L’Avana, Cuba, 1977
Agosto
La Rosa Negra non era mai stata così
gremita di gente: Lucy, Isabella e Katie, entrate sorreggendosi l’un l’altra,
faticarono a trovare un posto a sedere vicino al bancone. Ordinarono da bere, e
con un po’ d’imbarazzo Lucy si accorse della presenza di Enrique dietro il
bancone. Rispose con un sorriso al cenno di lui, mentre Luis preparava i loro
drink. “Come mai tutta questa gente, Luis?” domandò Katie, cercando di
distrarsi e non pensare a Javier.
“Oggi è il diciotto agosto, e alla
Rosa Negra si festeggia Santa’Elena con una grande gara di ballo.”
“Una gara di ballo?” si interessò
Isabella.
“Una bellissima gara di ballo”
ribadì Luis. “La coppia vincitrice sarà regina della Rosa Negra per una
settimana. Le signore dovrebbero partecipare” concluse, ammiccando verso di
loro.
“Se solo avessimo un cavaliere…”
sospirò Isabella, tornando a guardare verso la pista. In quel momento il suo
sguardo si posò su Ricardo, che la salutò e iniziò ad avvicinarsi. Isabella non
ebbe tempo di dire nulla, perché il ragazzo si rivolse subito verso Katie.
“Signora, mi dispiace molto per
quanto è successo ieri sera. Non avrei dovuto convincere sua figlia ad uscire
di nascosto, e sicuramente non avrei dovuto tenerla fuori con me tutta la
notte. Mi vergogno di essermi comportato così.”
“Non importa, Ricardo. Isabella e io
abbiamo parlato molto, e… non è colpa tua. Comunque apprezzo che tu sia venuto
a chiedere scusa, anche se sono io a dover chiedere scusa a te.”
Il ragazzo sorrise, poi tese la mano
a Isabella. “Quieres bailar con migo, americana?”
“Non
vorrai farmi partecipare a quella gara?”
“Certamente.”
Katie e Lucy rimasero a guardare i
due ragazzi mentre si allontanavano verso la pista, sorridenti. Lucy lanciò un’occhiata
dietro al bancone, ma non trovò più Enrique. Per un attimo, delusa, si chiese
dove potesse essere andato, poi si voltò verso il centro della sala e lo vide
avvicinarsi a lei, reggendo qualcosa tra le mani. “Buenas tardes, Lucy” la salutò, con un sorriso.
“Buenas
tardes, Enrique. Posso presentarti mia sorella Katie?”
“E’ un piacere conoscerla, Katie. Sono
Enrique Santoro, il figlio di Luis.”
“Il piacere è tutto mio, signor
Santoro. Mia sorella mi ha parlato molto bene di lei.” Strinse una mano forte e
coperta di calli, e confermò la prima impressione di Lucy: aveva davvero degli
occhi stupendi.
“Crede… crede che potrei avere l’onore
di partecipare a questa gara di ballo con sua sorella?”
Katie sorrise. “Credo dovrebbe
chiederlo a lei, ma… Lucy ne sarebbe felice.”
Lucy non seppe che rispondere. “Io…
io non… non so se… io…”
“Bene, allora è deciso” sentenziò
Enrique. “Ti dispiacerebbe attaccarmi questo sulla schiena, Lucy?” le chiese,
mostrandole quello che teneva tra le mani.
Piuttosto riluttante, Lucy gli
applicò il numero sulla schiena e si alzò, seguendolo al centro della pista. Mentre
la osservava allontanarsi, lanciandole ogni tanto qualche occhiata scontrosa,
Katie alzò i pollici in segno di approvazione.
“Lei non partecipa, Katie?”
Lei scosse la testa. “Mi spiace
deluderla, Luis, ma credo proprio che resterò qui a far compagnia a lei.”
“E’ un vero peccato, sprecare un
talento come il suo” la ammonì l’uomo.
Katie non rispose, ma rimase a
guardare le coppie che si preparavano alla gara, non senza provare un po’ di
invidia verso sua figlia e sua sorella, che avevano entrambe trovato qualcuno
che le apprezzasse. Dopo qualche minuto, sentì il bisogno di uscire a prendere
una boccata d’aria.
Uscì dalla Rosa Negra e inspirò a
pieni polmoni l’aria della notte. Guardò in alto: milioni di stelle la stavano
osservando da un cielo scuro e avvolgente come velluto. Sospirò, ripensando a
quella mattina. Ripensò alle parole di Javier, alla sua mano che scattava
veloce a colpirlo. Ripensò al silenzio. Pensò a Isabella, che stava ballando
con Ricardo, nello stesso modo in cui lei aveva ballato vent’anni prima con
Javier. Sentì una lacrima rigarle la guancia, e si diede immediatamente da fare
per asciugarla.
“Ti ho trovata.”
Katie non si voltò, ma si lasciò
andare a un sorriso. “Mi serviva un po’ d’aria.”
Javier la raggiunse e si mise di
fianco a lei. “Io… mi dispiace per quello che ho detto stamattina. Non ho mai
pensato di essere solo un amante, per te.”
“E’ a me che dispiace. Non avrei
dovuto reagire così.”
“Ti ho praticamente dato della… beh,
della sgualdrina. Credo fosse il minimo.”
“Non giustificarmi, Javier. Ti ho
tenuto nascosto il fatto che avessi una figlia. Non è così che ci si comporta. Mia
madre si sarebbe comportata così.”
Javier non rispose subito. “Credo
che l’importante sia che la verità è venuta fuori.”
“In ritardo di vent’anni.”
“Non è mai troppo tardi per certe
cose.”
Katie alzò gli occhi su di lui. “Che
cosa stai cercando di dirmi, Javier?”
“Ho quarant’anni, Katie. E tu
trentasei. Non siamo vecchi. Possiamo… potremmo
ricominciare da dove siamo stati interrotti. Se lo vuoi.”
Katie abbassò lo sguardo. “Non lo
so, Javier. È passato tanto tempo, non so se…”
“Va bene” la interruppe lui, prima
di sentirsi ancora respinto. “E’ vero, forse è troppo presto per parlare di
questo, ma… almeno balla con me, Katie. Balla
con me” ripeté, prendendola per mano e mostrandole il numero necessario per
la gara di ballo.
Katie prese il numero e sorrise. “Voltati.”