Nei tre giorni successivi Galahad
non si risparmiò e restò notte e giorno al capezzale di Tristano, facendogli
prendere regolarmente il tonico, cambiandogli le medicazioni delle ferite e
portandogli da mangiare e da bere. Fu sollevato nel constatare che, già dopo il
primo giorno di cure, il cavaliere aveva ripreso decisamente le forze, ma lo
trovava più silenzioso del solito e questo lo preoccupava molto. Non aveva il
coraggio di dirgli nulla per non disturbare le sue riflessioni, ma ciò che
Merlino gli aveva detto continuava a risuonargli nella testa: come avrebbe
reagito psicologicamente Tristano alla prima sconfitta?
Intanto, nella fortezza, c’era
un’atmosfera di grande allegria. I cavalieri erano finalmente liberi e potevano
scegliere il loro futuro; tutti loro, comunque, avevano deciso di restare al
fianco di Artù e di far parte del nuovo popolo che sarebbe sorto in Britannia.
La loro vita sarebbe però cambiata in meglio: non sarebbero più stati al
servizio di nessuno, avrebbero ricevuto una paga sostanziosa per gli anni
passati agli ordini di Roma e sarebbero stati considerati a tutti gli effetti
cavalieri, nobili compagni d’armi del capo della nuova Britannia, Artù. La
tavola rotonda, voluta dallo stesso Artù per non creare disuguaglianze fra i
guerrieri, acquistava ora un nuovo e più profondo significato poiché, dopo
Artù, erano loro gli uomini più importanti di Britannia e avevano la
possibilità di prendere decisioni e discuterle con gli altri. Al momento, per
fortuna, non c’erano contrasti fra popoli: Woad, Britanni, Sarmati e i pochi
Romani rimasti si erano uniti e vivevano in pace, ma sicuramente prima o poi altri contingenti di Sassoni sarebbero sbarcati
per tentare di conquistare quelle terre tanto invitanti e ci sarebbero state
nuove battaglie. Nel frattempo, però, i guerrieri si limitavano a tenersi in
allenamento e a pianificare il futuro. Molte liete novità li attendevano.
Bors si era finalmente deciso a
sposare l’eterna compagna Vanora e, per rendere l’avvenimento ancor più
solenne, si era accordato con Artù per celebrare le proprie nozze insieme con
quelle del suo comandante con l’impavida Ginevra. Poi la numerosa famiglia si
sarebbe stabilita in una casa tutta sua, porta a porta con la casetta scelta da
Dagonet, il quale così sarebbe stato vicino al suo migliore amico. Bors e
Vanora avevano anche adottato il piccolo salvato nella tenuta di Marius
Honorius e Dagonet, che si era affezionato moltissimo al bambino, avrebbe avuto
la possibilità di vederlo quando avesse voluto.
Lancillotto aveva scelto un
alloggio luminoso e accogliente, con l’intenzione nemmeno poi così nascosta di
ospitarvi più fanciulle compiacenti possibile; Gawain,
invece, aveva fatto proprio quello che si era ripromesso al ritorno dalla
penultima missione, ossia si era fidanzato con una graziosa fanciulla bruna di
nome Elanor e progettava di sposarsi presto. La sua futura
sposa non era sarmata bensì britanna, ma la cosa non sembrava affatto
disturbare lo schietto cavaliere.
Mentre tutti erano felici,
speranzosi e si adoperavano per allestire al meglio le doppie nozze di Artù e
Bors, Galahad non partecipava all’euforia generale e continuava a restare al
fianco di Tristano. Per lui non aveva senso pensare al futuro finché non avesse
saputo cosa voleva fare il suo compagno… sempre che lo avesse ancora voluto
accanto a sé. Non dimenticava, infatti, che Tristano gli si era avvicinato solo
prima dell’ultima missione, per avere affetto e conforto di fronte ad
un’impresa che poteva costare la vita a tutti loro. Ora che era ritornata la pace
avrebbe avuto ancora bisogno di lui o sarebbe tornato a essere il lupo
solitario di sempre? Galahad aveva rinunciato a tornare nell’amata Sarmazia per
non allontanarsi dagli amici, ma non avrebbe saputo rinunciare anche a
Tristano.
Due settimane dopo giunse il
giorno tanto atteso: fu lo stesso Merlino a celebrare le nozze tra la figlia
Ginevra e Artù, rinsaldando così l’unione dei popoli; unì in matrimonio anche
Bors e Vanora e ciò fu un grande onore per la coppia. Artù, comunque, che si
era convertito al Cristianesimo, volle far benedire la propria unione con la
donna amata anche da un giovane frate che si era stabilito da poco alla
fortezza, dopo che i Sassoni avevano distrutto il suo villaggio. Il religioso
si chiamava Vernon ed era un ragazzo semplice e allegro, sempre pronto ad
aiutare i più poveri e a seguire fino in fondo i comandamenti di Gesù. Insomma,
era tutto il contrario dei pomposi e strafottenti uomini di Chiesa come
Germanus o Horton e proprio per questo Artù lo aveva voluto alle proprie nozze!
Dopo la celebrazione dei matrimoni ci furono feste, giochi e banchetti che si
protrassero per tre giorni e, naturalmente, gli amici e compagni di Artù erano
in prima fila quando si trattava di fare baldoria. Nel frattempo Tristano si
era completamente ristabilito e aveva potuto partecipare alle nozze insieme a
Galahad; però non si unì ai compagni per i festeggiamenti e, anzi, già la prima
notte di divertimenti si allontanò dalla fortezza senza avvertire nessuno,
nemmeno il compagno.
Quando Galahad si accorse che
Tristano era sparito cadde in preda all’angoscia e cercò aiuto presso l’amico
di sempre, Gawain.
“Non preoccuparti così, lo sai
com’è fatto Tristano” minimizzò il cavaliere. “Troppa confusione lo mette in
crisi e non mi stupirei se si facesse vivo solo quando tutta questa baraonda
sarà finita. Vieni a festeggiare con noi, divertiti e non ci pensare: sono
certo che lui sta benissimo e lo vedremo tornare quando meno ce lo aspettiamo.
Non ha fatto sempre così, in fondo?”
Galahad si lasciò trascinare da
Gawain, bevve un boccale di birra, guardò i giochi e le gare che si svolgevano
tra i giovani contadini, ma senza una vera partecipazione. Certo, Tristano si
era sempre comportato in quel modo, ma ciò avveniva prima che nascesse un
legame fra loro due… invece se n’era andato senza nemmeno dirgli nulla,
disinteressandosi della sua preoccupazione e dei suoi sentimenti!
Come Gawain aveva giustamente
previsto, Tristano si rifece vivo al termine dei festeggiamenti, quando la vita
alla fortezza era ritornata alla normalità. La mattina in cui fece ritorno fu
praticamente aggredito da Galahad.
“Ma dove sei stato? Ero
preoccupato per te, non è molto tempo che sei guarito dalle tue ferite! E poi
ti sembra di esserti comportato bene nei confronti di Artù e Bors? La festa era
in loro onore!”
“Artù e Bors sanno che non mi
piacciono le feste” rispose gelido l’arciere. “Ho partecipato al loro
matrimonio, ma poi sono andato nella foresta per trascorrere del tempo da solo,
procurandomi il cibo e mettendomi alla prova. Proprio perché sono guarito da
poco è necessario che mi addestri il più possibile per tornare quello di
prima.”
“Va bene, però potevi avvertirmi
invece di sparire senza una parola…” replicò il ragazzo, spiazzato dalla logica
di Tristano.
“E perché? Io non ho obblighi nei
confronti di nessuno e ora sono un uomo libero. Dovresti conoscermi, ormai,
perciò per quale motivo preoccuparsi?”
Galahad non riuscì nemmeno a
rispondere a causa della cocente delusione provata, ma Tristano non era uno
sciocco e capì subito che cosa si agitava nella mente del giovane cavaliere.
“Non sono abituato ad avere
legami, ma ciò che ho costruito con te è importante” disse allora, addolcendo
il tono. “Voglio continuare ad averti vicino, anche adesso che viviamo in pace,
ma tu devi avere pazienza con me e lasciarmi i miei momenti di solitudine. Lo
so che non sono un tipo facile, però…”
Galahad non lo lasciò finire e
gli si buttò tra le braccia.
“Io desidero solo che restiamo
insieme!” esclamò, quasi in lacrime. “Potrai avere tutta la libertà che vorrai,
basta che… insomma… io…”.
Tristano lo accarezzò teneramente
sui capelli e lo strinse a sé.
“So che cosa ha voluto dire per
te rinunciare al ritorno in Sarmazia” mormorò. “Non sarai solo, questo posso
promettertelo, anche se dovrai adattarti al mio stile di vita; pensi di
riuscirci?”
Il ragazzo non riuscì a
rispondere, sopraffatto dall’emozione e dal sollievo. Abbracciò più forte il
compagno e annuì. Certo che avrebbe accettato qualunque cosa pur di restare al
fianco di Tristano, c’era bisogno di chiederlo?
Questa è la mia particolare
versione della leggenda immortale di Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda,
che però ognuno può immaginare e raccontare come preferisce. Ciò che davvero
conta è questo: Artù e i suoi uomini si erano creati una nuova patria e avevano
fondato un nuovo popolo; ognuno di loro aveva scelto la vita che desiderava e
ne era soddisfatto. Naturalmente gli anni successivi avrebbero portato ancora
battaglie, fatiche e sofferenze, ma anche momenti di serenità e di gioia fra
amici e con le persone amate. Del resto, questo era il loro destino ed è
proprio per il loro valore e il loro coraggio che oggi noi li conosciamo e li
ammiriamo come gli eroi di Britannia.
FINE