Carissime
lettrici! Sniff sniff è l'ultima volta che vi
scriverò!
Siamo giunti alla fine di questa fantastica storia :( mi mancheranno
le vostre recensioni e il vostro affetto! Pubblico questo capitolo
con l'emozione che mi avvince. Mie care è un addio il
nostro?
No, dai scrivetemi da qualche parte mi farebbe piacere! Se si
può
fatemi sapere che siete lettrici di The reason of my life,
perchè
potrei non accettarvi!
Voglio
fare un ringraziamento articolare a tutte le persone che hanno letto
questa storia (8123), o quelle che hanno messo tra i
preferiti/seguite la mia storia (22/11) :) Vi sono totalmente grata
:)
Vorrei
avere altre parole, ma non avendone meglio non tergiversare! Vi
lascio a questo ultimo capitolo che mi ha sempre emozionato. Spero
che riuscirà a intenerire anche i vostri cuori, soprattutto
a
Natale :)
PS:
L'immagine è una creazione della straordinaria Kyara
Agatha
Mainlander, che ha deciso di farmi questo regalo meraviglioso
per
concludere la storia :)
Ringraziamenti
speciali alle mie adorate:
Layla:
Ciao carissima! Poteva mancare il tuo commento nel penultimo
capitolo? Ma certo che no!
“Ci
sono
rimasta malissimo alla fine. Lei finalmente si dichiara e quel
carciofo di Bill la lascia andare così?” Si
Bill è proprio un carciofo! Però sai è
anche
comprensibile. A volte quando un sogno si realizza si fa fatica a
crederci! :) Ma certo che va bene il finale! Pensi che sia
così
cattiva! Praticamente la storia si basa sul loro amarsi
inconsapevolmente. Quando scoprono di amarsi, la storia non ha senso
di continuare. Anche perchè con molta grazia bisogna
lasciare
le persone alla loro privacy ;) Chissà magari potrebbe
esserci
il ritorno di un solo capitolo questa volta, come inserzione speciale
:) ti piacerebbe come idea? :) Anche se devo ancora pensare di che
cosa si potrebbe parlare! Ti auguro buone feste! Ah se ti arriva
sotto l'albero un Bill parlante è merito mio XD Spero di
sentirti ancora :) ciaoooooooooo un bacione! :) ps: Tom
e
Erika sono ben più che navigati ormai :)
Kyara
Agatha Mainlander: Oddio oddio oddio ho imparato
il tuo
nome a memoria! Casca il mondo! Salviamociiiiiiiiiiiiiiii ti giuro
l'ho scritto senza guardare! Kyara Aghata Mainlander! Ah no ok ho
messo l'H nel posto sbagliato hahahahahahXD Ma che bellezza :) la mia
personale web designer :) è morta la coscienza? XD Ti
ringrazio perchè grazie a te ho una foto fantastica nel mio
ultimo capitolo :) Mmm credo che Gollum non si farà vivo,
è
stato stirato da un'auto l'altro ieri, l'avevano scambiato per una
vecchietta. Povero i suoi funerali si terranno domani alle 4.
Cooomunque
non sono
cattiva cattiva cattiva! Ma cattivissima me! Oddio che cazzate!
Ancora
grazie per
tutto e buon Natale e felice anno Nuovo! Ah ci vedremo alla festa
della Epifania, mi riconoscerai per i vestiti lerci e una sagoma
indefinita di paglia che brucia (la befana!) ahhahahaha XD No dai a
parte gli scherzi XD Ciaooooooooooo
Capitolo
24: The reason of my life
Bill.
Nei pressi
di Roma.
Non mi era mai
capitato di sentirmi impassibile di fronte ad un evento, che avevo
desiderato con ardore. Non avevo mosso un muscolo, le mie gambe non
avevano risposto. Le mie mani tremavano convulsamente, non erano
riuscite a dirigersi verso la pelle morbida di Lie e incastrarsi tra
i nodi dei suoi capelli.
Fu come cadere da
un'altezza eccessiva e sentirsi dentro le ossa scricchiolare. Tutto
quello che la mente aveva bruciato in pochi secondi, il corpo non lo
riusciva a ingranare.
Ogni singola fibra
protestava sotto la pressione dell'ansia, ma nulla riusciva a
smuovere le membra ghiacciate. Si, erano congelate, come eterni
stalagmiti alla parete di una caverna.
Blackout. Mi sembrò,
solo per qualche istante, di essere arrivato nella sala di un cinema,
dove lo schermo, che aveva trasmesso un film di cui non avevo colto
nessuna immagine, ora mi mostrava solo muti titoli di coda. E io
inerme fissavo i nomi scorrere, pensando di non essere stato in grado
di fermare la pellicola prima che questa volgesse a termine, e senza
udire alcun suono.
Non mi ero accorto
che la verità era sotto i miei occhi, e che l'orgoglio e la
paura mi avevano cancellato le tracce, per non farmele trovare.
Il cuore protestava
tumultuosamente nel petto, gridando: Seguila! O la perderai!
Sobbalzai. Il
torpore svanì, lasciando posto ad una crescente apprensione.
Lie stava fuggendo, all'alba, al freddo. Forse, sarebbe scomparsa
dalla mia vista per sempre.
Come un'automa mi
diressi verso la porta. Raccolsi le chiavi, che mi caddero poco dopo
dalle mani.
Lente lacrime
rigarono il mio viso. Mi svuotarono di tutto quello che avevo dentro.
Cercavo di salvare qualcosa, ma tutto scorreva tra le dita senza
sosta. Poi quando fui vuoto, capii.
Per accettare Lie
dovevo essere libero. L'avrei potuta accogliere nel mio cuore con la
maggior intensità che potevo. Si. Ora sapevo cosa dovevo
fare.
E fu allora che
cominciai a correre: mi precipitai giù dalle scale con il
cuore che usciva fuori dal petto mentre una paura folle mi
attanagliava il cuore e mi appesantiva le gambe.
Avevo perso dalla
fretta la giacca senza mettere sotto la camicia, non avevo nemmeno
allacciato le scarpe e temevo di cadere, ma la paura di non trovare
più Lie sorgeva sovrana a capo della gerarchia.
Corsi attraversai la
hall, aprii con forza la porta d’entrata, quando mi raggiunse
una
voce non nuova.
“Le scarpe
signore! Inciamperà” urlò il ragazzo
della sera
prima.
“Non ho tempo
scusi…Mia sorella sta scappando…”
risposi uscendo dall’hotel.
Cazzo piove!
Merda! Be’ è lo stesso! Mi buttai in
strada cercando di
scorgerla correre da qualche parte. Niente. Cazzo cazzo cazzo!
Corsi lungo il
litorale protetto da un parapetto che divideva il marciapiede dalla
spiaggia.
Più correvo
più sentivo che stava scivolando via da me…Non ne
sentivo
più la presenza nel cuore. Lentamente sarebbe scomparsa.
Ma non volevo.
Dovevo trovarla. Sotto questa pioggia infernale avrebbe potuto
ammalarsi. Corsi più forte che potevo e…
Mi ritrovai per
terra. Non ci voleva! I lacci di quelle maledette
scarpe. Me
le levai di tutta fretta e continuai a correre con le calze che si
bagnarono velocemente.
Oddio! Le lacrime mi
cadevano sempre più copiosamente e il vuoto al cuore si
stava
espandendo. Il corpo era dolorante sia dal punto fisico che psichico.
Poi vidi una strada.
Un cartello. Vi era scritto: centro.
Imboccai la via a
perdifiato. Cazzo cazzo cazzo!
Arrivai in una
piazza. Vidi delle donne ferme ad una fermata di un autobus.
“Scusate avete
visto una ragazza che correva? Era senza
giacca…bella…castana…senza
un ombrello…”
Loro non capirono.
Oddio e chi lo sa l’italiano? Pensai,
sempre più
disperato.
“Io l’ho vista!”
urlò una ragazza seduta accanto a loro in un tedesco
perfetto.
Il mio cuore fece un
capogiro. “Ti prego, sai dirmi dove è
andata?” chiesi
disperato.
“Si certamente. Mi
ha chiesto dove poteva prendere la fermata per Roma”
spiegò
lei con un tono e una pronuncia melliflui.
Voleva andarsene.
Era chiaro come il sole. Lie nella confusione di una capitale sarebbe
scomparsa. Avrebbe preso un aereo e non l'avrai più rivista.
Non riuscivo a credere a quelle assurde parole.
No lei si doveva
sbagliare. Non poteva cercare un bus. Forse era tornata all'hotel,
visto il tempo burrascoso.
La ragazza che
sembrava non capire cosa stesse succedendo, improvvisamente
parlò:
“Mi aveva avvertito di non dirlo al cantante dei Tokio
Hotel…Mi è
sembrata una richiesta un po’ strana
ma…”
Bill capì.
Era Lie. Non poteva essersi inventata tutto questa ragazza. Lie
doveva essere passata di lì in cerca di un autobus che la
conducesse in città per tornarsene a casa.
“Ti prego, dimmi
dove è la fermata!” chiesi al limite della
disperazione.
“Non posso!
Mmm...Però te lo posso far capire. Tutte le cose dritte e
curve verso destra portano a Roma”
La strada da
percorrere era dritta e poi dovevo svoltare a destra. Perfetto!
“Ti faranno santa
prima o poi! Grazie!” risposi ripartendo di corsa.
“Ehi Bill aspetta!
Non…”
Mi dispiacque
moltissimo, ma non potevo fermarmi. Le feci segno di no con la testa
e la salutai, ottenendo per fortuna una calorosa risposta.
La via era
lunghissima. E se non ci fosse stata una piazza? No dovevo fidarmi.
Poco più
tardi trovai il bivio e svoltai a destra, poi eccola. Mi apparve
davanti un enorme spazio aperto con miliardi di fermate.
“Cazzo!”
urlai con il cuore a pezzi.
Cominciai a cercare
i tabelloni e controllare le destinazioni. Correvo da una fermata
all’altra, senza guardare l'asfalto così beccai un
tombino
messo male e mi ritrovai per terra per la seconda volta. No
no no!
“Tutto bene?”
domandò una voce da uomo.
“No, ho fatto
soffrire la ragazza che amo, ora sta scappando e non ho la forza per
alzarmi…”
L'uomo Mi stese una
mano davanti al naso. “Forza su o se ne andrà
senza di te…”
L’afferrai. E sono
in quel momento collegai che aveva parlato in tedesco. Una volta in
piedi lo osservai meglio. Era un omone armadio. Si alzò il
cappello e apparve Saki. “Saki!” lo strinsi forte
per
riconoscimento.
“Muoviti pulce!
Ero venuto a cercarvi perché non siete tornati a dormire e
non
avete telefonato…”
Ora ricordavo.
“Oddio scusa…Vai all’Hotel Stella e paga
la camera, mentre io
corro da Lie…”
E ripartii nella mia
lunga ricerca. Appena avessi avuto un po' di respiro lo avrei
ringraziato a dovere.
Attraversai la
strada e per poco non mi feci investire da un autobus, mentre il
tempo scorreva inesorabile. E io giravo in lungo e in largo senza
risultato. Ogni passo diventava pesante, ogni respiro mi pareva fosse
l’ultimo. Tutto me stesso gridava pietà, ma non
volevo
arrendermi.
E fu allora che la
vidi.
Persa, sola, aveva
la testa china, le mani incrociate al petto, i capelli fradici, come
i vestiti.
Mi avvicinai piano.
Alzò la
testa. Sorrise.
Aprii la giacca e la
protessi al suo interno accostandola al mio petto per riscaldarla.
Le mia braccia
l’avvolsero affettuosamente e le lacrime dalla gioia non
smisero di
rigarmi il volto.
Le sue lacrime calde
bagnavano il mio petto.
“Non scappare più.
Ora che ti ho trovato non voglio perderti. Scusa se non te
l’ho
detto mai, io ti amo…”
Si intirizzì
a quelle parole. “Davvero?” domandò
piano.
Scostò il
viso per vedermi in volto. “Si. Ti ho amato dal primo giorno
che ti
ho visto sul tuo letto. Ti amo adesso qui. E ti amerò con
tutto me stesso fino alla fine dei miei giorni. Perché tu
sei
stata capace di darmi quello che nessun’altra mi ha
dato” Gli
occhi di Lie si ingrandirono per lo stupore.
“Non c’è
nessuna ragazza che mi piace. Era un’invenzione.
Perché
avevo paura di dirti che mi piacevi, il mio stupido orgoglio me lo
vietava. Ma appena ho avuto la consapevolezza che i miei sentimenti
erano ricambiati be’ non potevo lasciarti andare. Lo senti il
mio
cuore ora? Batte all’impazzata solo per
te…Perché mi lasci
un vuoto dentro, quando non ti ho vicino e mi riempi di
felicità
appena ti posso vedere. Sei il motivo per cui vivo. Non
c’è
altro che abbia più importanza di te. Si certo
c’è
anche mio fratello” dissi ridendo “Ma lui non lo
amo come amo te.
Tu mi fai mancare il respiro e allo stesso tempo me lo dai, solo con
la tua presenza. Sei tu che mi dai un motivo per aprire gli occhi
ogni giorno per vivere. Sei ciò che mi sorregge,
ciò
che illumina e mi protegge. E io non valgo nemmeno un centesimo di
te. Sei una tempesta selvaggia, che mi piace osservare, mi ammali, mi
affascini.
Vorrei stringerti e
dirti che t’amo in modo che tu possa essere felice,
perché
non c’è null’altro che
m’importa. Sei la ragione della
mia vita”
L’avevo detto
finalmente!
I suoi occhi smisero
di lacrimare. Si alzò piano sulle punte dei piedi, i nostri
nasi si sfiorarono e le sue labbra furono a pochi centimetri dalle
mie. “Ti amo, Bill Kaulitz”.
E mi baciò.
Qualche
giorno più tardi...
Quel bacio poteva
godere della lettera maiuscola! Si perchè finalmente Lie si
era mossa, rispondeva ai miei baci, e mi accarezzò i capelli
più volte, passando poi sul viso.
Il suo sorriso era
stata la cosa che più mi aveva maggiormente colpito. Era
così
piccola e indifesa!
Piccola come la mano
che tenevo nella mia in quel momento. La sua mano mentre dormiva.
Stavamo tornando a
casa, in Germania, dopo un po’ di peripezie.
Questi giorni erano
stati difficili.
Eravamo andati a
leggere il testamento dal notaio e Lie si era trovata proprietaria di
una somma da capo giro, peggio dei petrolieri arabi. L’unica
spiegazione veniva dall’annotazione: una casa in Austria, la
casa
di una sua trisavola, degna della dinastia reale. Senza rendersene
conto era stata predestinata a ottenerne il possesso quando la sua
trisavola aveva espresso il desiderio che casa sua fosse data a
quel/la suo/a discendente che sarebbe rimasto orfana. Una richiesta
che aveva spiazzato Lie. Che sua mamma sapesse della clausola? Allora
perchè era morta? Era stato un gesto volontario?
In ogni caso non li
ha voluti. I soldi, intendo. Ha fatto un assegno e l’abbiamo
portato ad una associazione africana. Abbiamo pernottato per due
giorni in sud Africa e abbiamo visitato il luogo, esterrefatti.
Abbiamo fatto conoscenza con alcune persone del posto e giocato con i
bambini. Non credo davvero che l’avrei mai fatto se non
avessi
conosciuto Lie. Mi faceva fare cose strane ma belle, tanto belle.
La nuvole scorrevano
fuori dal finestrino dell’aereo ed ero felice. Lie poi come
promesso alla fine mi aveva detto che le era piaciuto il bacio che le
avevo dato prima di partire per il mare. E io avevo ammesso che mi
era piaciuto il suo sotto la pioggia.
Di questi giorni
parlavamo molto di noi, del passato, del presente, ma mai ci eravamo
spinti a parlare del futuro. Volevamo che le cose accedessero
perché
dovevano accadere e non volevamo che fosse manovrato.
Mi aveva ringraziato
per la lettera che le avevo scritto e riposto nell’album. Ma
le
feci notare che non si era accorta che vi erano due lettere
all’interno. Una per l’amicizia, una per
l’amore. Lie si era
accorta solo di quella dell’amicizia. Così gli
avevo fatto
leggere quella per l’amore dove mi ero dichiarato e avevo
espresso
tutti i mie sentimenti a cuore aperto. La strinse al petto e mi
baciò. “Grazie…” era
affiorato dalle sue labbra e il mio
vuoto fu completamente sanato.
Quando ormai mari e
monti erano passati sotto la pancia del nostro velivolo e fu in vista
l’aeroporto di Magdeburgo fu come un soffio di aria fresca.
Tornare a casa era
sempre un dolcissimo piacere.
Qualche
anno più tardi...
Una ciocca di
capelli mi cadde sul viso. La sistemai dietro l’orecchio e
cominciai a servire piatti e posate di plastica. Erika mi sorrise
felice mentre rivoltava le salsicce. Le risposi con altrettanta
grazia, mentre Georg mi sfrecciò davanti.
Poi notai la
testolina riccioluta e castana di Toby che fuggiva, evidentemente
aveva fatto qualche danno e Georg, che come tutti i buoni
papà
lo rincorreva. Aveva 5 anni. Una piccola peste nella
tranquillità
di tutti i giorni.
Sua mamma, Klarissa,
stesa sul grande telo adibito per il pic-nic rideva in compagnia di
Karin e suo figlio Mike. Il piccolo giocava con un aereoplanino
facendo il suono dei motori, mentre Gustav gli dava corda con un
altro finché Mike non rideva e il biondo lo strapazzava dal
solletico.
Finito di sistemare
il telo, mi sedetti e raccolsi il Book fotografico, che racchiudeva
le foto più belle della mia vita, tra cui vi erano quelle
che
aveva recuperato Bill della mia famiglia.
Al pensiero di Bill
alzai lo sguardo verso il prato. Eccoli là!
Giocavano.
Io e Erika avevamo
avuto due gravidanze in contemporanea. A me era nata una femminuccia
mentre a Erika un maschietto.
Tom e Bill erano
diventati papà a tempo pieno. Bill teneva per manina la
piccola Ally, che cercava di tenere il passo del papà nella
enorme salopette di jeans, con le sue scarpine slacciate.
Mentre Thomas, il
figlio di Erika e Tom, sedeva nel prato sorridente alle smorfie del
suo buffo papà.
Sospirai. L'ultima
pagina del libro, che stringevo tra le mani, era stata decorata con
una calligrafia elegante. Quelle ultime parole erano chiare: The End.
Con un sorriso, feci
scorrere le pagine indietro, poi con delicatezza chiusi il libro.
Mi sarebbe servito
un nuovo libro d'ora in poi da riempire. C'erano un sacco di momenti
che avrei voluto immortalare. Finalmente avevo una famiglia.
…˚* The End *˚…
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