Lost Memories
(di Sihaya10)
* * *
La verità è una cosa
meravigliosa e terribile, e per questo va trattata con cautela.
J. K. Rowling, Harry Potter e la pietra filosofale
* * *
Capitolo 14 – Verità
Non si erano guardati in faccia
nemmeno un istante.
Il silenzio era stato
interminabile.
Poi Draco Malfoy aveva ordinato:
« Seguimi. »
Hermione Granger, senza fiatare,
aveva eseguito.
Gli interessi in ballo erano
troppi per potersi permettere una sola parola.
Scesero al piano terra, attraversarono il lungo corridoio
che si estendeva dietro le cucine di Villa Malfoy e giunsero in una stanza
fredda, umida e polverosa. La luce della luna filtrava da un’unica, stretta,
finestra posta nella parete di fronte all’entrata. Tutto il mobilio era
ricoperto da grandi lenzuoli bianchi. Nel centro della sala s’intravedeva,
sotto un telo, la struttura in ferro battuto di una vecchia lettiera; di fronte
c’era un grosso armadio. Malfoy scostò parzialmente la tenda che lo ricopriva e
ne aprì le ante; i cardini cigolarono e dal legno s’alzò un forte odore di
muffa.
Hermione s’affacciò da dietro le
sue spalle per vedere all’interno: il mobile era privo di ripiani e conteneva
soltanto un quadro.
Lo riconobbe subito.
L’aveva visto pochi giorni
prima, alla mostra. Era il ritratto che stava esaminando quando Malfoy l’aveva
invitata a cena; il dipinto che Harry e Ron sostenevano fosse stato nascosto.
In quel momento, Hermione
individuò facilmente anche il soggetto raffigurato: Narcissa Black.
Si rimproverò per non averci pensato
prima.
Poi ebbe un’intuizione.
I suoi occhi brillarono eccitati
appena comprese di cosa si trattava.
« Una Passaporta! » bisbigliò
quasi avesse il timore che qualcun altro potesse sentirla.
Malfoy annuì. « Me ne sono
accorto solo pochi giorni fa, dopo che ho fatto allestire la mostra. Prima non
sapevo nemmeno della sua esistenza… non mi occupo di queste cose, » precisò.
« Ci porterà a Diagon Alley? »
azzardò Hermione, in una crescente tensione.
Malfoy scrollò le spalle. « Non
ne ho idea. Non l’ho ancora usata. »
Hermione inspirò profondamente.
Un brivido di paura l’attraversò. Il volto di Narcissa Black sembrava scrutarla
minacciosa attraverso la tela, suggerendo che, ovunque conducesse quel
passaggio, lei non era certo la benvenuta.
Rifletté ansiosa.
E se fosse una
trappola?
« Non è sicura, » decretò. « Non
sappiamo dove conduce. Se finissimo nei guai, nessuno di noi potrebbe
difendersi. »
« Bene, » ribatté lui,
tagliente, « allora andiamo a Diagon Alley attraversando il Paiolo Magico. Di
certo non correremo pericoli... »
« Non puoi saperlo finché non
provi. »
Malfoy sospirò
impercettibilmente. Era impossibile che Hermione Granger non si rendesse conto
di quanto fosse ridicola la propria posizione. Certamente, da insopportabile
Grifondoro, s’impuntava solo per avere ragione a tutti i costi.
« L’ho già fatto, » disse
voltandosi a guardarla negli occhi, come atto di sfida.
Quell’affermazione la spiazzò.
Spalancò gli occhi e li piantò nei suoi, sospettosa.
« Avevi detto di non essere… »
« Ho detto che non sono mai
tornato a Hogwarts, » precisò lui. « In realtà, non sono stato nemmeno a
Diagon Alley, » aggiunse dopo una pausa retorica, « ma ho fatto diversi
sopralluoghi sulla Charing Cross: il passaggio è ancora utilizzato... »
« Avresti potuto attraversarlo e
dare un’occhiata. Sarebbe stato utile. Perché non l’hai fatto? » lo rimproverò
Hermione.
Lui, infastidito, rimbeccò: «
Non so… tu cosa proponi? Forse perché non posso usare la magia? »
« Perché hai paura. »
A Malfoy non piacque per niente
quella risposta e decise di vendicarsi.
Il suo sguardo si fece tetro e
la sua voce divenne un sibilo: « Sbagliato. Perché aspettavo te, Granger.
Costruendoti intorno meticolosamente la mia trappola. »
La vide sbiancare.
L’espressione atterrita sul viso
pallido della ragazza lo riempì di soddisfazione.
Sogghignò.
« Questa Passaporta è stata
creata per me; non so dove conduca, ma di certo in un luogo sicuro. »
« Sicuro per te, »
ribatté Hermione, nervosa.
« “Non puoi saperlo finché non
provi”, » Malfoy le fece il verso, pungente, tirando le labbra in un
sorriso provocatore. « Devi solo decidere se vale la pena rischiare. La posta
in gioco è alta… O sbaglio? »
* * *
« Oh, merda! »
Nello scantinato del Butterfly si udì forte e
chiara l’imprecazione di Ron, sbigottito.
« E adesso che faccio? » si lamentò mentre estraeva il
cellulare per chiamare Harry.
Inveì all’apparecchio,
saltellando sul posto, in attesa che l’amico rispondesse alla chiamata.
« Oh dai, Harry, rispondi!
Cavolo! »
Dall’altra parte era silenzio
assoluto.
Ron attese invano per diversi squilli, finché si attivò la
segreteria. Subito dopo il classico “bip”, camminando avanti indietro, iniziò a
riversare nel ricevitore una valanga di parole, senza quasi prendere fiato, che
testimoniavano tutta la sua agitazione.
« Diamine! Quando ho bisogno non
ci sei mai! » aggredì il suo interlocutore fantasma. « Alza le tue chiappe e
vieni in ufficio. Qui è successo un casino, » spiegò continuando a muoversi per
tutta la stanza, come una molla, gesticolando nervosamente per poi tormentarsi
grossi ciuffi di capelli rossi.
« Sono nello scantinato del Butterfly…
C’era la luce accesa, mi è sembrato strano e sono sceso per controllare… Non
puoi immaginare cos’ho trovato! Senti… mi dispiace, ma non devi fidarti di
Ginny, hai capito? Non fidarti! » ammonì apprensivo. « Non lo dico per
invidia, Harry, non lo farei mai… Oh, cavolo, non riesco a crederci, però l’ho
davanti agli occhi; è mezzo coperto, ma non mi sto sbagliando. Sono sicuro: è
il quadro di McKenzie! È pazzesco. Mi dispiace dirlo… è un’accusa pesante… non
chiedermi come ha fatto perché non ne ho idea… ma è la verità… l’ha
rubato lei… L’ha rubato Ginny! »
Tacque per qualche istante, troppo agitato per continuare.
« Non so cosa fare, te lo giuro,
ma non posso lasciarlo qui, cerca di capire… Mi dispiace, ma devo prenderlo.
Uso il telo per non lasciare impronte e lo porto in ufficio… Non chiamo la
polizia, OK? Vado in ufficio e ti aspetto. Muoviti! »
Disse quelle ultime parole con
lo sguardo fisso sul quadro.
Non aveva ancora chiuso la
telefonata quando, all’improvviso, il pavimento ai suoi piedi si trasformò in
un concerto di scintille scoppiettanti, una raffica di petardi. Imprecò e prese
a saltellare cercando di evitare gli scoppi che sbocciavano ai suoi piedi con
intensità crescente.
Un boato più forte degli altri
lo terrorizzò. Per lo spavento gridò e il cellulare, con la chiamata ancora in
attesa, gli scivolò dalle mani e cadde a terra, rompendosi.
Gridò di nuovo quando una luce
accecante lo investì, costringendolo a chiudere gli occhi e voltare il viso
riparandosi con un braccio.
Un susseguirsi di esplosioni più
potenti lo atterrì a tal punto che, indietreggiando alla cieca, inciampò
rovinando fra l’ammasso di scatoloni vuoti.
Sentì una voce, fra i botti; una
risata.
Provò ad aprire gli occhi, ma la
luce era ancora accecante.
Poi, all’improvviso, qualcuno
balzò su di lui, bloccandogli gambe e braccia; con voce roca lo minacciò: « Non
fiatare o ti faccio secco. »
Ron, terrorizzato, pensò che
tutto sommato poteva farcela a trattenere il fiato.
Respirare non era urgente… non
quanto il bisogno di andare in bagno!
* * *
Hermione fece un passo avanti
affiancando Malfoy.
« Se questo è un inganno, te ne
farò pentire amaramente, » ammonì.
Lui osservò il suo profilo
dall’alto: se aveva paura, non lo dava a vedere.
« E come? Lo dirai alla
McGrannit? » la canzonò.
Lei ebbe un moto di stizza e si
rifiutò di considerarlo.
Lui allora si mise la mano
sinistra in tasca e pose le dita della destra contro la sua schiena, poco sotto
le scapole, premendo con forza per spingerla in avanti.
Lei, colta di sorpresa, fece
qualche passo incespicando, avvicinandosi al quadro.
« Prendilo, » ordinò Malfoy
facendole pressione con le dita sulla schiena.
Lei si voltò tentennante: « Io?
» balbettò.
Lui tirò le labbra sottili in un
sorriso compiaciuto.
Oh, adesso sì che hai paura…
« Certo Granger, lì dentro è
pieno di muffa, » disse altezzoso, « ed io ho già le mani sporche di fango. »
Hermione strinse i denti.
Inaspettatamente, quell’insulto velato le aveva fatto male, tanto che non
riuscì a trovare nulla con cui ribattere. Allora prese il quadro, mossa dal
desiderio di romperglielo in testa, ma Draco ne afferrò immediatamente la cornice
e subito dopo la Passaporta si attivò, risucchiando entrambi in un vortice di
vento…
L’atterraggio colse Hermione impreparata.
Quando arrivarono a
destinazione, inciampò e cadde a terra. Si mise a sedere dolorante, costatando
sconfortata lo strappo sui jeans, all’altezza del ginocchio.
Poco più avanti arrivò Malfoy.
Schivò per un pelo un robusto tavolo di legno, cui si appoggiò barcollando per
qualche passo, ma rimase in piedi.
Scuotendosi i pantaloni si
guardò intorno, spaesato.
Erano giunti in una piccola
casetta di legno, costituita da un’unica stanza; arredata con uno stretto
letto, un camino, un grosso tavolo al centro ed uno scaffale alto fino al
soffitto, ricolmo di oggetti accatastati in apparente disordine; a fianco del
camino, una parete provvisoria separava i servizi.
Era un rifugio abbandonato da
lungo tempo.
Ogni cosa era ricoperta da uno
spesso strato di polvere, tanto che nell’atto di appoggiarsi per restare in
piedi, la mano di Draco aveva lasciato una lunga scia lucida sul manto grigio
ed uniforme del tavolo.
Hermione, ancora accovacciata in
terra, starnutì.
Si era quasi dimenticato di lei.
La guardò dall’alto, al di là
del tavolo.
Era completamente malmessa,
sembrava che metà dei capelli le si fossero rivoltati sulla testa, il
maglioncino di lana scuro che indossava era tutto impolverato, e aveva persino
i pantaloni strappati.
« Per Merlino, Granger! » esordì
disgustato. « Sembra che tu non abbia mai usato una Passaporta! »
Lei si difese: « Per tua
informazione, Malfoy, sono due anni che non mi esercito! Non è così semplice. »
« Anche io sono due anni che non
lo faccio, Granger, » ribatté lui, « eppure guardami: sono in piedi!
Evidentemente non è questione di esercizio, è questione di stile. »
Lei s’alzò, ripetendosi che quel
genere di provocazione era da ignorare.
Così non rispose e s’avvicinò
allo scaffale per dare un’occhiata. Con sua enorme sorpresa vide che era
ricolmo di un’infinità di oggetti magici, di pozioni, di erbe ed ingredienti
generici. Alcuni noti, altri visti solo sui libri; di qualcuno non conosceva
nemmeno l’esistenza, né la funzione.
Anche Draco esaminava il luogo
estasiato, prodigandosi in lodi solenni alla genialità della propria famiglia,
a partire dai più antichi avi fondatori.
Prima di utilizzare la
Passaporta, Hermione aveva avuto davvero paura di inoltrarsi in quella trama
ordita, nei minimi particolari, da una spietata famiglia di Mangiamorte.
Ora, però, capiva d’essere al
sicuro quanto lo era Draco.
Tutto quello che aveva visto era
stato minuziosamente progettato e creato da Lucius e Narcissa, ed aveva il solo
ed unico intento di proteggere ciò che rimaneva loro di più prezioso.
E non si trattava soltanto di un
figlio.
Si trattava di un nome, di una
dinastia.
Si trattava dell’ultimo
discendente dei Malfoy.
Ora sapeva che poteva seguire il
Serpeverde lungo il percorso studiato dai suoi genitori.
Essi avevano consegnato la propria vita a Lord Voldemort,
dapprima invaghiti del suo potere, poi inchiodati ad esso con minacce e ricatti;
ma, un istante prima di morire, avevano preso una decisione importante: mai
avrebbero lasciato la loro eredità, il loro futuro, nelle sue gelide mani.
Hermione sorrise fra sé e sé: il
destino a volte sapeva essere davvero beffardo.
Lucius Malfoy aveva previsto un
incantesimo che impedisse persino a Harry Potter di toccare il diario di suo
figlio, ma non aveva posto alcun ostacolo per i Nati Babbani… Evidentemente
riteneva impossibile (o forse non riusciva nemmeno ad immaginarlo) che Draco
potesse condurre lei, Hermione Granger, attraverso quella sua maestosa
creazione.
E lui…
Hermione cercò Malfoy con lo
sguardo.
Probabilmente l’aveva capito.
Il ragazzo stava davanti
all’unica porta di quel piccolo rifugio; sentendosi osservato, si voltò.
« Vado fuori, » disse girando la
maniglia.
Hermione - voce della prudenza -
si oppose: « Non mi sembra una buona idea… » obbiettò, ma lui non la prese in
considerazione.
« Malfoy, mi ascolti? Non farlo!
»
L’ordine morì nell’aria quando
lui si chiuse la porta alle spalle.
* * *
Harry finì di vestirsi e
raggiunse Ginny in cucina.
Il dolore acuto alla testa era
ormai passato, ma aveva lasciato dietro di sé una traccia profonda, fatta di
immagini visionarie e spaventose, che ancora gli stringeva lo stomaco.
La salutò con un bacio poi,
mentre lei apparecchiava, prese il cellulare.
Un SMS comunicava la presenza di
un messaggio vocale in segreteria.
Compose subito il numero.
Nell’attesa guardò Ginny che con
le dita si scostava una ciocca di capelli dietro l’orecchio, tutta intenta a
servire tè e biscotti: la trovò mille volte più bella.
Il messaggio registrato
riportava il numero di Ron.
Harry ne fu sorpreso, ma non
ebbe il tempo di fare congetture. Le parole dell’amico si riversarono nelle sue
orecchie, accavallandosi come rapide di un torrente; sempre più allarmate, gli
trasmisero la stessa ansia e la stessa eccitazione che aveva provato Ron.
L’espressione di Harry mutò
istante dopo istante, trasformandosi in autentico stupore, quando Ron rivelò la
presenza del quadro nello scantinato del Butterfly.
“Non devi fidarti di Ginny!”, si
raccomandava.
Troppo tardi.
Harry si rifiutava di credere a
quell’accusa. Muoveva la testa in continuazione, facendo cenni di negazione ad
ogni sillaba che usciva dal ricevitore.
Aveva già deciso, prima ancora
che Ron lo proponesse, di non chiamare la polizia.
E aveva anche deciso di non
raggiungerlo in ufficio.
Cambiò idea solo quando un
tremendo frastuono rimbombò attraverso l’apparecchio, seguito da un grido…
Poi il silenzio assoluto.
Ron
era stato aggredito!
E non poteva essere stata Ginny,
si disse Harry, perché avevano dormito insieme quella notte!
Ginny lo guardò profondamente
preoccupata: era bianco come una pezza lavata quando rimise il telefono in
tasca, vide l’angoscia nei suoi occhi.
« Harry, che cosa succede? »
« Io… devo andare… » farfugliò
lui, stordito. «Credo che sia accaduto qualcosa a Ron… »
« Cosa? » domandò Ginny, ma
Harry stava già inforcando l’uscita balbettando frasi sconnesse; sembrava in
stato di shock.
« Scusami… davvero… devo andare
in ufficio… è successo qualcosa… nello scantinato… »
Nello
scantinato?!
A Ginny mancò il fiato.
« Harry, no! Aspetta! Posso
spiegarti! » gridò, ma lui era già in strada.
Ginny si precipitò fuori dalla
porta, chiamandolo più volte invano.
Raggiunse il cancello, ma si
bloccò: aveva dimenticato una cosa importante.
Imprecò e fece dietro-front.
Rientrò e corse ad una
cassettiera nel corridoio d’ingresso.
Prese le chiavi di casa ed aprì
il primo cassetto in alto.
Estrasse una penna ed un
minuscolo block notes.
Strappò un foglio e vi scrisse
in fretta e furia alcune righe; poi lo ripiegò in modo approssimativo.
Impacciata per l’agitazione,
corse al trespolo ed accartocciò il biglietto attorno ad una zampa del gufo.
Lo prese in braccio e lo portò
fuori con sé.
« Vai, sai cosa devi fare! »
gridò e con entrambe le mani accompagnò il suo volo.
Poi, finalmente, corse dietro a
Harry, mentre il rapace spalancava le ali e saliva alto nel cielo, felice di
tornare verso casa in quella fredda notte invernale.
Continua...
* * *
N.d.A.
X Jaya: ciao! Sono contenta che il riassunto
sia stato utile. Non lo farò ogni volta, perché non sempre ho il tempo, ma ho
deciso che nelle parti più “incasinate” metterò un breve riepilogo degli
eventi. Ero molto preoccupata per l’appuntamento di Harry e Ginny: volevo
descriverlo in modo diverso dal solito, ma temevo di non riuscire a trasmettere
le giuste sensazioni… Credo d’aver riscritto quel pezzo almeno venti volte… e
se lo rileggo ci trovo ancora dei difetti!
Per quanto riguarda i ricordi di Harry, ho immaginato che
riaffiorassero in modo confuso, privi di un nesso che li collegasse, così ho
scelto delle immagini “a caso” fra tutti gli episodi vissuti da Harry. Il volto
deforme è quello di Voldemort, so che non è proprio l’aggettivo adatto per
descriverlo, ma ho pensato che Harry ora non ricorda chi è il Signore Oscuro e
quindi non può vedere altro che un volto anomalo, deformato. Mi spiace che non
si sia capito bene! -_-
Hai interpretato nel modo corretto la maggior parte delle
immagini. Per le fiamme, pensavo all’Ardemonio; il vecchio è Silente, la serpe
è Nagini e Ginny è nella Camera dei Segreti.
Con questo capitolo si è scoperto quello che Ron aveva
visto sotto il telo… non so cosa ne pensi, ma quel quadro, con cui è cominciata
tutta la storia, doveva pur servire a qualcosa! ^_^
Ron che si compatisce, secondo me, è comprensibile…
dopotutto, il mondo babbano rispetto a quello magico è piuttosto noioso, no? XD
X Nausikaa87: sapere che il mio capitolo ti
ha risollevato la giornata è davvero un onore! E… tranquilla, non ti è sfuggito
proprio niente! Il mio obiettivo era quello di suscitare proprio le domande che
ti sei posta tu, e ora… qualcosa dovrebbe essere più chiaro… forse…
Sono d’accordo con te: Malfoy smielato perde fascino. In
realtà penso che tutte le cose smielate, in generale, perdano fascino… Ma son
gusti!
Ispirazione e voglia di scrivere sono abbastanza al
sicuro, quello che mi manca è il tempo! Posso tranquillizzarti sul fatto che la
storia è completa (anche se solo nella mia testa!), perché io non pubblico mai
nulla che non abbia già un finale. Scrivendo definisco i tempi e i dettagli, ma
non riuscirei nemmeno a cominciare se non avessi già in mente l’intreccio.
X PaytonSawyer: sono contenta che Harry e
Ginny ti siano piaciuti, ho fatto una fatica bestiale a scrivere quel pezzo. Io
ho iniziato ad amare questa coppia solo alla fine del settimo libro, anche
perché credo d’aver capito Ginny solo allora. La domanda su Hermione dovrebbe
aver trovato risposta. Anche se non l’ho detto esplicitamente, spero si sia
capito il motivo per cui il diario non ha reagito negativamente con lei.
In questo capitolo si è scoperto quello che aveva
sconvolto Ron, ma… credo che tu non possa ancora smettere di congetturare! =P