Scorcio di vita di una vittima
Ancora alla sede della società di intermediazione mobiliare Rush
- Prego, si accomodi. – le disse una volta superato il
momento di imbarazzo mentre si dirigeva alla sua poltrona.
Quando si sedette aveva già curriculum e altri documenti
sotto il naso.
Li prese con aria fintamente grave e prese a sfogliarli.
La prima cosa che guardò fu l’età della ragazza… Nata nel 1979, quindi ha 26 anni… sembra
più giovane… pensò lanciandole una fugace occhiata e vedendola rigida
sulla poltroncina.
Mise una mano davanti alla bocca per nascondere un sorriso e
proseguì la sua indagine.
Laurea in
economia… massimo dei voti… master in finanza… sembra il mio stesso percorso
formativo!
La guardò ancora. Era strano, gli sembrava di averla già
vista… qualcosa gli diceva che doveva conoscerla. Gill Porter… Porter… molto
strano, non riusciva a figurarsela con quel nome.
Aveva come l’impressione che si facesse chiamare in un modo
diverso, eppure tutti i suoi dati erano lì, sotto i suoi occhi, con indirizzo e
tutto!
E questo? I
suoi hobby?! Interessante… le piace leggere, e si era capito, e adora il
tennis. Beh, ma allora è la donna della mia vita!
Pensò sorridendo nuovamente, mentre Pearl davanti a lui lo
guardava sorpresa. Che aveva da ridere quel tizio?!
- Bene signorina, il suo curriculum è notevole, devo
ammetterlo. Mi chiedevo se le andrebbero bene 15 giorni di prova, intendo
rinnovare la sezione contabile e ho bisogno di qualcuno di giovane e dinamico.
Le interessa? – chiese prendendo in mano una stilografica e rigirandola
nervosamente tra le dita forti. Pearl tornò a guardarlo dopo un istante:
- Certamente! Spero che sarà soddisfatto del mio lavoro e
che deciderà di assumermi stabilmente. – lui puntò gli occhi scuri nei suoi,
guardandola intensamente:
- Ne sono certo signorina Porter… allora può cominciare
domattina, la aspetto per le 9 per mostrarle le sue mansioni. – fece alzandosi
e porgendole la mano.
Lei la strinse con decisione, guardandolo con occhi
brillanti:
- Benissimo. Allora a domani signor Rush! – esclamò
soddisfatta. E chi l’avrebbe mai detto che sarebbe stato così facile?!
Damon la accompagnò alla porta, e le sorrise:
- Non vedo l’ora che arrivi domattina… - mormorò divertito
facendola sobbalzare. E questo cosa significava?!
- A-arrivederci signor Rush. – balbettò affrettandosi ad
allontanarsi da quel tipo, consapevole che due occhi scuri e penetranti
studiavano attentamente ogni sua mossa.
Damon la guardava con un sorriso enigmatico dipinto sulle
labbra. Gli piaceva quel suo modo di camminare così altero, la faceva sembrare
una regina dei tempi andati. Indugiò sulla figura della ragazza finché questa
non svanì lungo le scale, poi si richiuse nel suo studio con un’espressione
indecifrabile.
Si sedette sulla sua poltrona e la volse verso la vetrata
che gli garantiva una vista perfetta sull’ingresso.
Dopo pochi istanti la vide uscire, camminava svelta e un po’
meno rigida di prima, quindi probabilmente sapeva di essere osservata quando
era uscita dal colloquio.
La vide frugare nella borsetta ed estrarne le chiavi
dell’auto sempre senza fermarsi, poi fare un gesto aggraziato per scostarsi i
capelli dal viso. Era l’eleganza fatta persona, non aveva mai incontrato una
ragazza così di classe, oltre che bella.
Una lieve ruga gli solcò la fronte quando la vide rallentare
e osservare un’auto scura, alla quale stava appoggiato un ragazzo biondo.
Pearl sbatté le palpebre per vedere meglio. Tarik?
- Ciao! Allora, ti hanno assunta?! – le chiese a voce alta,
tanto che anche Damon lo sentì. La ragazza annuì:
- Sì, per un periodo di prova… e tu che cosa ci fai qui? –
chiese riprendendo ad avvicinarsi. Tarik con un paio di lunghe falcate le era
accanto, le circondò la vita con le braccia e la sollevò da terra:
- Sono venuto per festeggiare!! Ero sicuro che ti avrebbero
presa, perciò sono venuto per essere il primo a congratularmi! – fece girando
su sé stesso e ridendo allegro. Pearl non poté trattenersi dallo scoppiare a
ridere:
- Che fai?! Mettimi giù, pazzoide! – fece dandogli dei
leggeri pugnetti sulle spalle. Lui la lasciò andare, ma non prima di averle
dato un bacio veloce sulla fronte.
Pearl alzò lentamente lo sguardo su di lui:
- Tarik, che cosa stai… - ma lui la zittì mettendole
l’indice sulle labbra:
- Ssst! Non sta bene che una bella ragazza come te non abbia
il ragazzo, così sono qui per fare la parte del fidanzatino premuroso! Non ti
sta bene? – chiese divertito. La ragazza scosse il capo sorridendo:
- E va bene, ma non prenderti troppe libertà! Ho un’immagine
seria da difendere io! – esclamò come una brava maestrina avvicinandosi alla
sua auto. Tarik la seguì:
- Sissignora!! Fai guidare me, ti porto in un bel posticino
per fare bisboccia! -
- Sei pazzo, guarda che è mattina! – lui scosse le spalle
ridendo:
- E allora?! Andiamo in qualche bel ristorante e ci facciamo
una mangiata di quelle da cenone di Natale! Che mi dici, ti va? – la ragazza lo
guardò un istante, poi scosse il capo:
- Fa un po’ quello che ti pare, tanto non credo proprio che
riuscirò a farti cambiare idea! – fece porgendogli le chiavi. Lui le prese
divertito e la spinse dal lato del passeggero, aprendole lo sportello e
mettendosi serio:
- Prego madame… - fece in tono di sussiego mentre lei
scoppiava in una risata allegra:
- Pagliaccio! – gli urlò mentre lui le sbatteva galantemente
la portiera in faccia.
Partirono rapidamente e se ne andarono tranquilli, mentre
Rush sprofondava nello schienale della poltrona con i muscoli della mascella
contratti e lo sguardo pensoso.
~~~~~
Ore 21:00, appartamento in centro
L’uomo entrò senza accendere la luce.
Depositò la ventiquattrore su un tavolino nell’entrata e si
avvicinò lentamente a un divano in pelle nera, allentando il nodo della
cravatta e sbottonando i primi bottoni della camicia.
Si sentiva soffocare, ma sapeva bene che non era solo dovuto
ai vestiti che indossava, infatti anche dopo essersi liberato di qualsiasi
impaccio continuava a sentire il desiderio di aria fresca, diversa e nuova.
Tentò di rilassarsi contro lo schienale, arrovesciando la
testa all’indietro e chiudendo gli occhi.
Miriam non era in casa, per la milionesima volta gli aveva
dato appuntamento e non si era fatta trovare.
Per fortuna che avrebbero dovuto parlare…
Stare seduto però lo faceva pensare troppo, quindi si alzò e
sfilandosi la giacca con un fruscio si avviò al mini-bar, versandosi una dose
più che generosa di un amaro.
Tracannò il liquido scuro d’un fiato, stringendo le labbra
mentre il liquore gli bruciava la gola, poi sospirò stanco.
“Dedichi più tempo alla tua stupida società che a me!”
La voce petulante che gli urlava nella testa era quella
della sua ormai quasi ex compagna, durante la lite di quel mattino.
Forse non aveva tutti i torti, ma d’altra parte come poteva
mettere al primo posto una donna che lo aveva tradito?
Già, Miriam lo aveva tradito, anche se forse non fino in
fondo, ma questo era un particolare che voleva risparmiarsi a tutti i costi.
Alcuni mesi prima.
Era tornato a casa prima del previsto, quel giorno aveva un
mal di testa terrificante e non era riuscito a proseguire la giornata in
ufficio.
Era tornato all’ora di pranzo, stupito di non trovare la
donna visto che non lavorava. Non ci aveva fatto troppo caso, sapeva che era un
patita dello shopping sfrenato quindi non aveva ritenuto necessario
preoccuparsi.
Poche ore dopo, mentre vagava per la casa come uno zombie
alla ricerca di qualcosa che lo facesse stare meglio, la porta d’ingresso si
era aperta e Miriam aveva fatto il suo ingresso avvinghiata a un uomo.
Era talmente impegnata a baciarlo e a togliergli la giacca
che si era accorta di lui solo quando le aveva lanciato una battuta acida sulle
sue occupazioni mentre lui era al lavoro.
Naturalmente il terzo incomodo non aveva aspettato nemmeno
un minuto a battere in ritirata, evidentemente poco deliziato dall’idea di
finire male con quel tipo tutto muscoli che conviveva con la signorina frivola.
Quindi aveva lasciato i due “piccioncini” a sbrigarsela da
soli.
Lei aveva piagnucolato per ore, singhiozzando che si sentiva
sola e ignorata, che lui non la portava mai a cena e altre balle del genere.
Diceva che non era successo niente con quel tipo, si erano
solo baciati e lei non si era rifiutata, si sentiva troppo persa. Damon l’aveva
guardata ironicamente:
- Ma certo: è stato lui a portarti fin qui, tu di certo non
gli hai indicato la strada, vero cara? E poi si sa, questo è il modo migliore
per affrontare i problemi, il tradimento! Fammi il piacere Miriam… - aveva
sbottato deluso e amareggiato.
La discussione era andata avanti per le lunghe, poi il suo
mal di testa era andato aumentando perciò si era infilato nel letto senza
proseguire quel colloquio assurdo.
Il mattino dopo Miriam era ancora lì, gli aveva chiesto
scusa con mille fusa e lui aveva deciso di perdonarla, cosciente nel profondo
che se ne sarebbe pentito, ma deciso a ignorare quella vocetta insistente. Era
ancora interessato da lei, ma non aveva capito che era solo attrazione fisica.
In realtà le cose da quel giorno sembrarono migliorare,
Miriam voleva accompagnarlo quando aveva degli affari fuori città e lui la
accontentava: faceva colpo sui clienti con quella sua aria civettuola, era
un’ottima spalla da quel punto di vista.
La settimana precedente però era successo il fattaccio: la
donna lo aveva accolto con una sottoveste di pizzo praticamente inesistente,
aveva cominciato a spogliarlo sulla soglia dell’appartamento e lui era rimasto
impassibile, poi aveva cominciato a rispondere ai suoi baci e si era lasciato
travolgere.
Si erano appena gettati sul letto quando con voce rauca
Miriam gli aveva detto che voleva un bambino.
Immediatamente si era staccato da lei, guardandola come se
fosse impazzita:
- Che cosa?! Un… bambino!? – aveva balbettato con voce
strozzata. Lei aveva sorriso sensualmente, accarezzandogli il petto attraverso
la camicia quasi del tutto sbottonata:
- Sì amore, perché? – Damon si era tirato indietro sgomento:
- Io non voglio un figlio… non da te!! – si era ritrovato ad
esclamare.
Sul momento non sapeva esattamente nemmeno lui perché le
aveva detto una cosa del genere.
Era stato colto di sorpresa e poteva essere stato lo shock,
certo, ma quando più tardi ci aveva ripensato con calma aveva capito il vero
motivo per il quale le aveva detto quella cattiveria: non voleva veramente
avere dei figli da lei.
Gli ripugnava addirittura l’idea che i suoi figli sarebbero
dovuti crescere con una madre del genere, con una donna che per noia era capace
di tradire, che non sapeva pensare ad altro che a comprare scarpe alla moda e
che non aveva la minima idea di come cucinare un uovo.
Lui era cresciuto con una madre casalinga, in un caldo nido
familiare, e Miriam non era assolutamente la donna che immaginava di sposare
per mettere su famiglia.
Immaginava una brava ragazza, di certo non casalinga, ma se
la figurava dolce, premurosa e amorevole, ma allo stesso tempo indipendente e
forte.
Di certo per una del genere avrebbe lavorato come le persone
normali, non anche il giorno di Natale e Pasqua. Anzi, avrebbe anche potuto
chiudere quella società che ormai gli procurava più grattacapi che
soddisfazioni e trovarsi un lavoretto stipendiato. Non era certo a corto di
soldi…
L’avrebbe portata in vacanza in qualche bel posticino in
montagna, che lui amava particolarmente, e si vedeva seduto sotto a un pino in
un praticello fiorito, mentre lei canticchiava a occhi chiusi respirando le
fragranze nell’aria, abbracciata a lui.
Poi apriva gli occhi e gli sorrideva dolcemente,
avvicinandosi per dargli un bacio leggero e morbido…
Il problema era che questa donna meravigliosa non aveva un
viso. Era, e temeva che avrebbe continuato a rimanere per sempre, un suo sogno.
Sapeva solo una cosa: che il suo profumo sarebbe stato
simile a quello del miele, dolce e fragrante. Non sapeva dire il perché, ma era
sempre stata la sua fissazione.
Potete immaginare la sua sorpresa quando quel mattino Pearl,
che lui conosceva come Gill, gli era passata accanto e lo aveva inondato
dell’esatto profumo che lui aveva sempre cercato.
In un primo momento non ci aveva creduto, aveva pensato di
esserselo sognato perché desiderava sentirlo, poi con il passare delle ore la
sensazione di aver trovato finalmente quel qualcuno di particolare aveva
cominciato a farsi sempre più chiara e decisa nella sua mente.
Ora fremeva al pensiero che l’avrebbe rivista l’indomani, e
così via per chissà quanto tempo.
Però era una pessima idea farla lavorare in contabilità, non
sapeva neanche che faccia avesse il contabile da quanto poco lo vedeva!!
No, le serviva un incarico che la tenesse sempre al suo
fianco.
Gli tornò alla mente il biondino del parcheggio solo quando
la porta si aprì di scatto, lasciando entrare Miriam:
- Ah, sei qui. Bene, ho bisogno di parlarti. – esordì
gelidamente.
Damon si sistemò sul divano, infastidito che i suoi pensieri
fossero stati interrotti:
- Dimmi pure… - mormorò distratto. Lei gli sedette di
fronte, accavallando le belle gambe messe in vetrina dalla minigonna:
- Voglio l’appartamento. -
Damon la guardò una volta, poi osservò il bicchierino di
amaro che teneva ancora tra le dita e tornò nuovamente a osservarla, quasi
incredulo:
- Sei pazza? È casa mia e non siamo sposati! Non puoi
pretendere nulla, non stiamo divorziando! – sibilò con un sorriso sinistro. Lei
fece un gesto noncurante:
- Beh, sei tu a lasciarmi: qualcosa mi devi. E siccome sei
stato tu a offendermi dicendomi che da me un figlio non lo vorrai mai, mi
sembra che lasciarmi l’appartamento non sia un grande sforzo, anche perché di
soldi ne hai. – osservò con la massima calma.
Rush osservò la donna davanti a lui con un misto di odio e
ammirazione.
Odio perché le sue richieste erano assurde, oltre che
sproporzionate come… “risarcimento”, neanche fossero sposati.
Ammirazione perché era certo che nemmeno il più profittatore
degli scrocconi avrebbe mai avuto la faccia tosta di fare una proposta del
genere in una situazione simile.
Alla fine si alzò e le sorrise gelidamente:
- Come vuoi, è tutto tuo. – mormorò depositando il bicchiere
su un basso tavolino di cristallo e allontanandosi.
E chi voleva restare a vivere nell’appartamento che aveva
diviso con quella strega?!? Probabilmente di lì a qualche giorno lo avrebbe cambiato
comunque, perciò non era poi un grande sforzo spostarsi subito.
~~~~~
Circa due ore dopo era in auto, aveva tutte le sue cose ed
era diretto all’albergo più costoso ed elegante della città.
Avrebbe alloggiato lì finché non avesse trovato un appartamento
che gli piacesse, e soprattutto che non gli ricordasse in nessun modo
l’abitazione che aveva lasciato a Miriam.
Sorrise tra sé: da quel giorno aveva inizio una nuova vita.
Magari poteva abbandonare tutto, dopotutto chi gli ordinava
di restare a fare il grande manager?
Aveva studiato tanto per far piacere a suo padre, il vecchio
dispotico lo aveva praticamente obbligato a seguire le sue orme e a diventare
un esperto di alta finanza.
Gli aveva fatto un lavaggio del cervello talmente accurato
che non ricordava nemmeno più se aveva o meno avuto un sogno da bambino.
Che so, tutti i maschietti sognano di fare il pompiere, il
poliziotto, o magari il capitano di una nave!
Lui che aveva sognato quando aveva 4-5 anni?
Di ottenere il massimo rendimento dalla vendita di stock-option in difficoltà?
Non poteva essere così… magari aveva sognato di diventare un
grande musicista, o un pittore… o addirittura di avere una fattoria con animali
di ogni tipo!
Rise immaginandosi alle prese con la mungitura all’alba:
chissà, magari gli avrebbe fatto veramente bene una vita del genere.
Magari sarebbe riuscito a riavere i suoi sentimenti.
Già, perché doveva averglieli presi qualcuno per sbaglio e
rinchiusi in un qualche cassettino dimenticato.
Di certo lui la chiave non ce l’aveva.
O meglio, l’aveva anni prima, ma da quando sentiva gravare
sulla sua coscienza l’esistenza infelice di un uomo non era più riuscito a
essere sereno, soprattutto ripensando alla famiglia di quest’ultimo.
Proprio così, signore e signori, il ricchissimo Damon Rush,
giovane presidente di una società di intermediazione mobiliare tra le più
potenti del paese, aveva uno storpio e la sua disgraziata famiglia sulla
coscienza.
Non era ancora stato capace di cancellare o quantomeno
alleviare il senso di vergogna che aveva provato alla notizia dell’incidente di
Garner.
Si era affezionato al suo vecchio collega, in un certo senso
era stata la figura paterna affettuosa che non aveva mai avuto.
Ma proprio quando Vincent aveva avuto bisogno di lui,
proprio quando era lui a doverlo aiutare, si era comportato in un modo che
ancora lo faceva svegliare alla notte con i sudori freddi.
Era stato un vigliacco.
Aveva lasciato che l’ingiustizia e la cattiveria
consumassero la vita del suo mentore e che lo spingessero a un gesto estremo
quanto folle.
Ma chi al suo posto non avrebbe fatto lo stesso? Lui
probabilmente avrebbe preferito darsi una revolverata. Più sicura e infallibile
di un aleatorio incidente d’auto.
Aveva messo la sua carriera, e il desiderio di dimostrare a
suo padre che poteva essere uno spietato uomo d’affari quanto lui, davanti alla
vera amicizia che Vincent gli aveva dimostrato… aveva ribrezzo di sé!
Scosse il capo chiudendo gli occhi per un istante, tanto era
fermo al semaforo con il rosso.
Non doveva pensare a quella storia, non quella sera.
Avrebbe finito col pentirsi di aver lasciato Miriam, e di
certo quella era una delle cose peggiori che potesse fare.
Tornò col pensiero al discorso dell’amore, e ricordò che un
paio di anni prima Laura… o Lisa… beh, una sua ex, mentre lo mandava al
diavolo, gli aveva detto che non sapeva amare. Forse era vero.
O forse è tutta
opera del Rimorso.
Earinë: Allora è deciso: le spedisco tutte al
ministero della salute e le faccio brevettare come l’ultimo ritrovato della chimica
nella lotta contro al raffreddore, faresti da testimone per l’utilità del
medicamento? Grazie! E grazie anche per i complimenti ai miei personaggi
femminili, avevi intuito giusto! Sono la prova vivente e sfigata che gli scippi
vanno a finire sempre o comunque spesso al contrario.
AyLa: Forse ho aspettato un po’ troppo a inserire
questo personaggio, o anche solo a dare la descrizione di Pearl… bah, vedremo
se le cose miglioreranno, in ogni caso finirò anche questa… non appena mi verrà
in mente una fine naturalmente…;p Ho notato anch’io che siamo tutte donne, ma
d’altra parte nella sezione “Romantico”mi farebbe strano trovare un maschio,
per definizione loro odiano le sdolcinatezze, almeno nella maggior parte dei
casi! Poi naturalmente non si deve generalizzare, ma sai il mio Arkel mi spinge
a pensarla così! Speravo che Damon sarebbe piaciuto, da quando ho cominciato a
pensarlo è sempre piaciuto molto anche a me. Adesso però devo stendere un bel
profilo psicologico, vedremo come fare.
Jennifer: Non c’è bisogno di scusarsi, sono io che ti
ringrazio per aver letto anche questa mia storiella! E grazie di trovarla
carina, farò del mio meglio anche qui!
Antheameiko: Ah, volevo dirti che le risposte alle
tue recensioni non sono state inserite a caso. Sono pignola in certe cose
(sottolineo “certe cose”) e le ho inserite guardando l’orario in cui le hai
scritte e infilandole tra quelle scritte nella sezione recensioni… lo so, sono
pazza! MA COME?!? L’ho appena inserito e tu me lo lapidi così, alla sua prima
comparsa?!! Vi state rivoltando contro i miei personaggi maschili donne ,la
cosa mi preoccupa assai… Ripeto che dovete conoscerlo prima, potrebbe non
essere poi così malaccio… già da questo capitolo spero tu lo abbia rivalutato!
E comunque volevo precisare che il padre di Pearl non è morto, non si era
capito? È semplicemente disabile. Un’ultima cosa: non posso dirti se si
innamoreranno, l’unica cosa certa è che non lo so nemmeno io!
Damynex: E io che ti avevo detto?! Me lo sentivo che
avresti cambiato idea su di lui, basta saper aspettare!
Elenim: Ma ciao!! Farò del mio meglio, e sono la
prima ad essermi accorta che questa storia non sta nemmeno a un anno luce di
distanza dall’altra… mi sa che ho già esaurito la mia vena artistica folle…
sign!
Clover: Onorata che ti interessi, è felice della tua
recensione e chiede di poter approfondire la tua conoscenza… ^_^