Lost Memories
(di Sihaya10)
* * *
N.d.A.
Scusate l’incredibile ritardo, ma Novembre è stato un mese
infernale! Inoltre, questo capitolo aveva bisogno di qualche revisione e io ho
impiegato un sacco di tempo per sistemarlo, e ancora non mi convince del tutto.
Fatemi sapere il vostro parere!
Payton, Nausikaa, Jaya e Carol, perdonatemi se sarò un po’
sbrigativa nel rispondere alle vostre recensioni, lo faccio solo per non
rimandare oltre la pubblicazione del capitolo! Un grazie infinito per il tempo
che dedicate a farmi sapere quello che pensate del mio lavoro, non avete idea
di quanto sia importante per me ogni vostro commento!
Nausikaa87:
Non ti sei fatta nessun
film,
tranquilla, solo ricorda che questa what-if? inizia prima della conclusione
della battaglia, esattamente quando Hagrid porta Harry in braccio e tutti lo
credono morto, un attimo prima che lui si nasconda sotto al Mantello.
Carol24:
ho lavorato tantissimo alla prima scena, quella del
Castello di Hogwarts, non so più quante volte l’ho riscritta… ho fatto di tutto
per renderla triste!
Pian piano ritorneremo al mondo magico, ma certe premesse
erano necessarie! ^_^
Neville e Luna sono personaggi che adoro, ma per scoprire il loro ruolo… c’è
ancora un po’ da aspettare, non troppo, tranquilla!!
PaytonSawyer:
In effetti, le parole “Malfoy” e “sentimento” nella
stessa frase… fanno un po’ strano!! XD
Scherzi a parte, mi dispiace, ma oltre a qualche informazione sullo stato di
Ron, non credo che le tue domande troveranno ancora risposta… ma non è colpa
mia se vai sempre a toccare i punti più delicati! ^^
Recensirti è un piacere, credimi! Vorrei solo trovare il
tempo di dirti quello che penso per ogni tuo lavoro, ma… confido nelle vacanze
natalizie!! Magari Babbo Natale mi regala un po’ di tempo!
Jaya: mi dispiace che tu non riesca ad aggiornare, ma non
preoccuparti, prenditi il tempo necessario per fare le cose al meglio! Intanto
grazie dei commenti!
* * *
There’s no
place like home.
Dal film The
Wizard of Oz
(Regia di Victor Fleming, 1939)
* * *
Capitolo 16 – Back to home
Harry e Ginny erano rimasti a parlare nel seminterrato del
Butterfly per tutta la notte. All’alba erano ancora seduti in un angolo
della stanza, l’una nelle braccia dell’altro. Ginny appoggiava la testa sulla
spalla di Harry e si lasciava coccolare dalle sue carezze; lui le passava la
mano fra i capelli, talvolta le accarezzava il viso dandole qualche bacio sulla
fronte, talvolta intrecciava le proprie dita con le sue e faceva una domanda.
Ginny ascoltava paziente e
replicava. Aveva una risposta per tutto.
« Come siamo arrivati a…
questo? » domandò Harry, riferendosi alla
propria condizione, condivisa con Ron e Hermione.
« È opera della McGrannit, »
esordì Ginny lasciandolo esterrefatto. « Oh, Harry! Durante la battaglia al Castello,
quando Hagrid è comparso reggendo il tuo corpo… ho sentito il mio cuore
spezzarsi… e ho visto infrangersi la speranza negli occhi di tutti coloro che
avevo accanto. Ricordo quell’istante come se fosse ieri. Noi credevamo
profondamente in te; la tua morte, in quel momento, rappresentava la fine. »
La voce di Ginny si era
lentamente incrinata ed ora era profondamente commossa, ma lei proseguì
trattenendo con orgoglio ogni lacrima.
« La professoressa McGrannit
è
stata l’unica a non credere all’evidenza; ha intuito che qualcosa non andava
prima ancora che balzassi giù dalle braccia di Hagrid e ti nascondessi sotto al
Mantello. Ti credeva ferito e sospettava - conoscendoti - che avessi in mente
qualcosa di eroico e impossibile. Inoltre, temeva la sconfitta. Molti di noi
erano soltanto ragazzini, studenti mediocri ed insicuri: non potevamo
affrontare una guerra. Così ha preso una decisione istintiva, di cui si è
pentita mille volte, e che io stessa non ho mai veramente accettato. Solo ora,
inizio a pensare che sia stata la scelta migliore.
Ha deciso che ci serviva
tempo
per rafforzarci e diventare un vero Esercito. Nel frattempo, tu avresti dovuto
restare nascosto per impedire a Tu-Sai-Chi di trovarti e a te di
prendere iniziative personali… Così fece un Incantesimo di Memoria su di voi:
tu, Ron e Hermione; aiutata dai centauri, nel caos, riuscì ad attraversare i
confini di Hogwarts e Smaterializzarsi portandovi qui, a Londra. Pensò che, se
Silente vi aveva voluti insieme, lei non vi avrebbe separato. »
Ginny si fermò e fece un
sorriso
ironico ed intenerito allo stesso tempo: « Sentimentale, eh? L’avresti mai
detto della McGrannit? »
Harry sorrise appena, troppo
basito per dire qualsiasi cosa. Ginny continuò a raccontare.
« A Hogwarts lo scontro
diventò
terribile: tu eri scomparso e Tu-Sai-Chi ti cercava con una furia devastante. La McGrannit tornò al Castello,
ma non per combattere. Proteggendoci, ci trascinò uno ad uno nella Stanza delle
Necessità… il quartier generale dell’Esercito, ricordi? Eravamo pochi, non più
di una decina. Ci disse di restare nascosti lì, mentre lei andava a radunare
altri studenti.
Poi non ricordo molto bene.
Ero
piegata in due dal dolore, Harry, perché credevo che tu mi avessi lasciata per
sempre. George ha dovuto trattenermi con un Incantesimo della Pastoia, perché
gridavo che volevo vendetta, che volevo combattere e non avevo più niente da
perdere…
Quando la McGrannit tornò
con
altri studenti, ci spiegò quello che aveva fatto. Disse che intendeva
insegnarci molte cose, che avremmo dovuto esercitarci giorno e notte e quando
saremmo stati pronti, sarebbe tornata a prendervi. Poi aggiunse che io avevo un
compito speciale: ero il vostro Custode (un po’ come nell’Incanto Fidelius);
dovevo proteggere la vostra identità e, al momento giusto, aiutarvi a
ricordare. Per questo sono venuta a vivere fra i babbani. È stato difficile
starti vicino e fingere… di non provare nulla per te… » concluse in un
sussurro.
Harry arrossì.
Poco dopo fece un’altra
domanda,
la più banale fra tutte quelle che ora lo assillavano, ma l’unica che l’aveva
condotto lì.
« Hai rubato tu il quadro? »
le
domandò.
Ginny annuì.
« È una copia del quadro di
Dexter Fortebraccio. Qualche settimana fa, per caso, ho scoperto della sua
esistenza in una pinacoteca privata (non ho idea di come e quando ci sia
finito, magari secoli fa!). Ho pensato che ci sarebbe tornato utile per
controllare l’Ufficio del Preside. Ne ho parlato con Lavanda, quando è venuta a
trovarmi, e ci siamo accordate perché George passasse a prenderlo… questa sera…
» scosse la testa, « non avevo previsto il vostro coinvolgimento. Sicuramente
Ron gli avrà creato dei problemi… »
Harry si sentì solo
parzialmente
sollevato al pensiero che l’aggressore di Ron fosse George Weasley.
« Ron non ricorda nulla, »
disse, « ma credo che Hermione abbia recuperato la memoria. »
« Davvero? » Ginny era
sorpresa.
« Sì. Temo che sia accaduto
quando ha iniziato ad avere contatti con Malfoy. È andata più volte a casa sua…
Ginny, perché credi che Malfoy sia qui tra i babbani? Non lo trovi sospetto? »
« Tutti noi lo troviamo
sospetto, » disse Ginny. « Abbiamo diverse ipotesi, ma nessuna soddisfacente.
Di sicuro non è opera della professoressa McGrannit… inoltre sappiamo che
alcuni Mangiamorte lo credono morto. »
« E a proposito di Pansy
Parkinson? »
« Pansy Parkinson? » Esclamò Ginny. « Io non
avevo idea che anche lei fosse … »
« Lavora in teatro… e se la
intende con Malfoy, » la informò Harry, preoccupato, « dobbiamo tenere gli
occhi aperti perché c’è chiaramente sotto qualcosa. »
« Sì, Harry, lo temo anch’
io, »
confermò Ginny, « per questo, stasera, torniamo a Hogwarts. »
* * *
Draco si svegliò tutto
indolenzito. Aveva dormito seduto sul pavimento, ai piedi di un vecchio letto,
con la schiena appoggiata alla lettiera.
Ricordava la maggior parte
degli
eventi vissuti la notte precedente, tranne i minuti conclusivi. L’ultima cosa
che aveva in mente era quel contatto imprevisto con Hermione, e il suo calore
contro il petto.
Scosse la testa in un misto
di
disgusto e denigrazione: quella sì, che era una cosa da dimenticare…
Sollevandosi dalla
spalliera,
fece per alzarsi, quando vide alla sua destra una piccola boccetta trasparente,
contenente un liquido verde acqua. Sotto di essa c’era un messaggio scritto in
fretta su un pezzetto di carta: “ Prova questa ”.
Draco ebbe un tuffo al cuore
ed
i suoi occhi s’illuminarono.
Per una volta (l’unica!
)
Hermione Granger l’aveva sorpreso.
In bene o in male, era
ancora
tutto da decidere.
Si sedette a gambe
incrociate e
pose la fiala davanti a sé, fissandola pensieroso.
Non aveva idea di che
pozione
fosse, e Hermione non aveva lasciato scritto nulla… non la poteva biasimare,
perché lui avrebbe fatto la stessa cosa. Il colore faceva pensare ad una
Pozione Rilassante(*), ma poteva osservarla ed odorarla all’infinito
formulando unicamente supposizioni.
Solo bevendola avrebbe
trovato
conferme.
Era rischioso, ma quel
liquido
glauco non l’avrebbe certo ucciso, si disse.
Perché
lei era una Gryffindor…
E i Gryffindor non hanno
il
coraggio di uccidere.
Così Draco prese un profondo
respiro, alzò l’ampolla e bevve il liquido in un unico sorso.
Sentì un bruciore fastidioso
scendergli nello stomaco, che però sparì rapidamente.
Subito dopo estrasse la
propria
bacchetta e si concentrò.
« Lumos, » ordinò
reggendo il bastoncino davanti ai propri occhi, speranzoso.
Non accadde nulla.
Riprovò di nuovo, più volte,
ma
la formula magica non ebbe mai effetto.
Una profonda delusione lo
attraversò e si abbandonò all’indietro, accasciandosi contro la lettiera.
« Idiota, » borbottò.
E non era chiaro a chi si
riferisse.
* * *
Non accadeva dai tempi di
Hogwarts che Hermione Granger e Ginny Weasley facessero colazione insieme. Si
erano date appuntamento presso lo Starbucks Café della stazione di Vauxhall.
Seduta ad un tavolino
accanto
alla vetrata, Ginny rigirava fra le mani un bicchiere di caffelatte caldo,
senza troppa voglia di berlo. Hermione, di fronte a lei, fissava la pioggia
rigare il vetro e rifletteva.
Ginny aveva raccontato di
Harry
e di tutto quello che era cambiato a Hogwarts negli ultimi due anni. Aveva
parlato del piano della McGrannit, della rinascita dell’Esercito di Silente e
dei progressi fatti dai suoi membri, tanto che Hermione si era sentita per la
prima volta “l’ultima della classe”. Infine, aveva espresso i propri sospetti
in merito a Draco Malfoy e a Pansy Parkinson, concludendo con la stessa
proposta che aveva fatto a Harry: partire per Hogwarts immediatamente, quella
sera.
Le rassicurazioni di
Hermione
sull’innocuità dei due Serpeverde erano servite soltanto a suscitare la
disapprovazione di Ginny per essersi lasciata abbindolare.
Poi la conversazione era
scivolata in un fastidioso silenzio, finché Ginny esplose d’impazienza: «
Allora, verrai con noi questa sera o no? » domandò.
Hermione la guardò stranita,
sorpresa che l’amica mettesse in dubbio la sua lealtà. « Certo che ci sarò, ma
non è questo il punto, » disse tornando a fissare il vetro, « mi chiedo solo se
siamo davvero pronti… »
« Lo siamo eccome! » Esclamò
Ginny, « ti ho appena detto che siamo diventati molto più forti e più abili. »
Hermione scosse la testa. «
Ho
capito, ma il problema siamo noi tre. In questi due anni non abbiamo fatto
nulla. Nulla, capisci?! » Disse con drammaticità. « Potrei non riuscire
più ad evocare un Incanto Patronus o lanciare uno Schiantesimo o… »
« Tu? » Ginny la guardò di
sottecchi, « non ci crederei nemmeno se lo vedessi. Inoltre, quello che non sai
te lo insegneremo e lo imparerai in un attimo. »
Hermione si ritrasse con
modestia. « Grazie. Ma… Harry? E… Ron! - Ginny lesse la disperazione nei suoi
occhi - Lui… lui non ha nemmeno recuperato la memoria! »
« Sono sicura che sia in
buone
mani, George l’avrà sicuramente portato al nostro nascondiglio, dove se ne
occuperà mamma. Se non dovesse farcela a raggiungere un buon livello, »
aggiunse Ginny, che non era del tutto estranea alle preoccupazioni dell’amica,
« allora rimarrà al rifugio come hanno fatto altri. »
« Anche Harry? » Ribatté
Hermione scettica, « io non credo che qualcun altro possa sconfiggere Tu-Sai-Chi…
»
« Lo so, » interruppe Ginny,
«
ma abbiamo tempo. Abbiamo atteso due anni, possiamo aspettare ancora. Adesso la
priorità è mettervi al sicuro, Londra è diventata troppo rischiosa... Io non ti
voglio rimproverare, Hermione, mi chiedo solo perché non hai considerato che
avvicinandoti a Malfoy, avresti potuto mettere in pericolo Harry… »
Hermione rispose guardandola
negli occhi: « Perché credo che Malfoy non sia pericoloso. Per quanto ti possa
sembrare assurdo, tutto ciò che vuole è tornare a Hogwarts e ricostruire la
nostra scuola. »
« Lui ti ha detto questo?
»
« Sì. »
« E tu gli hai creduto?
»
Hermione scrollò le spalle e
abbassò lo sguardo. « Mi è sembrato sincero… »
« Sei ingenua, » replicò
Ginny
alzandosi in piedi e, senza aggiungere altro, uscì dal bar.
Hermione volse lo sguardo
oltre
la vetrata e la vide attraversare la strada. Si copriva, contrariata, la testa
con le mani per ripararsi dalla pioggia che all’improvviso s’era fatta più
intensa.
Il suo bicchiere di
caffelatte
era rimasto sul tavolo. Hermione lo prese fra le mani: era ancora pieno.
Doveva essere davvero
dura, per
loro, la vita fra i babbani.
* * *
La vecchia lettiera in ferro battuto vibrò per la violenza
del colpo ricevuto. L’eco del clangore si diffuse nella stanza.
Un gesto di sfogo che a
Draco
Malfoy non bastò.
Afferrò con entrambe le mani
la
parte superiore della pediera e gridò di rabbia e frustrazione.
Non avrebbe sopportato un giorno di più
in quel luogo. In mezzo a gente inferiore e stupida.
Non un minuto di più a respirare i veleni
dello smog e l’aria stantia della Londra babbana.
Si voltò e aprì
violentemente le
ante dell’armadio, facendole sbattere contro il legno; fiotti densi di polvere
scivolarono lungo gli spigoli del mobile.
Poi, il suo viso si deformò
in
una smorfia d’orrore.
Rantolò in cerca d’
ossigeno.
Pietrificato, cercava con
fatica
di assimilare l’agghiacciante concetto.
Il ritratto di sua madre.
Sparito.
Perduto.
Rubato!
« GRANGER! » Un urlo
inferocito
sfondò le pareti della Villa. « IO T’AMMAZZO! »
* * *
Ron Weasley aprì gli occhi
ed
una luce intensa lo investì, tanto che fu costretto a richiuderli.
Ritentò, socchiudendo
cautamente
una sola palpebra.
Era sdraiato su un morbido letto, coperto
con lenzuola candide dal profumo delicato e familiare.
La stanza in cui si trovava
era
piccola, lunga e stretta; conteneva sei letti identici: due accanto al suo e
altri tre contro la parete opposta.
Affondò le mani nel
materasso
per sollevarsi a sedere. Accorgendosi d’essere quasi nudo, tirò a sé la
coperta, imbarazzato. C’era, infatti, nel letto di fronte al suo, una ragazza
che non aveva smesso di guardarlo dal momento in cui si era svegliato. Ora, in
particolare, sorrideva.
« Buongiorno Ron, finalmente
ti
sei ripreso, » disse.
Lui aprì anche l’altro
occhio,
confuso. « Ci conosciamo? » domandò.
Lei annuì: « sono Angelina
Johnson. »
Ron la osservò
perplesso.
Era una ragazza molto
carina.
Dalla pelle scura e i capelli lunghi legati in mille piccole trecce. Aveva uno
sguardo intenso e determinato, un’espressione sicura sul viso; il corpo tonico
e in carne, le guance morbide e il respiro rapido; con una mano si accarezzava
il ventre gravido.
« Mi dispiace. Non mi
ricordo di
te, » si scusò Ron.
« Non preoccuparti. Lo
immaginavo. »
Quelle parole lo fecero
sentire
profondamente a disagio. « Perché siamo qui? » chiese.
« Perché tu sei qui,
»
specificò lei, « nel mio caso credo sia abbastanza evidente… » ridacchiò,
suscitando in Ron una smorfia tra l’offeso e l’imbarazzato.
« È colpa di George, »
continuò
lei, « erano giorni che cercava disperatamente una cavia per provare la sua
nuova creazione… Purtroppo ha trovato te, e non c’era nessuno a fermarlo… »
Angelina fece un sospiro indulgente, ma allo stesso tempo un sorriso divertito
le piegò le labbra.
« Oh Ron, hai vomitato per
due
giorni di fila. Vostra madre è andata su tutte le furie! Povero George, qui lo
teniamo represso e non può esprimersi come vorrebbe… è normale che si sfoghi
all’esterno… »
Normale un
cavolo, pensò
Ron che non aveva idea di chi stesse parlando anche se lei citava tutti come se
fossero suoi parenti stretti.
Roteò gli occhi,
disorientato.
In quel momento un ragazzo
alto,
dai capelli rossi e incredibilmente somigliante a lui, entrò baldanzoso nella
camera.
« Uh, sorpresone! Il Re del
Vomito si è svegliato! » Ululò.
Ron si ritrasse sotto le
coperte
e lo scrutò sospettoso.
Lui si piazzò nel messo
della
stanza e diede il via ad una sceneggiata.
« Avresti dovuto vederti!
Eri
completamente verde, uno schifo! Vomitavi senza interruzione e quando ti ho
portato qui è stato il delirio! Padma ha iniziato a rimettere appena ti ha
visto, Lavanda e Calì l’hanno seguita a ruota! È stato spettacolare, erano anni
che non mi divertivo così! Mamma era talmente fuori di sé che per poco non mi
staccava l’altro orecchio! » Disse indicandosi con il dito l’unico lobo
rimasto.
Angelina notò l’espressione
interdetta di Ron, e richiamò il ragazzo: « Dai George, basta. »
Lui finalmente la considerò
e si
diresse verso il suo letto, con espressione ruffiana. Le mise una mano sul
ventre, si chinò verso di lei e le schioccò un sonoro bacio sulle labbra.
« Non preoccuparti dolcezza,
»
disse facendole l’occhiolino, « crescerà sano nel corpo e nella mente! »
« Ho i miei dubbi, » fece
lei
sarcastica. Poi si rivolse a Ron: « Tu che ne pensi? »
Ron aggrottò la fronte.
Era sempre più convinto di
trovarsi in un ospedale psichiatrico, reparto: Malati Gravi.
« Si può sapere chi cavolo siete!? »
Sbottò.
*
* *
Quella mattina, quando Hermione era
arrivata in redazione, aveva trovato ben diciassette chiamate sulla segreteria
telefonica. Tutti i messaggi dicevano la stessa cosa: “Granger, sei morta”.
Aveva indovinato subito l’origine di
quelle minacce, ma la sua collega Emily era così allarmata da insistere per
contattare la compagnia telefonica.
Il numero chiamante rispondeva a Villa
Malfoy.
Hermione, seccata ed offesa, aveva
deciso che non si sarebbe mossa per il Serpeverde fino al termine della giornata;
all’ora di chiusura, forse, sarebbe andata da lui.
Alle cinque del pomeriggio,
l’indignazione era lentamente sfumata portando con sé il “forse”.
E Hermione si era ritrovata di nuovo
nell’atrio fastoso della Villa.
Ginny avrebbe detto che si era di nuovo
lasciata “abbindolare” dai capricci di Malfoy, ma lei era lì solo per dirgli
che da quel momento in poi avrebbe dovuto arrangiarsi da solo.
Guardò nervosamente l’orologio.
Mancavano poco meno di due ore alla
partenza per Hogwarts.
C’era poco tempo, per cui non attese
nessuno, salì diretta alla biblioteca, sicura di trovarlo là.
E infatti lui c’era, ma l’accoglienza
che le diede non fu propriamente calorosa.
Appena mise piede nella stanza, le
piombò addosso spingendola contro il muro e stringendole una mano intorno alla
gola.
« Credi di essere più furba di me? »
ringhiò.
Hermione non capì il perché di tanta
aggressività, ma era chiaro che la Pozione Rilassante non aveva avuto alcun
effetto…
E per fortuna, si disse, perché
preferiva di gran lunga quelle dita ossute e pallide sul collo, che un’Avada
Kedavra.
* * *
N.d.A.
(bis)
(*) La Pozione Rilassante viene usata in
Harry Potter e l’Ordine della Fenice per calmare Hannah Abbott prima degli
esami (cap. 27). Il colore è inventato, perché ho cercato dappertutto e non ho
trovato niente sulle sue caratteristiche. Ho pensato al verde, che nella
cromoterapia è un colore rilassante. Anche se non l’ho spiegato (mi sembrava
superfluo), Hermione propone questa pozione a Malfoy per ridurre il suo stress
e favorire l’uscita dal trauma che ha ipotizzato; ovviamente l’ha trovata tra
gli scatoloni, altrimenti non avrebbe avuto il tempo di prepararla.