nove
9. Destarsi: o forse no.
Aria osservò i due allontanarsi, il vago sorriso accennato
che rimaneva immobile sul suo volto. Dopo averli visti svanire dietro
l'angolo, si voltò sprezzante: incamminandosi,
tuffò le mani nelle tasche della giacca alla ricerca di
qualcosa.
Che non trovò.
Rimase immobile, le mani ancora affossate nelle tasche: lo sguardo
scese lentamente, sino a toccare il terreno di cemento.
L'animo di Aria spintonò con violenza, soffocato.
Buio.
Poi allargò le palpebre, drizzando il busto ed inspirando
con la stessa foga di chi è stato costretto per troppo tempo
sott'acqua. Si guardò attorno, il fiatone addosso come una
camicia di forza, e solo dopo aver ricollegato i pensieri
riuscì a decidere di andare a sedersi sulla panchina che
stava a qualche metro da lei.
Si flesse con lentezza, lo sguardo perennemente intento a cercare il
nulla.
"Ehi."
Era strano come il mondo le si muovesse attorno. Non che girasse, no:
l'equilibrio ce l'aveva tutto, lungi dall'essere sensazione
d'ubriachezza. No, il mondo si
muoveva, letteralmente: la gente andava, veniva, tornava,
parlava. Ogni persona, ogni oggetto, ogni pianta mormorava vita,
flettendosi, spostandosi, o solo vibrando al vento tenue.
E lei, lì, rimaneva immobile mentre tutto il resto
continuava ad avanzare, come progredendo – sì,
così lo sentiva: in progressione, proiettato in avanti,
ignaro e disinteressato a lei.
"Aria."
Si decise a levare lo sguardo: Hera, comparso di fronte a lei,
posò le mani sulle sue ginocchia e si flesse, quasi
accovacciato, a guardarla dal basso.
Rimasero muti per lungo tempo, limitandosi a guardarsi l'un l'altra.
Improvvisamente parlare sembrava essere davvero superfluo: erano la
stessa persona, la stessa cosa – e ognuno dei due conosceva
meglio l'altro di quanto non conoscesse se' stesso.
Lo avevano appena provato.
"Non l'ho fatto apposta."
Aria sembrò lontanamente perplessa da quelle parole.
Per la prima volta da quando le era comparso davanti, vide sul volto di
Hera una velatura di inquietudine.
"Dovevo." aggiunse il ragazzo.
"Dovevi?" domandò Aria, ancora intenta a collegare i puntini
nella memoria.
Sapeva cosa era successo.
Le sfuggiva il come. E i dettagli – piccoli dettagli che in
quel momento le sembravano vitali.
Era uscita vittoriosa da quello scontro. Sì, scontro.
Perché era
uno scontro, volenti o nolenti.
Il che significava che, per vincere, aveva combattuto.
E lei non voleva combattere. Non lo aveva praticamente mai voluto.
Hera aveva
combattuto per lei.
Contro la sua volontà.
"Deciditi, o dovevi farlo, o non l'hai fatto apposta."
mormorò, atona. "Non tutte e due insieme."
Hera espirò, scostando lo sguardo scuro che sino ad allora
aveva mantenuto fisso sulla ragazza.
"Immagino siano quelle cose che succedono e basta."
Era strano vedere Hera in difficoltà. Non era da lui,
decisamente no.
Questo lo rendeva ancora più umano di quanto non facesse
l'immagine davanti a lei, il tocco delle sue mani sulle sue ginocchia e
l'odore di tabacco, di quello fresco e quello fumato mescolati, che le
arrivava alle narici.
"No. Non 'succedono e basta'." Aggrottò le sopracciglia,
ritrovandosi lei, ora, a scrutarlo con insistenza. "Cos'hai fatto?"
"Io non ho
fatto niente, Aria. E' successo e basta."
"Non ti appropri del mio corpo e
basta, Hera!" Saltò.
Hera sembrò, per un minimo istante, rintanare la testa fra
le spalle: un momento solo, e partì alla carica con il suo
tono e sguardo in bilico fra l'affetto preoccupato e la più
sfrontata saccenza.
"Ti ho protetta. Questo ho fatto. Ma ti ricordo che qualunque cosa sia
successa, l'abbiamo fatta insieme."
"Palle! Il mio
corpo, la mia voce,
totalmente al di fuori dal mio controllo! Hai rubato, Hera!"
"Non dire boiate – " sibilò lui " –
stavi per compiere un suicidio psicologico, non ne saresti uscita viva."
"Ah, e invece uscirne così
è meglio, vero?"
Le labbra di Hera si ridussero ad un'unica, sottilissima, linea
orizzontale.
Tacquero.
A lungo, in silenzio.
Hera sospirò.
"Aria..."
"Taci."
Hera tacque.
Di nuovo.
A lungo, in silenzio.
Aria pensava.
E non sapeva se, pensando, i suoi pensieri rimbalzassero in quelli di
Hera.
Ma non aveva importanza: ormai i meccanismi che li legavano erano
ufficialmente inconoscibili.
Aveva appena passato tre minuti d'inferno.
Sì, tre.
Soli tre minuti per generare quel pandemonio dentro la sua testa: non
una, ma mille cose contemporaneamente.
Era come se avesse improvvisamente rotto il ghiaccio sotto i suoi
piedi, e fosse precipitata nell'acqua gelata.
Di colpo.
E si domandava: è successo tutto quello che poteva succedere?
O c'è altro?
Riuscirà ad essere peggio di così?
Aria sembrava una statua, intenta a rimuginare: unico movimento il suo
respiro.
Hera scivolò lentamente sulla panchina, andando a sedersi
accanto a lei.
La prima cosa che aveva capito era che Lucas era sfumato: da assenza a
fantasma, a nulla. La sua presenza non le aveva provocato nessuna
reazione, se non forse una lontana nostalgia paragonabile a quella che
si prova nel tirare fuori dall'armadio lo scatolone dei giocattoli.
Questo era stato un passo.
Uno solo.
Hera si mise ad osservarla, apparentemente mansueto.
Quasi fosse capace di restare lì per ore, senza far parola.
In attesa che quella si ridestasse.
La seconda cosa che aveva capito era che Lucas, invece, non era del suo
stesso avviso: il suo distacco era stato molto più sofferto
di quanto Aria non avesse mai immaginato. Tanto che, a ben guardare,
gli si leggeva negli occhi quel qualcosa che ancora lo legava ad Aria.
E così Aria aveva scoperto le sue manie di vittimismo.
In tre minuti, Aria si era odiata più di qualsiasi altra
persona al mondo. Ed è difficile odiarsi perché
si è vittima, dato che nell'odiar se' stessi si accresce
ulteriormente il proprio essere vittima – di se' stessi.
Un ciclo senza fine, rincarato dalla comparsa della ragazza di Lucas
che, da idealizzata idiota quale era stata nella sua testa, si era
rivelata una normalissima ragazza innamorata, impaurita – e,
a differenza di Aria, pronta a combattere, seppure con una certa
maldestria.
Hera ritentò.
"Aria."
Aria storse le labbra, dimostrandosi ricettiva.
La sua espressione, però non cambiava.
Ed Hera intravide la velatura di odio e disgusto che aveva notato poco
prima: storse le labbra, già temendo la ricaduta.
Non poteva succedere di nuovo.
No.
Non poteva.
"Va bene." proruppe, scostando prima lo sguardo e poi il volto verso
Hera. "Parliamone."
Hera parve nascondere un sorriso di soddisfazione.
"Parliamone."
Ma aveva la pessima sensazione che quello, quello, non i mesi
precedenti, non il quadro, non Hera, non l'isolamento –
macché: quello
era stato, solo, l'inizio.
"In un certo senso sono guarita."
"Da Lucas? Sì."
"Sì."
E il mondo continuava a muoversi attorno a loro.
"Ed è un bene?" domandò infine Aria, con voce
fattasi insicura.
Hera la vide mordersi le labbra. "Sì, è un bene."
la rassicurò.
Aria non sembrò convinta.
"Va bene." mormorò. "Ammettiamo che vada bene, e che io sia
guarita. Siamo obbiettivi: non è quello il punto."
"E qual'è il punto?"
"Tutto il resto."
"Sì?"
"Sì."
Quali profonde turbe mentali hai, Aria?
Perché evidentemente le hai.
Ma non hai avuto traumi infantili, vita disagiata, niente del genere:
nessuna giustificazione.
Sei solo un disastro.
E ti sei disastrata tutta da sola.
Aria sentì il braccio di Hera prima posarsi dolcemente sulle
spalle, poi stringerla a se': si sorprese nel provare, inizialmente, un
brivido di paura per il gesto inaspettato.
Ma, beh, era successo anche di peggio.
Se si può definire peggio.
Perché, per altri, avrebbe potuto essere catalogato come
qualcosa di meglio.
A seconda dei punti di vista. O, per meglio dire, del contesto.
Il contesto, però, s'era fatto talmente contorto ed assurdo
che Aria finì col tralasciarlo.
Poggiò il capo sul suo petto, osservando il movimento che li
circondava.
Era curioso come un amico immaginario che pochi minuti prima aveva
indebitamente sostituito la sua personalità alla sua
emanasse un tiepido calore.
Aria si sentiva bene. Turbata, ma bene.
Ciò nonostante, si costrinse a non chiudere gli occhi.
"Se è tutto
il resto il problema, la cosa sarà assai
più complicata." fece il ragazzo, serafico. "Però
un problema lo abbiamo risolto."
"Certo, adesso mi odiano tutti e due e fine." mormorò Aria.
"Non ti odiano, Aria. Hai fatto la tua parte, la parte che ti spettava."
"La parte che mi spettava? Non è un film, Hera, questa
è la realtà. Nessuno ha una parte, ognuno
è se stesso e basta."
"Nha. In questi casi ci sono dei ruoli. Perché, se non ci
sono, va a finire male. E lo hai provato sulla tua pelle."
"Non mi piace questa cosa."
"Non è una cosa giusta. E' una cosa comoda. Serve a tutti,
per evitare conflitti interni o confusione. Il buono e il cattivo,
servono a chiarire le idee nei momenti di panico."
"Io –" Aria si fermò prima di proseguire con il
resto della frase.
Io non credo nei buoni e nei cattivi, avrebbe voluto dire.
Pensava fosse così. Invece no. Lei per prima si era sempre
curata di essere la buona. La buona vittima. Che non fa mai male a
nessuno. Quasi per principio.
"Non mi piace il silenzio." fece Hera, retorico, nel notare che era
tornata a riflettere con una certa intensità.
"E' una stronzata, questa cosa dei ruoli." fece lei, cercando di dare
un senso al discorso.
"Sì, lo è."
"E allora?"
"Stronzate per idioti. Sì. Vero. Le persone sono idiote.
Tutte. Noi compresi. Benvenuta al mondo, piccola."
"... grazie."
Hera le posò un bacio sul caschetto biondo. E lei, pensosa,
si lasciava cullare.
"Quindi il mio errore è che mi sono sempre costretta ad un
solo ruolo, quello della buona vittima."
"Nha."
"Nha?" domandò lei, perplessa. "Come 'Nha'?"
"I ruoli sono cose d'emergenza. Per il resto, importa essere se stessi.
Almeno, secondo me."
Secondo me.
Era la prima volta che Hera diceva Secondo Me.
'Secondo Me' significava avere un'opinione.
Un'opinione era una cosa umana.
Non da apparizione mistica rivelatrice.
Aria volse lentamente il capo verso il ragazzo, incuriosita da quel
modus dicendi.
" 'Secondo te' ?".
Ripeté, scrutantolo.
"Sì." rispose lui, con inaudita naturalezza.
Aria tacque, osservando il suo dipinto fattosi tridimensionale e vivo
ai suoi occhi.
Chissà cosa vedeva la gente che passava, fuori. Una ragazza
immobile a pensare? O intenta a parlare con qualcuno che non esiste?
"Allora, secondo te,
cosa significa per me essere me stessa?" domandò, quasi in
tono di sfida. "Essere ciò che sono adesso? Me stessa
è la continua vittima del mondo che mi sono costretta ad
essere? O è la mia natura subdola che mi ha portata a
comportarmi in questo modo?"
Hera sembrò rifletterci seriamente.
La sua risposta fu quasi inaspettata, per Aria.
"Non lo so."
Inaspettatamente deludente.
"... Non lo sai?"
"No."
Ma forse avrebbe dovuto aspettarselo.
Questo non le impedì di rabbuiarsi in un'espressione di
disillusione. Se non lo sapeva Hera, aveva finito le persone a cui
chiedere.
Persone.
Si fa per dire.
"Sai che so solo quello che sai tu."
"Quindi io non ho la benché minima idea di cosa sono in
realtà. Solo tante belle parole, bei modi di porsi
– ma niente di concreto. Il buio. Il più totale
buio."
Hera non aggiunse nulla, limitandosi ad osservarla con un vago sorriso
sulle labbra. Aria lo notò, con una certa disapprovazione.
"Ci sono tante altre cose che so. Dovresti puntare su quelle, piuttosto
che sui massimi sistemi." fece, con un sorriso felino.
Aria sospirò, rassegnata. "Cosa sai?"
"Che sei guarita da Lucas, ad esempio."
"Ci ero arrivata da sola."
"E che hai visto il problema."
"E allora? Non lo so risolvere."
"Ma conoscendolo, puoi
risolverlo."
Aria soppesò queste parole, tastandole, accarezzandole,
incubandole nella sua mente.
Puoi farlo.
E' un potenziale.
E' come sapere di non aver la garanzia di fallire.
Fa bene al cuore.
Ara si fece seria, investita di un potere che pensava di aver perso.
E mentre iniziava a rendersi realmente conto di che cosa significava,
provò di nuovo quella sensazione, inaudita, della distanza
che si fa nulla: labbra inesistenti, sì, ma pressate;
braccia inesistenti, sì, ma strette; volto inesistente,
sì, ma lì – vicino.
Odore inesistente, sì, ma d'erba estiva e di tabacco fresco.
Rassicurante.
Più che mai.
Il contesto era troppo assurdo per pensarci seriamente.
E in fondo, era quello che stava aspettando.
Perchè ne aveva bisogno.
Non di quello.
Di
lui.
Di Hera vicino. Del suo profumo. Della sua fluttuanza fra assenza e
presenza.
Della sua voce.
Profonda.
Che oscillava dallo strafottente al rassicurante.
E che la conosceva meglio di chiunque altro.
Perchè Hera era lì.
In un modo o nell'altro.
In un guaio o nell'altro.
Per litigarci o discuterci.
O per un bacio che sembrava essere più che un rimborso ai
lunghi momenti di confusione e svilimento che l'avevano investita.
Era una cosa malsana.
Lo sapeva.
No, lo ammetteva.
Aria, sei fuori di testa.
Fanculo.
Anche perché ormai Hera era divenuto, da presenza, persona.
Aria, sei fuori di testa.
Oh, sì.
***
"Shock. Sei viva."
Aria roteò gli occhi, stringendosi nelle spalle.
"E' andata meglio di come pensavo." Abbozzò un sorriso,
osservando Manuel intento a gongolare per la soddisfazione.
"Gli hai dato la microSD?" domandò l'altro, di colpo.
Aria annuì.
Il discorso cadde lì.
Cosa fantastica, gli amici maschi.
Ti guardano negli occhi e decidono come stai.
Se non vuoi parlarne non ne parli.
Se no, faranno l'atroce sforzo di ascoltarti. Poi si possono rivelare
inutili per mancata esperienza, ma, sul momento, sono estremamente
pratici.
A casa ci sarebbero stati gli interrogatori di Ella e Denise.
E forse anche di Kaylee.
Ma sì.
Avrebbe detto la verità.
O per lo meno buona parte di essa.
Aria salì in macchina con una certa serenità sul
volto.
Era un'espressione strana, affatto raggiante, ma più che
altro determinata. Cercava, guardando passivamente fuori dal
finestrino, di fare ordine nella sua testa, ripassando in modo
più obiettivo possibile la valanga di sensazioni e pensieri
che l'avevano investita dall'arrivo al college alla dipartita di Lucas
e consorte.
La cosa la impegnava abbastanza, chiudendola in un silenzio che Manuel
trovava quasi inquietante – ma ben si guardava dal farglielo
notare. Forse, pensò, in treno avrebbe potuto parlargliene
meglio.
Sempre che lei avesse voluto.
Se no, fa niente.
Aria, dal canto suo, era talmente concentrata nel rimettere insieme il
puzzle della sua personalità e della sua vita da non
accorgersi di un'assenza che di lì a poco l'avrebbe fatta
sbandare per l'ennesima volta.
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Oooooh là.
Bhe, nessuno ha capito cosa era successo realmente? xD strano...
vabè, ci vediamo al prossimo capitolo.
a volte mi domando se effettivamente questa storia possa essere
catalogabile come romantica xD io ci provo....
@moet
Hera un mistero un po' per tutti mi sa xDDD del suo spirito di
autoconservazione ne parleremo un po' più in
là... U_U'''' è il mio pg preferito, e come a
tutti i pg preferiti gliene faremo passare di tutti i colori X°D
@Miroku
oh ^^ spero che ti piacciano le mie su Naruto... ^^' anche se so che
sono tutte molto strane, ognuna a modo suo xD
per quanto riguarda il misunderstanding della frase, è colpa
mia che l'avevo scritta male xD
thau :3
@Cohava
ecco qua! xD
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