Buon
nataleeeeee! Spero che abbiate trascorso una bellissima vigilia e che
il vacchio pancione dall'abito rosso vi abbia portato tante belle cose!
ahahah Io speravo di trovare David Gandy sotto l'albero, ma purtroppo
non ho avuto fortunaa! ahahahaahha Bhe questo capitolo scritto ieri
pomeriggio e ieri sera, visto che non avevo granchè da fare
ve lo posto
oggi con l'obiettivo di farvi gli auguri in questo giorno speciale e
come mio piccolo regalino per voi che sempre mi seguite e mi spronate a
continuare a scrivere nonostante i dubbi! *O* detto questo vi lascio
alla lettura. Ancora tanti auguri ♥
Capitolo
4
«Non
avresti dovuto.» la rimproverò
tremando per la furia. Bella, la sua Bella, in compagnia di quel
vampiro. Da soli,
mentre il loro bambino era nelle mani di un branco di vampiri.
Non riusciva
a comprendere cosa fosse
accaduto, cosa la trasformazione avesse portato con sé
distruggendo tutto ciò
che era la sua Isabella. Lei era responsabile, per lei la vita di
Daniel era al
primo posto, la sua salute e i suoi bisogno erano la
priorità.
E lui,
Jacob, lui era l’amore della sua
vita.
Quante
promesse si erano scambiati su
quella spiaggia su cui ormai si rifugiava da solo, quando la malinconia
lo
assaliva, quante parole dolci, baci e tenerezze che ormai gli
apparivano come
un lontano ricordo. Qualcosa di evanescente che poteva rammentare ma a
cui
ormai era consapevole di non poter più aspirare.
Bella era
viva, ma non era più la sua
Bella.
Ciò
che ne era emerso era una persona
nuova che non serbava per lui nulla di quel calore che un tempo
trasmettevano i
suoi occhi, quando quello sguardo color cioccolato, ormai perduto, si
posava su
di lui.
Nulla.
«Jacob,
smettila di comportarti come uno
sciocco. – lo ammonì lei, passandosi stancamente
le mani sul volto. Quelle liti
continue erano estenuanti ed era stanca di dovergli spiegare quanto in
realtà
quella natura di vampira non fosse qualcosa da aborrire. Almeno non per
i
Cullen. - Loro sono
buoni e adorano
Daniel.» gli rammentò per l’ennesima
volta, fissandolo in volto, quel volto un
tempo tanto amato che in quell’istante rifletteva solo astio
e paura.
Paura di lei.
Paura di
ciò che accadeva.
Paura di
perdere tutto.
Delle paure
che lei condivideva, che
l’avevano afflitta… ma che ogni giorno si
impegnava di superare.
Malgrado
tutto non osava lamentarsi, la
sua vita aveva ricevuto forti scossoni che avevano destabilizzato i
suoi
equilibri, forse per sempre. Ma versare inutili lacrime non le avrebbe
permesso
di tornare indietro anche perché, se anche avesse saputo
ciò che sarebbe
accaduto, non avrebbe mai rinunciato a Daniel.
Il
suo bambino.
Quindi non
le restava che guardare
avanti, richiudendo il passato in una scatola da conservare in un
angolo del
suo cuore, dalla quale talvolta cogliere qualche frammento di emozione
perduta,
qualche ricordo andato. Nulla di
più.
«Voglio
che lui venga a vivere con me
alla riserva.»
Il fiato le
si mozzò in gola, udendo quella
parole, mentre il loro significato si faceva largo con forza nella sua
mente. «È
mio figlio.» obiettò scossa, scrutandolo
incredula, troppo sorpresa per riuscire a ribattere come avrebbe
meritato.
Non poteva
credere fosse serio, non voleva
credergli.
«È
anche mio figlio, e ora come ora
condivide una natura più simile alla mia che alla
tua.»
No!
«Stai
delirando! – esclamò in un ringhio
sommesso. – Non sai quello che dici, tornatene a La Push,
calmati e poi ne
riparleremo.»
«Lo
porterò via con me, ora.» sibilò,
sottolineando con la voce quell’ultima parola, come un ordine.
Come se
potesse dare ordini a lei.
Lì
non erano nel suo branco, quello non
era il suo territorio e lei non era uno dei suoi sottoposti.
Il suo
sguardo si indurì, mentre i suoi
occhi si scurivano pericolosamente. La collera la stava assalendo con
la velocità
di un lampo, colmandola, saturandola. Non lo avrebbe permesso.
«Vai via, Jake.»
ringhiò, snudando le zanne, al limite della sopportazione.
Non avrebbe
retto a lungo, non percependo
la sua presenza come una minaccia. Avvertiva la sua nuova natura
scalciare
dentro di lei, pronta ad emergere, a reclamare ciò che era
suo, ciò che
intendeva difendere. Stava accettando che quella parte, che tanto
l’aveva
spaventata e che tanto aveva combattuto, emergesse per allontanare
Jacob. Per suo figlio.
«Ha
il sangue di licantropo, appartiene
al branco.»
Mio. «Ed io
sono quella che sono ora, quella
che tu definisci un mostro, perché ho dato alla luce quel
bambino e perché tu
non ti ritenevi in grado di crescerlo da solo. Perché sei un
dannato egoista,
non hai pensato minimamente a ciò che io potessi desiderare.
Noi hai ipotizzato
che forse perdere la mia anima e tutto ciò che conoscevo, la
mia famiglia, il
branco che era la mia casa… non hai pensato a nulla. Solo a
ciò che desideravi
tu.»
Sibilò
ogni parola con furia, stringendo
i pugni per impedirsi di attaccare. Ci vedeva rosso, letteralmente
rosso.
Quelle
affermazioni non erano totalmente
vere, o almeno lo erano in parte. Si era risvegliata vampira senza che
potesse
volerlo, si era vista additare come nemico da molti di coloro che
riteneva
amici. Il suo mondo ne era uscito distrutto.
Ma aveva
Daniel.
Lui era la
sua forza, la sua ragione per
combattere nonostante le avversità, perché lui
aveva bisogno di lei. Un giorno
si sarebbe trasformato in un licantropo, a questo aveva pensato, un
giorno
forse l’avrebbe odiata… ma per il momento lui
aveva bisogno di lei. E Bella ci
sarebbe sempre stata.
«Io
l’ho fatto perché ti amo, perché
credevo che saremmo riusciti ad andare avanti… ma non
è così.»
L’ennesimo
ringhio le salì dal petto.
Fu allora
che comprese.
«
È per questo vero? – mormorò con la
voce colma di disgusto. – tutto questo non è altro
che un modo per vendicarti,
perché non ti amo, non più.»
«Non
dire idiozie.» sbottò caustico,
voltando lo sguardo abbastanza per non scontrarsi con i suoi occhi
accusatori.
Una bugia.
Lui aveva
compreso, era ormai consapevole
che quell’amore di un tempo era svanito, si era eclissato,
lasciando dietro di sé
solo briciole… nulla più che misere briciole.
Una risata
sarcastica traboccò dalle labbra
di Bella mentre scuoteva il capo. Tutto era sin troppo chiaro.
«Ma certo, vuoi
prenderti Daniel per una tua vendetta personale, senza considerare che
sei
stato tu a farmi questo.»
«Sei
viva.»
«I
tuoi amici del branco non mi
definiscono tale e neanche tu consideri vivi coloro che condividono
questa mia
stessa natura.» obiettò, con un sorriso di scherno
dipinto in volto.
Quante volte
aveva udito quelle parole,
durante la sua infanzia, la sua adolescenza e… dopo, in
seguito alla sua trasformazione.
Lei era cresciuta con loro, lei era consapevole dell’astio
che intercorreva tra
licantropi e vampiri, del disgusto con la quale si riferivano ai succhiasangue. Bella
sapeva.
«Tu
non lo hai scelto… non sei stata tu a
scegliere di diventare così, non ave…»
«Già.
Sei stato tu a scegliere per me.»
Il silenzio
pesante che calò tra di loro
parve quasi saturare l’aria, mentre la tensione cresceva.
Jacob
sapeva. I sensi di colpa
non gli davano pace, ma non poteva permettersi di lasciarlo con loro.
Si disse
che l’unico motivo a spingerlo ad agire in quel modo era il
bene del suo
bambino, la consapevolezza che per un licantropo era assurdo crescere
con dei
vampiri, che questo avrebbe pregiudicato senza dubbio un suo possibile
rientro
nel branco, tra quelli della sua specie.
O almeno
questo è ciò di cui tentava di
auto convincersi, perché si sa…
l’egoismo è spesso un effetto collaterale
dell’amore, alimentato dalla paura, dai timori, dalla
sofferenza.
E lui stava
soffrendo.
Un ringhio
si levò dal petto del
licantropo ormai fremente di rabbia. Perché la rabbia era il
suo ultimo
appiglio.
«Non
importa, ho sbagliato e ne sono
consapevole, ma Daniel non pagherà per un mio
errore.»
«Vai
via…»
«Bella
smet…»
Una figura
si frappose tra di loro,
ponendosi in difesa di Isabella ormai completamente sconvolta. Quella
lite non
avrebbe mai avuto fine, nessuno dei due intendeva cedere.
«Siete
entrambi scossi e in questo modo
finirete solo per spaventare il bambino.»
Edward
fissò da lontano suo padre cercare
di mitigare i dissapori, sebbene nella sua mente potesse leggere
l’indignazione
per quella presa di posizione oltremodo assurda. Eppure non si
abbandonò alle
emozioni, controllato come sempre, riuscendo con risolutezza a deviare
l’attenzione del licantropo su di lui.
«Jacob,
sei l’alfa, devi considerare il
bene del tuo branco. - cercò
di
rammentargli risoluto. – Oltretutto mi duole ricordarti che
questo è il nostro
territorio e che il salvacondotto è stato concesso fino a
quando non fossero
sorti problemi.»
Il
licantropo sibilò tra i denti un’imprecazione,
prima di annuire solenne. «Perfetto. Il banco
porterà il bambino a La Push, è
uno di noi e saremo noi a crescerlo come deve. Questo non potrai
cambiarlo, lui
è un licantropo. Non è
come te…»
Pronunciò
quelle poche parole fissando il
suo sguardo su Bella, prima di correre via, inoltrandosi nella foresta.
Non
si arrendeva ed il branco lo avrebbe appoggiato.
Isabella si
lasciò cadere in terra, preda
della disperazione, con il volto tra le mani e le lacrime, che avrebbe
desiderato
versare, a bagnarle il volto. Come poteva essere accaduto?
Perché Jacob non la
reputava in grado di prendersi cura del loro bambino quando era lei che
gli era
stata accanto sin dall’inizio. A causa della sua scelta che
in realtà non aveva
mai biasimato aveva avuto la possibilità di crescere il suo
piccolo, ma se gli
fosse stato strappato cosa le sarebbe rimasto? A cosa sarebbe valsa
quell’eterna esistenza nel vuoto che avrebbe lasciato il suo
Daniel?
Il nulla.
Come poteva
permetterlo?
Alice si
chinò accanto a lei, lasciandole
scorrere lentamente la mano sulla schiena, tentando di confortarla.
Jasper
percepiva il suo dolore, straziante, dilaniarle il corpo e la mente e
tentò in
vano di tranquillizzarla tramite il suo potere.
La
sofferenza era troppo forte per
poterla realmente mitigare.
«Non
può portarmelo via, io sono sua
madre.» mormorò alzando lo sguardo afflitto su
Carlisle, in cerca di un aiuto,
di un consiglio. Lui era un vampiro saggio, la sua
razionalità era la sua unica
speranza. O almeno era ciò che credeva.
«I
licantropi sono estremamente territoriali
e molto legati alla loro prole. Credo che averlo visto con noi, a causa
della
forte diffidenza che nutriamo rispettivamente per natura, lo abbia
scosso.»
«Anche
noi vampiri siamo territoriali. –
sbottò Rose, stringendo tra le mani il piccolo. –
E poi se non erro lui ha
voluto trasformarla, per non farla morire. È stato
egoista!» sentenziò
rammentando le parole di Bella.
Tutti loro
avevano udito la
conversazione, nonostante non tutti avessero intenzione di origliare.
La forza
di quelle accuse ed il risentimento li aveva sbalorditi, ma in fin dei
conti
avevano compreso le parole di quella ragazza che nell’ultimo
periodo aveva
visto la sua vita stravolgersi.
Appariva
tanto calma, tanto posata. Il
suo carattere dolce e condiscendente era stata una sorpresa,
considerando la
sua natura di neonata, per non parlare della capacità di
passare del tempo
accanto ad un licantropo.
L’avevano
ammirata, ma tutti loro si
erano soffermati semplicemente all’esteriorità, a
quello che lei desiderava
mostrare. Nessuno si era domandato se lei avesse accettato realmente ed
in
pieno quella natura, se avesse condiviso la decisione del marito, senza
rimorsi.
Al suo
risveglio era ovviamente parsa
spaventata, ma una volta appreso che il suo bambino era vivo e che, se
fosse
stata cauta, presto avrebbe potuto rivederlo… si era placata.
Come poteva
quel licantropo pensare di
sottrarle la sua ragione di vita, senza battere ciglio, a causa di un
suo
sciocco impulso? Era questa la domanda che Edward leggeva nella mente
dei suoi
cari, che fissavano sofferenti la straziante scena dinanzi ai loro
occhi.
«Aiutiamola
a rientrare.» propose Esme,
con lo sguardo velato dalla preoccupazione, accostandosi a lei.
Alice
annuì immediatamente, cercando di
farla alzare con delicatezza, sorreggendola.
Fragile.
Ad Edward
parve immensamente fragile.
La
osservò camminare a passo incerto
verso la casa, mentre i singulti scuotevano il suo corpo ed i suoi
occhi
seguivano Rosalie con il suo bambino tra le braccia.
Avvertì
l’ira sommergerlo, esaminando
quella povera ragazza che si spezzava sotto il peso della
consapevolezza che
potevano portarle via la sua vita e che se si fosse opposta avrebbe
potuto
perdere ogni speranza anche per il futuro.
Edward non
comprendeva, non accettava un
tale egoismo… una moltitudine di gesti assurdi rendeva quel
licantropo ai suoi
occhi come l’essere più abietto che avesse mai
conosciuto. Le avrebbe strappato
tutto, conscio delle conseguenze, ma troppo preso da sé
stesso per potervi dare
attenzione.
Lui era
entrato nella sua mente, aveva
visto quel cumulo di sofferenza che sommergeva i suoi pensieri, la sua
razionalità, ma aveva anche notato quanto forte fosse il
bisogno di rivalsa che
covava.
Si era
sentito mortificato quando aveva
visto Bella fare il suo ingresso insieme a lui, mentre Daniel giaceva
tra le
braccia di una vampira sconosciuta.
Gli era
parsa una famiglia.
Una grande
famiglia dove lui non aveva un
ruolo perché era certo che Bella lo stesse volutamente
escludendo.
Non poteva
accettarlo, questa era la
realtà.
Una parte di
lui forse sperava di
convincerla ad amarlo nuovamente, con quel gesto estremo, a
riavvicinarla a lui
per stare con il piccolo.
Forse…
forse… tanti forse che stavano
distruggendo la vita di Isabella.
Studiò
il suo viso contratto in una
smorfia di dolore, mentre faceva dondolare Daniel sulle sue ginocchia,
mentre
il piccolo scuoteva energicamente un pupazzetto di gomma.
«Sarà
stata la rabbia del momento, sono
certo che non intendeva realmente ciò che ha detto.
– tentò di rassicurarla Carslie,
poggiando una mano sulla sua spalla, per confortarla. – E se
anche fosse
troveremo un modo di risolvere, non ti lasceremo sola.»
Lei scosse
il capo con vigore, stringendo
con veemenza il bambino tra le sue braccia. «Non posso
permetterlo, il branco
non aspetta altro.»
Il suo non
fu che un flebile sussurro,
appena percepibile. Era terrorizzata.
«Non
sarà necessario giungere alla lotta.
– la corresse ragionevole. – Gli anziani del branco
non suggeriranno mai uno
scontro, considerando che molti tra loro sono licantropi trasformati da
poco.
Sono forti, ma anche molto inesperti, non potrebbero molto contro
vampiri
centenari.»
«La
mia forza è al tuo servizio
madamigella!» confermò Emmett con un sorriso
sornione, cercando di smorzare la
tensione, eppure nella sua mente stranamente non vi era alcun accenno
di
sorriso o di allegria.
Era furioso,
maledettamente furioso, per
ciò a cui stava assistendo.
Ma quelle
frasi di conforto non furono in
alcun modo accolte, non da Bella che ben conosceva il branco, la loro
furia e
le loro capacità. Non avrebbe mai posto volontariamente in
pericolo i Cullen,
non avrebbe mai permesso all’eventualità di
allontanarsi da Daniel di
realizzarsi.
No…
non poteva.
«Scapperò
via, con lui.»
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