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Autore: Aerius    07/09/2010    3 recensioni
"Ma i suoi piani erano quelli di una formica in confronto a quelli che aveva in mente la Regina. Fu costretto a mettersi al suo servizio, a piegarsi. Che altro poteva fare? Per la prima volta, il guerriero più potente, consapevolmente, si piegò, decise di servire.. la parola stessa gli dava una orrenda sensazione di disgusto, ma era l'unica scelta, o quella o la morte. E la morte non era ancora un'opzione accettabile." [Cross-over Final Fantasy VII-VIII-IX]
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5

 

Capitolo 5 -Dannati Esthariani-

-..Perché non escono dalle capsule?-

-Non saprei-

-Non saranno mica morti?!-

-Nah, i diagrammi sarebbero crollati come tessere del domino! Sono quelle maledette capsule, la prima volta che le usi è come venire frullati e shakerati. Sono solo sconvolti-

-Si, ma ora devono uscire, altrimenti le capsule non attiveranno i sistemi automatici di occultamento!-

-Ecco il guaio della tecnologia.. si automatizza tutto e poi la missione va a puttane perché non è scattato quello o l’altro relè che doveva attivare qualche altra cosa di importante..- 

-Se non si automatizza, quelli non sanno nemmeno da che parte infilare l’elmo-

-V.I.V.I. sveglia i belli addormentati e sbattili fuori da quelle capsule!-

-Sarà fatto, tenente Highwind-

-Mph, la missione più breve di sempre.. già spacciati ancora prima di mettere il naso fuori.. glielo avevo detto a Cloud che dovevano concludere l’addestramento-

-Taci, che porti rogna-

-Squadra di Terra della missione Esthar, svegliatevi, e uscite subito dalle capsule!-

La voce artificiale di V.I.V.I. risuonò nel vuoto metallico dell’interno delle tre capsule.

-Squadra di Terra della missione Esthar,questo è un ordine prioritario! Svegliatevi, e uscite subito dalle capsule!-

Ancora nessuna reazione, dai suoi sensori V.I.V.I. poteva percepire i corpi dei cosmonauti stesi sui loro posti senza mostrare alcun segno di vita. Ma per fortuna i suoi sensori percepivano tutti e dodici i battiti cardiaci.

-Squadra di Terra della missione Esthar, è indispensabile che mi prestiate attenzione! Uscite subito dalle capsule! Gidan,svegliati!-

-Mmmhmmh.. eh..?- fece l’interessato, aprendo a malapena un occhio –chi.. cosa.. che diavolo..?- il ragazzo, con fatica, tentò di muoversi, scoprendosi ben allacciato al suo sedile. Si guardò attorno con aria assonnata e sorpresa, come se vedesse per la prima volta le pareti metalliche e i suoi compagni, tre burmesiani totalmente intontiti e incoscienti.

-Ossanti.. la capsula ha.. abbiamo.. noi siamo..- tentò di formulare il biondo, sconvolto, armeggiando con le cinture.

-Siete atterrati con successo sul pianeta a un chilometro e mezzo dalla città- lo informò V.I.V.I., nel suo solito tono piatto ed elettronico –avete venti minuti di tempo per uscire dalle capsule e attivare la sequenza automatica stealth prima che arrivino le locali forze di polizia. E la cintura non si apre così, spingi il bottone giallo-

-Fosse facile, c’è questa schifosa luce rossa che me lo fa diventare rosa il bottone!- fu l’irato commento del ragazzo, che fece infine scattare la cintura, liberandosene. Subito fece un balzo in avanti, prendendo i primi due burmer che gli capitarono a tiro per i colletti della corazza e scotendoli con forza –ehi, ragazzi! Svegliatevi, siamo atterrati, e siamo già nei guai!-

I due topomorfi si svegliarono tre scrollate dopo, emettendo curiosi mugugni e squittii di intontimento, ma al contrario di Gidan, si resero conto molto più in fretta della situazione.

-Oh, siamo atterrati?!- disse Eleos, staccandosi la cintura –porca miseria! Fuori, fuori tutti! Anche tu, bello addormentato!- aggiunse, tirando un pugno allo sterno del burmer che aveva scazzottato ancora prima di entrare nell’atmosfera –e non dimenticate il bagaglio e le lance! Un burmesiano senza lancia è come un umano senza gambe!-

-Questa me la faccio spiegare, prima o poi..- borbottò Gidan, recuperando il suo zaino e le daghe, che infilò alla cintura.

Uno alla volta uscirono dalla stretta apertura della capsula, e una volta fuori videro che anche nelle altre tre capsule, a parecchie decine di metri di distanza stava avvenendo la stessa cosa, con le altre due squadre di burmer che recuperavano armi e bagagli, ed uscivano dai crateri.

Eleos allungò una mano in segno di saluto –attiviamo le ricetrasmittenti- disse –sarà molto più semplice comunicare.. ..Thorwald, mi senti?-

All’orecchio di tutti, all’interno del casco, si sentì prima un brusìo, poi la voce del caposquadra -*crack crazzle* si.. ti sento, Eleos. Tutto bene?-

-Si, stiamo bene..- il burmer picchiato tossì leggermente -..circa.. cosa facciamo ora?-

-Vi sto mandando le coordinate di un luogo riparato. Andiamo lì e facciamo il punto della situazione- fu la risposta –mantenete i canali aperti in caso di problemi. Passo e chiudo-

-Va bene- poi si voltò verso gli altri tre, con espressione decisa –sentito? Muoviamoci!-

E mentre quei piccoli manipoli si allontanavano, dalle capsule abbandonate si sentì un fortissimo rumore elettronico. Tutti si voltarono, e videro quei tre contenitori metallici emettere un forte bagliore, quindi da alcune aperture spuntarono fuori dei congegni che iniziarono a ronzare, e ad illuminarsi. Uno alla volta iniziarono a proiettare attorno a loro dei fasci di luce, che si condensarono, iniziando a formare oggetti concreti. In un attimo, i crateri sparirono e con loro le capsule, al loro posto vi era soltanto una uniforme e solida pianura di terra.

-Ologrammi denso-attivi- spiegò in due parole Closs, l’unico burmer che aveva fatto la fatica di informarsi –per non far scoprire ai nativi le capsule-

Gli altri tre si limitarono ad annuire con aria grave, per poi mettersi in marcia verso il punto prestabilito. In lontananza già era possibile vedere l’avvicinarsi di alcune luci, assieme a un rombo di motori.

Il gruppo si ritrovò dietro ad una roccia affiorante, su cui cresceva una ispida e fibrosa piante, che concedeva un po’ di copertura. In lontananza era ancora possibile vedere il lavoro delle macchine di Esthar che controllavano il terreno dove erano cadute le capsule. Visto che nessuno li aveva informati sulle modalità di ritorno, speravano con fervore che le capsule resistessero a quell’esame.

-Non capisco proprio..- mormorò il burmer addetto all’osservazione delle macchine di Esthar –..non assomigliano a nulla che conosco.. nemmeno a Lindblum costruiscono affari simili. Sembrano grossi granchi metallici con una decina di chele ciascuno. E fluttuano per aria-

-Finchè non ci vengono a rompere le scatole, non ci deve interessare- replicò Thorwald –tienile sotto controllo, avvertici se iniziano a dirigersi in questa direzione. Intanto noi vediamo di mettere insieme un piano d’azione-

-Abbiamo una scadenza?- domandò un altro, Kairone, che ancora si massaggiava con una mano il volto dolorante –un tempo limite?-

-Il colonnello non ne ha fatto parola- rispose Thorwald –ma da come l’ha messa giù, questa è una missione mordi e fuggi. Trovare Laguna, e aspettare i rinforzi barricati nella stanza in cui si trova il nostro uomo-

-Ok, ma dall’istante in cui troveremo questo Laguna, quanto ci metteranno i rinforzi ad arrivare?- domandò Gidan, che tentava ancora di riprendere fiato per stare dietro ai velocissimi burmesiani.

-Posso rispondere io a tale quesito- rispose una familiare voce elettronica nei loro caschi, che fece venire a tutti un colpo apoplettico –la squadra di rinforzo verrà attivata nell’istante in cui il signor Gidan qui presente raggiungerà il signor Loire. Quando i due si troveranno nella stessa stanza a una distanza minima di cinque metri, verrà spedito un impulso alla Centrale di Comando della Proteus, che farà attivare all’istante la squadra-

-V.I.V.I.! Eri sempre qui, ci hai ascoltato per tutto il tempo!- ruggì Thorwald, alterato –pensavo che le comunicazioni con la base fossero saltate non appena abbiamo lasciato le capsule!-

-Infatti, ora riesco a comunicare con voi solo perché ora vi trovate in un’area non coperta dagli schermi anti-interferenza Esthariani- rispose V.I.V.I., docile come sempre –una condizione eccezionale, credo causata dal masso e dalle piante che ora vi proteggono. Non chiedetemi come o perché, sono troppo distante per darvi dati certi-

-Non ce ne frega niente di botanica, V.I.V.I.- replicò Eleos stavolta, secca e diretta –da quello che ci dici, mi pare di capire che Gidan è fondamentale per questa missione.. perché?-

-Perché sia lui che il signor Loire sono individui di tipo Alfa- fu la risposta immediata del computer –quando due individui di tipo Alfa si trovano a distanza ravvicinata, creano una distorsione nel campo magnetico del Lifestream del pianeta che provoca perturbazioni nei neutrini, causando..-

-Stringi, V.I.V.I.- fu stavolta l’acida replica di Gidan, anche lui partecipe alla conversazione.

-Va bene. In sostanza, quando vi incontrerete, creerete una distorsione percepibile dagli strumenti della Proteus. Una successiva verifica di posizionamento globale ci dirà che è la vostra squadra, quindi attiveremo i rinforzi. Chiaro, no?-

-No, ma non abbiamo scelta- fu la secca risposta di Thorwald –V.I.V.I., ora aspetteremo la notte, quindi inizieremo a muoverci verso la città, e le comunicazioni si interromperanno di nuovo-

-Molto bene, buona fortuna Squadra di Terra-

Quando infine il buio notturno calò nella zona, dodici agili figure iniziarono a muoversi verso la città, chine e veloci, saltando di riparo in riparo, usando qualsiasi cosa per occultare la loro figura agli allarmi piazzati in cima alle mura di Esthar.

I burmesiani data la loro propensione atletica avevano gioco facile: quando una zona non era percorribile, semplicemente spiccavano balzi tali da superare in un sol colpo metri e metri di territorio impraticabile, quindi senza nemmeno fermarsi, riprendevano a correre. Non parevano sentire né dolore né fatica, totalmente concentrati nel loro obiettivo.

Così purtroppo non era per il ragazzo biondo, che spesso rimase indietro bloccato da rami, terreno scivoloso, fango, erba alta.. solo ora si rendeva conto di non possedere un decimo dell’agilità dei suoi compagni di squadra. E la cosa lo faceva bruciare di rabbia, dato che erano costretti ad aspettarlo, visto che l’intera missione era imperniata su di lui.

Spesso si faceva strada con le daghe, tagliando tralci di erba che lo ostacolavano, e a volte non erano nemmeno tralci, ma intere giungle che ai burmesiani bastava un salto per evitare.

Come se non bastasse, ogni tanto gli capitò di trovarsi davanti a creature selvatiche di diversa natura, che ovviamente non apprezzarono la sua intrusione.

-Anf.. anf..- ansimò pesantemente, tagliando rami ed erba alta, ed uscendo dall’ennesimo intrico verde. Ad aspettarlo vide l’intera squadra, seduta all’interno di uno spiazzo, che si riposava, tenendo davanti a loro alcune mappe olografiche, generate dall’orologio al polso di Thorwald.

Gidan aveva in mano un daga, mentre con l’altra teneva stretta la coda di una bestia, che una volta uscita dal fogliame si rivelò essere un gigantesco rettile violaceo coperto di creste, con una bocca enorme e artigli lunghi mezzo metro sulle zampe anteriori. Qua e là era possibile notare diverse ferite da taglio sulla belva ormai morta e inerte.

Il ragazzo biondo si accasciò in ginocchio a terra, continuando ad ansimare per la fatica –non ce la faccio più.. quanto diavolo manca alla dannata città?!- esclamò, esausto.

-Siamo arrivati- mormorò placido Thorwald, senza degnare Gidan di un secondo sguardo. Quindi indicò alle sue spalle.

Era ancora buio, mancavano ancora diverse ore all’alba, ma Gidan alzò comunque lo sguardo, e vide davanti a lui, a una decina di metri di distanza, una parete liscia metallica, talmente lucida da riflettere il buio notturno, e quindi difficilmente individuabile. Ma poi il ragazzo, alzò ancora gli occhi, mentre l’espressione si faceva via via più stupefatta e sconvolta.

La parete metallica continuava fino a innalzarsi verso il cielo, apparentemente senza fine, e non solo ma continuava anche a destra e a sinistra. Una parete metallica, liscia e riflettente che pareva tagliare in due il mondo. Non si riusciva a vederne la fine da nessuna parte, né verso l’alto, né ai lati. Non sembrava finire mai. Gidan sentì un groppo allo stomaco, al solo pensiero di dover superare quel mostro metallico infinito.

-Abbiamo due strategie da poter attuare- stava dicendo intanto Thorwald, mostrando la mappa, e indicandone i punti salienti –possiamo scalare la muraglia metallica, oppure mimetizzarci nei mezzi in entrata- spiegò, indicando un punto dove il metallo si apriva e lasciava passare i giganteschi meccanizzati esthariani –e personalmente propendo per quest’ultima. Data l’altezza della muraglia, e vista la presenza di numerosi sistemi di allarme, per passare in tutta sicurezza ci metteremmo almeno una giornata e mezza-

Anche gli altri burmesiani scuoterono il capo, nel sentire l’ultima affermazione.

-Ehm.. scusate..- si intromise Gidan. Gli sembrava sempre di essere inopportuno -..io forse potrei ancora passare per uno di loro, ma voi come farete per mimetizzarvi..?- domandò, poco convinto.

In risposta, Thorwald cambiò l’immagine olografica, che iniziò a mostrare i giganteschi mezzi di trasporto esthariani, in particolare quelli che fino a poco prima stavano esaminando il terreno dove erano cadute le capsule.

-Questi cosi stavano facendo rilevamenti e studi dove siamo atterrati, e rientreranno a breve. I nostri sensori non rilevano alcuna traccia di vita a bordo- spiegò stavolta Eleos, indicando l’ologramma –quindi, se riuscissimo a infiltrarci al loro interno, avremmo un passaggio garantito per l’interno della città-

Gidan nel frattempo si era seduto su un masso e stava riprendendo fiato, ma comunque domandò ancora –e fra quanto rientreranno?-

-Fra mezz’ora circa.. supponiamo che entreranno da lì- rispose la topomorfa, indicando verso l’alto, dove c’era ad una ventina di metri d’altezza nel metallo infinito delle mura una linea incisa che formava una sorta di riquadro circolare.

Gidan sbarrò gli occhi, sconvolto –e noi come diavolo ci arriviamo là sopra?!-

-Controlla nel tuo zaino, pivello. Ci sono delle funi e dei ganci- ghignò Thorwald, mostrando alcune funi da scalata tirate fuori dal sul zaino, sulle cui estremità erano stati applicati dei ganci –quando passeranno sopra di noi, tireremo le funi, ci agganceremo e ci isseremo al loro interno o anche sopra di loro se sarà necessario- spiegò –dobbiamo essere veloci, non possiamo permetterci di perdere una giornata e mezza sulle mura- concluse, secco e autoritario. E il ragazzo non potè far altro che accettare. D’altronde che scelta avevano?

-Ricordate, avremo una sola occasione- mormorò appena Thorwald, nascosto dal fogliame, gli occhi da roditore puntati sull’apertura circolare sul muro metallico.

Era infine giunta l’ora, la mezz’ora era trascorsa, e a poca distanza si potevano vedere i mastodontici mostri meccanici Esthariani avvicinarsi lentamente, fluttuando a venti metri circa d’altezza.

Macchine enormi, con braccia cibernetiche, e le corazze lucide che brillavano anche sotto la tenue luce della luna, che riuscivano a rimanere sospese a mezz’aria senza alcun apparente motore, nessuno infatti riuscì a vedere reattori, propulsori, nemmeno ali! Sembravano ai loro occhi enormi granchi con due grosse chele in quello che pensavano il davanti e numerosi tentacoli che dalla ‘pancia’ si protendevano verso il basso.

-Attivati i disturbatori elettromagnetici- sussurrò nuovamente Thorwald, trafficando un istante con la sua cintura, che mandò un biiip per poi accendersi una lucina verde. Gli altri undici lo imitarono.

-Ora non lasciatevi prendere dalla fretta- iniziò a mormorare –ci sono quattro mezzi in arrivo.. se non riuscite ad agganciarvi al primo, aspettate il secondo.. non dobbiamo dare nell’occhio, questo è un ordine prioritario- detto ciò, il burmesiano si alzò dal nascondiglio, tese all’indietro il suo cavo con gancio, lo fece roteare, quindi con uno scatto di braccio e polso, lo lanciò verso l’alto.

Il cavo si agganciò saldamente a un tentacolo cibernetico del mezzo meccanico, che nemmeno registrò quell’aggancio. Thorwald iniziò agilmente a salire, arrampicandosi sul cavo.

A quel punto, altri tre burmesiani si alzarono, lanciando i cavi verso le braccia metalliche, e iniziarono a salire con eguale agilità, ogni tanto sbattendo contro il metallo dei tentacoli, che tuttavia non fecero una piega.

L’apertura sul muro metallico iniziò a illuminarsi e il metallo della porta iniziò a schiudersi verso l’interno, dividendosi in numerosi spicchi metallici che rientrarono, permettendo l’accesso ai mezzi. Il primo trasporto abusivo burmesiano entrò, mentre dal luogo riparato il resto della squadra lanciò i cavi, iniziando a risalire le spire metalliche.

-Raggiungete il tetto- ordinò Eleos a mezza voce, arrampicandosi velocemente –e fate in fretta, non abbiamo idea di quanto siano efficaci questi disturbatori elettromagnetici!-

Gidan roteò anch’egli il suo cavo, lanciandolo verso il tentacolo, dove si agganciò ed iniziò a risalire i tentacoli.

-Fate presto!- esclamò una voce alle ricetrasmittenti. Era Thorwald –questi.. cosi.. quando rientrano gli staccano i tentacoli per riporli a parte! Se non vi sbrigate a salire sul tetto finirete schiacciati!-

Ai quattro che ora stavano risalendo i tentacoli del secondo essere meccanizzato iniziò a scendere sudore freddo: potevano vedere distintamente, poco lontano a meno di dieci metri di distanza l’apertura circolare dentro cui ormai stava sparendo il primo mezzo meccanizzato.

Subito iniziarono a sforzarsi di arrampicarsi più in fretta, risalendo i cavi e sudando come dannati, artigliando il metallo e piegandolo sotto le dita munite di unghioni. Questo discorso ovviamente valeva per i burmesiani, il povero ragazzo biondo non possedeva nulla di simile, anzi il cavo stesso sotto i guanti dell’armatura continuava a scivolargli, facendogli perdere terreno e tempo prezioso. Ormai erano tutti risaliti fino alla base dei tentacoli posta sulla pancia metallica del mezzo, e l’apertura distava a meno di cinque metri.

Gidan iniziò a sudare freddo, continuava ad arrampicarsi, ma il metallo era scivoloso sotto i guanti, a malapena gli stivali, dotati di suola in gomma, aderivano al metallo.

-Muoviti, stiamo entrando ora!- gli urlò Eleos, dall’alto, sporgendosi per vedere i progressi del ragazzo, che purtroppo continuava a salire con inesorabile lentezza.

Venne improvvisamente buio, quando il mezzo meccanizzato varcò l’apertura, e poi improvvisamente luce, fari si accesero ovunque, illuminando il luogo, e tutti videro un ambiente ampio, gigantesco, una sorta di caverna coperta di cavi e paratie luminose, che mandavano bagliori bluastri, schermi, riquadri digitali, e ancora cavi e piattaforme li circondavano. Ma non solo, in angoli strategici erano piazzate alcune cannoniere automatiche, anch’esse illuminate di quella energia bluastra che pareva animare qualsiasi cosa attorno a loro. Solo ora notarono che lo stesso mostro meccanico su cui erano saliti era animato da quella stessa energia.

Lentamente, inesorabile, si avvicinò a ponte sopraelevato, simile a un molo, composto da paratie metalliche, dove adagiò un fianco. Immediatamente, i topomorfi che erano riusciti a guadagnare il tetto, saltarono via in un lampo ricadendo in uno spazio in ombra alle cannoniere, che si mossero repentinamente non appena videro del movimento sopra il tetto del mezzo, ma stranamente non spararono.

-Fermi! State fermi!- tuonò la voce di Thorwald sulle trasmittenti -i disturbatori elettromagnetici ci coprono e confondono le torrette, se non ci muoviamo non ci vedono!-

-Ma non possiamo rimanere fermi in eterno! Gidan è ancora fra i tentacoli, e noi dovremo pur muoverci da qui!- replicò Eleos, in un sussurro furibondo.

-State! Fermi!- ripetè Thorwald –ho mandato Jemel a sabotare la centralina di controllo, entro quattro minuti dovrebbe farcela..-

-Non ce li ho quattro minuti!- urlò a quel punto Gidan sulle trasmittenti. Mentre i burmesiani discutevano sul da farsi, la situazione fra i tentacoli era tragica, dato che dal fondo della caverna di cavi erano fuoriusciti una ventina di tubi neri di un materiale gommoso su cui correvano cavi e sostenitori cibernetici, che ricoprivano i tentacoli del mezzo robotica e li staccavano uno ad uno. Gidan era appena riuscito a raggiungere i tre quarti di tentacolo prima che uno di questi tubi iniziasse a ricoprirlo, e ad inguainarlo.

-Ehi, vattene via!- esclamò, tirando due calci al tubo, impedendogli di proseguire. Questo fece alcuni rumori insoliti, un ronzio infastidito, poi all’improvviso aumentò l’apertura della bocca, e sorpassò di netto in ragazzo, ricoprendolo assieme al tentacolo.

-Ehi, che diavolo..?!- urlò, ma il suo urlo venne smorzato all’improvviso, dato che il tubo, una volta raggiunta la base del tentacolo, si attaccò espellendo l’aria e aderendosi al tentacolo stesso, e ovviamente anche addosso al ragazzo, che si ritrovò bloccato e senza aria.

-Per gli antenati, soffocherà! Dobbiamo salvarlo!- esclamò Closs, saltando via dal suo rifugio.

-Fermo, idiota, i cannoni non sono ancora..!- un colpo di cannone spezzò l’avvertimento di Thorwald. Il burmesiano ricadde a terra con un tonfo secco e il fianco fumante, apparentemente privo di vita -..ancora disattivati.. che gli Antenati ci proteggano..- concluse Thorwald, lugubre.

-Dobbiamo comunque fare qualcosa, Gidan non resisterà a lungo! E senza di lui la missione è inutile!- disse in fretta Eleos, osservando la situazione. Il tubo ora aveva agganciato il tentacolo, e dopo aver emesso l’aria in eccesso si preparava a ridiscendere. Poteva distintamente vedere dalla sua posizione il rigonfiamento che era il ragazzo intrappolato.

E dalla sua prigione, Gidan, privo di aria e impossibilitato a muoversi, stava comunque tentando in ogni modo di liberarsi. Sentiva quel materiale simile a gomma premere ogni centimetro della sua pelle, tappandogli il respiro, premendo sul suo cranio stesso, comprimendogli il cervello, gli occhi.. sentiva la morte arrivare, sempre se prima non perdeva i sensi per mancanza d’aria.

“Assurdo che finisca così..” pensò, in un lampo di lucidità “..non so nemmeno perché sono qui.. ..perché sono qui?”

E miracolosamente, alla sua domanda posta solo a sé stesso, ebbe risposta, una risposta che giunse.. dall’esterno, da una voce lontana che tuttavia nonostante non la conoscesse, gli suonò estremamente sgradevole e odiata “..perché tu hai dato inizio a tutto questo. È tuo compito porvi fine. Ed ovviamente non puoi morire ora. Troppo facile e troppo comodo” dopo, la voce tacque, ma sentì improvvisamente il suo corpo scosso da brividi, come se qualcuno gli avesse versato nelle vene del fuoco o del ghiaccio o tutte e due le cose assieme.

Dall’esterno i burmesiani videro improvvisamente che dal rigonfiamento dove Gidan era bloccato iniziavano a crearsi alcune leggere, leggerissime ma sempre più frequenti scariche elettriche violacee, che ben presto iniziarono a percorrere l’intero tubo, che emise una sorta di ronzio di sofferenza agitandosi a destra e manca senza costrutto, come a volersi liberare di un prurito tremendo.

Poi d’un tratto la gomma nera di cui era composto si squarciò, le scariche elettriche violette si mescolarono a quelle bluastre dei cavi che animavano il tubo, per poi svanire nel nulla.

Come un proiettile, Gidan venne sputato fuori dal tubo ormai distrutto e devastato, che implose scagliando tutto intorno brandelli di gomma nera più un materiale vischioso e gelatinoso. Il ragazzo fece un volo che lo portò oltre il parapetto e lo fece rotolare proprio davanti a una cannoniera che lo puntò decisa, ma in quel momento si levò Eleos dal nascondiglio che con perfetto tempismo scagliò la lancia esattamente dentro la canna del cannone, che non appena caricò il colpo energetico, implose. Tutte le altre cannoniere si volsero verso di lei.

-Cazzo, Jemel, ora, ORA!- urlò Eleos, irrigidendo i muscoli, e preparandosi a essere freddata dalle venti e più cannoniere che ora la stavano pericolosamente puntando.

Vi fu una improvvisa luce, ardente e accecante, quando tutte le torrette caricarono il colpo energetico, riflettendosi migliaia di volte su cavi e paratie.. già la burmesiana vedeva passarsi davanti tutta la sua vita.. ma non accadde nulla. Le cannoniere riassorbirono il colpo e con un rumore di tostapane, si abbassarono e si spensero.

Con il respiro pesante, Eleos si accasciò a terra, accorgendosi di essere sudata fin alla punta della coda, e con gambe e braccia tremanti.

-Tu.. vai a controllare se Closs è vivo..- disse, indicando Kairone –tu.. invece vai a controllare Gidan.. e portami un sacchetto di carta- ordinò a un altro, sbiancando con l’aria di qualcuno che stava per vomitare l’anima. E ciò avvenne non appena ebbe fra le mani il sacchetto.

-Per gli Antenati, come state?!- esclamò Thorwald, non appena raggiunse il posto assieme al resto della squadra.

-Closs è vivo, il colpo non ha preso zone vitali- lo informò Kairone, che ne stava monitorando le condizioni –penso di riuscire a rimetterlo in piedi, ma difficilmente potrà saltare o correre come prima..-

-Capisco.. e Gidan?-

-Solo svenuto, si rimetterà a breve, sarà solo un po’ frastornato-

-Ottimo.. Eleos? Tutto bene?-

-BLLEEEEEAAAAARGH!!-

-Lo prendo come un si..-

...

-V.I.V.I., riesci a capire dove siano ora?-

-Non ne ho idea, tenente Highwind.. secondo le proiezioni tattiche, dovrebbero essere già entro le mura di Esthar- rispose la voce elettronica -ma non c'è modo di verificarlo, gli scudi e i disturbi sono troppo intensi per un esame.. anche se tre minuti e venti secondi fa ho rilevato un picco di energia molto intenso in questo punto- sullo schermo apparve un prospetto in scala digitale delle mura di Esthar, con una indicazione sul punto dove è stato fatto il rilevamento.

-Hai idea di che energia sia?-

-Solo ipotesi, tenente Highwind, ma non avremo alcuna certezza se prima il signor Gidan non torna dalla missione-

-L'ha emessa lui?!-

-Senza dubbio, l'impronta energetica è inconfondibile-

-E' forse quello che pensiamo..?-

...

Gidan e Closs si erano infine rimessi in piedi, anche se il secondo era un pò tentannante, con una fasciatura che prendeva tutto il busto e gli fermava tutta la spalla e il braccio sinistri, e zoppicava vistosamente. Generosamente, e soprattutto perchè era a causa sua, Gidan si offrì di fargli da sostegno. Eleos era ancora bianca in volto, ma almeno aveva smesso di riempire il sacchetto.

-Molto bene, fin qui ce la siamo cavata senza perdite, più o meno..- iniziò a dire Thorwald, mostrando davanti al gruppo la mappa del loro percorso -..ora arriva la parte facile, finalmente- con il dito indicò un punto -ci caleremo in questa fogna, a mezzo chilometro di distanza da qui, per percorrerla poi fino a questo palazzo..- la visuale elettronica si spostò, mostrando un enorme edificio, gigantesco e frastagliato. L'immagine era in scala e a colori, ma dava comunque l'impressione di una struttura importante, piena di strutture aggiunte, guglie e antenne di ogni genere.

-Risaliremo in questo punto, che dà accesso diretto all'ascensore, questo qui..- la visuale si avvicinò, mostrando l'interno del palazzo -..scardineremo e renderemo inutilizzabile l'ascensore, per poi salire lungo i cavi fino al cinquantasettesimo piano dove il signor Loire riposa-

-Scusa Thorwald.. ma non vedo come Closs possa seguirci in questo ultimo passaggio, messo com'è..- disse Gidan, reggendo un braccio del burmesiano sulle spalle.

-Ma può camminare.. Closs, tu non ci seguirai sull'ascensore, ma prenderai le scale- e la visuole evidenziò un passaggio accanto all'ascensore -con te verranno Gidan e Jemel, perchè dovete, man mano che saliamo, disattivare i sistemi di sorveglianza, esterni e interni, oltreche mettere fuori combattimento eventuali guardie..- nuovamente sulla mappa si evidenziarono numerosi punti, le telecamere, le torrette, anche le guardie. Nello stesso corridoio dell'ascensore era possibile vedere alcuni droidi in funzione, direttamente collegati a centraline periferiche. E ovviamente i burmesiani all'interno non potevano permettersi di perdere tempo a combatterci e sparargli contro, dato che erano impegnati nella faticosa mansione di salire lungo i cavi..

-Ma che senso ha che saliate lungo i cavi? Non è meglio se tutti prendiamo le scale?- interruppe nuovamente Gidan.

-Magari.. sarebbe molto più comodo..- mormorò seccato il burmesiano -peccato che il signor Loire sia il Presidente di questa dannata nazione e che abbia un sistema di sicurezza a dir poco machiavellico.. vedete qui?- e indicò una serie di punti da un altro lato dell'edificio -sono fotocellule, sensori che avvertono di un'intrusione non autorizzata a qualsiasi livello dell'edificio, e ognuna copre un intero piano a partire dal primo, quindi, per quello che ci interessa, sono cinquantasette fotocellule. Noi che penetreremo dal piano terra, che è pubblico, non verremo visti subito- Thorwald digitò alcune istruzioni sul supporto olografico -dobbiamo distruggerle ad una ad una, e l'unico modo per farlo è sparare un colpo attraverso dal corridoio dell'ascensore attraverso l'apertura che dà ad ogni piano. Ovviamente..- disse, con un sospiro pesante -..abbiamo una sola opportunità per fotocellula.. se sbagliamo anche un solo colpo, il sensore avvertirà subito la nostra presenza, e allora va tutto a puttane.. chiaro no?- concluse, con un cenno rassegnato.

Tutti annuirono, torvi. Nella mente di tutti, nessuno escluso, si formarono due limpide parole, un pensiero quanto mai palese.

"Dannati Esthariani".

 

 

 

Angolino dell'Autore:


Allora, che avevo detto la volta scorsa..? Il prossimo capitolo entro la prossima settimana..? <___<" eh, mi sarò sbagliato, essì.. <__< purtroppo le vacanze mi hanno colto impreparato, sono tutto uno stress! °-° come anche la prima sessione di esami dell'Università, che si terrà a breve breve breve.. quindi scrivo come e quando posso, perdonatemi.. é____è

Ma i ringraziamenti vanno fatti comunque u.ù :

 

ReisTheGuardian : mooooolto thanks, grazie di cuore =D sul 'come scrivo?' avrei molto da criticare a me stesso, ma grazie comunque ^^ per la storia e la trama.. bhe, all'inizio pensavo fosse uno sclero .__. fortuna che mi sbagliavo =D bye, alla prossima!

 

Detto ciò, il prossimo aggiornamento sarà.. sarà.. saràà.. sarà u.u punto u.u See you Soon!

 

 

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