claire
Eeeeee salve a tutti, di nuovo, o meglio, salve a chi si ricorda ancora di me :).
Come posso descrivere questo nuovo capitolo?
Difficile?
Penoso?
Malaugurante?
In ogni caso, un capitolo che non apprezzo granché, come avrete capito! Fatemi sapere se la pensate allo stesso modo!
Ba mush!
Ciry
***
Mangiò con appetito nonostante avesse l’umore sotto i
piedi: non aveva toccato cibo per tutto il giorno, era rimasta immobile
a letto, tra il sonno e la veglia, meditabonda, triste; aveva pianto
svariate volte e per non continuare a farlo all’infinito aveva
provato a chiudere gli occhi nel tentativo di addormentarsi
profondamente, ma senza successo, perché aveva recuperato tutte
le energie fisiche nel giro di mezza giornata.
Poco prima delle sei aveva chiamato
Frankie, come promesso a Tom, e lei era accorsa subito a casa sua,
armata di solidarietà e cena take-away direttamente da
McDonald’s: Dougie le aveva detto tutto, non doveva spiegarle
niente.
Sorrise con fare materno nel vederla masticare.
“Ti senti meglio
adesso?” chiese con gentilezza mentre finiva le sue patatine.
Clarissa ricambiò il suo sguardo dolce ed annuì
lentamente con la bocca piena.
“Perché non mi hai
chiamata subito, Claire? Guarda in che stato sei, avrei potuto fare
qualcosa in più se…”
Si interruppe davanti all’amica che scuoteva il capo con aria rassegnata.
“Volevo stare da sola,
Fran… Volevo un po’ di tempo per
riprendermi…” replicò con voce spenta.
L’altra la fissò,
sentendosi impotente, e seppe solo ribadire: “Dan è stato
un perfetto cretino… Parte di tutto questo casino è anche
colpa sua… Ma non riesco a credere che Cassie abbia fatto una
cosa del genere… Ubriaca o meno, una dovrebbe cercare di
mantenere la dignità invece di fare la cretina con il primo che
capita!”
“Già… ma
è andata in un altro modo…” sospirò la
bionda abbassando lo sguardo sui resti della cena.
“Si è trattato di una grossa cazzata…”
“Lo so…”
“… Non vuoi parlarne, vero?”
Frankie si sentì in colpa
per aver insistito troppo, ma Clarissa tornò con gli occhi su di
lei per tranquillizzarla e disse stancamente: “No, è solo
che… adesso… adesso non so davvero cosa
fare…”
“Cosa intendi…?”
La scrutò apprensiva mentre si alzava in piedi e rassettava la tavola: era sfuggente, si sottraeva ai suoi sguardi.
“Claire?” la
chiamò timidamente, cercando di attirare la sua attenzione,
anche solo di farsi guardare per vedere cosa avrebbero rivelato quegli
occhi grandi e segnati dal pianto.
Clarissa gettò le scatole unte degli hamburger nella pattumiera e le rispose quasi in automatico, pur dandole le spalle.
“E’ da qualche tempo che… non va più così bene tra noi…”
Frankie spalancò gli occhi e non proferì parola. La lasciò continuare.
“Io… non so, forse non
sono fatta per lui... per i suoi tempi, il suo lavoro… o forse
lui non è fatto per me… per quello che chiedo
io…”
“E tu che cosa chiedi?” domandò cautamente la moretta.
La sua amica si voltò.
Aveva le lacrime agli occhi.
“Chiedo un ragazzo che stia con me… e che non mi crei problemi quando non è con me…”
Si lasciò abbracciare dalla
sua crocerossina del giorno che, per quanto ignorasse la sua reale
condizione, voleva farla sorridere, voleva farle pensare positivo,
voleva trasmetterle tutto il suo calore di amica.
“Claire, non fare
così…” la pregò, anche lei sull’orlo
del pianto “Dovresti parlarci… So che ora come ora avresti
solo voglia di prenderlo a pugni e di non vederlo mai più,
però è l’unico modo per sapere se vale la
pena…continuare…”
Con il mento appoggiato sulla sua
spalla, l’altra lasciò scendere alcuni fini rivoli salati
e replicò debolmente: “Devo parlargli di una cosa
così grave quando appena ieri sera si è quasi fracassato
il cranio… Quello stupido…”
“Il momento giusto
verrà fuori da sé, ok?” la rassicurò la
vocalist, accarezzandole affettuosamente la schiena “Stagli
vicino, prenditi il tuo tempo e aspetta che anche lui sia
pronto…”
“E se… se alla fine…?”
La voce le tremò e Frankie si staccò dall’abbraccio per guardarla dritto negli occhi, seria.
“Non fasciarti la testa prima
di rompertela” affermò con fermezza “Se parti con
questo spirito, vuol dire che hai già preso una decisione.”
“No! Dio, no!” balbettò Clarissa di rimando spalancando gli occhi, quasi scandalizzata.
“E allora non buttarti subito nello sconforto! Ok?”
La ragazza annuì, le mani unite che le coprivano la faccia stanca dagli occhi in giù.
“E’ una cosa importante
e va fatta in due. Tu sei intelligente e anche Danny lo è,
nonostante… possa non sembrarlo…” ironizzò
l’altra con un sorriso che la contagiò per qualche istante.
Ripeterono gli stessi discorsi con
parole diverse per tutta la sera, o meglio, Clarissa se ne restò
seduta sul divano ad ascoltare i consigli di Frankie e pregò con
tutta se stessa di riuscire a seguirli e di non farsi vincere dalle sue
stesse paure, dalla rabbia o dall’istintiva, stupida voglia di
vendicarsi del suo fidanzato, il guastafeste che ora stava pagando le
conseguenze della sua notte brava in modo più che soddisfacente.
Quando lo dirai a Barb, stai pur certa che ne resterà delusa.
Lui voleva solo divertirsi come al solito e poi tornare a casa, nient’altro…
Potevi dargli
retta e partire da sola. A quest’ora saresti arrivata e avresti
fatto tutti contenti. Ma tu ti saresti sentita una merda per tutto il
week end.
Cosa starà facendo adesso? Penserà che sono una stronza pazzoide che se ne frega di lui…
È stata lei a rovinare tutto. Quella puttana.
Non ho voglia di vederlo adesso, finirei solo per insultarlo…
Giuro che quando torna a casa lo tengo a letto per una settimana intera, così starà lontano dai guai…
Non ne poteva più di quei
pensieri vorticanti in mille direzioni nella sua testa, ma allo stesso
tempo non riusciva farne a meno: interloquire con se stessa non era
produttivo come esternare le proprie sensazioni con un amico, ma era
esattamente quello il punto: Clarissa dava ragione a Clarissa, sia che
dicesse X o Y.
L’amico di turno
l’avrebbe contraddetta, le avrebbe proposto delle alternative,
l’avrebbe sicuramente anche incoraggiata, ma mai quanto lei
riusciva a farlo con se stessa.
Quando Frankie se ne andò
erano quasi le due di notte. Avrebbero continuato a parlare ancora per
ore, ma il cellulare della mora aveva squillato.
Dougie aveva chiamato la sua ragazza, chiedendole se per caso fosse riuscita a convincere Clarissa a uscire.
“Vi state dando alla pazza
gioia, è per questo che non sei ancora a casa?!” aveva
azzardato con una risatina, ma lei gli aveva risposto negativamente per
poi riassumergli brevemente la loro serata tra donne; il bassista si
era segretamente tranquillizzato all’idea che la sua
preziosissima fidanzata fosse rimasta tra quattro mura e che non fosse
uscita con l’amica, senza la sua custodia, senza neanche quella
di Jones, così aveva dato la buonanotte a entrambe.
“Il tuo amico Poynter
è maniacalmente geloso e non riesce a nasconderlo neanche per
telefono…” era stato il commento della cantante.
Una volta da sola in casa, Clarissa
rifletté sul da farsi e concluse che aveva un sonno tremendo,
voleva assolutamente riposare e farsi trovare sveglia al ritorno di
Danny, che sarebbe rientrato in mattinata.
Prima di coricarsi afferrò
la cornetta del telefono e compose il numero di casa di Barbara in un
impeto d’incoscienza.
Sapeva che avrebbe risposto con la voce piena di sonno, sapeva che l’avrebbe spaventata a morte.
Ma le doveva quella telefonata. Inoltre, voleva essere sgombra da altri pensieri per il ritorno del suo ragazzo.
“… Adesso mi spiego un paio di cose, sì… “
“E’ andata così…”
“E tu sei ancora un po’ sconvolta, ti sento dalla voce…”
“Non sono sconvolta, sono incazzata, Barb!”
“Ssshhh, non dire certe cose,
sai benissimo di essere preoccupata per lui adesso, di certo non lo
vorresti con la testa rotta!”
“No, ma… Ma santo Dio, era tutto pronto! Non ci vediamo da un anno e…”
“Non credere che non ci abbia pensato anch’io!”
“E allora vedi che anche tu vorresti tanto che non avesse fatto una stronzata simile?”
“Sì. Ma se avessi
avuto la sua età, ok, forse non mi sarei procurata un trauma
cranico, ma una sbronza sì! Perché sarei stata una
normalissima ragazza un po’ brilla e più che tranquilla
all’idea di partire con calma il giorno dopo! È stato
anche sfortunato, Clarissa, le circostanze sono state praticamente
ingestibili!”
“Come se lui fosse la povera vittima!”
“E’ stato anche una vittima!”
“Perché lo difendi?”
“E perché tu vuoi dargli contro a tutti i costi?”
Il tono esasperato di Clarissa divenne rassegnato di fronte ai toni diplomatici e irrimediabilmente giusti della sua matrigna.
“Ha fatto qualcosa di
stupido, come spesso capita a chiunque…” riprese la donna
con la sua voce bassa e calma.
Dall’altro capo del filo, la
figlia sospirò: “… Ok. Ma ammetti che adesso
è anche per colpa sua se non sono da te!”
“Certo, è innegabile.
E dato che si trattava del mio compleanno, sarò io stessa a
dargli una tirata di orecchie quando capiterà l’occasione.
Nel frattempo, pensaci tu per me… ma non farlo sentire come
l’elefante che è entrato in cristalleria e ha distrutto
tutto…”
“Mi ci vorrà una buona dose di tolleranza per non strozzarlo…”
“E la troverai. È il tuo fidanzato e siete innamorati pazzi l’uno dell’altra…”
Arrossì sentendo quella frase: erano innamorati e si vedeva. La cosa la lusingava.
Ma era difficile godere a pieno di quell’affermazione in quel contesto spiacevole.
“Va bene…”
concluse infine la ragazza “Gli parlerò. Sarò
buona, sarò calma…”
“Brava. Mi dirai com’è andata quando avrete risolto, se vorrai. Va bene, tesoro?”
“Sì, d’accordo…”
“E basta con quel muso
lungo… Ci scommetto il catering della mia festa che hai il
broncio in questo momento…”
Beccata in pieno. Clarissa sorrise divertita.
“Ecco, adesso non ce l’hai più…” le sorrise Barbara sentendola ridacchiare.
“Prometto di venirti a trovare appena tutto sarà sistemato qui, ok? Voglio darti il regalo di persona.”
“Va bene, sai che io ti
aspetto e che non ho nessuna fretta! Tu chiamami se hai bisogno di
qualcosa, tesoro mio, va bene? Non tenerti tutto dentro…”
“No, tranquilla…”
Si salutarono serenamente e Clarissa si addormentò con facilità, rilassata sotto le lenzuola.
Non fece nessun sogno. Semplicemente dormì, e con lei anche il suo cervello.
~~~
Erano ore che tirava fuori la stessa scusa. Harry non voleva crederci, era sbigottito.
“Non hai nient’altro da dire?”
Cassie fece spallucce con aria colpevole e borbottò confusamente: “Te l’ho detto, mi spiace…”
“Ma…”
Era sempre stato abituato a trattare le ragazze con il massimo riguardo.
Ma anche a parlare con franchezza.
“… Cazzo, pianti un
casino dell’altro mondo, scappi via come una ladra, ti ritrovo a
casa mia e tutto quello che sento è ‘Mi
dispiace’!”
“Mi ero spaventata, Harry!” fu la giustificazione che lo fece innervosire ancora di più.
“Cassie! Ti ho lasciata da
sola per cinque minuti! Sono andato a fumare! E ti ho ritrovata a fare
la… la zoccola con un mio amico!” esclamò ad alta
voce, scandendo bene le parole, così forse le avrebbe
chiarificato meglio quanto fosse incazzato in quel momento.
Non riuscì a sentirsi in
colpa per averla insultata, non mentre stava constatando con squallore
quanto lei fosse passiva ed indifferente rispetto a tutto ciò
che aveva causato.
“Anche io avevo
bevuto…” gli spiegò in tono risentito “Ma
almeno io non ho provocato danni, né a me stessa, né agli
altri! Ho fatto una stupidaggine, va bene, c’è bisogno di
crocefiggermi per questo? È morto qualcuno?”
“Scusa tanto, sai!” la
schernì amaramente il batterista “Non è successo
niente, è vero! Ci siamo solo picchiati come due perfetti idioti
e a quest’ora, se fosse dipeso da te, sarei ancora lì in
discoteca, sul pavimento! Scusa se mi sono permesso di farti notare che
sei una stronza!”
Cassie lo fulminò con
un’occhiata indignata e ribadì: “Ti ricordo che se
sono scappata è stato solo per il casino che hai combinato tu!
Avresti potuto semplicemente dire a me o a Danny di stare al proprio
posto e invece hai voluto fare lo splendido! Me ne sono andata per quel
motivo! E sono stata tutto il tempo qui ad aspettarti!”
“Ah, e così spunta
fuori che dovevo tenerti a bada come i bambini dell’asilo?! E
comunque grazie per aver tenuto il cellulare spento per tutto il tempo,
amore mio, sei un angelo!”
“Avevo la batteria scarica!”
“Ma pensa che sfortuna!”
Considerò seriamente
l’idea di sbatterla fuori casa, non era possibile che volesse
avere ragione quando invece era nel torto più evidente! Dopo
aver parlato il labbro li faceva male e il dolore non faceva altro che
renderlo ancora più irascibile; una voce in un angolo della sua
coscienza tentava di imporgli la calma, di non fargli alzare la voce in
presenza di una ragazza colpevole solo di essere ostinatamente stupida,
ma lui non voleva ascoltarla. Voleva solo smaltire la rabbia in qualche
modo.
Prima si era incazzato con Danny.
Poi subito dopo con Cassie.
Infine, ci si era messo anche il labbro ferito a farlo stare ancora peggio.
Per non parlare della scenata di
Clarissa, quella che avrebbe voluto fermare ma forse anche sostenere,
perché poteva comprendere come si fosse sentita: sola, senza un
sostegno, nei casini fino al collo.
Solo che a lui sarebbero bastati
alcuni punti e degli antidolorifici per guarire. La sua amica invece
avrebbe avuto bisogno di una buona dose di convincenti spiegazioni da
parte del suo ragazzo. Chissà se lo avrebbe ascoltato o mandato
a quel paese. Non si sarebbe stupito della seconda opzione, e di questa
ipotesi si sentiva in parte responsabile, perché se, oltre a
Dan, anche lui non avesse bevuto troppo… forse le cose sarebbero
andate in un altro modo.
“Ascolta, Cas…”
sospirò, esasperato “Io ho bisogno di… starti
lontano per un po’. Non voglio incazzarmi più del dovuto.
Lasciami solo, ok?”
La ragazza si strinse nelle spalle e chiese titubante: “Vuoi che… me ne vada?”
“Sì, brava. Voglio che tu te ne vada, adesso.”
“E… pensi che potremmo sentirci qualche volta?”
“Cassie, ho bisogno di pensare, senza pressioni, chiaro?”
“Ok, ok. allora… prenditi pure tutto il tempo che vuoi, d’accordo. Ciao, Harry…”
“Ciao…”
“Mi dispiace davvero tanto…”
“Me lo hai già detto. Ciao…”
Attese il suono della porta che si
era chiusa alle sue spalle e sospirò per l’ennesima volta,
stanco morto nel fisico e nella mente.
Non avrebbe voluto trattarla così, ma non aveva avuto altra scelta.
Se ne era lavata le mani, di lui,
del suo gesto malizioso e stupido, delle conseguenze che avrebbe dovuto
affrontare insieme a lui.
Scosse la testa, scoraggiato, e si
ripromise di chiamare al più presto Clarissa per sentire se
almeno lei stava meglio di lui, cosa di cui però dubitava.
~~~
“Sei sveglio? Per che ora arrivi?”
Forse sarebbe andata a prenderlo
lei stessa se non le avessero detto che ci avrebbe pensato
un’autoambulanza a riaccompagnare Danny a casa. Gli avrebbe
tenuto il broncio per tutto il tragitto, ma almeno lui avrebbe
apprezzato la cortesia. Forse.
La risposta al suo SMS arrivò quasi subito.
“Al massimo un’ora… Tu sei a casa?”
“Ti aspetto qui.”
Apatica e fredda come i suoi
messaggi, si preparò dopo aver fatto colazione: una tuta in
velluto scuro sostituì il pigiama, ed una severa coda di cavallo
le imprigionò i capelli, esaltando i suoi grandi occhi che si
stavano preparando a rimanere indifferente davanti a qualsiasi cosa.
Quando il campanello suonò,
andò ad aprire e vide una volontaria, una ragazza più o
meno della sua età dietro a Danny, seduto su una sedia a
rotelle, più per prassi che per necessità.
“Buongiorno” la salutò con un caldo sorriso “Sono venuta a riportarle il convalescente…”
Clarissa ricambiò la sua
allegria con un’occhiata di tiepida simpatia e le disse:
“Mille grazie del passaggio…”
“Ma le pare… Per
l’ambulanza non si preoccupi: ci abbiamo pensato noi, nessun
disturbo!” la informò la giovane mentre Danny si alzava.
“Come, prego?”
“Abbiamo fatto una colletta
tra colleghi e… insomma, l’abbiamo fatto
volentieri!” confessò l’altra, lasciandola a bocca
aperta.
“Hanno voluto pagarmi lo
strappo fino a casa a tutti i costi, ho dovuto pregarli per metterci
una sterlina di tasca mia!” intervenne il chitarrista con una
risata.
“Ah!” si ritrovò ad esclamare la fidanzata, sbigottita “Allora… grazie due volte!”
“Si figuri! Buona giornata! E grazie degli autografi, Danny!”
“Grazie a voi, saluta gli altri!”
Clarissa assisté muta a quei
saluti allegri e informali mentre guardava la volontaria tornare verso
l’autoambulanza con la sedia a rotelle.
Danny appoggiò il
portafogli, il cellulare e le scartoffie mediche sul mobile
dell’ingresso per poi voltarsi verso di lei. Accennò un
sorriso forzato, non ricambiato.
“Alcuni di loro mi hanno
riconosciuto e… niente, abbiamo scambiato due chiacchiere
durante il loro turno di notte, io… non riuscivo a
dormire…” le spiegò tenendo gli occhi bassi.
Lo vedeva estremamente stanco,
aveva gli occhi cerchiati e il suo colorito non era dei migliori; la
sua camicia era tutta stropicciata e fuori dai jeans, macchiati di un
cocktail sconosciuto sulle cosce; i capelli si erano afflosciati e ora
gli ricadevano sulla fronte, scomposti e appiccicaticci a causa del gel.
Era uno straccio.
“Dovresti riposare adesso” gli consigliò in tono neutrale, le braccia incrociate sul petto.
Il chitarrista annuì, incerto, e puntò svogliatamente un dito verso le scale.
“Vado… a farmi una doccia…”
Lei annuì e fece per allontanarsi da lui e andare verso il salotto.
Lui fu più veloce: appena gli voltò le spalle, la raggiunse e l’abbracciò da dietro.
La sentì irrigidirsi
all’istante ma tentò lo stesso di non lasciarla andare, di
vincere la sua resistenza e la propria vergogna.
“Scusami. Mi dispiace, sul serio…” le sussurrò pianissimo con la bocca appoggiata al suo orecchio.
La ragazza trattené l’impulso di voltarsi e dargli un ceffone.
Attese qualche istante prima di reagire.
Percepì la sua stretta debole ma insistente sulla sua vita e gli sfiorò le mani, poggiandovi sopra le proprie.
Il suo alito puzzava ancora di alcool e i suoi capelli di fumo, di sudore…
Scorse un piccolo taglietto rosso sulla nocca del medio destro.
Forse se lo era procurato picchiandosi con Harry.
Deglutì con forza e non gli
mostrò i suoi occhi lucidi mentre rispondeva con fare
rassicurante: “Parliamone più tardi, quando ti sentirai
meglio… Rilassati un po’ ora…”
“… Ok…”
La lasciò andare, non senza
esitazioni, e sparì al piano superiore, così come lei si
eclissò nel salotto, in preda ai suoi pensieri tutt’altro
che piacevoli.
Non lo hai mai
chiamato, né sei mai andata a trovarlo. Sì, erano solo 24
ore, ma fatti un paio di domande e capirai perché ha stretto
amicizia coi volontari…
C’erano stati degli attimi in
cui avrebbe voluto massacrarlo di botte con le sue stesse mani ed in
quel momento un abnorme senso di colpa si stava mescolando al suo
risentimento, dando forma ad un macigno grosso come una casa che
gravava sulla sua testa, sul suo stomaco.
Per andare a
trovare Barb ci saranno altre occasioni, anche se magari non
sarà sempre il suo compleanno. Perché te la sei presa a
morte con lui?
Perché l’istinto aveva prevalso sulla ragione.
Perché i suoi programmi erano stati mandati all’aria da una sbronza.
Perché un’odiosa semi-sconosciuta lo aveva provocato.
Perché il suo tempismo tipicamente maschile faceva schifo.
Lo squillo del telefono la
distrasse bruscamente e la costrinse a rispondere per evitare un mal di
testa già sbocciato poco prima.
“Pronto?”
“Claire… Sono Harry, ciao…”
“Ehi, buongiorno… Sei a casa?”
“Sì, sì, sono tornato ieri sera tardi… Danny, è a casa anche lui?”
“Sì, adesso sta facendo la doccia, è tornato pochi minuti fa… Vuoi che ti faccia richiamare?”
“Veramente volevo chiederti se hai due minuti, volevo parlare con te…”
Si sistemò alla meglio sul divano per ascoltarlo a dovere e lo esortò: “Ti ascolto, dimmi…”
“Volevo solo spiegarti la mia
versione dei fatti, niente di più… Ti ho vista sconvolta
al pronto soccorso e mi sono sentito un perfetto stronzo, perché
è stata anche colpa mia se è successo tutto questo
casino…”
Clarissa sorrise intenerita: “Non preoccuparti per me… Sto già meglio…”
“Ma è giusto che io ti
spieghi, solo per farti capire chi ha fatto cosa… Tom e Doug
hanno omesso alcuni particolari quando ti hanno riassunto la cosa,
forse perché pensavano che a malapena avresti sopportato il
fatto di sapere che Cassie ci aveva provato con Dan…”
“Che cosa mi sono persa…?”
“Hai notato che al pronto soccorso lei non c’era, no?”
“In effetti… l’ho notato, sì…”
“Ebbene, sappi che se
l’era data a gambe durante la confusione generale. Ha preso ed
è scappata mentre io e Dan… insomma, ha pensato bene di
togliersi d’impaccio per non doversi assumere le sue
responsabilità!”
“Cosa?!” esclamò la ragazza incredula.
“Una carognata bella e buona,
sì” confermò il batterista con disinvoltura
“Ha tolto le tende dal locale, ha spento il telefonino e mi ha
aspettato a casa. Casa mia. Quando l’ho vista… ti
risparmio le parole che sono volate!”
“Avete litigato?”
“Tu cosa avresti fatto al mio posto?”
“… Harry, ma che
figlia di una…” Clarissa si tappò al bocca prima di
completare la frase, furiosa.
“La penso come te. Ma vorrei
anche essere stato meno drasitco… le ho detto di andarsene, di
lasciarmi solo per un po’. Ho la testa che mi scoppia e ho
bisogno di un po’ di tempo per riflettere su questa
cosa…”
“Che bastarda… Ti ha lasciato nella merda…”
“Sì, e proprio per
questo voglio andarci con i piedi di piombo! Si è dimostrata
inaffidabile, furba come una volpe! Mi ha detto che se n’era
andata perché era troppo ubriaca e spaventata per restare
lì, pensa te… E chi se lo aspettava… Ad averlo
saputo prima, di certo non avrei perso tempo con lei…”
Dall’altra parte della
cornetta, l’amica sospirò: “Adesso posso dirti che
non mi è mai piaciuta? In qualche modo sospettavo che prima o
poi avrebbe combinato qualche cazzata, anche se quel che ha fatto va
oltre ogni aspettativa, cazzo! Ma… tu come stai?”
“Non lo so, ti
dirò… Mi sento meglio fisicamente, ma… dentro sto
una merda” ammise il ragazzo mestamente “Cassie ha un sacco
di difetti, ma non è sempre così… e io avrei
voluto essere meno duro ieri sera…”
“Harry, non avresti risolto niente nel non farle notare nulla o nel perdonarle subito ogni cosa!”
“Sì, è
che… insomma, non è che non le voglio bene e che non mi
pesa fare discorsi del genere con lei, accusarla di certe
cose…”
“Se l’è meritato! D’ora in poi starà più attenta! Ma tu… la rivuoi con te?”
“E’ una bella domanda…” rispose il batterista, meditabondo “Ci devo pensare…”
“Non voglio influenzarti… ma stai attento. Molto attento,ok?” l’avvertì Clarissa.
Lo sentì sorridere:
“Stai tranquilla, starò più che attento, voglio
prendermela con calma e decidere cos’è meglio per
me… Piuttosto, tu pensa a curare la testa di quell’altro
poveraccio… e non odiarlo, se puoi…”
La ragazza chiuse gli occhi e
ribatté rassegnata: “Certo che no… Chi è
convalescente va assistito, non odiato…”
“E’ anche il tuo ragazzo, forse dovresti amarlo…”
“Bé, adesso lo amo un po’ meno, se posso permettermi…”
“E’ pentito, Claire, lo
sai anche senza che te lo dica io. Ed è un bravo ragazzo,
abbiamo solo fatto un’immensa stronzata e ci è andata
proprio male. Fossi in te, proverei a dialogarci e a
chiarire…”
“Sì, lo farò di
sicuro, è che… non mi va giù questa cosa…
Era tutto pronto e ora invece… si resta a casa. Ci sono rimasta
male, tutto qui!”
“Posso fare qualcosa? Mi sento in parte responsabile!” si propose l’amico.
“Non preoccuparti, passerà anche questa…”
“Dico davvero, Clarissa, non fare complimenti, io… “ insisté l’altro.
“Harry, no, no,
tranquillo!” lo interruppe la ragazza, comprensiva “Mi
riterrò più che ripagata se la prossima volta che uscite
tutti insieme resterete sobri… Davvero…”
“E va bene, sarà
fatto… E’ dura prometterti certe cose, ma è giusto
che sia così!” scherzò Harry, facendola ridere un
po’.
Al momento dei saluti si
scambiarono numerose raccomandazioni: Harry la pregò di fare la
pace con Danny, Clarissa gli consigliò di prendere le dovute
cautele con Cassie.
Quando ormai la conversazione era
finita, notò che l’appartamento era silenzioso, non si
sentiva più scorrere neanche l’acqua dal bagno: Danny
doveva essere andato a dormire.
Si alzò dal sofà per
andare a controllare le ricette mediche lasciate all’entrata e
nel frattempo notò un SMS sul proprio cellulare…
“Salut, Clarissa! Sei
già arrivata? Volevo chiederti di spedirmi una cartolina se ne
hai voglia! Non vedo l’ora di vedere le foto di Dublino! Bacioni
– Daniel”
Sorrise tristemente.
Povero Daniel: non avrebbe ricevuto né la cartolina, né le foto. E sì che gliele aveva promesse.
Non gli rispose per mancanza di
voglia, optò per una chiamata che però avrebbe fatto
più tardi, magari mentre era fuori casa, a comprare gli
antidolorifici per Danny.
***
Il titolo di questo capitolo è stato estrapolato da "Not alone" dei Mc. No lucro!
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