4. Nuova vita, vecchi amici.
Hermione
avanzava lenta, avvolta in un vestito di raso rosso procedeva tra i
tavoli.
L’enorme
salotto di casa Lestrange era stato invaso dagli ospiti; camerieri in
livrea ed
elfi domestici si affaccendavano a destra e a sinistra portando con
loro
bevande e cibi di ogni tipo.
Nel
giardino, verde e curato in ogni periodo dell’anno, erano
stati montati dei
tendoni bianchi sotto i quali gli invitati stavano seduti a conversare.
Bellatrix
adorava il suo giardino, ne andava fiera quasi quanto andava fiera del
suo
sangue.
I
fiori che coltivava, i gigli, le rose, i tulipani, i gladioli, per lei
erano la
cosa più preziosa della casa.
Non
le importava nulla dei gioielli o dei vestiti.
Cosa
se ne faceva una Black, incarnazione eterea della bellezza stessa, di
monili che
avevano come unico fine quello di adornare qualcosa che era
già perfetto?
Li
trovava inutili.
Non
che per questo se ne privasse, certo che no, ma per lei erano secondari.
Quando
la Granger raggiunse la finestra che dava sul cortile era appena
iniziato lo
spettacolo pirotecnico.
Un
uragano di luci e scoppi invase l’aria.
Il
cielo si tinse dei colori più disparati e sgargianti che
andavano a creare
figure senza senso nel cielo notturno.
-
Una serata splendida, non trovi Tesoro? – le
sussurrò una voce calda e
seducente all’orecchio.
-
Tu dici Blaise? – rispose senza girarsi – Io trovo
lo spettacolo quasi
esagerato. –
Zabini
le appoggiò delicatamente una mano sulla spalla, era dello
stesso avviso, i
Lestrange erano degli esibizionisti, ma non gli sembrava saggio andare
a
dirglielo in faccia.
Rimasero
qualche secondo a osservare i fuochi che esplodevano nella notte,
quindi, da
vero cavaliere che era, l’ex Serpeverde le offerse il braccio
e la accompagnò
fino a uno dei tavoli del giardino, dove alcuni vecchi amici li stavano
aspettando.
Pansy
la salutò svogliatamente con la mano facendole cenno di
sedersi accanto a lei.
-
Sei arrivata in tempo per la parte più noiosa. –
-
Hermione finalmente, pensavamo non venissi più –
disse Theodor Nott notandola.
-
Scherzate? Sapete benissimo che non potevo certo mancare. –
-
A proposito tesoro, lo sai che domani torna Milly dal viaggio di nozze?
- Pansy
iniziò a raccontarle tutto quello che era riuscita a sapere
sule due settimane
di fuoco dell’amica.
-
Oddio, poveraccio chi l’ha sposata, avrà una testa
tanta – fece eco Blaise.
-
Potrei dire lo stesso di te. – esclamò una voce da
dietro le sue spalle.
-
Taci donna, così mi uccidi! – sbottò
Blaise.
-
Hermione, non si salutano più i vecchi nemici? –
disse la proprietaria della voce
girandosi verso la riccia.
-
Daphne, tesoro è un piacere vederti. –
-
Ragazzi cos’è questa? La serata delle rimpatriate?
– chiese Galatea Herodias Walsh,
la moglie di Nott.
Si
erano sposati due anni prima, lei era la figlia di una ricca ereditiera
gallese,
il loro era stato amore a prima vista, o almeno così
dicevano loro.
-
Ma dai Galatea non capitano spesso riunioni con così tanta
gente – disse Pansy
-
Sì infatti, avete ucciso qualcuno? –
domandò Daphne sarcastica.
-
Non di recente e voi? – ironizzò Theo a sua volta.
-
Lasciamo perdere vi prego – rispose Hermione alzando gli
occhi al cielo.
-
A proposito ‘Mione, sei riuscita finire quello che dovevi?
– le chiese Galatea.
-
Stendiamo un velo pietoso Gal, sono tre giorni che non dormo.
–
-
Oh bè, Lui sarà contento, tu un po’
meno immagino – ridacchiò Blaise sottovoce,
scatenando l’ilarità generale.
Era
quasi assurdo vedere quei ragazzi ridere tutti insieme. Da quando
Hermione era
passata al lato oscuro aveva trovato in loro amici fidati e alleati
preziosi.
Aveva imparato che non sempre le apparenze corrispondono alla
realtà e aveva
acquisito la dolorosa consapevolezza che non tutti i seguaci del
Signore Oscuro
erano malvagi.
In
quei cinque anni aveva sperimentato sulla sua pelle la vita da
Mangiamorte, benché
ancora non fosse stata fatta diventare ufficialmente uno di loro. Aveva
però
imparato a conoscerli, a
frequentarli,
aveva conosciuto le persone che erano, non solo il nemico che erano
stati. Con
alcuni aveva legato, con altri aveva seppellito l’antica
ascia di guerra.
In
quegli anni erano successe molte cose, cose che non avrebbe mai creduto
possibili prima.
Narcissa,
tra gli altri, era una di quelle persone che non si erano fatte troppi
problemi
ad accettarla tra loro, le aveva fatto addirittura le sue scuse per il
periodo
orribile che le aveva fatto passare la sorella. All’inizio il
loro era stato un
rapporto puramente formale, saluti cordiali imbevuti di ipocrisia e
finzione,
una recita interpretata ad arte da attrici improvvisate; in seguito tra
di loro
si era instaurata una pacifica convivenza che era presto diventata una
solida
amicizia. Badate bene, non con tutti era stato così. Con
molti il rapporto che
si era venuto a creare era più che altro di pacifica
convivenza, non una di
quelle amicizie a cui sono abituati i Griffyndor, niente
lealtà o spirito di
sacrificio, no certo, era più che altro una certezza, la
certezza che anche se
una volta quelle persone erano state tue nemiche non ti avrebbero
lanciato
un’Avada Kedavra alle spalle, ma niente di più. La
signora Lestrange, per
esempio, si era rivelata una donna sofisticata, intelligente e colta,
era
estremamente astuta e riusciva sempre ad ottenere ciò che
voleva, sempre, e non
le interessava quale mezzo doveva usare per riuscirci, anche se
Hermione sapeva
bene che quella donna la considerava inferiore. Quello che non sapeva
era che
Bella, proprio come Tom Riddle, aveva visto nella grifoncina qualcosa,
qualcosa
di ardente e potente e voleva coltivarlo, voleva aiutarla a esplodere,
a
sbocciare, voleva plagiarla e modificarla a sua immagine, voleva
ritrovare in
lei la stessa follia che vedeva nella sua immagine riflessa allo
specchio ogni
giorno.
Forse
era stato per questo motivo che aveva consigliato a Lord Voldemort di
fare di
lei un’esperta di magia naturale e dopo cinque anni Hermione
era diventata la
migliore Sacerdotessa di Inghilterra.
Era
stato Tom stesso a darle i fondi e i collaboratori necessari per dare
vita al
progetto a cui aspirava da tempo, la conquista
dell’immortalità.
Benchè
ancora la ragazza non fosse riuscita a trovare un modo per avverare
questo suo
desiderio aveva però trovato un modo per farlo tornare allo
splendore di un
tempo.
Oh,
gli Horcrux avevano deturpato il viso di Tom Riddle in modo spaventoso,
ma a
tutto c’era rimedio.
Quella
che si prospettava nell’immediato futuro era una rinascita.
In
quel modo Voldemort avrebbe avuto il potere assoluto,
l’eleganza e la
perfezione dei Riddle e il controllo sull’intera Bretagna.
E,
ironia della sorte, sarebbe stata una sangue sporco a realizzare il suo
desiderio.
Se
qualcuno avesse detto, solo un anno prima, a Draco Malfoy che avrebbe
passato
la vigilia di natale in quel modo gli avrebbe sicuramente riso in
faccia.
Avrebbe preferito essere in qualsiasi altro posto piuttosto che dove si
trovava
in quel momento, avrebbe preferito passare il natale in prigione o
perché no?
Con Harry Potter, in quel buco di culo di mondo in cui si trovava.
Avrebbe
persino preferito essere a quella stupida e pacchianissima festa a casa
Lestrange con sua zia che gli riempiva la testa di manfrine sul sangue,
su
stermini di massa, gente morta e gente che doveva ammazzare.
Tutto
sarebbe stato meglio le fogne di Londra.
Immerso
fino alle ginocchia in una melma di un ben poco rassicurante colore
verdastro,
seguiva con fare sempre più schifato il suo mentore di
sempre. Severus Piton
sembrava molto sicuro di quello che faceva e soprattutto di dove stava
andando,
il che a Draco sembrava decisamente assurdo, perché non solo
quelle fogne erano
evidentemente un malriuscito esperimento di architettura babbana, ma
anche
perché era cosi buio che la luce delle loro bacchette
illuminava a malapena lo
spazio loro circostante.
-
Severus, con tutto il rispetto che posso avere per te, tua moglie e le
sue
brillanti idee in questo momento, mi chiedevo... dove cazzo siamo
finiti? -
Il
buon vecchio ex professore di pozioni ispirò lentamente
imponendosi di non
menare il suo oramai ex alunno quindi giratosi lentamente verso di lui
lo
guardò per qualche secondo con palese astio.
-
Malfoy, il tuo compito è seguirmi ed aiutarmi, non
è necessario ai fini della
missione in atto che tu sappia dove stiamo andando, dove siamo e cosa
dobbiamo
fare. Meno ciascuno di noi conosce i compiti degli altri più
sarà facile per
tutti la riuscita dei rispettivi incarichi. E non urlare, che non si sa
mai chi
può sentirci! -
-
Siamo in una fogna - sibilò allora Malfoy - una cazzo di
fogna, chi vuoi che
ci senta? La gente normale non cammina nella melma per hobby. -
-
La gente normale, signor Malfoy, non osa più nemmeno uscire
di casa. Non è
della gente normale che mi preoccupo! –
Nello
stesso momento, in un posto non molto lontano da dove si trovavano i
due
mangiamorte, qualcuno imprecava per lo stesso motivo.
-
Questo incontro è la più grande michiata che tu
voi due siate riusciti ad
organizzare negli ultimi quattro anni. -
sbottò un uomo decisamente seccato per la sua
condizione attuale. I
due fanciulli (non più tanto fanciulli a dire
il vero) stavano bellamente ignorando i commenti dello sfortunato
dietro di
loro e si erano messi a parlottare sottovoce.
-
Sei sicuro che sia la direzione giusta G.? - domando uno.
-
Certo che ne sono sicuro F., per chi mi hai preso! Stai forse mettendo
in
dubbio le mie doti di ladruncolo? Sono molto apprezzate ultimamente a
Diagon
Alley! -
-
Oh, per carità G. non lo farei mai! Mettendo in dubbio te,
metterei in dubbio
me stesso.-
-
Concordo pienamente F., In ogni caso secondo questa mappa, la direzione
è
quella. -
-
Certo! - si intromise il terzo uomo - se non aveste rubato una mappa
babbana,
in quel coso, ministrero delle infrastrattrare, ma la aveste cercata al
ministero della magia, adesso ci direbbe lei stessa dove andare!-
-
Per prima cosa Carl, si chiama ministero delle infrastrutture -
celiò
l'individuo chiamato F.
-
E per seconda cosa, si dà il caso che non esista una mappa
simile al
ministero della Magia - proseguì l'individuo chiamato G.
-
E siamo perfettamente in grado di leggerla da soli - conclusero insieme.
Improvvisamente
la voce acuta ed elegante di Bellatrix Black risuonò tra le
altre.
-
Lui aspetta. –
Hermione
alzò gli occhi al cielo.
-
Non sei contenta mezzosangue? E’ il tuo momento di gloria
– ridacchio Pansy
ironica.
-
Non si vede? Sto morendo di gioia – ribattè la
ragazza.
Si
incamminarono lentamente verso l’entrata della villa, non
c’era fretta, Lui
aspettava dentro.
Lui
aspettava sempre dentro.
Non
si faceva mai vedere in pubblico con quel volto.
Lord
Voldemort era già all’interno del salone,
comodamente seduto su una poltrona di
velluto nero.
I
suoi occhi saettavano da un lato all’altro della stanza,
posandosi su ognuno
dei suoi seguaci, quindi si fermarono sulla padrona di casa.
-
Una festa divina, Bella –
-
Grazie mio Signore – sussurrò tutta tronfia la
donna.
-
Ma ora, ditemi, quali novità avete per me? –
chiese – Novità su Potter? –
Dolohov
si fece avanti.
-
E’ stato avvistato nel Galles quel suo amico, Weasley. Ma di
lui non sappiamo
molto, nessuno lo ha più visto. Sono cinque anni che nessuno
lo vede. –
McNair
alzò un sopracciglio.
-
Magari nessuno lo vede perché è morto. –
-
Tu hai visto il suo cadavere Walden? – sibilò il
Lord Oscuro.
-
No, mio Signore. –
-
Appunto, pertanto, finché non vedrò il suo
cadavere Potter resterà vivo e
resterà una fastidiosa spina nel fianco. –
Resterà
un pericolo per noi e per la causa.
Hermione
non fu l’unica a pensare che quello fosse il vero significato
delle parole di
Voldemort.
Era
assurdo come il mago oscuro più grande di tutti i tempi
potesse essere
spaventato da quel ragazzo, un ragazzo che aveva quasi
cinquant’anni meno di lui, che era disperso
chissà dove in chissà quale sperduta zona
d’Inghilterra e che probabilmente
aveva più bisogno di aiuto degli stregoni senzatetto che
facevano la fila alla
mensa dei poveri babbana.
Aberdeenshire,
quando mai era loro venuto in mente di rifugiarsi
nell’Aberdeenshire.
Avevano
passato gli ultimi tre mesi tra gli estuari dei fiumi, le loro scarpe,
i loro
vestiti, i loro capelli e qualsiasi altra cosa avessero addosso era
incrosta di
fango, persino le loro fottutissime ossa erano impregnate di fango.
Harry
James Potter cominciava a meditare il suicidio, in due anni passati a
spostarsi
su e giù per quel territorio di merda avevano visto solo
pioggia, il sole
sembrava un ricordo. Certo, questo quando vedevano qualcosa e non
rischiavano
di ammazzarsi per colpa dell’haar, quella dannatissima nebbia
che saliva dal
mare e occludeva la vista, cose che non vedevi nemmeno la punta del tuo
naso.
Un
attentato alla vita, a qualsiasi forma di vita!
Si
erano diretti lì,
lui e Ron, nel tentativo
di riorganizzare la resistenza contro il potere sempre maggiore di
colui che
non deve essere nominato, ma che loro nominavano in ogni caso; pochi
erano i
temerari che avevano avuto il coraggio di rimanere nel Middelsex, nel
Surrey e
nelle regioni circostanti Londra. Quelle zone, oramai completamente
sotto il
controllo dei mangiamorte, erano le più pericolose di tutto
il regno Unito,
tutti coloro che in passato avevano sostenuto Harry Potter, erano stati
suoi
amici o erano sospettati di averlo conosciuto e aiutato rischiavano la
vita,
tutti i sangue sporco, i mezzo sangue e quelli che erano stati
sospettati di avere
fraternizzato con loro erano stati relegati ai margini estremi della
società,
costretti ai lavori più umili, in una condizione di semi
schiavitù.
Max
e Debra si erano adoperati in ogni modo per riuscire a creare una
colonia di
resistenza lassù, ma erano più quelli che
decidevano di rimanere neutrali che
quelli che avevano davvero il coraggio di agire. Il fulcro della
resistenza era
nascosta nei sobborghi babbani di Aberdeen, si riuniva in una casa al
15 di
Sinclair Road, vicino al porto, con un sistema non dissimile da quello
che
usavano tempo prima a Grimmauld Place, ora diventata base dei mangia
morte.
Max
era stato tra i primi ad arrivare al nord, rispondendo ad un annuncio
via radio
dei fratelli Weasley, aveva passato 9 mesi a Norwich, sotto stretto
controllo
di Ginny e Luna, poi era passato a Lincoln, poi a Chester, quindi dopo
una
serie di spostamenti, controlli, incanto fidelio e incantesimi di
protezione
era giunto ad Aberdeen dove si era unito alla squadra del bambino
sopravvissuto.
Erano
in cinque a gestire la base dell’ordine della fenice
lassù: Harry, Ron, Max,
Debra e Logan; i profughi rimanevano tutti nascosti nel parco nazionale
di
Cairngorms.
Ultimamente
però sembra che al sud qualcosa si stesse muovendo, Fred e
George avevano
trovato un contatto, non avevano detto né a Harry
né a Ron di chi si trattasse,
ma loro si fidavano e ad Harry questo bastava. In tempi come quelli
chiunque
tendesse una mano per aiutare era ben accetto, da qualunque lato della
barricata provenisse.
-
C’è stata un imboscata vicino a Norwich
– annunciò in quel mentre Logan, entrando
nella base dell’ordine.
-
Ma come… - Ron atterrì pensando al pericolo che
aveva corso la sorella.
-
Ginny sta bene, stai tranquillo Ron, Luna è ferita, ma non
è niente di grave. Però
abbiamo perso Lionel e Patricia. –
Harry
serrò i pugni sul tavolo. Era la quinta volta, la quinta
volta che uno dei loro
gruppi veniva attaccato durante una missione segreta. Nessuno avrebbe
dovuto
conoscere i loro spostamenti, tantomeno il nemico. Avevano
già perso troppi
compagni, troppi amici.
-
Harry, non voglio essere disfattista, né voglio mettere
zizzania, ma… - Debra
non finì di parlare. Rimasero nell’aria quelle
ultime parole. Parole che a
ognuno di loro erano passate per la testa.
-
C’è una talpa – sussurrò
Harry – lo so, era dalla faccenda di Cardiff che lo
sospettavo, ma non volevo crederci –
-
Sarebbe come una seconda Hermione, un’altra talpa, Harry
questa volta potremmo
restarci secchi – Ron si guardò le mani con aria
sconsolata, non l’aveva mai
dimenticata lui quella notte, quella notte in cui lei li aveva
abbandonati, li
aveva traditi.
Ginny
glielo aveva detto: è andata Ron,
sparita
per sempre. Non tornerà, ci ha tradito, ha fatto la sua
scelta.
E
poi quella lettera, nascosta tra la sua roba, occultata come solo una
strega
della sua abilità sarebbe riuscita a fare; la firma dei
Malfoy e il marchio
nero.
Harry
scosse la testa.
-
Ron lascia fuori Hermione da tutto questo, avevamo deciso che non ne
avremmo
più parlato.
-
Non avremmo più litigato. Sei un illuso Harry. Non
tornerà mai. –
-
Forse, ma ora abbiamo un altro problema. C’è un
traditore tra noi e dobbiamo
trovarlo… –
-
prima che ci uccida tutti – finì per lui Max.
Nel
frattempo, nel buio delle fogne londinesi cinque persone si riunivano
segretamente. Nessuno a parte loro, Harry Potter e una donna bionda
sapeva che
quell’incontro stava avvenendo, quella sera le loro vite
sarebbero cambiate e
forse l’indomani una vecchia guerra sarebbe rincominciata,
alimentata da nuove
e insperate alleanze.
Note:
So che non aggiornavo da tre anni e non starò ad accampare scuse sul
perché di questo ritardo, non sarebbero credibili,
sicuramente è stato un'insieme di cose, di sconvolgimenti
della mia vita che mi ha portato a lasciare la storia on hiatus per
così tanto tempo, e certo, anche la mancanza di ispirazione.
Non succederà più. E' mio ardente desiderio
finire questa storia e finirla al meglio.
Spero che i lettori lasciati a sé stessi per tanto tempo non
se la siano presa troppo e che tornino a seguire l'Akasha,
in caso contrario non posso che scusarmi ancora per il ritardo.
Detto ciò vi lascio, con la promessa di aggiornare in tempo
decisamente più brevi (no, non mesi e mesi, ancora
più brevi) e con un ringraziamento a tutti quelli
che hanno letto e recensito fino ad ora.
In particolare grazie ad Alexluna
e Celyan
senza le quali questa fic sarebbe ancora lì a prendere
polvere e ad HermyKitty,
perché ogni parola e un punto che ricuce il nostro rapporto
e io ne sono molto felice.
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