EFP
“Remus?”
chiamò Hetta entrando in casa. Si erano accordati per vedersi a cena a casa di
lei, ma quando era arrivata non c’erano segnali di una presenza umana nelle sue
stanze. Tutto era chiuso e non si sentivano rumori. La casa era decisamente
deserta, anche una volta entrati nel piccolo ingresso. Nessuna luce, nessun
suono.
“Sono
qui…”
Hetta quasi
cadde a terra per la paura. Si spostò verso l’arco che conduceva al salotto e
guardò dentro con molta attenzione.
Remus era
seduto su una poltrona in vimini, regalo dei suoi genitori alla sorella nel
periodo in cui desiderava andare in India.
Aveva gli
occhi chiusi e apparentemente era rilassato.
Quando si
girò a guardarla gli occhi quasi brillavano nell’oscurità. Solo allora Hetta si
ricordò, d’improvviso, che quella notte ci sarebbe stata luna piena.
“Remus…”
sussurrò cominciando a percepire la paura che le entrava nella pelle.
“Sono
passato…” iniziò a dire con la voce contratta e strascicante, “solo per dirti
che me ne vado fino a domani.”
Lentamente
si alzò dalla poltrona, reggendosi in piedi. La luce dell’imbrunire colpiva
ancora i vetri, ma il tramonto stava per arrivare.
Quando si
girò verso di lei, Hetta scorse gli occhi allungati, le mani irrigidite e i
capelli leggermente più lunghi del solito.
“Remus…”
disse di nuovo con tono quasi di compassione.
“Non mi
seguire!” latrò lui incamminandosi verso l’uscita. Hetta annuì senza mai
distogliere lo sguardo dal suo uomo. Sembrava barcollare alla ricerca di un
equilibrio che le gambe da sole non gli garantivano più, le mani irrigidite come
artigli, la schiena più curva e la barba lunga.
“Ritornerò
io da te,” sussurrò.
“Si,”
rispose Hetta cercando di metterci tutta la convinzione possibile. Lo avrebbe
atteso anche per giorni se fosse stato necessario.
Remus uscì
dalla sua casa.
Meno di
mezz’ora dopo le arrivò un messaggio di Tonks.
“Ho visto la
luna. Vuoi compagnia?”
Hetta era
preoccupata per Remus. Molto preoccupata. E stare da solo non la aiutava. Le
rispose di sì.
Tonks arrivò
poco dopo con una enorme confezione di gelato.
“Mi sembrava
un buon passatempo per donne sole,” le disse offrendoglielo.
Hetta tentò
un sorriso e in parte le riuscì.
“Non ti
preoccupare. È in grado di badare a se stesso meglio di come potresti mai fare
tu. O io.”
“Ho quasi
più paura delle reazioni degli altri che delle sue,” ammise Hetta.
Il gelato
era quasi terminato quando bussarono alla porta di Hetta.
Le donne
trasalirono. Nessuna delle due attendeva visite. Hetta si girò verso Tonks con
una muta domanda: “Sei di turno?”
Tonsk
rispose con un’ espressione di meraviglia e scosse la testa.
“Sono
Piton,” sentirono dire con voce bassa e, per Tonks, molto sensuale.
Hetta si
alzò di scatto e corse alla porta spalancandola.
“Remus?”
chiese ansante.
Piton la
guardò meravigliato prima di cogliere il senso della domanda. Aveva gli occhi
arrossati dalla fatica e l’unico desiderio era di riavere Tonks tra le
braccia.
“No. Sono
qui perché ho immaginato che avrei trovato Tonks. Non ti preoccupare per Remus.
Sa cavarsela da solo.” Le sfiorò con la mano l’avambraccio, nonostante lo
sguardo disinteressato e le fece un minimo sorriso stanco.
“Severus!”
Tonks gli arrivò correndo, felice di vederlo dopo giorni di forzata lontananza.
Severus la strinse a sé, ancora meravigliato per la sua presenza, confortato dal
suo calore e eccitato dal suo profumo. Tonks colse la tensione che lo fece
irrigidire contro di lei e lo abbracciò con ancora più ardore.
Hetta
distolse lo sguardo, un po’ infastidita da quelle emozioni.
“Sei
preoccupata per Remus?” le chiese Severus senza lasciare Tonks.
Hetta lo
guardò e annuì. “Non mi piace molto stare qui ad aspettare.”
“Non puoi
fare altro. Né seguirlo, né impedirlo. È frustrante, ma non puoi cambiare la
situazione.”
“Ho
paura.”
“Io avrei
paura di incontrarlo. Per me e non per lui. Diventa un animale in tutti i
sensi.”
“Devi essere
così…” urlò Hetta senza parole. “Si tratta di Remus!”
“Lo so,”
continuò Piton con lo stesso tono placido. Tonks guardava entrambi senza
allontanarsi da lui. “L’ho visto. Ho visto il lupo mannaro. Non è più Remus. Non
pensare a lui come un povero derelitto. È un animale feroce in queste ore.”
“Tu sei
feroce.”
“Sono
realista.”
Hetta si
sentì incomprensibilmente più tranquilla sentendo quella voce quieta e il tono
sicuro e ironico di Severus.
“Remus
direbbe le stesse cose,” ammise poi con riluttanza.
Severus
sospirò. “Lo so.”
“Oh,
scusami, devi essere molto stanco.” Hetta si spostò dalla soglia facendogli
cenno di entrare. Ma Piton scosse la testa.
“Scusa
Hetta, ma desidero solo tornare a casa, farmi un doccia e dormire. Volevo
rivedere Ninpha prima di farlo.” Accennò ad un sorriso, stringendosi Tonks al
petto.
“Oh, ma non
avevamo impegni io e Tonks!”
“Ti
dispiace?” le chiese l’amica.
“Vai!” le
sorrise Hetta, sentendosi felice almeno per l’amica.
La
salutarono con dolcezza, ricordandole di non temere nulla per Remus.
Hetta si
chiuse la porta alle spalle con un sospiro. Si chiese se con gli anni avrebbe
mai accettato tutta la tensione che stava provando o se mai sarebbe diminuita
con il tempo.
Si mise
seduta in poltrona, in attesa, addormentandosi quasi subito, sfinita.
“Credi che
dormirà?”
Tonks fece
la domanda a Severus mentre ancora era in bagno. Lei si era già infilata sotto
le coperte, per lasciare al suo compagno il piacere di scoprire cosa lo
attendeva.
“Hetta?” le
chiese Severus uscendo dalla stanza.
Tonks grugnì
un assenso guardandolo. I mesi recenti di pasti regolari e abbondanti, la
possibilità di dormire ogni notte per molte ore e, pensò, anche la sua presenza,
avevano permesso a Severus di accumulare qualche chilo e perdere parecchie
rughe. Non poteva certo definirlo bello, almeno non per il resto delle donne. Il
naso grande e leggermente ricurvo occupava ancora la maggior parte del viso, i
capelli lunghi erano ancora stretti in con un laccio, tranne in quel momento in
cui scendevano umidi fino alle spalle. Era magro e angoloso. Aveva accumulato
anni di vita, di esperienza, di dolore e di rabbia che il corpo non poteva più
cancellare.
Sorrise
ripensando alla prima volta che lo aveva visto con il solo asciugamano avvolto
sui fianchi, alla confusione e alla rabbia che aveva provato per essere stata
costretta a stare con lui invece di andare in battaglia.
Non aveva
mai ringraziato Remus per averla scelta. Era stato certamente lui a
decidere.
Rimase un
momento incerta. Non aveva mai avuto conferma di questo suo ragionamento.
“Ninpha… che
pensi?” le chiese Severus appendendo l’asciugamano alla porta del bagno.
“A ben poco,
se ti presenti nudo!” gli sorrise immediatamente.
“Non mi dire
che tu indossi qualcosa sotto quel lenzuolo…” le sorrise.
Erano così
rari e improvvisi i sorrisi del suo uomo che Tonks dedicava loro ogni attenzione
le poche volte che arrivavano.
Severus si
infilò al suo fianco, abbracciandola.
“Chi ha
deciso che sarei stata io a scortarti?” gli chiese accoccolandosi contro di
lui.
Severus si
lasciò cadere disteso sulla schiena.
“Sarebbe
stato troppo facile…” sospirò.
“Cosa?”
“Fare
l’amore prima di risolvere il tuo dubbio,” le disse ad occhi chiusi. “Intendi
sapere chi ha deciso che mi avresti scortata fino al paesino per poi lasciarmi
inghiottire dalla foresta?”
“Sì.”
“Remus ha
preteso che avessi una scorta. Mi ha fatto scegliere quale Auror volevo trai
piedi. Mi ricordavo solo di Charlie, Hetta e di te, ma Malocchio mi ha spiegato
alcune caratteristiche di ciascuno degli altri. Ero tentato di scegliere Hetta
perché la conoscevo meglio, ma poi ho visto Remus accarezzare quasi per caso la
foto sulla scheda personale di Hetta e ho pensato che tra Charlie Weasley e il
suo sarcasmo e una donna chiacchierona e caotica, era meglio una donna. E poi
sei sempre stata intrigante.”
“Io?” Tonks,
sbigottita, si alzò appoggiandosi ad un gomito e lo guardò dall’alto. Era
decisamente sorpresa. Abbastanza da sorvolare sui primi due aggettivi.
“Sì, tu.
Potresti baciarmi, adesso?”
Mormorando
un insulto e ridacchiando Tonks si avvicinò al suo viso.
“Mi hai
osservato abbastanza a lungo poco fa o devi fare un giro di controllo?” le
chiese un attimo prima che le labbra si incontrassero.
“Devo fare
qualche controllo visivo e… tattile. Poi potremmo parlare,” gli sussurrò Tonks
baciandolo.
Severus
chiuse gli occhi e rinunciò a trovare della logica in lei.
“Hetta?”
La donna si
girò di scatto facendo ondeggiare la frangia bionda che ricadeva su metà del suo
volto. Stava lavando i piatti a mano, per far passare il tempo che però si
ostinava a trascinarsi lento e pesante dalla sera precedente. Aveva dormito,
aveva mangiato, aveva fatto acquisti per casa, aveva di nuovo mangiato, ma non
aveva smesso di pensare.
L’argomento
principale dei suoi pensieri si era alla fine concretizzato.
“Remus!” gli
corse incontro, il grembiule ai fianchi, i guanti bagnati, lasciando cadere il
bicchiere che aveva in mano.
Lo strinse a
sé con forza, lasciando le impronte umide delle mani sopra la sua maglia.
Non riuscì a
dire nulla e il respiro le si bloccava in gola.
“Hetta…”
disse di nuovo Remus allontanandola da sé. Era molto pallido e stanco.
Con un
veloce mormorio Hetta fece scoprire i guanti e gli accarezzò il volto. Gli baciò
lieve l’angolo della bocca e gli sorrise.
“Bentornato.”
Remus la
guardò per un attimo.
“Oh, Hetta!”
sospirò stringendola a sé con forza. “Oh, Hetta!”
“È accaduto
qualcosa di particolare?” gli chiese allarmata lei, parlando tra i suoi
capelli.
“Sì. Ho
finalmente qualcuno da cui tornare quando la luna cala,” le sussurrò.
“Se non
ritorni ti trovo e ti faccio nero di pugni…” gli rispose accarezzandogli la
testa.
Remus la
allontanò di nuovo dal suo corpo con un leggero sorriso in volto.
“Mi sono
solo cambiato di abito con un incantesimo. Volevo vederti.”
Rimasero in
silenzio a fissarsi negli occhi.
“Puzzi,”
sottolineò Hetta con un smorfia.
Remus rise
allontanandosi da lei. “Intendevo questo dicendo che mi sono solo cambiato
d’abito.”
“Sali a
farti una doccia,” gli propose Hetta.
“Non ho
nulla per cambiarmi.”
“Prendi un
asciugamano. Io intanto ti lavo i vestiti.”
Remus si
passò le mani sui pantaloni.
“Devo
cambiarmi del tutto, Hetta. Biancheria compresa.”
“Penso di
riuscire a fare lo stesso il bucato,” lo derise lei, cogliendo la sua
timidezza.
“Preferisco
passare a Grimmauld Place e sistemare da solo, scusami,” le rispose lui, quasi
arrossendo.
“Ti ho già
visto quasi nudo,” gli sorrise. Ma lui rispose con un ghigno tirato che Hetta
non riuscì ad interpretare.
“Ti è
successo qualcosa?” gli chiese di nuovo, con meno ansia e più decisione nel tono
della voce.
Remus rimase
un attimo in silenzio. “Non è possibile che non mi accada nulla. Sono sempre
pieno di lividi e graffi quando rientro a casa,” le spiegò tranquillamente.
“Devi
curarti.”
“Qualcuno mi
ha regalato una pomata contro graffi e ferite… una ragazza carina…”
“Non
cambiare discorso Remus. Devi curarti.”
Hetta lo
guardò con espressione decisa e ferma.
“Non sarà
piacevole,” le disse Remus.
“Bene.
Adesso lo so. Sdraiati nel mio letto.”
“Preferirei
sentirtelo dire per altri motivi,” le sorrise Remus.
Hetta
arrossì. “Diabolico uomo…” sussurrò.
Remus
sorrise. “Grazie.”
“Non ho
fatto nulla, ancora,” gli rispose alzando le spalle.
“Lo credi
davvero?”
Parecchio
tempo dopo Remus si alzò dal letto di Hetta. Lei dormiva, prona, abbracciando il
suo cuscino. La guardò per alcuni minuti chiedendosi come mai il destino gli
avesse premesso di trovare una donna come quella nella sua strada.
I capelli
biondi erano arruffati. Certo, lui stesso aveva contribuito a creare quella
situazione. Sorrise.
Si appoggiò
alla finestra, lo sguardo sempre rivolto a lei.
Hetta si
mosse per sistemarsi meglio il cuscino.
“Ti amo,” le
disse Remus, sapendo che non lo stava ascoltando. Era ancora nudo, con le
cicatrici più recenti che gli solcavano una coscia. Hetta non si aspettava tutti
quei segni di lotta e lo aveva disinfettato e curato in silenzio, stringendo le
labbra davanti ai solchi più profondi.
Non gli
aveva chiesto nulla, lasciandolo avvolto in un asciugamano seduto sul letto.
“Non mi
ricordo come o con chi…” le aveva detto spontaneamente lui, guardandole la
schiena.
“Ho paura…”
aveva confessato Hetta, quasi sottovoce.
“Che mi
succeda qualcosa?”
“Sì.
“È
probabile. Non cerco situazioni di pericolo, ma neppure le evito.”
“Sarei
distrutta al tuo posto, dopo tutti questi anni di confusione e di tensione.”
“Ho trovato
James, Lily e Sirius. E poi l’Ordine. Harry. Tutti ottimi motivi per non farsi
prendere dalla follia. E adesso ho te.”
Gli aveva
sorriso e gli aveva chiesto di essere amata.
Meno di due
mesi dopo Severus capitolò su quasi tutto il fronte e andò a vivere con Tonks.
Quasi tutto il fronte.
Rifiutò il
matrimonio e quasi imprecò contro Tonks quando osò parlargli di bambini. Ma lei
non avrebbe desistito. Un uomo che aveva conosciuto il dolore da bambino sarebbe
stato un buon padre, gli disse. Piton si limitò a guardarla con un ghigno e le
ricordò l’infanzia di Voldemort.
Tonks gli
tirò un libro, centrando la poltrona alle sue spalle.
Remus non
disse, non propose, non chiese nulla, tranne lasciare spesso cose sue a casa di
Hetta. Un trasloco lento e regolare. Hetta sistemava e trovava nuovo spazio tra
le sue cose per lui.
Grimmauld
Place in poche settimane fu libera e pronta per Harry Potter.
L’arazzo con
la signora Balck fu definitivamente eliminato grazie alla tenacia di
Kreacher.
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