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Autore: Ciribiricoccola    23/10/2010    1 recensioni
* STORIA TEMPORANEAMENTE SOSPESA * Clarissa e Danny insieme, come entrambi avevano sempre desiderato (ma mai ammesso!). E adesso che cosa succederà? L'amore sarà idilliaco? Nah, altrimenti sopraggiungerebbe la noia! Qualcosa succederà, e una grossa, enorme, spaventosa crepa ignorata da tutti si aprirà in questo quadretto perfetto. Provate a indovinare chi sarà la persona che per prima causerà questa crepa...
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Danny Jones, Dougie Poynter, Harry Judd, Nuovo personaggio, Tom Fletcher
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'McClaire- She's the young, she's not alright'
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claire Eeeeee salve a tutti, di nuovo, o meglio, salve a chi si ricorda ancora di me :).

Come posso descrivere questo nuovo capitolo?

Difficile?
Penoso?
Malaugurante?

In ogni caso, un capitolo che non apprezzo granché, come avrete capito! Fatemi sapere se la pensate allo stesso modo!

Ba mush!

Ciry


***


Mangiò con appetito nonostante avesse l’umore sotto i piedi: non aveva toccato cibo per tutto il giorno, era rimasta immobile a letto, tra il sonno e la veglia, meditabonda, triste; aveva pianto svariate volte e per non continuare a farlo all’infinito aveva provato a chiudere gli occhi nel tentativo di addormentarsi profondamente, ma senza successo, perché aveva recuperato tutte le energie fisiche nel giro di mezza giornata.

Poco prima delle sei aveva chiamato Frankie, come promesso a Tom, e lei era accorsa subito a casa sua, armata di solidarietà e cena take-away direttamente da McDonald’s: Dougie le aveva detto tutto, non doveva spiegarle niente.

Sorrise con fare materno nel vederla masticare.
“Ti senti meglio adesso?” chiese con gentilezza mentre finiva le sue patatine. Clarissa ricambiò il suo sguardo dolce ed annuì lentamente con la bocca piena.
“Perché non mi hai chiamata subito, Claire? Guarda in che stato sei, avrei potuto fare qualcosa in più se…”
Si interruppe davanti all’amica che scuoteva il capo con aria rassegnata.
“Volevo stare da sola, Fran… Volevo un po’ di tempo per riprendermi…” replicò con voce spenta.
L’altra la fissò, sentendosi impotente, e seppe solo ribadire: “Dan è stato un perfetto cretino… Parte di tutto questo casino è anche colpa sua… Ma non riesco a credere che Cassie abbia fatto una cosa del genere… Ubriaca o meno, una dovrebbe cercare di mantenere la dignità invece di fare la cretina con il primo che capita!”
“Già… ma è andata in un altro modo…” sospirò la bionda abbassando lo sguardo sui resti della cena.
“Si è trattato di una grossa cazzata…”
“Lo so…”
“… Non vuoi parlarne, vero?”
Frankie si sentì in colpa per aver insistito troppo, ma Clarissa tornò con gli occhi su di lei per tranquillizzarla e disse stancamente: “No, è solo che… adesso… adesso non so davvero cosa fare…”
“Cosa intendi…?”

La scrutò apprensiva mentre si alzava in piedi e rassettava la tavola: era sfuggente, si sottraeva ai suoi sguardi.
“Claire?” la chiamò timidamente, cercando di attirare la sua attenzione, anche solo di farsi guardare per vedere cosa avrebbero rivelato quegli occhi grandi e segnati dal pianto.
Clarissa gettò le scatole unte degli hamburger nella pattumiera e le rispose quasi in automatico, pur dandole le spalle.
“E’ da qualche tempo che… non va più così bene tra noi…”
Frankie spalancò gli occhi e non proferì parola. La lasciò continuare.
“Io… non so, forse non sono fatta per lui... per i suoi tempi, il suo lavoro… o forse lui non è fatto per me… per quello che chiedo io…”
“E tu che cosa chiedi?” domandò cautamente la moretta.
La sua amica si voltò.
Aveva le lacrime agli occhi.
“Chiedo un ragazzo che stia con me… e che non mi crei problemi quando non è con me…”
Si lasciò abbracciare dalla sua crocerossina del giorno che, per quanto ignorasse la sua reale condizione, voleva farla sorridere, voleva farle pensare positivo, voleva trasmetterle tutto il suo calore di amica.
“Claire, non fare così…” la pregò, anche lei sull’orlo del pianto “Dovresti parlarci… So che ora come ora avresti solo voglia di prenderlo a pugni e di non vederlo mai più, però è l’unico modo per sapere se vale la pena…continuare…”
Con il mento appoggiato sulla sua spalla, l’altra lasciò scendere alcuni fini rivoli salati e replicò debolmente: “Devo parlargli di una cosa così grave quando appena ieri sera si è quasi fracassato il cranio… Quello stupido…”
“Il momento giusto verrà fuori da sé, ok?” la rassicurò la vocalist, accarezzandole affettuosamente la schiena “Stagli vicino, prenditi il tuo tempo e aspetta che anche lui sia pronto…”
“E se… se alla fine…?”
La voce le tremò e Frankie si staccò dall’abbraccio per guardarla dritto negli occhi, seria.
“Non fasciarti la testa prima di rompertela” affermò con fermezza “Se parti con questo spirito, vuol dire che hai già preso una decisione.”
“No! Dio, no!” balbettò Clarissa di rimando spalancando gli occhi, quasi scandalizzata.
“E allora non buttarti subito nello sconforto! Ok?”
La ragazza annuì, le mani unite che le coprivano la faccia stanca dagli occhi in giù.
“E’ una cosa importante e va fatta in due. Tu sei intelligente e anche Danny lo è, nonostante… possa non sembrarlo…” ironizzò l’altra con un sorriso che la contagiò per qualche istante.




Ripeterono gli stessi discorsi con parole diverse per tutta la sera, o meglio, Clarissa se ne restò seduta sul divano ad ascoltare i consigli di Frankie e pregò con tutta se stessa di riuscire a seguirli e di non farsi vincere dalle sue stesse paure, dalla rabbia o dall’istintiva, stupida voglia di vendicarsi del suo fidanzato, il guastafeste che ora stava pagando le conseguenze della sua notte brava in modo più che soddisfacente.

Quando lo dirai a Barb, stai pur certa che ne resterà delusa.

Lui voleva solo divertirsi come al solito e poi tornare a casa, nient’altro…

Potevi dargli retta e partire da sola. A quest’ora saresti arrivata e avresti fatto tutti contenti. Ma tu ti saresti sentita una merda per tutto il week end.

Cosa starà facendo adesso? Penserà che sono una stronza pazzoide che se ne frega di lui…

È stata lei a rovinare tutto. Quella puttana.

Non ho voglia di vederlo adesso, finirei solo per insultarlo…

Giuro che quando torna a casa lo tengo a letto per una settimana intera, così starà lontano dai guai…

Non ne poteva più di quei pensieri vorticanti in mille direzioni nella sua testa, ma allo stesso tempo non riusciva farne a meno: interloquire con se stessa non era produttivo come esternare le proprie sensazioni con un amico, ma era esattamente quello il punto: Clarissa dava ragione a Clarissa, sia che dicesse X o Y.
L’amico di turno l’avrebbe contraddetta, le avrebbe proposto delle alternative, l’avrebbe sicuramente anche incoraggiata, ma mai quanto lei riusciva a farlo con se stessa.

Quando Frankie se ne andò erano quasi le due di notte. Avrebbero continuato a parlare ancora per ore, ma il cellulare della mora aveva squillato.
Dougie aveva chiamato la sua ragazza, chiedendole se per caso fosse riuscita a convincere Clarissa a uscire.
“Vi state dando alla pazza gioia, è per questo che non sei ancora a casa?!” aveva azzardato con una risatina, ma lei gli aveva risposto negativamente per poi riassumergli brevemente la loro serata tra donne; il bassista si era segretamente tranquillizzato all’idea che la sua preziosissima fidanzata fosse rimasta tra quattro mura e che non fosse uscita con l’amica, senza la sua custodia, senza neanche quella di Jones, così aveva dato la buonanotte a entrambe.
“Il tuo amico Poynter è maniacalmente geloso e non riesce a nasconderlo neanche per telefono…” era stato il commento della cantante.




Una volta da sola in casa, Clarissa rifletté sul da farsi e concluse che aveva un sonno tremendo, voleva assolutamente riposare e farsi trovare sveglia al ritorno di Danny, che sarebbe rientrato in mattinata.
Prima di coricarsi afferrò la cornetta del telefono e compose il numero di casa di Barbara in un impeto d’incoscienza.
Sapeva che avrebbe risposto con la voce piena di sonno, sapeva che l’avrebbe spaventata a morte.
Ma le doveva quella telefonata. Inoltre, voleva essere sgombra da altri pensieri per il ritorno del suo ragazzo.


“… Adesso mi spiego un paio di cose, sì… “
“E’ andata così…”
“E tu sei ancora un po’ sconvolta, ti sento dalla voce…”
“Non sono sconvolta, sono incazzata, Barb!”
“Ssshhh, non dire certe cose, sai benissimo di essere preoccupata per lui adesso, di certo non lo vorresti con la testa rotta!”
“No, ma… Ma santo Dio, era tutto pronto! Non ci vediamo da un anno e…”
“Non credere che non ci abbia pensato anch’io!”
“E allora vedi che anche tu vorresti tanto che non avesse fatto una stronzata simile?”
“Sì. Ma se avessi avuto la sua età, ok, forse non mi sarei procurata un trauma cranico, ma una sbronza sì! Perché sarei stata una normalissima ragazza un po’ brilla e più che tranquilla all’idea di partire con calma il giorno dopo! È stato anche sfortunato, Clarissa, le circostanze sono state praticamente ingestibili!”
“Come se lui fosse la povera vittima!”
“E’ stato anche una vittima!”
“Perché lo difendi?”
“E perché tu vuoi dargli contro a tutti i costi?”

Il tono esasperato di Clarissa divenne rassegnato di fronte ai toni diplomatici e irrimediabilmente giusti della sua matrigna.

“Ha fatto qualcosa di stupido, come spesso capita a chiunque…” riprese la donna con la sua voce bassa e calma.
Dall’altro capo del filo, la figlia sospirò: “… Ok. Ma ammetti che adesso è anche per colpa sua se non sono da te!”
“Certo, è innegabile. E dato che si trattava del mio compleanno, sarò io stessa a dargli una tirata di orecchie quando capiterà l’occasione. Nel frattempo, pensaci tu per me… ma non farlo sentire come l’elefante che è entrato in cristalleria e ha distrutto tutto…”
“Mi ci vorrà una buona dose di tolleranza per non strozzarlo…”
“E la troverai. È il tuo fidanzato e siete innamorati pazzi l’uno dell’altra…”

Arrossì sentendo quella frase: erano innamorati e si vedeva. La cosa la lusingava.
Ma era difficile godere a pieno di quell’affermazione in quel contesto spiacevole.

“Va bene…” concluse infine la ragazza “Gli parlerò. Sarò buona, sarò calma…”
“Brava. Mi dirai com’è andata quando avrete risolto, se vorrai. Va bene, tesoro?”
“Sì, d’accordo…”
“E basta con quel muso lungo… Ci scommetto il catering della mia festa che hai il broncio in questo momento…”
Beccata in pieno. Clarissa sorrise divertita.
“Ecco, adesso non ce l’hai più…” le sorrise Barbara sentendola ridacchiare.
“Prometto di venirti a trovare appena tutto sarà sistemato qui, ok? Voglio darti il regalo di persona.”
“Va bene, sai che io ti aspetto e che non ho nessuna fretta! Tu chiamami se hai bisogno di qualcosa, tesoro mio, va bene? Non tenerti tutto dentro…”
“No, tranquilla…”

Si salutarono serenamente e Clarissa si addormentò con facilità, rilassata sotto le lenzuola.
Non fece nessun sogno. Semplicemente dormì, e con lei anche il suo cervello.  




~~~




Erano ore che tirava fuori la stessa scusa. Harry non voleva crederci, era sbigottito.
“Non hai nient’altro da dire?”
Cassie fece spallucce con aria colpevole e borbottò confusamente: “Te l’ho detto, mi spiace…”
“Ma…”

Era sempre stato abituato a trattare le ragazze con il massimo riguardo.
Ma anche a parlare con franchezza.

“… Cazzo, pianti un casino dell’altro mondo, scappi via come una ladra, ti ritrovo a casa mia e tutto quello che sento è ‘Mi dispiace’!”
“Mi ero spaventata, Harry!” fu la giustificazione che lo fece innervosire ancora di più.
“Cassie! Ti ho lasciata da sola per cinque minuti! Sono andato a fumare! E ti ho ritrovata a fare la… la zoccola con un mio amico!” esclamò ad alta voce, scandendo bene le parole, così forse le avrebbe chiarificato meglio quanto fosse incazzato in quel momento.
Non riuscì a sentirsi in colpa per averla insultata, non mentre stava constatando con squallore quanto lei fosse passiva ed indifferente rispetto a tutto ciò che aveva causato.

“Anche io avevo bevuto…” gli spiegò in tono risentito “Ma almeno io non ho provocato danni, né a me stessa, né agli altri! Ho fatto una stupidaggine, va bene, c’è bisogno di crocefiggermi per questo? È morto qualcuno?”
“Scusa tanto, sai!” la schernì amaramente il batterista “Non è successo niente, è vero! Ci siamo solo picchiati come due perfetti idioti e a quest’ora, se fosse dipeso da te, sarei ancora lì in discoteca, sul pavimento! Scusa se mi sono permesso di farti notare che sei una stronza!”
Cassie lo fulminò con un’occhiata indignata e ribadì: “Ti ricordo che se sono scappata è stato solo per il casino che hai combinato tu! Avresti potuto semplicemente dire a me o a Danny di stare al proprio posto e invece hai voluto fare lo splendido! Me ne sono andata per quel motivo! E sono stata tutto il tempo qui ad aspettarti!”
“Ah, e così spunta fuori che dovevo tenerti a bada come i bambini dell’asilo?! E comunque grazie per aver tenuto il cellulare spento per tutto il tempo, amore mio, sei un angelo!”
“Avevo la batteria scarica!”
“Ma pensa che sfortuna!”

Considerò seriamente l’idea di sbatterla fuori casa, non era possibile che volesse avere ragione quando invece era nel torto più evidente! Dopo aver parlato il labbro li faceva male e il dolore non faceva altro che renderlo ancora più irascibile; una voce in un angolo della sua coscienza tentava di imporgli la calma, di non fargli alzare la voce in presenza di una ragazza colpevole solo di essere ostinatamente stupida, ma lui non voleva ascoltarla. Voleva solo smaltire la rabbia in qualche modo.
Prima si era incazzato con Danny.
Poi subito dopo con Cassie.
Infine, ci si era messo anche il labbro ferito a farlo stare ancora peggio.
Per non parlare della scenata di Clarissa, quella che avrebbe voluto fermare ma forse anche sostenere, perché poteva comprendere come si fosse sentita: sola, senza un sostegno, nei casini fino al collo.
Solo che a lui sarebbero bastati alcuni punti e degli antidolorifici per guarire. La sua amica invece avrebbe avuto bisogno di una buona dose di convincenti spiegazioni da parte del suo ragazzo. Chissà se lo avrebbe ascoltato o mandato a quel paese. Non si sarebbe stupito della seconda opzione, e di questa ipotesi si sentiva in parte responsabile, perché se, oltre a Dan, anche lui non avesse bevuto troppo… forse le cose sarebbero andate in un altro modo.  

“Ascolta, Cas…” sospirò, esasperato “Io ho bisogno di… starti lontano per un po’. Non voglio incazzarmi più del dovuto. Lasciami solo, ok?”
La ragazza si strinse nelle spalle e chiese titubante: “Vuoi che… me ne vada?”
“Sì, brava. Voglio che tu te ne vada, adesso.”
“E… pensi che potremmo sentirci qualche volta?”
“Cassie, ho bisogno di pensare, senza pressioni, chiaro?”
“Ok, ok. allora… prenditi pure tutto il tempo che vuoi, d’accordo. Ciao, Harry…”
“Ciao…”
“Mi dispiace davvero tanto…”
“Me lo hai già detto. Ciao…”

Attese il suono della porta che si era chiusa alle sue spalle e sospirò per l’ennesima volta, stanco morto nel fisico e nella mente.
Non avrebbe voluto trattarla così, ma non aveva avuto altra scelta.
Se ne era lavata le mani, di lui, del suo gesto malizioso e stupido, delle conseguenze che avrebbe dovuto affrontare insieme a lui.
Scosse la testa, scoraggiato, e si ripromise di chiamare al più presto Clarissa per sentire se almeno lei stava meglio di lui, cosa di cui però dubitava.




~~~




“Sei sveglio? Per che ora arrivi?”

Forse sarebbe andata a prenderlo lei stessa se non le avessero detto che ci avrebbe pensato un’autoambulanza a riaccompagnare Danny a casa. Gli avrebbe tenuto il broncio per tutto il tragitto, ma almeno lui avrebbe apprezzato la cortesia. Forse.
La risposta al suo SMS arrivò quasi subito.

“Al massimo un’ora… Tu sei a casa?”
“Ti aspetto qui.”

Apatica e fredda come i suoi messaggi, si preparò dopo aver fatto colazione: una tuta in velluto scuro sostituì il pigiama, ed una severa coda di cavallo le imprigionò i capelli, esaltando i suoi grandi occhi che si stavano preparando a rimanere indifferente davanti a qualsiasi cosa.
Quando il campanello suonò, andò ad aprire e vide una volontaria, una ragazza più o meno della sua età dietro a Danny, seduto su una sedia a rotelle, più per prassi che per necessità.
“Buongiorno” la salutò con un caldo sorriso “Sono venuta a riportarle il convalescente…”
Clarissa ricambiò la sua allegria con un’occhiata di tiepida simpatia e le disse: “Mille grazie del passaggio…”
“Ma le pare… Per l’ambulanza non si preoccupi: ci abbiamo pensato noi, nessun disturbo!” la informò la giovane mentre Danny si alzava.
“Come, prego?”
“Abbiamo fatto una colletta tra colleghi e… insomma, l’abbiamo fatto volentieri!” confessò l’altra, lasciandola a bocca aperta.
“Hanno voluto pagarmi lo strappo fino a casa a tutti i costi, ho dovuto pregarli per metterci una sterlina di tasca mia!” intervenne il chitarrista con una risata.
“Ah!” si ritrovò ad esclamare la fidanzata, sbigottita “Allora… grazie due volte!”
“Si figuri! Buona giornata! E grazie degli autografi, Danny!”
“Grazie a voi, saluta gli altri!”
Clarissa assisté muta a quei saluti allegri e informali mentre guardava la volontaria tornare verso l’autoambulanza con la sedia a rotelle.

Danny appoggiò il portafogli, il cellulare e le scartoffie mediche sul mobile dell’ingresso per poi voltarsi verso di lei. Accennò un sorriso forzato, non ricambiato.
“Alcuni di loro mi hanno riconosciuto e… niente, abbiamo scambiato due chiacchiere durante il loro turno di notte, io… non riuscivo a dormire…” le spiegò tenendo gli occhi bassi.
Lo vedeva estremamente stanco, aveva gli occhi cerchiati e il suo colorito non era dei migliori; la sua camicia era tutta stropicciata e fuori dai jeans, macchiati di un cocktail sconosciuto sulle cosce; i capelli si erano afflosciati e ora gli ricadevano sulla fronte, scomposti e appiccicaticci a causa del gel.
Era uno straccio.

“Dovresti riposare adesso” gli consigliò in tono neutrale, le braccia incrociate sul petto.
Il chitarrista annuì, incerto, e puntò svogliatamente un dito verso le scale.
“Vado… a farmi una doccia…”
Lei annuì e fece per allontanarsi da lui e andare verso il salotto.
Lui fu più veloce: appena gli voltò le spalle, la raggiunse e l’abbracciò da dietro.
La sentì irrigidirsi all’istante ma tentò lo stesso di non lasciarla andare, di vincere la sua resistenza e la propria vergogna.
“Scusami. Mi dispiace, sul serio…” le sussurrò pianissimo con la bocca appoggiata al suo orecchio.
La ragazza trattené l’impulso di voltarsi e dargli un ceffone.
Attese qualche istante prima di reagire.
Percepì la sua stretta debole ma insistente sulla sua vita e gli sfiorò le mani, poggiandovi sopra le proprie.
Il suo alito puzzava ancora di alcool e i suoi capelli di fumo, di sudore…
Scorse un piccolo taglietto rosso sulla nocca del medio destro.
Forse se lo era procurato picchiandosi con Harry.
Deglutì con forza e non gli mostrò i suoi occhi lucidi mentre rispondeva con fare rassicurante: “Parliamone più tardi, quando ti sentirai meglio… Rilassati un po’ ora…”
“… Ok…”
La lasciò andare, non senza esitazioni, e sparì al piano superiore, così come lei si eclissò nel salotto, in preda ai suoi pensieri tutt’altro che piacevoli.

Non lo hai mai chiamato, né sei mai andata a trovarlo. Sì, erano solo 24 ore, ma fatti un paio di domande e capirai perché ha stretto amicizia coi volontari…

C’erano stati degli attimi in cui avrebbe voluto massacrarlo di botte con le sue stesse mani ed in quel momento un abnorme senso di colpa si stava mescolando al suo risentimento, dando forma ad un macigno grosso come una casa che gravava sulla sua testa, sul suo stomaco.

Per andare a trovare Barb ci saranno altre occasioni, anche se magari non sarà sempre il suo compleanno. Perché te la sei presa a morte con lui?

Perché l’istinto aveva prevalso sulla ragione.
Perché i suoi programmi erano stati mandati all’aria da una sbronza.
Perché un’odiosa semi-sconosciuta lo aveva provocato.
Perché il suo tempismo tipicamente maschile faceva schifo.

Lo squillo del telefono la distrasse bruscamente e la costrinse a rispondere per evitare un mal di testa già sbocciato poco prima.

“Pronto?”
“Claire… Sono Harry, ciao…”
“Ehi, buongiorno… Sei a casa?”
“Sì, sì, sono tornato ieri sera tardi… Danny, è a casa anche lui?”
“Sì, adesso sta facendo la doccia, è tornato pochi minuti fa… Vuoi che ti faccia richiamare?”
“Veramente volevo chiederti se hai due minuti, volevo parlare con te…”
Si sistemò alla meglio sul divano per ascoltarlo a dovere e lo esortò: “Ti ascolto, dimmi…”
“Volevo solo spiegarti la mia versione dei fatti, niente di più… Ti ho vista sconvolta al pronto soccorso e mi sono sentito un perfetto stronzo, perché è stata anche colpa mia se è successo tutto questo casino…”
Clarissa sorrise intenerita: “Non preoccuparti per me… Sto già meglio…”
“Ma è giusto che io ti spieghi, solo per farti capire chi ha fatto cosa… Tom e Doug hanno omesso alcuni particolari quando ti hanno riassunto la cosa, forse perché pensavano che a malapena avresti sopportato il fatto di sapere che Cassie ci aveva provato con Dan…”
“Che cosa mi sono persa…?”
“Hai notato che al pronto soccorso lei non c’era, no?”
“In effetti… l’ho notato, sì…”
“Ebbene, sappi che se l’era data a gambe durante la confusione generale. Ha preso ed è scappata mentre io e Dan… insomma, ha pensato bene di togliersi d’impaccio per non doversi assumere le sue responsabilità!”
“Cosa?!” esclamò la ragazza incredula.
“Una carognata bella e buona, sì” confermò il batterista con disinvoltura “Ha tolto le tende dal locale, ha spento il telefonino e mi ha aspettato a casa. Casa mia. Quando l’ho vista… ti risparmio le parole che sono volate!”
“Avete litigato?”
“Tu cosa avresti fatto al mio posto?”
“… Harry, ma che figlia di una…” Clarissa si tappò al bocca prima di completare la frase, furiosa.
“La penso come te. Ma vorrei anche essere stato meno drasitco… le ho detto di andarsene, di lasciarmi solo per un po’. Ho la testa che mi scoppia e ho bisogno di un po’ di tempo per riflettere su questa cosa…”
“Che bastarda… Ti ha lasciato nella merda…”
“Sì, e proprio per questo voglio andarci con i piedi di piombo! Si è dimostrata inaffidabile, furba come una volpe! Mi ha detto che se n’era andata perché era troppo ubriaca e spaventata per restare lì, pensa te… E chi se lo aspettava… Ad averlo saputo prima, di certo non avrei perso tempo con lei…”
Dall’altra parte della cornetta, l’amica sospirò: “Adesso posso dirti che non mi è mai piaciuta? In qualche modo sospettavo che prima o poi avrebbe combinato qualche cazzata, anche se quel che ha fatto va oltre ogni aspettativa, cazzo! Ma… tu come stai?”
“Non lo so, ti dirò… Mi sento meglio fisicamente, ma… dentro sto una merda” ammise il ragazzo mestamente “Cassie ha un sacco di difetti, ma non è sempre così… e io avrei voluto essere meno duro ieri sera…”
“Harry, non avresti risolto niente nel non farle notare nulla o nel perdonarle subito ogni cosa!”
“Sì, è che… insomma, non è che non le voglio bene e che non mi pesa fare discorsi del genere con lei, accusarla di certe cose…”
“Se l’è meritato! D’ora in poi starà più attenta! Ma tu… la rivuoi con te?”
“E’ una bella domanda…” rispose il batterista, meditabondo “Ci devo pensare…”
“Non voglio influenzarti… ma stai attento. Molto attento,ok?” l’avvertì Clarissa.
Lo sentì sorridere: “Stai tranquilla, starò più che attento, voglio prendermela con calma e decidere cos’è meglio per me… Piuttosto, tu pensa a curare la testa di quell’altro poveraccio… e non odiarlo, se puoi…”
La ragazza chiuse gli occhi e ribatté rassegnata: “Certo che no… Chi è convalescente va assistito, non odiato…”
“E’ anche il tuo ragazzo, forse dovresti amarlo…”
“Bé, adesso lo amo un po’ meno, se posso permettermi…”
“E’ pentito, Claire, lo sai anche senza che te lo dica io. Ed è un bravo ragazzo, abbiamo solo fatto un’immensa stronzata e ci è andata proprio male. Fossi in te, proverei a dialogarci e a chiarire…”
“Sì, lo farò di sicuro, è che… non mi va giù questa cosa… Era tutto pronto e ora invece… si resta a casa. Ci sono rimasta male, tutto qui!”
“Posso fare qualcosa? Mi sento in parte responsabile!” si propose l’amico.
“Non preoccuparti, passerà anche questa…”
“Dico davvero, Clarissa, non fare complimenti, io… “ insisté l’altro.
“Harry, no, no, tranquillo!” lo interruppe la ragazza, comprensiva “Mi riterrò più che ripagata se la prossima volta che uscite tutti insieme resterete sobri… Davvero…”
“E va bene, sarà fatto… E’ dura prometterti certe cose, ma è giusto che sia così!” scherzò Harry, facendola ridere un po’.

Al momento dei saluti si scambiarono numerose raccomandazioni: Harry la pregò di fare la pace con Danny, Clarissa gli consigliò di prendere le dovute cautele con Cassie.
Quando ormai la conversazione era finita, notò che l’appartamento era silenzioso, non si sentiva più scorrere neanche l’acqua dal bagno: Danny doveva essere andato a dormire.
Si alzò dal sofà per andare a controllare le ricette mediche lasciate all’entrata e nel frattempo notò un SMS sul proprio cellulare…

“Salut, Clarissa! Sei già arrivata? Volevo chiederti di spedirmi una cartolina se ne hai voglia! Non vedo l’ora di vedere le foto di Dublino! Bacioni – Daniel”

Sorrise tristemente.
Povero Daniel: non avrebbe ricevuto né la cartolina, né le foto. E sì che gliele aveva promesse.
Non gli rispose per mancanza di voglia, optò per una chiamata che però avrebbe fatto più tardi, magari mentre era fuori casa, a comprare gli antidolorifici per Danny.

***

Il titolo di questo capitolo è stato estrapolato da "Not alone" dei Mc. No lucro!
   
 
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