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Autore: _Sihaya    25/10/2010    7 recensioni
Finale alternativo per la saga di Harry Potter!
- Dimenticate l’epilogo di Harry Potter e i doni della morte (Diciannove anni dopo);
- eliminate circa le ultime otto pagine del finale e precisamente fermatevi alle seguenti parole (cito testualmente): “[…] L’alba fu lacerata dalle urla e Neville prese fuoco, immobilizzato. Harry non poté sopportarlo: doveva intervenire… Poi accaddero molte cose contemporaneamente.
- Ora domandatevi: “Quali cose sono accadute? E se fossero state dimenticate?”
[Ai capitoli 13, 19 e 27 trovate un breve riassunto degli eventi!]
Genere: Guerra, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Angelina/George, Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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Capitolo 14 - Verità

Lost Memories

(di Sihaya10)

 

* * *

 

La verità è una cosa meravigliosa e terribile, e per questo va trattata con cautela.

J. K. Rowling, Harry Potter e la pietra filosofale

 

* * *

Capitolo 14 – Verità

 

Non si erano guardati in faccia nemmeno un istante.

 

Il silenzio era stato interminabile.

 

Poi Draco Malfoy aveva ordinato: « Seguimi. »

 

Hermione Granger, senza fiatare, aveva eseguito.

 

Gli interessi in ballo erano troppi per potersi permettere una sola parola.

 

Scesero al piano terra, attraversarono il lungo corridoio che si estendeva dietro le cucine di Villa Malfoy e giunsero in una stanza fredda, umida e polverosa. La luce della luna filtrava da un’unica, stretta, finestra posta nella parete di fronte all’entrata. Tutto il mobilio era ricoperto da grandi lenzuoli bianchi. Nel centro della sala s’intravedeva, sotto un telo, la struttura in ferro battuto di una vecchia lettiera; di fronte c’era un grosso armadio. Malfoy scostò parzialmente la tenda che lo ricopriva e ne aprì le ante; i cardini cigolarono e dal legno s’alzò un forte odore di muffa.

Hermione s’affacciò da dietro le sue spalle per vedere all’interno: il mobile era privo di ripiani e conteneva soltanto un quadro.

 

Lo riconobbe subito.

 

L’aveva visto pochi giorni prima, alla mostra. Era il ritratto che stava esaminando quando Malfoy l’aveva invitata a cena; il dipinto che Harry e Ron sostenevano fosse stato nascosto.

 

In quel momento, Hermione individuò facilmente anche il soggetto raffigurato: Narcissa Black.

 

Si rimproverò per non averci pensato prima.

 

Poi ebbe un’intuizione.

 

I suoi occhi brillarono eccitati appena comprese di cosa si trattava.

 

« Una Passaporta! » bisbigliò quasi avesse il timore che qualcun altro potesse sentirla.

 

Malfoy annuì. « Me ne sono accorto solo pochi giorni fa, dopo che ho fatto allestire la mostra. Prima non sapevo nemmeno della sua esistenza… non mi occupo di queste cose, » precisò.

 

« Ci porterà a Diagon Alley? » azzardò Hermione, in una crescente tensione.

 

Malfoy scrollò le spalle. « Non ne ho idea. Non l’ho ancora usata. »

 

Hermione inspirò profondamente. Un brivido di paura l’attraversò. Il volto di Narcissa Black sembrava scrutarla minacciosa attraverso la tela, suggerendo che, ovunque conducesse quel passaggio, lei non era certo la benvenuta.

 

Rifletté ansiosa.

 

E se fosse una trappola?

 

« Non è sicura, » decretò. « Non sappiamo dove conduce. Se finissimo nei guai, nessuno di noi potrebbe difendersi. »

 

« Bene, » ribatté lui, tagliente, « allora andiamo a Diagon Alley attraversando il Paiolo Magico. Di certo non correremo pericoli... »

 

« Non puoi saperlo finché non provi. »

 

Malfoy sospirò impercettibilmente. Era impossibile che Hermione Granger non si rendesse conto di quanto fosse ridicola la propria posizione. Certamente, da insopportabile Grifondoro, s’impuntava solo per avere ragione a tutti i costi.

 

« L’ho già fatto, » disse voltandosi a guardarla negli occhi, come atto di sfida.

 

Quell’affermazione la spiazzò. Spalancò gli occhi e li piantò nei suoi, sospettosa.

 

« Avevi detto di non essere… »

 

« Ho detto che non sono mai tornato a Hogwarts, » precisò lui. « In realtà, non sono stato nemmeno a Diagon Alley, » aggiunse dopo una pausa retorica, « ma ho fatto diversi sopralluoghi sulla Charing Cross: il passaggio è ancora utilizzato... »

 

« Avresti potuto attraversarlo e dare un’occhiata. Sarebbe stato utile. Perché non l’hai fatto? » lo rimproverò Hermione.

 

Lui, infastidito, rimbeccò: « Non so… tu cosa proponi? Forse perché non posso usare la magia? »

 

« Perché hai paura. »

 

A Malfoy non piacque per niente quella risposta e decise di vendicarsi.

 

Il suo sguardo si fece tetro e la sua voce divenne un sibilo: « Sbagliato. Perché aspettavo te, Granger. Costruendoti intorno meticolosamente la mia trappola. »

 

La vide sbiancare.

 

L’espressione atterrita sul viso pallido della ragazza lo riempì di soddisfazione.

 

Sogghignò.

 

« Questa Passaporta è stata creata per me; non so dove conduca, ma di certo in un luogo sicuro. »

 

« Sicuro per te, » ribatté Hermione, nervosa.

 

« “Non puoi saperlo finché non provi”, » Malfoy le fece il verso, pungente, tirando le labbra in un sorriso provocatore. « Devi solo decidere se vale la pena rischiare. La posta in gioco è alta… O sbaglio? »

 

* * *

 

« Oh, merda! »

 

Nello scantinato del Butterfly si udì forte e chiara l’imprecazione di Ron, sbigottito.

 

« E adesso che faccio? » si lamentò mentre estraeva il cellulare per chiamare Harry.

 

Inveì all’apparecchio, saltellando sul posto, in attesa che l’amico rispondesse alla chiamata.

 

« Oh dai, Harry, rispondi! Cavolo! »

 

Dall’altra parte era silenzio assoluto.

 

Ron attese invano per diversi squilli, finché si attivò la segreteria. Subito dopo il classico “bip”, camminando avanti indietro, iniziò a riversare nel ricevitore una valanga di parole, senza quasi prendere fiato, che testimoniavano tutta la sua agitazione.

 

« Diamine! Quando ho bisogno non ci sei mai! » aggredì il suo interlocutore fantasma. « Alza le tue chiappe e vieni in ufficio. Qui è successo un casino, » spiegò continuando a muoversi per tutta la stanza, come una molla, gesticolando nervosamente per poi tormentarsi grossi ciuffi di capelli rossi.

 

« Sono nello scantinato del Butterfly… C’era la luce accesa, mi è sembrato strano e sono sceso per controllare… Non puoi immaginare cos’ho trovato! Senti… mi dispiace, ma non devi fidarti di Ginny, hai capito? Non fidarti! » ammonì apprensivo. « Non lo dico per invidia, Harry, non lo farei mai… Oh, cavolo, non riesco a crederci, però l’ho davanti agli occhi; è mezzo coperto, ma non mi sto sbagliando. Sono sicuro: è il quadro di McKenzie! È pazzesco. Mi dispiace dirlo… è un’accusa pesante… non chiedermi come ha fatto perché non ne ho idea… ma è la verità… l’ha rubato lei… L’ha rubato Ginny! »

 

Tacque per qualche istante, troppo agitato per continuare.

 

« Non so cosa fare, te lo giuro, ma non posso lasciarlo qui, cerca di capire… Mi dispiace, ma devo prenderlo. Uso il telo per non lasciare impronte e lo porto in ufficio… Non chiamo la polizia, OK? Vado in ufficio e ti aspetto. Muoviti! »

 

Disse quelle ultime parole con lo sguardo fisso sul quadro.

 

Non aveva ancora chiuso la telefonata quando, all’improvviso, il pavimento ai suoi piedi si trasformò in un concerto di scintille scoppiettanti, una raffica di petardi. Imprecò e prese a saltellare cercando di evitare gli scoppi che sbocciavano ai suoi piedi con intensità crescente.

Un boato più forte degli altri lo terrorizzò. Per lo spavento gridò e il cellulare, con la chiamata ancora in attesa, gli scivolò dalle mani e cadde a terra, rompendosi.

Gridò di nuovo quando una luce accecante lo investì, costringendolo a chiudere gli occhi e voltare il viso riparandosi con un braccio.

Un susseguirsi di esplosioni più potenti lo atterrì a tal punto che, indietreggiando alla cieca, inciampò rovinando fra l’ammasso di scatoloni vuoti.

 

Sentì una voce, fra i botti; una risata.

 

Provò ad aprire gli occhi, ma la luce era ancora accecante.

 

Poi, all’improvviso, qualcuno balzò su di lui, bloccandogli gambe e braccia; con voce roca lo minacciò: « Non fiatare o ti faccio secco. »

 

Ron, terrorizzato, pensò che tutto sommato poteva farcela a trattenere il fiato.

 

Respirare non era urgente… non quanto il bisogno di andare in bagno!

 

* * *

 

Hermione fece un passo avanti affiancando Malfoy.

 

« Se questo è un inganno, te ne farò pentire amaramente, » ammonì.

 

Lui osservò il suo profilo dall’alto: se aveva paura, non lo dava a vedere.

 

« E come? Lo dirai alla McGrannit? » la canzonò.

 

Lei ebbe un moto di stizza e si rifiutò di considerarlo.

 

Lui allora si mise la mano sinistra in tasca e pose le dita della destra contro la sua schiena, poco sotto le scapole, premendo con forza per spingerla in avanti.

Lei, colta di sorpresa, fece qualche passo incespicando, avvicinandosi al quadro.

 

« Prendilo, » ordinò Malfoy facendole pressione con le dita sulla schiena.

 

Lei si voltò tentennante: « Io? » balbettò.

 

Lui tirò le labbra sottili in un sorriso compiaciuto.

 

Oh, adesso sì che hai paura…

 

« Certo Granger, lì dentro è pieno di muffa, » disse altezzoso, « ed io ho già le mani sporche di fango. »

 

Hermione strinse i denti. Inaspettatamente, quell’insulto velato le aveva fatto male, tanto che non riuscì a trovare nulla con cui ribattere. Allora prese il quadro, mossa dal desiderio di romperglielo in testa, ma Draco ne afferrò immediatamente la cornice e subito dopo la Passaporta si attivò, risucchiando entrambi in un vortice di vento…

 

 

L’atterraggio colse Hermione impreparata.

 

Quando arrivarono a destinazione, inciampò e cadde a terra. Si mise a sedere dolorante, costatando sconfortata lo strappo sui jeans, all’altezza del ginocchio.

Poco più avanti arrivò Malfoy. Schivò per un pelo un robusto tavolo di legno, cui si appoggiò barcollando per qualche passo, ma rimase in piedi.

Scuotendosi i pantaloni si guardò intorno, spaesato.

 

Erano giunti in una piccola casetta di legno, costituita da un’unica stanza; arredata con uno stretto letto, un camino, un grosso tavolo al centro ed uno scaffale alto fino al soffitto, ricolmo di oggetti accatastati in apparente disordine; a fianco del camino, una parete provvisoria separava i servizi.

 

Era un rifugio abbandonato da lungo tempo.

 

Ogni cosa era ricoperta da uno spesso strato di polvere, tanto che nell’atto di appoggiarsi per restare in piedi, la mano di Draco aveva lasciato una lunga scia lucida sul manto grigio ed uniforme del tavolo.

 

Hermione, ancora accovacciata in terra, starnutì.

 

Si era quasi dimenticato di lei.

 

La guardò dall’alto, al di là del tavolo.

 

Era completamente malmessa, sembrava che metà dei capelli le si fossero rivoltati sulla testa, il maglioncino di lana scuro che indossava era tutto impolverato, e aveva persino i pantaloni strappati.

 

« Per Merlino, Granger! » esordì disgustato. « Sembra che tu non abbia mai usato una Passaporta! »

 

Lei si difese: « Per tua informazione, Malfoy, sono due anni che non mi esercito! Non è così semplice. »

 

« Anche io sono due anni che non lo faccio, Granger, » ribatté lui, « eppure guardami: sono in piedi! Evidentemente non è questione di esercizio, è questione di stile. »

 

Lei s’alzò, ripetendosi che quel genere di provocazione era da ignorare.

 

Così non rispose e s’avvicinò allo scaffale per dare un’occhiata. Con sua enorme sorpresa vide che era ricolmo di un’infinità di oggetti magici, di pozioni, di erbe ed ingredienti generici. Alcuni noti, altri visti solo sui libri; di qualcuno non conosceva nemmeno l’esistenza, né la funzione.

 

Anche Draco esaminava il luogo estasiato, prodigandosi in lodi solenni alla genialità della propria famiglia, a partire dai più antichi avi fondatori.

 

Prima di utilizzare la Passaporta, Hermione aveva avuto davvero paura di inoltrarsi in quella trama ordita, nei minimi particolari, da una spietata famiglia di Mangiamorte.

 

Ora, però, capiva d’essere al sicuro quanto lo era Draco.

 

Tutto quello che aveva visto era stato minuziosamente progettato e creato da Lucius e Narcissa, ed aveva il solo ed unico intento di proteggere ciò che rimaneva loro di più prezioso.

 

E non si trattava soltanto di un figlio.

 

Si trattava di un nome, di una dinastia.

 

Si trattava dell’ultimo discendente dei Malfoy.

 

Ora sapeva che poteva seguire il Serpeverde lungo il percorso studiato dai suoi genitori.

 

Essi avevano consegnato la propria vita a Lord Voldemort, dapprima invaghiti del suo potere, poi inchiodati ad esso con minacce e ricatti; ma, un istante prima di morire, avevano preso una decisione importante: mai avrebbero lasciato la loro eredità, il loro futuro, nelle sue gelide mani.

 

Hermione sorrise fra sé e sé: il destino a volte sapeva essere davvero beffardo.

 

Lucius Malfoy aveva previsto un incantesimo che impedisse persino a Harry Potter di toccare il diario di suo figlio, ma non aveva posto alcun ostacolo per i Nati Babbani… Evidentemente riteneva impossibile (o forse non riusciva nemmeno ad immaginarlo) che Draco potesse condurre lei, Hermione Granger, attraverso quella sua maestosa creazione.

 

E lui…

 

Hermione cercò Malfoy con lo sguardo.

 

Probabilmente l’aveva capito.

 

Il ragazzo stava davanti all’unica porta di quel piccolo rifugio; sentendosi osservato, si voltò.

 

« Vado fuori, » disse girando la maniglia.

 

Hermione - voce della prudenza - si oppose: « Non mi sembra una buona idea… » obbiettò, ma lui non la prese in considerazione.

 

« Malfoy, mi ascolti? Non farlo! »

 

L’ordine morì nell’aria quando lui si chiuse la porta alle spalle.

 

* * *

 

Harry finì di vestirsi e raggiunse Ginny in cucina.

 

Il dolore acuto alla testa era ormai passato, ma aveva lasciato dietro di sé una traccia profonda, fatta di immagini visionarie e spaventose, che ancora gli stringeva lo stomaco.

 

La salutò con un bacio poi, mentre lei apparecchiava, prese il cellulare.

 

Un SMS comunicava la presenza di un messaggio vocale in segreteria.

 

Compose subito il numero.

 

Nell’attesa guardò Ginny che con le dita si scostava una ciocca di capelli dietro l’orecchio, tutta intenta a servire tè e biscotti: la trovò mille volte più bella.

 

Il messaggio registrato riportava il numero di Ron.

Harry ne fu sorpreso, ma non ebbe il tempo di fare congetture. Le parole dell’amico si riversarono nelle sue orecchie, accavallandosi come rapide di un torrente; sempre più allarmate, gli trasmisero la stessa ansia e la stessa eccitazione che aveva provato Ron.

L’espressione di Harry mutò istante dopo istante, trasformandosi in autentico stupore, quando Ron rivelò la presenza del quadro nello scantinato del Butterfly.

 

“Non devi fidarti di Ginny!”, si raccomandava.

 

Troppo tardi.

 

Harry si rifiutava di credere a quell’accusa. Muoveva la testa in continuazione, facendo cenni di negazione ad ogni sillaba che usciva dal ricevitore.

 

Aveva già deciso, prima ancora che Ron lo proponesse, di non chiamare la polizia.

 

E aveva anche deciso di non raggiungerlo in ufficio.

 

Cambiò idea solo quando un tremendo frastuono rimbombò attraverso l’apparecchio, seguito da un grido…

 

Poi il silenzio assoluto.

 

Ron era stato aggredito!

 

E non poteva essere stata Ginny, si disse Harry, perché avevano dormito insieme quella notte!

 

Ginny lo guardò profondamente preoccupata: era bianco come una pezza lavata quando rimise il telefono in tasca, vide l’angoscia nei suoi occhi.

 

« Harry, che cosa succede? »

 

« Io… devo andare… » farfugliò lui, stordito. «Credo che sia accaduto qualcosa a Ron… »

 

« Cosa? » domandò Ginny, ma Harry stava già inforcando l’uscita balbettando frasi sconnesse; sembrava in stato di shock.

 

« Scusami… davvero… devo andare in ufficio… è successo qualcosa… nello scantinato… »

 

Nello scantinato?!

 

A Ginny mancò il fiato.

 

« Harry, no! Aspetta! Posso spiegarti! » gridò, ma lui era già in strada.

 

Ginny si precipitò fuori dalla porta, chiamandolo più volte invano.

 

Raggiunse il cancello, ma si bloccò: aveva dimenticato una cosa importante.

 

Imprecò e fece dietro-front.

 

Rientrò e corse ad una cassettiera nel corridoio d’ingresso.

 

Prese le chiavi di casa ed aprì il primo cassetto in alto.

 

Estrasse una penna ed un minuscolo block notes.

 

Strappò un foglio e vi scrisse in fretta e furia alcune righe; poi lo ripiegò in modo approssimativo.

 

Impacciata per l’agitazione, corse al trespolo ed accartocciò il biglietto attorno ad una zampa del gufo.

 

Lo prese in braccio e lo portò fuori con sé.

 

« Vai, sai cosa devi fare! » gridò e con entrambe le mani accompagnò il suo volo.

 

Poi, finalmente, corse dietro a Harry, mentre il rapace spalancava le ali e saliva alto nel cielo, felice di tornare verso casa in quella fredda notte invernale.

 

Continua...

 

* * *

N.d.A.

 

X Jaya: ciao! Sono contenta che il riassunto sia stato utile. Non lo farò ogni volta, perché non sempre ho il tempo, ma ho deciso che nelle parti più “incasinate” metterò un breve riepilogo degli eventi. Ero molto preoccupata per l’appuntamento di Harry e Ginny: volevo descriverlo in modo diverso dal solito, ma temevo di non riuscire a trasmettere le giuste sensazioni… Credo d’aver riscritto quel pezzo almeno venti volte… e se lo rileggo ci trovo ancora dei difetti!

Per quanto riguarda i ricordi di Harry, ho immaginato che riaffiorassero in modo confuso, privi di un nesso che li collegasse, così ho scelto delle immagini “a caso” fra tutti gli episodi vissuti da Harry. Il volto deforme è quello di Voldemort, so che non è proprio l’aggettivo adatto per descriverlo, ma ho pensato che Harry ora non ricorda chi è il Signore Oscuro e quindi non può vedere altro che un volto anomalo, deformato. Mi spiace che non si sia capito bene! -_-

Hai interpretato nel modo corretto la maggior parte delle immagini. Per le fiamme, pensavo all’Ardemonio; il vecchio è Silente, la serpe è Nagini e Ginny è nella Camera dei Segreti.

Con questo capitolo si è scoperto quello che Ron aveva visto sotto il telo… non so cosa ne pensi, ma quel quadro, con cui è cominciata tutta la storia, doveva pur servire a qualcosa! ^_^

Ron che si compatisce, secondo me, è comprensibile… dopotutto, il mondo babbano rispetto a quello magico è piuttosto noioso, no? XD

 

X Nausikaa87: sapere che il mio capitolo ti ha risollevato la giornata è davvero un onore! E… tranquilla, non ti è sfuggito proprio niente! Il mio obiettivo era quello di suscitare proprio le domande che ti sei posta tu, e ora… qualcosa dovrebbe essere più chiaro… forse…

Sono d’accordo con te: Malfoy smielato perde fascino. In realtà penso che tutte le cose smielate, in generale, perdano fascino… Ma son gusti!

Ispirazione e voglia di scrivere sono abbastanza al sicuro, quello che mi manca è il tempo! Posso tranquillizzarti sul fatto che la storia è completa (anche se solo nella mia testa!), perché io non pubblico mai nulla che non abbia già un finale. Scrivendo definisco i tempi e i dettagli, ma non riuscirei nemmeno a cominciare se non avessi già in mente l’intreccio.

 

 

X PaytonSawyer: sono contenta che Harry e Ginny ti siano piaciuti, ho fatto una fatica bestiale a scrivere quel pezzo. Io ho iniziato ad amare questa coppia solo alla fine del settimo libro, anche perché credo d’aver capito Ginny solo allora. La domanda su Hermione dovrebbe aver trovato risposta. Anche se non l’ho detto esplicitamente, spero si sia capito il motivo per cui il diario non ha reagito negativamente con lei.

In questo capitolo si è scoperto quello che aveva sconvolto Ron, ma… credo che tu non possa ancora smettere di congetturare! =P

 

 

   
 
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