, e videro quei tre contenitori metallici
emettere un forte bagliore, quindi da alcune aperture spuntarono fuori dei
congegni che iniziarono a ronzare, e ad illuminarsi. Uno alla volta iniziarono a
proiettare attorno a loro dei fasci di luce, che si condensarono, iniziando a
formare oggetti concreti. In un attimo, i crateri sparirono e con loro le
capsule, al loro posto vi era soltanto una uniforme e solida pianura di
terra.
-Ologrammi denso-attivi- spiegò
in due parole Closs, l’unico burmer che aveva fatto la fatica di informarsi –per
non far scoprire ai nativi le capsule-
Gli altri tre si limitarono ad
annuire con aria grave, per poi mettersi in marcia verso il punto prestabilito.
In lontananza già era possibile vedere l’avvicinarsi di alcune luci, assieme a
un rombo di motori.
…
Il gruppo si ritrovò dietro ad
una roccia affiorante, su cui cresceva una ispida e fibrosa piante, che
concedeva un po’ di copertura. In lontananza era ancora possibile vedere il
lavoro delle macchine di Esthar che controllavano il terreno dove erano cadute
le capsule. Visto che nessuno li aveva informati sulle modalità di ritorno,
speravano con fervore che le capsule resistessero a quell’esame.
-Non capisco proprio..- mormorò
il burmer addetto all’osservazione delle macchine di Esthar –..non assomigliano
a nulla che conosco.. nemmeno a Lindblum costruiscono affari simili. Sembrano
grossi granchi metallici con una decina di chele ciascuno. E fluttuano per
aria-
-Finchè non ci vengono a rompere
le scatole, non ci deve interessare- replicò Thorwald –tienile sotto controllo,
avvertici se iniziano a dirigersi in questa direzione. Intanto noi vediamo di
mettere insieme un piano d’azione-
-Abbiamo una scadenza?- domandò
un altro, Kairone, che ancora si massaggiava con una mano il volto dolorante –un
tempo limite?-
-Il colonnello non ne ha fatto
parola- rispose Thorwald –ma da come l’ha messa giù, questa è una missione mordi
e fuggi. Trovare Laguna, e aspettare i rinforzi barricati nella stanza in cui si
trova il nostro uomo-
-Ok, ma dall’istante in cui
troveremo questo Laguna, quanto ci metteranno i rinforzi ad arrivare?- domandò
Gidan, che tentava ancora di riprendere fiato per stare dietro ai velocissimi
burmesiani.
-Posso rispondere io a tale
quesito- rispose una familiare voce elettronica nei loro caschi, che fece
venire a tutti un colpo apoplettico –la squadra di rinforzo verrà attivata
nell’istante in cui il signor Gidan qui presente raggiungerà il signor Loire.
Quando i due si troveranno nella stessa stanza a una distanza minima di cinque
metri, verrà spedito un impulso alla Centrale di Comando della Proteus, che farà
attivare all’istante la squadra-
-V.I.V.I.! Eri sempre qui, ci hai
ascoltato per tutto il tempo!- ruggì Thorwald, alterato –pensavo che le
comunicazioni con la base fossero saltate non appena abbiamo lasciato le
capsule!-
-Infatti, ora riesco a
comunicare con voi solo perché ora vi trovate in un’area non coperta dagli
schermi anti-interferenza Esthariani- rispose V.I.V.I., docile come sempre
–una condizione eccezionale, credo causata dal masso e dalle piante che ora
vi proteggono. Non chiedetemi come o perché, sono troppo distante per darvi dati
certi-
-Non ce ne frega niente di
botanica, V.I.V.I.- replicò Eleos stavolta, secca e diretta –da quello che ci
dici, mi pare di capire che Gidan è fondamentale per questa missione..
perché?-
-Perché sia lui che il signor
Loire sono individui di tipo Alfa- fu la risposta immediata del computer
–quando due individui di tipo Alfa si trovano a distanza ravvicinata, creano
una distorsione nel campo magnetico del Lifestream del pianeta che provoca
perturbazioni nei neutrini, causando..-
-Stringi, V.I.V.I.- fu stavolta
l’acida replica di Gidan, anche lui partecipe alla conversazione.
-Va bene. In sostanza, quando
vi incontrerete, creerete una distorsione percepibile dagli strumenti della
Proteus. Una successiva verifica di posizionamento globale ci dirà che è la
vostra squadra, quindi attiveremo i rinforzi. Chiaro, no?-
-No, ma non abbiamo scelta- fu la
secca risposta di Thorwald –V.I.V.I., ora aspetteremo la notte, quindi
inizieremo a muoverci verso la città, e le comunicazioni si interromperanno di
nuovo-
-Molto bene, buona fortuna
Squadra di Terra-
…
Quando infine il buio notturno
calò nella zona, dodici agili figure iniziarono a muoversi verso la città, chine
e veloci, saltando di riparo in riparo, usando qualsiasi cosa per occultare la
loro figura agli allarmi piazzati in cima alle mura di Esthar.
I burmesiani data la loro
propensione atletica avevano gioco facile: quando una zona non era percorribile,
semplicemente spiccavano balzi tali da superare in un sol colpo metri e metri di
territorio impraticabile, quindi senza nemmeno fermarsi, riprendevano a correre.
Non parevano sentire né dolore né fatica, totalmente concentrati nel loro
obiettivo.
Così purtroppo non era per il
ragazzo biondo, che spesso rimase indietro bloccato da rami, terreno scivoloso,
fango, erba alta.. solo ora si rendeva conto di non possedere un decimo
dell’agilità dei suoi compagni di squadra. E la cosa lo faceva bruciare di
rabbia, dato che erano costretti ad aspettarlo, visto che l’intera missione era
imperniata su di lui.
Spesso si faceva strada con le
daghe, tagliando tralci di erba che lo ostacolavano, e a volte non erano nemmeno
tralci, ma intere giungle che ai burmesiani bastava un salto per evitare.
Come se non bastasse, ogni tanto
gli capitò di trovarsi davanti a creature selvatiche di diversa natura, che
ovviamente non apprezzarono la sua intrusione.
-Anf.. anf..- ansimò
pesantemente, tagliando rami ed erba alta, ed uscendo dall’ennesimo intrico
verde. Ad aspettarlo vide l’intera squadra, seduta all’interno di uno spiazzo,
che si riposava, tenendo davanti a loro alcune mappe olografiche, generate
dall’orologio al polso di Thorwald.
Gidan aveva in mano un daga,
mentre con l’altra teneva stretta la coda di una bestia, che una volta uscita
dal fogliame si rivelò essere un gigantesco rettile violaceo coperto di creste,
con una bocca enorme e artigli lunghi mezzo metro sulle zampe anteriori. Qua e
là era possibile notare diverse ferite da taglio sulla belva ormai morta e
inerte.
Il ragazzo biondo si accasciò in
ginocchio a terra, continuando ad ansimare per la fatica –non ce la faccio più..
quanto diavolo manca alla dannata città?!- esclamò, esausto.
-Siamo arrivati- mormorò placido
Thorwald, senza degnare Gidan di un secondo sguardo. Quindi indicò alle sue
spalle.
Era ancora buio, mancavano ancora
diverse ore all’alba, ma Gidan alzò comunque lo sguardo, e vide davanti a lui, a
una decina di metri di distanza, una parete liscia metallica, talmente lucida da
riflettere il buio notturno, e quindi difficilmente individuabile. Ma poi il
ragazzo, alzò ancora gli occhi, mentre l’espressione si faceva via via più
stupefatta e sconvolta.
La parete metallica continuava
fino a innalzarsi verso il cielo, apparentemente senza fine, e non solo ma
continuava anche a destra e a sinistra. Una parete metallica, liscia e
riflettente che pareva tagliare in due il mondo. Non si riusciva a vederne la
fine da nessuna parte, né verso l’alto, né ai lati. Non sembrava finire mai.
Gidan sentì un groppo allo stomaco, al solo pensiero di dover superare quel
mostro metallico infinito.
-Abbiamo due strategie da poter
attuare- stava dicendo intanto Thorwald, mostrando la mappa, e indicandone i
punti salienti –possiamo scalare la muraglia metallica, oppure mimetizzarci nei
mezzi in entrata- spiegò, indicando un punto dove il metallo si apriva e
lasciava passare i giganteschi meccanizzati esthariani –e personalmente propendo
per quest’ultima. Data l’altezza della muraglia, e vista la presenza di numerosi
sistemi di allarme, per passare in tutta sicurezza ci metteremmo almeno una
giornata e mezza-
Anche gli altri burmesiani
scuoterono il capo, nel sentire l’ultima affermazione.
-Ehm.. scusate..- si intromise
Gidan. Gli sembrava sempre di essere inopportuno -..io forse potrei ancora
passare per uno di loro, ma voi come farete per mimetizzarvi..?- domandò, poco
convinto.
In risposta, Thorwald cambiò
l’immagine olografica, che iniziò a mostrare i giganteschi mezzi di trasporto
esthariani, in particolare quelli che fino a poco prima stavano esaminando il
terreno dove erano cadute le capsule.
-Questi cosi stavano facendo
rilevamenti e studi dove siamo atterrati, e rientreranno a breve. I nostri
sensori non rilevano alcuna traccia di vita a bordo- spiegò stavolta Eleos,
indicando l’ologramma –quindi, se riuscissimo a infiltrarci al loro interno,
avremmo un passaggio garantito per l’interno della città-
Gidan nel frattempo si era seduto
su un masso e stava riprendendo fiato, ma comunque domandò ancora –e fra quanto
rientreranno?-
-Fra mezz’ora circa.. supponiamo
che entreranno da lì- rispose la topomorfa, indicando verso l’alto, dove c’era
ad una ventina di metri d’altezza nel metallo infinito delle mura una linea
incisa che formava una sorta di riquadro circolare.
Gidan sbarrò gli occhi, sconvolto
–e noi come diavolo ci arriviamo là sopra?!-
-Controlla nel tuo zaino,
pivello. Ci sono delle funi e dei ganci- ghignò Thorwald, mostrando alcune funi
da scalata tirate fuori dal sul zaino, sulle cui estremità erano stati applicati
dei ganci –quando passeranno sopra di noi, tireremo le funi, ci agganceremo e ci
isseremo al loro interno o anche sopra di loro se sarà necessario- spiegò
–dobbiamo essere veloci, non possiamo permetterci di perdere una giornata e
mezza sulle mura- concluse, secco e autoritario. E il ragazzo non potè far altro
che accettare. D’altronde che scelta avevano?
…
-Ricordate, avremo una sola
occasione- mormorò appena Thorwald, nascosto dal fogliame, gli occhi da roditore
puntati sull’apertura circolare sul muro metallico.
Era infine giunta l’ora, la
mezz’ora era trascorsa, e a poca distanza si potevano vedere i mastodontici
mostri meccanici Esthariani avvicinarsi lentamente, fluttuando a venti metri
circa d’altezza.
Macchine enormi, con braccia
cibernetiche, e le corazze lucide che brillavano anche sotto la tenue luce della
luna, che riuscivano a rimanere sospese a mezz’aria senza alcun apparente
motore, nessuno infatti riuscì a vedere reattori, propulsori, nemmeno ali!
Sembravano ai loro occhi enormi granchi con due grosse chele in quello che
pensavano il davanti e numerosi tentacoli che dalla ‘pancia’ si protendevano
verso il basso.
-Attivati i disturbatori
elettromagnetici- sussurrò nuovamente Thorwald, trafficando un istante con la
sua cintura, che mandò un biiip per poi accendersi una lucina verde. Gli
altri undici lo imitarono.
-Ora non lasciatevi prendere
dalla fretta- iniziò a mormorare –ci sono quattro mezzi in arrivo.. se non
riuscite ad agganciarvi al primo, aspettate il secondo.. non dobbiamo dare
nell’occhio, questo è un ordine prioritario- detto ciò, il burmesiano si alzò
dal nascondiglio, tese all’indietro il suo cavo con gancio, lo fece roteare,
quindi con uno scatto di braccio e polso, lo lanciò verso l’alto.
Il cavo si agganciò saldamente a
un tentacolo cibernetico del mezzo meccanico, che nemmeno registrò
quell’aggancio. Thorwald iniziò agilmente a salire, arrampicandosi sul cavo.
A quel punto, altri tre
burmesiani si alzarono, lanciando i cavi verso le braccia metalliche, e
iniziarono a salire con eguale agilità, ogni tanto sbattendo contro il metallo
dei tentacoli, che tuttavia non fecero una piega.
L’apertura sul muro metallico
iniziò a illuminarsi e il metallo della porta iniziò a schiudersi verso
l’interno, dividendosi in numerosi spicchi metallici che rientrarono,
permettendo l’accesso ai mezzi. Il primo trasporto abusivo burmesiano entrò,
mentre dal luogo riparato il resto della squadra lanciò i cavi, iniziando a
risalire le spire metalliche.
-Raggiungete il tetto- ordinò
Eleos a mezza voce, arrampicandosi velocemente –e fate in fretta, non abbiamo
idea di quanto siano efficaci questi disturbatori elettromagnetici!-
Gidan roteò anch’egli il suo
cavo, lanciandolo verso il tentacolo, dove si agganciò ed iniziò a risalire i
tentacoli.
-Fate presto!- esclamò una
voce alle ricetrasmittenti. Era Thorwald –questi.. cosi.. quando rientrano
gli staccano i tentacoli per riporli a parte! Se non vi sbrigate a salire sul
tetto finirete schiacciati!-
Ai quattro che ora stavano
risalendo i tentacoli del secondo essere meccanizzato iniziò a scendere sudore
freddo: potevano vedere distintamente, poco lontano a meno di dieci metri di
distanza l’apertura circolare dentro cui ormai stava sparendo il primo mezzo
meccanizzato.
Subito iniziarono a sforzarsi di
arrampicarsi più in fretta, risalendo i cavi e sudando come dannati, artigliando
il metallo e piegandolo sotto le dita munite di unghioni. Questo discorso
ovviamente valeva per i burmesiani, il povero ragazzo biondo non possedeva nulla
di simile, anzi il cavo stesso sotto i guanti dell’armatura continuava a
scivolargli, facendogli perdere terreno e tempo prezioso. Ormai erano tutti
risaliti fino alla base dei tentacoli posta sulla pancia metallica del mezzo, e
l’apertura distava a meno di cinque metri.
Gidan iniziò a sudare freddo,
continuava ad arrampicarsi, ma il metallo era scivoloso sotto i guanti, a
malapena gli stivali, dotati di suola in gomma, aderivano al metallo.
-Muoviti, stiamo entrando ora!-
gli urlò Eleos, dall’alto, sporgendosi per vedere i progressi del ragazzo, che
purtroppo continuava a salire con inesorabile lentezza.
Venne improvvisamente buio,
quando il mezzo meccanizzato varcò l’apertura, e poi improvvisamente luce, fari
si accesero ovunque, illuminando il luogo, e tutti videro un ambiente ampio,
gigantesco, una sorta di caverna coperta di cavi e paratie luminose, che
mandavano bagliori bluastri, schermi, riquadri digitali, e ancora cavi e
piattaforme li circondavano. Ma non solo, in angoli strategici erano piazzate
alcune cannoniere automatiche, anch’esse illuminate di quella energia bluastra
che pareva animare qualsiasi cosa attorno a loro. Solo ora notarono che lo
stesso mostro meccanico su cui erano saliti era animato da quella stessa
energia.
Lentamente, inesorabile, si
avvicinò a ponte sopraelevato, simile a un molo, composto da paratie metalliche,
dove adagiò un fianco. Immediatamente, i topomorfi che erano riusciti a
guadagnare il tetto, saltarono via in un lampo ricadendo in uno spazio in ombra
alle cannoniere, che si mossero repentinamente non appena videro del movimento
sopra il tetto del mezzo, ma stranamente non spararono.
-Fermi! State fermi!-
tuonò la voce di Thorwald sulle trasmittenti -i disturbatori elettromagnetici
ci coprono e confondono le torrette, se non ci muoviamo non ci vedono!-
-Ma non possiamo rimanere fermi
in eterno! Gidan è ancora fra i tentacoli, e noi dovremo pur muoverci da qui!-
replicò Eleos, in un sussurro furibondo.
-State! Fermi!- ripetè
Thorwald –ho mandato Jemel a sabotare la centralina di controllo, entro
quattro minuti dovrebbe farcela..-
-Non ce li ho quattro minuti!-
urlò a quel punto Gidan sulle trasmittenti. Mentre i burmesiani discutevano sul
da farsi, la situazione fra i tentacoli era tragica, dato che dal fondo della
caverna di cavi erano fuoriusciti una ventina di tubi neri di un materiale
gommoso su cui correvano cavi e sostenitori cibernetici, che ricoprivano i
tentacoli del mezzo robotica e li staccavano uno ad uno. Gidan era appena
riuscito a raggiungere i tre quarti di tentacolo prima che uno di questi tubi
iniziasse a ricoprirlo, e ad inguainarlo.
-Ehi, vattene via!- esclamò,
tirando due calci al tubo, impedendogli di proseguire. Questo fece alcuni rumori
insoliti, un ronzio infastidito, poi all’improvviso aumentò l’apertura della
bocca, e sorpassò di netto in ragazzo, ricoprendolo assieme al tentacolo.
-Ehi, che diavolo..?!- urlò, ma
il suo urlo venne smorzato all’improvviso, dato che il tubo, una volta raggiunta
la base del tentacolo, si attaccò espellendo l’aria e aderendosi al tentacolo
stesso, e ovviamente anche addosso al ragazzo, che si ritrovò bloccato e senza
aria.
-Per gli antenati, soffocherà!
Dobbiamo salvarlo!- esclamò Closs, saltando via dal suo rifugio.
-Fermo, idiota, i cannoni non
sono ancora..!- un colpo di cannone spezzò l’avvertimento di Thorwald. Il
burmesiano ricadde a terra con un tonfo secco e il fianco fumante,
apparentemente privo di vita -..ancora disattivati.. che gli Antenati ci
proteggano..- concluse Thorwald, lugubre.
-Dobbiamo comunque fare qualcosa,
Gidan non resisterà a lungo! E senza di lui la missione è inutile!- disse in
fretta Eleos, osservando la situazione. Il tubo ora aveva agganciato il
tentacolo, e dopo aver emesso l’aria in eccesso si preparava a ridiscendere.
Poteva distintamente vedere dalla sua posizione il rigonfiamento che era il
ragazzo intrappolato.
E dalla sua prigione, Gidan,
privo di aria e impossibilitato a muoversi, stava comunque tentando in ogni modo
di liberarsi. Sentiva quel materiale simile a gomma premere ogni centimetro
della sua pelle, tappandogli il respiro, premendo sul suo cranio stesso,
comprimendogli il cervello, gli occhi.. sentiva la morte arrivare, sempre se
prima non perdeva i sensi per mancanza d’aria.
“Assurdo che finisca così..”
pensò, in un lampo di lucidità “..non so nemmeno perché sono qui.. ..perché sono
qui?”
E miracolosamente, alla sua
domanda posta solo a sé stesso, ebbe risposta, una risposta che giunse..
dall’esterno, da una voce lontana che tuttavia nonostante non la conoscesse, gli
suonò estremamente sgradevole e odiata “..perché tu hai dato inizio a tutto
questo. È tuo compito porvi fine. Ed ovviamente non puoi morire ora. Troppo
facile e troppo comodo” dopo, la voce tacque, ma sentì improvvisamente il suo
corpo scosso da brividi, come se qualcuno gli avesse versato nelle vene del
fuoco o del ghiaccio o tutte e due le cose assieme.
Dall’esterno i burmesiani videro
improvvisamente che dal rigonfiamento dove Gidan era bloccato iniziavano a
crearsi alcune leggere, leggerissime ma sempre più frequenti scariche elettriche
violacee, che ben presto iniziarono a percorrere l’intero tubo, che emise una
sorta di ronzio di sofferenza agitandosi a destra e manca senza costrutto, come
a volersi liberare di un prurito tremendo.
Poi d’un tratto la gomma nera di
cui era composto si squarciò, le scariche elettriche violette si mescolarono a
quelle bluastre dei cavi che animavano il tubo, per poi svanire nel nulla.
Come un proiettile, Gidan venne
sputato fuori dal tubo ormai distrutto e devastato, che implose scagliando tutto
intorno brandelli di gomma nera più un materiale vischioso e gelatinoso. Il
ragazzo fece un volo che lo portò oltre il parapetto e lo fece rotolare proprio
davanti a una cannoniera che lo puntò decisa, ma in quel momento si levò Eleos
dal nascondiglio che con perfetto tempismo scagliò la lancia esattamente dentro
la canna del cannone, che non appena caricò il colpo energetico, implose. Tutte
le altre cannoniere si volsero verso di lei.
-Cazzo, Jemel, ora, ORA!- urlò
Eleos, irrigidendo i muscoli, e preparandosi a essere freddata dalle venti e più
cannoniere che ora la stavano pericolosamente puntando.
Vi fu una improvvisa luce,
ardente e accecante, quando tutte le torrette caricarono il colpo energetico,
riflettendosi migliaia di volte su cavi e paratie.. già la burmesiana vedeva
passarsi davanti tutta la sua vita.. ma non accadde nulla. Le cannoniere
riassorbirono il colpo e con un rumore di tostapane, si abbassarono e si
spensero.
Con il respiro pesante, Eleos si
accasciò a terra, accorgendosi di essere sudata fin alla punta della coda, e con
gambe e braccia tremanti.
-Tu.. vai a controllare se Closs
è vivo..- disse, indicando Kairone –tu.. invece vai a controllare Gidan.. e
portami un sacchetto di carta- ordinò a un altro, sbiancando con l’aria di
qualcuno che stava per vomitare l’anima. E ciò avvenne non appena ebbe fra le
mani il sacchetto.
-Per gli Antenati, come state?!-
esclamò Thorwald, non appena raggiunse il posto assieme al resto della
squadra.
-Closs è vivo, il colpo non ha
preso zone vitali- lo informò Kairone, che ne stava monitorando le condizioni
–penso di riuscire a rimetterlo in piedi, ma difficilmente potrà saltare o
correre come prima..-
-Capisco.. e Gidan?-
-Solo svenuto, si rimetterà a
breve, sarà solo un po’ frastornato-
-Ottimo.. Eleos? Tutto bene?-
-BLLEEEEEAAAAARGH!!-
-Lo prendo come un si..-
...
-V.I.V.I., riesci a capire dove
siano ora?-
-Non ne ho idea, tenente
Highwind.. secondo le proiezioni tattiche, dovrebbero essere già entro le mura
di Esthar- rispose la voce elettronica -ma non c'è modo di verificarlo,
gli scudi e i disturbi sono troppo intensi per un esame.. anche se tre minuti e
venti secondi fa ho rilevato un picco di energia molto intenso in questo punto-
sullo schermo apparve un prospetto in scala digitale delle mura di Esthar,
con una indicazione sul punto dove è stato fatto il rilevamento.
-Hai idea di che energia
sia?-
-Solo ipotesi, tenente
Highwind, ma non avremo alcuna certezza se prima il signor Gidan non torna dalla
missione-
-L'ha emessa lui?!-
-Senza dubbio, l'impronta
energetica è inconfondibile-
-E' forse quello che
pensiamo..?-
...
Gidan e Closs si erano infine
rimessi in piedi, anche se il secondo era un pò tentannante, con una fasciatura
che prendeva tutto il busto e gli fermava tutta la spalla e il braccio sinistri,
e zoppicava vistosamente. Generosamente, e soprattutto perchè era a causa sua,
Gidan si offrì di fargli da sostegno. Eleos era ancora bianca in volto, ma
almeno aveva smesso di riempire il sacchetto.
-Molto bene, fin qui ce la siamo
cavata senza perdite, più o meno..- iniziò a dire Thorwald, mostrando davanti al
gruppo la mappa del loro percorso -..ora arriva la parte facile, finalmente- con
il dito indicò un punto -ci caleremo in questa fogna, a mezzo chilometro di
distanza da qui, per percorrerla poi fino a questo palazzo..- la visuale
elettronica si spostò, mostrando un enorme edificio, gigantesco e frastagliato.
L'immagine era in scala e a colori, ma dava comunque l'impressione di una
struttura importante, piena di strutture aggiunte, guglie e antenne di ogni
genere.
-Risaliremo in questo punto, che
dà accesso diretto all'ascensore, questo qui..- la visuale si avvicinò,
mostrando l'interno del palazzo -..scardineremo e renderemo inutilizzabile
l'ascensore, per poi salire lungo i cavi fino al cinquantasettesimo piano dove
il signor Loire riposa-
-Scusa Thorwald.. ma non vedo
come Closs possa seguirci in questo ultimo passaggio, messo com'è..- disse
Gidan, reggendo un braccio del burmesiano sulle spalle.
-Ma può camminare.. Closs, tu non
ci seguirai sull'ascensore, ma prenderai le scale- e la visuole evidenziò un
passaggio accanto all'ascensore -con te verranno Gidan e Jemel, perchè dovete,
man mano che saliamo, disattivare i sistemi di sorveglianza, esterni e interni,
oltreche mettere fuori combattimento eventuali guardie..- nuovamente sulla mappa
si evidenziarono numerosi punti, le telecamere, le torrette, anche le guardie.
Nello stesso corridoio dell'ascensore era possibile vedere alcuni droidi in
funzione, direttamente collegati a centraline periferiche. E ovviamente i
burmesiani all'interno non potevano permettersi di perdere tempo a combatterci e
sparargli contro, dato che erano impegnati nella faticosa mansione di salire
lungo i cavi..
-Ma che senso ha che saliate
lungo i cavi? Non è meglio se tutti prendiamo le scale?- interruppe nuovamente
Gidan.
-Magari.. sarebbe molto più
comodo..- mormorò seccato il burmesiano -peccato che il signor Loire sia il
Presidente di questa dannata nazione e che abbia un sistema di sicurezza a dir
poco machiavellico.. vedete qui?- e indicò una serie di punti da un altro lato
dell'edificio -sono fotocellule, sensori che avvertono di un'intrusione non
autorizzata a qualsiasi livello dell'edificio, e ognuna copre un intero piano a
partire dal primo, quindi, per quello che ci interessa, sono cinquantasette
fotocellule. Noi che penetreremo dal piano terra, che è pubblico, non
verremo visti subito- Thorwald digitò alcune istruzioni sul supporto olografico
-dobbiamo distruggerle ad una ad una, e l'unico modo per farlo è sparare un
colpo attraverso dal corridoio dell'ascensore attraverso l'apertura che dà ad
ogni piano. Ovviamente..- disse, con un sospiro pesante -..abbiamo una sola
opportunità per fotocellula.. se sbagliamo anche un solo colpo, il sensore
avvertirà subito la nostra presenza, e allora va tutto a puttane.. chiaro no?-
concluse, con un cenno rassegnato.
Tutti annuirono, torvi. Nella
mente di tutti, nessuno escluso, si formarono due limpide parole, un pensiero
quanto mai palese.
"Dannati Esthariani".
Angolino
dell'Autore:
Allora, che avevo detto la
volta scorsa..? Il prossimo capitolo entro la prossima settimana..? <___<"
eh, mi sarò sbagliato, essì.. <__< purtroppo le vacanze mi hanno colto
impreparato, sono tutto uno stress! °-° come anche la prima sessione di esami
dell'Università, che si terrà a breve breve breve.. quindi scrivo come e
quando posso, perdonatemi.. é____è
Ma i ringraziamenti vanno fatti
comunque u.ù :
ReisTheGuardian : mooooolto
thanks, grazie di cuore =D sul 'come scrivo?' avrei molto da criticare a me
stesso, ma grazie comunque ^^ per la storia e la trama.. bhe, all'inizio pensavo
fosse uno sclero .__. fortuna che mi sbagliavo =D bye, alla prossima!
Detto ciò, il prossimo
aggiornamento sarà.. sarà.. saràà.. sarà u.u punto u.u See you
Soon!
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