3_Recitazione - Yourself expression
La sala adibita alla musica era stata non tanto relegata, quanto piuttosto trasformata in una sala prove.
La cosa che però era
più strana, era che non c’era una squadra di giovani
attori in fase di “allenamento” per uno spettacolo
all’interno, bensì il giovane padrone di casa - il conte
Ciel Phantomhive - ed il suo fedele maggiordomo, Sebastian Michaelis,
che per l’occasione si era spogliato delle vesti di servitore per
indossare quelle di tutore privato di recitazione. Difatti, indossava
un completo da insegnante piuttosto verosimile, composto di una lunga
giacca beige aperta sul petto - fasciato da un gilet marrone - e di un
paio di pantaloni neri.
Un paio di occhiali
professionali completavano l’effetto, assieme al lungo ciuffo di
capelli sul lato sinistro del volto, sistemato con accortezza dietro
l’orecchio.
Ciel, con un libretto in mano, stava leggendo un passo di un copione teatrale molto
famoso, la voce venata di una leggera irritazione mista ad un soffuso
tentativo di enfatizzare le parole che gli scivolavano fuori delle
labbra ininterrotte, senza alcuna cadenza precisa.
«Signorino... potrebbe dedicarsi
con un poco più di energia alla cosa?» chiese Sebastian,
senza perdere né flemma né compostezza, dando
un’inflessione velatamente esasperata alla propria voce.
Il conte si zittì alcuni attimi, poi riprese a leggere dall’inizio, obbedendo in piccola parte alla richiesta.
In realtà, non
capiva il senso di quel corso di recitazione: non aveva certo
intenzione di divenire un attore! Una buona recitazione, nel lavoro che
svolgeva lui - ossia dirigere la compagnia Phantom - non era una
componente così essenziale.
Eppure, il suo maggiordomo
non aveva ammesso alcun genere di repliche: «È importante
che anche lei abbia un poco di dimestichezza con la recitazione: non sa
mai quando potrebbe esserle utile» aveva detto, e subito dopo
l’aveva portato in quella stanza, entro la quale erano chiusi da
quasi un’ora e mezza, a ripetere sempre le stesse frasi.
Si stava stancando, ma
sapeva che finché non fosse stato Sebastian quello stanco - di
sentirlo puntualmente sbagliare, dato che stanchezza fisica non ne
poteva accusare per sua stessa natura - non avrebbe abbandonato quella
sala.
«Signorino» lo
interruppe di nuovo il demone «Vado a prepararle il thé
pomeridiano. Riprenderemo dopo» aggiunse, quindi si
congedò con un rapido inchino.
Ciel rimase in piedi dov’era fino a quel momento stato, il libretto ancora saldamente in mano.
Dopo qualche minuto, decise
di riprendere a provare, giusto perché Sebastian, quando avesse
fatto ritorno, l’avesse trovato impegnato in qualcosa che
reputava costruttivo - e anche perché magari, vedendo una finta
buona volontà, avrebbe deciso di finirla lì con
quell’inutile corso.
Mentre era lì a
rileggere la parte, la porta si spalancò di schianto e vi
apparve la slanciata, rossa figura di Grell.
Da dov’era arrivato - o da quanto fosse in giro per casa sua - non ne aveva la più pallida e remota idea.
«Non è così che si recita!» esclamò lo shinigami, indignato, avanzando nella stanza.
Raggiunse il conte con
poche, lunghe falcate accompagnate dal caratteristico rumore dei tacchi
dei suoi stivali, quindi gli si fermò affianco e si chinò
a fissarlo dritto negli occhi puntellando le mani sui fianchi.
«Non vi hanno insegnato niente?!» sbottò.
«La recitazione
è inutile» asserì Ciel, accalorandosi: nessuno
poteva insinuare che fosse un ignorante e sperare di passarla liscia.
«Non serve a niente
far pratica di recitazione: fingere è una dote innata propria di
tutti gli esseri umani» proseguì, in tono glaciale.
Grell riacquisì la
postura eretta e spostò la lunga chioma rossa dietro le spalle
con un gesto - molto femminile - di vanitosa superiorità, quindi
si rivolse al conte: «Imparare a recitare, moccioso,
contribuisce a dar maggior credibilità alla tua finzione.
Inoltre, recitare non serve solo a saper mentire in modo convincente:
la recitazione è anche un modo per esprimere noi stessi!».
Il tono con cui gli aveva parlato era quello tipico di chi la sapeva lunga in merito.
Il Phantomhive lo
guardò con arrogante disprezzo, senza replicare niente:
semplicemente, non considerava l’affermazione degna di
particolari attenzioni.
«Dai qua!» esclamò lo shinigami all’improvviso, strappandogli dalle mani il libretto.
«Signorino, il suo th...».
Sebastian s’interruppe quando, aperta la porta, si materializzò innanzi ai suoi occhi una scena che mai
si sarebbe aspettato di vedere: Grell in ginocchio, con il copione in
una mano e l’altra che stringeva quella del conte, in piedi
innanzi a lui.
Il tutto dava l’idea
di una dichiarazione d’amore in vecchio stile... e certamente, la
parte di Giulietta che stava leggendo non contribuiva a dare
impressione migliore al maggiordomo, la cui mente formulò un
unico e tutto sommato logico pensiero: «Ma da quando era la donna ad inginocchiarsi ai piedi dell’uomo?».
Angolino autrice
E con questa shot (che, sinceramente, non credo mi sia uscita tanto bene .-.) la raccoltina termina ^^''
Come si suol dire, breve ma intensa ^^ (si fa per dire ù-ù).
Ringrazio dal più profondo del cuore Lady Phantomhive13 per le recensioni e chi ha aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Alla prossima! Bye bye!
F.D.
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