5_Espedienti angelici
5. Espedienti angelici
Grell era ancora sorpreso
per l’imponenza della struttura che aveva innanzi: era veramente
possibile che esistesse una simile costruzione?
Da quel che vedeva, la risposta era affermativa.
Il castello - perché
altro termine non lo poteva descrivere in modo tanto esauriente - era
altissimo e completamente fatto di pietra bianca. Il portone era
anch’esso bianco, immenso, ed incastonato nel muro anteriore,
alto e largo un centinaio di metri circa. Ai due lati si ergevano torri
simmetriche che andavano restringendosi man mano che
s’innalzavano, per poi assumere una particolarissima ed alquanto
strana forma conica spiraliforme.
«È...
immenso...!» esclamò, scioccato «Ci impiegheremo
anni prima di trovare quella pagina!!!» si lamentò subito
dopo, mettendo la mano libera sul fianco.
«E allora è
bene iniziare subito... non ti pare?» asserì pacatamente
William, sistemandosi gli occhiali, avviandosi quindi a grandi passi
verso l’ingresso.
Grell esitò qualche
attimo, indeciso se seguirlo o meno: la grandezza della struttura era
tale che anche nella migliore delle ipotesi non avrebbero impiegato
meno di cinque ore nel trovare l’oggetto della loro ricerca. Per
questo era tentato fortemente di desistere, anche se il fatto che Will
gli avesse realmente restituito la sua arma lo vincolava ad aiutarlo.
Era una brutta situazione,
tuttavia non aveva scelta, perciò s’incamminò
dietro al moro, la presa ben salda sul manico della motosega, uno
strano scintillio bramoso negli occhi.
Era evidente che smaniava per iniziare a riutilizzare la sua amata falce.
Il rumore dei suoi tacchi
sul marmo era l’unico che riempiva l’atmosfera attorno a
loro, tesa come una corda di violino, pronta a spezzarsi alla prima
sollecitazione eccessiva.
Spears si sistemò di
nuovo la montatura sul naso, lo sguardo serio e apatico tipico di
quando era sul lavoro. Ispezionò scrupolosamente i dintorni in
cerca di eventuali ostacoli, senza incontrarne alcuno.
Lentamente il castello si avvicinava a loro, divenendo sempre più grande.
Un paio di dita picchiettavano sul piano di cristallo di un tavolo, in manifestazione palese di noia.
«Ti annoi?».
La voce di donna che formulò il quesito era tenue, molto dolce e pacata.
«Rimanere confinati
qui dentro non è divertente» commentò il suo
interlocutore, senza smettere di picchiettare le dita sul tavolo.
La donna gli sorrise, sedendosi sul bordo del tavolo innanzi a lui.
«Non c’è niente che ci possa dar fastidio. Non eri tu quello a cui piacevano le cose facili?».
Attimi di silenzio si frapposero tra la domanda e la risposta.
«Non così facili. È tutto troppo noioso» asserì.
La femmina si strinse nelle
spalle e chiuse dolcemente le palpebre, poi le riaprì ed un
leggiadro sorriso si dipinse sulle sue labbra.
«Abbiamo... degli ospiti inattesi» annunciò, con voce appena velata di dolce felicità.
«Ospiti...?» chiese l’altro «Che genere di ospiti?».
«Sembrerebbero
essere... shinigami?» replicò l’altra, perplessa al
pari del compagno, il quale sorrise furbescamente.
«Potremmo aver trovato... qualcosa con cui divertirci».
«E adesso che si fa,
Will?» domandò Grell, poggiandosi la motosega in spalla
con involontario atteggiamento da modella scocciata «La porta
è chiusa e non credo si aprirà per noi!».
In effetti, il Demon Hunter
non aveva tutti i torti: il portone era chiuso ermeticamente, senza
nessun apparente meccanismo per essere aperto.
«Sto pensando, Sutcliff» gli rispose secco William, spingendosi sul naso gli occhiali.
«Forse
c’è un modo che solo gli angeli conoscono per entrare, per
cui... immagino che la faccenda per noi si concluda qui» disse
l’altro, stringendosi nelle spalle, fingendosi sconsolato, quindi
girò i tacchi e si allontanò.
«Fermati
immediatamente, Sutcliff» lo redarguì Spears, voltandosi
di pochissimo al suo indirizzo, riuscendo ad arrestarne la ritirata.
«Abbiamo fatto un pat...?!».
Fu interrotto da un rumore
meccanico e l’immediato suono di qualcosa che veniva spalancato,
tuttavia non si trattava del portone, bensì di...
«Una botola?!?!» gridò Grell, scettico, sentendosi mancare il terreno sotto i piedi.
Non riuscì a
raggiungere il bordo e trarsi in salvo: era troppo lontano
perché potesse allungarsi ed aggrapparcisi.
Precipitò con William, il quale mostrava sorpresa solo nello sguardo, sgranato e puntato verso il buio sotto di loro.
«Will ci
schianteremo!!» si lagnò lo shinigami rosso, unendo gli
avambracci davanti al petto e scuotendo la testa in
un’orridamente verosimile imitazione di una donna presa dal
panico.
William continuò a tacere.
«Wiiiiiiill!!!» lo chiamò un’altra volta Grell.
Senza alcun preavviso, il
moro si spostò verso il muro, poggiandovi le gambe piegate per
darsi spinta, quindi si lanciò verso il sottoposto,
l’afferrò saldamente per i fianchi - azione che non
riuscì assolutamente a passare inosservata all’attenzione
dell’altro - e alzò la sua arma in modo che fosse
trasversale alle pareti.
L’asta si
allungò in ambedue le direzioni, cozzando violentemente contro
le mura, sulle quali sfregò con un sonoro rumore di mattoni
sgretolati - che riecheggiò contro le pareti - rallentando
sempre di più la caduta finché, dopo un imprecisato
numero di metri, questa si arrestò completamente.
Grell tirò un sonoro
sospiro di sollievo, quindi guardò William, il quale era tutto
preso dall’esaminare ciò che c’era sotto di loro.
Gli occhi gialli dello
shinigami rosso rimasero a lungo fissi sul viso del moro, come
catturati da un qualcosa che solo allora pareva aver notato, poi il suo
sguardo si fece di colpo indignato.
«Se potevi allungare quel bastone, perché non lo hai fatto subito?!? Potevamo risalire!» sbottò.
«Siamo arrivati in fondo» disse invece l’altro, lasciandolo andare.
Grell atterrò
pesantemente al suolo dopo nemmeno due metri, seguito da Spears, il
quale arrivò a terra con un elegante e preciso salto, senza
sbilanciarsi neppure un po’, l’asta - nuovamente delle sue
dimensioni originali - saldamente stretta in mano.
«Ahiooo...! Potevi
lasciarmi cadere con un po’ più di garbo!!» lo
rimproverò Grell, rialzandosi, spolverandosi i pantaloni e
risistemandosi il cappotto.
«C’è una
porta lì» asserì semplicemente William,
sistemandosi gli occhiali, superandolo come se non ci fosse.
L’altro shinigami
provò l’improvviso impulso di fermarlo e dirgliene
quattro, ma sapeva che provarci sarebbe solo stato uno spreco di tempo:
quando mai Will si era interessato di problemi che non lo
coinvolgessero in prima persona?
Mai. E di certo non avrebbe iniziato adesso.
Quest’ultimo si avvicinò alla soglia, studiandola con disinteresse: era una porta, in fin dei conti.
Aveva elaborati intarsi
d’oro sul fronte, simmetrici su ciascun battente, ed era
più grande delle porte normali, anche se non esageratamente.
«Dobbiamo
forzarla?» domandò Grell, appuntandosi una mano sul
fianco, pensando a possibili metodi “bruti” di aprirla.
Il suo preferito, fin da subito, fu senz’altro quello mediante l’utilizzo della sua amata arma da taglio.
Ignorandolo completamente,
il suo superiore prese direttamente l’iniziativa: si
accostò ancora di più all’uscio, quindi vi pose una
mano e spinse.
L’anta si aprì
con una lieve pressione da parte del moro, che si volse al subordinato
sistemandosi le lenti sul naso e chiamandolo con un piatto:
«Andiamo Sutcliff».
In vero, Grell ci rimase un
po’ male: non tanto per la semplicità quasi oscena con cui
William era riuscito a superare l’ostacolo, quanto piuttosto per
la smania di ricominciare ad usare la motosega, repressa ogni volta che
si presentava l’occasione di darle sfogo.
Varcò la soglia con una smorfia di malcontento ad increspargli le labbra, senza però proferire alcuna parola.
Assieme a Spears
s’immise in un ampio corridoio illuminato da candele argentee con
le fiammelle color del ghiaccio che riverberavano il loro tremulo
bagliore azzurro su pareti di quella che pareva essere madreperla,
d’un colore incredibilmente bello.
L’effetto ottenuto
era quello di camminare in un luogo avvolto di luce pura e dal vago
sentore etereo, una delle caratteristiche principali degli angeli: per
quanto potessero commettere peccati ed atti allucinanti, il loro
aspetto era sempre perfettamente immacolato e dava l’idea di
qualcosa che mai avrebbe potuto sporcarsi - né fisicamente
né moralmente.
Nel percorrere
l’andito, Grell riprese a lambiccarsi su come riuscire a trovare
la maledetta pagina che erano andati a cercare: già se fossero
entrati per la porta principale non avrebbero avuto il minimo senso
dell’orientamento, figurarsi nell’entrare da una porta
situata chilometri e chilometri sottoterra.
Non c’era alcun modo sicuro per far sì che trovassero l’oggetto della loro ricerca. L’unico era, ahimè, andare per tentativi.
I minuti iniziarono a
scivolar via, mentre camminavano lungo il corridoio, senza sapere
quanto fosse lungo - a giudicare da quel che potevano vedere, doveva
esserlo parecchio - né tantomeno dove portasse.
William, nella sua andatura a dir poco impeccabile, nel porre l’ennesimo passo avanti con meccanica rigidità affondò la mattonella nel pavimento.
Si fermò, ritraendo la gamba, guardandosi intorno.
«Will, che succede?».
Grell non aveva visto
cos’aveva inavvertitamente combinato il superiore, però
gli pareva strano che si fosse fermato così improvvisamente: non
era proprio da lui.
E non era da lui nemmeno
guardarsi intorno così furtivamente e con studiata attenzione,
come se s’aspettasse che qualche imprevisto sbucasse fuori da
qualche parte, magari dalle pareti.
«Wiiill?!» lo richiamò, una nota leggermente spazientita nella voce.
La risposta del moro fu prevenuta da un improvviso tremore, che fece barcollare lo shinigami rosso.
«Che altro
succede?!» esclamò, allarmato: dopo la sorpresa della
botola, non si fidava più tanto di quel posto.
La risposta gli
arrivò fin troppo tempestivamente: nelle pareti si aprirono
bruscamente migliaia di piccoli fori, dai quali iniziarono a partire
dardi a velocità tale da riuscire a fracassare qualsiasi cosa.
«Corri!».
Lo shinigami rosso
afferrò per un braccio l’altro e prese a correre, cercando
di sfuggire alla miriade di frecce che attraversavano l’andito
alle loro spalle, incombendo su di loro.
«Will che hai
combinato?!» chiese Grell, voltandosi a lanciare
un’occhiata al moro, che si stava sistemando gli occhiali con la
punta della sua arma.
Lo sguardo, contrariamente a quello del subalterno, era il ritratto della serietà e della compostezza professionale.
«Ho attivato per
sbaglio il meccanismo della trappola» asserì, senza
cambiare espressione - né dare alla voce un qualsivoglia tono
che fosse più “vivo”.
«Poi vieni a dire a me
che devo stare attento a cosa faccio!» lo rimbeccò Grell,
un mezzo sorriso di scherno e rimprovero ad increspargli le labbra.
«Non perderti in chiacchiere, Sutcliff: pensa a correre» lo riprese William.
Quella frase fu una sorta
di doccia fredda per il Demon Hunter: per una volta che trovava una
pecca in tutto l’operato del superiore, questo continuava ad
ostentare deliberatamente un’irritante e fredda pacatezza.
Non c’era gusto a prenderlo per i fondelli se non reagiva, ma anzi, ignorava completamente la provocazione.
Abbandonò ogni
tentativo di infastidirlo: al momento, la sua più grande
preoccupazione era quella di portare in salvo la pelle.
Assieme percorsero correndo
tutto il pezzo rimanente di corridoio - che, come aveva ipotizzato
all’inizio lo shinigami rosso, era parecchio lungo. Arrivati in
fondo, svoltarono l’angolo e subito udirono diversi scatti
meccanici.
Grell, col fiato corto, sbirciò oltre la parete.
«Il meccanismo... si
è... blocca... to» ansimò, cercando di respirare
profondamente e lentamente, per riprender fiato.
Era estremamente sollevato dell’arresto della trappola: non avrebbe resistito ancora a lungo ad una corsa del genere.
«Andiamo
avanti» asserì William, perfettamente composto,
avviandosi, sistemandosi gli occhiali sul naso con la sua arma.
«È colpa tua
se ci troviamo in questa situazione!» esclamò
l’altro, indignato, guardandolo allontanarsi lungo l’andito.
«Muoviti Sutcliff» ribatté Spears pacato, senza accennare a fermarsi.
Grell dovette correre per raggiungerlo.
Camminarono per un’altra decina di metri seguiti da un costante silenzio tombale.
I nervi di ambedue erano
tesi, pronti a cogliere qualsiasi avvisaglia di pericolo, anche il
più piccolo, nonostante l’espressione che il moro portava
in viso non lasciasse trasparire niente. L’altro, al contrario,
palesava bene la paura ed il nervosismo che l’animavano, anche se
con un atteggiamento ed un’espressione che non erano poi molto
virili.
Ma in fondo, quando mai Grell Sutcliff si era mai dimostrato veramente virile innanzi ad una qualsiasi situazione?
Finalmente, dopo un tempo
indefinito, in fondo al corridoio apparve una luce, segno
inequivocabile che erano arrivati da qualche parte.
«L’uscita!»
esclamò Grell al settimo cielo, iniziando a correre, senza
più badare a dove camminava.
Fu proprio per
l’eccessivo entusiasmo che calpestò inavvertitamente un
altro pulsante nel pavimento, inciampando nel bordo rialzato delle
mattonelle che lo circondavano, rovinando scompostamente a terra.
Tutto cominciò a tremare.
«C-che succede adesso?» domandò, mettendosi carponi e massaggiandosi il capo, guardandosi allarmato attorno.
William si sistemò gli occhiali sul naso con calma infinita.
Alle sue spalle precipitò dal soffitto un gigantesco masso, che prese a rotolare verso di loro.
Grell lanciò un gridolino di sorpresa e terrore, rialzandosi in piedi.
«Wiiill!» chiamò, indietreggiando di qualche passo, iniziando poi a correre.
William si volse per
metà all’indietro, mentre l’altro correva e metteva
quanta più distanza possibile tra se stesso e il masso.
Spears si accorse in
ritardo del pericolo, quando ormai il suo subalterno era a metri di
distanza ed iniziò a correre anche lui, ma in modo estremamente
composto, come se dietro di sé non ci fosse assolutamente niente
di che.
Attraversarono il resto
dell’andito di corsa, cercando di sfuggire al masso che,
implacabile, si apprestava a raggiungerli.
Arrivati in fondo, Grell si
lanciò letteralmente attraverso l’uscita, seguito a poca
distanza dal moro, che si fermò poco oltre la soglia.
Quest’ultimo si
sistemò gli occhiali sul naso, voltandosi ad osservare
l’entrata, ora bloccata in modo definitivo.
«Dobbiamo procedere» asserì, pacato.
Sentì
all’improvviso qualcosa di viscido strisciargli su un piede, per
poi iniziare ad avvolgerglisi attorno alla caviglia.
Abbassò
immediatamente gli occhi, incrociando un tentacolo verde che pareva
appartenere ad una pianta. Insospettito dalla cosa, si volse con
un’apatica meccanicità a dir poco anormale, trovandosi ad
osservare un immenso groviglio verde con fattezze mostruose:
il pavimento era oscurato da un tappeto di radici simili a serpi e al
centro si ergeva il corpo centrale, un fusto gigantesco ed oscillante
sormontato da una corolla di immensi petali rosa a due strati. Il primo
stava disteso, rigido attorno alla base, simile ad una corona di spine;
l’altro era chiuso a mo’ di bocciolo e formava una sorta di
bocca da cui uscivano sibili grotteschi ed inquietanti.
Le radici ed il corpo erano cosparsi per ogni dove di una sostanza vischiosa e violacea prodotta dal fiore.
Tra i “rami”
della pianta William scorse Grell, sollevato a quasi un metro da terra,
avvinghiato saldamente ed in fase di progressivo stritolamento.
«Sutcliff, non abbiamo tempo da perdere» esclamò Spears, sistemandosi ancora una volta gli occhiali sul naso.
«Mmmmpfh...!»
cercò di rispondere l’altro, costretto al silenzio da un
ramo stretto attorno alla bocca - e a mezzo viso - cercando di
divincolarsi.
William inclinò le sopracciglia, assumendo un’inusuale espressione scocciata.
Alzò la sua arma,
poggiandone un’estremità sul pavimento. L’altra la
indirizzò contro la pianta.
La tenaglia alzata
scattò in avanti repentinamente, aprendosi, per poi chiudersi
con un rumore vischioso attorno alla radice che bloccava Grell.
La pianta emise un acuto e
stridulo verso di dolore, talmente alto da poter perforare i timpani
dei due shinigami, poi cominciò ad agitare le sue lunghe
propaggini, menando frustate al niente con una rabbia ed una potenza
assurde.
Grell fu sbatacchiato a destra e a manca come fosse una semplice bambola, senza possibilità d’appello.
Will occhieggiò la motosega del subalterno, abbandonata poco distante dalla distesa d’erba semovente.
«Se proprio non c’è altro che possa usare...» commentò tra sé il moro, amareggiato.
Con uno scatto repentino si
lanciò verso l’arma, sollevandola con non poca fatica da
terra: per la sua esile corporatura - e i suoi muscoli poco allenati -
sollevare quell’arnese si rivelava essere un’impresa
leggermente difficoltosa.
Una volta impugnata
più o meno saldamente l’arma, l’alzò sopra la
spalla destra, avviando con l’altra mano - e con qualche
difficoltà - il motore.
La motosega si accese con un cupo ma chiassoso rombo dai connotati vagamente pericolosi.
Così armato,
s’accostò alla pianta e prese a farsi lentamente strada
attraverso il pavimento di radici, trinciando senza esitazione tutto
quel che trovava innanzi a sé, aiutandosi anche con la propria
arma.
Quando arrivò a
pochi metri dal suo obiettivo, lasciò cadere momentaneamente a
terra la sua asta munita di tenaglie e afferrò con ambedue le
mani l’impugnatura della motosega.
Facendo leva sulla schiena,
si piegò leggermente all’indietro e lanciò la falce
motorizzata con quanta più forza poté, indirizzandola
verso il ramo che immobilizzava Grell - col rischio che, se avesse
sbagliato bersaglio, lo shinigami rosso sarebbe incorso in morte certa.
Fortunatamente William
riuscì a centrare il bersaglio: la lama rotante della motosega
affondò nella radice, trinciandola di netto.
Grell cadde sul letto di radici mentre il moncone di pianta iniziava ad agitarsi e dal fiore usciva un nuovo stridulo verso.
Lo shinigami rosso si liberò dal ramo ormai inerte, rimettendosi in piedi e correndo a prendere la sua motosega.
Quando la impugnò
emise un gridolino di gioia ed eccitazione insieme. A quel punto,
“rincuorato” dalla riacquisizione della sua diletta arma,
si apprestò a tornare verso William.
«Sutcliff distruggi questa pianta» gli ordinò glacialmente quest’ultimo, sistemandosi gli occhiali.
«Yuppiee ~!» esclamò l’altro.
Con un entusiasmo senza
pari s’avventò contro la pianta, agitando la motosega in
aria, falciando tutto ciò che trovava davanti a sé con la
malsana eccitazione di un sadico e perverso assassino completamente
fuori di testa.
In un certo senso faceva paura.
Infine, dopo essersi fatto
largo fino al fulcro della pianta con un’inquietante
facilità, ne recise brutalmente il fusto, che cadde con un tonfo
sordo al suolo, fra le radici che rapidamente iniziavano a marcire e
sbriciolarsi.
Con un sorrisetto
soddisfatto sulle labbra, lo shinigami rosso si portò
l’arma sulla spalla, appuntandosi una mano sul fianco e
voltandosi per metà verso il suo superiore.
«Fatto!» esclamò, soddisfatto del proprio operato.
Il moro lo raggiunse e si fermò accanto a lui senza dire niente.
«Andiamo»
asserì dopo un momento, precedendolo attraverso la sala, diretto
verso la porta che s’intravedeva all’altro capo della
stanza.
«Will, aspettamiii!» lo richiamò l’altro, correndogli appresso.
Appena ebbero varcato la
soglia si ritrovarono in un nuovo andito, più stretto e basso
del precedente, che iniziarono a percorrere a passo rapido, quasi di
corsa.
Stavolta però non
erano seguiti da un silenzio surreale, rotto solo dal rumore dei loro
stessi passi, bensì da un leggero ticchettio, simile a quello
prodotto dalle gocce d’acqua che s’infrangono al suolo.
Era strano, curioso più che altro: che cos’era ad emettere quel gocciolio?
Grell era incuriosito da
esso, ma anche intimorito: che potesse essere il preludio a qualche
nuovo incontro con piante sbavanti con tendenze omicide...? Sperava
davvero che non fosse così: era stufo di tutte quelle trappole
disseminate ovunque.
Il ticchettio continuava, senza tregua, con un’ossessiva ripetitività che sconfinava nello sfibrante.
Lungo il corridoio non
incontrarono niente per quasi venti minuti, durante i quali il rumore
di sottofondo parve farsi gradualmente più intenso.
Poi, dopo un po’, Grell sentì qualcosa di viscido e scivoloso colargli su una spalla.
«Bleaaah... che roba è?» esclamò, schifato.
William, che camminava
qualche passo avanti a lui, si voltò a guardarlo: sulla sua
spalla sinistra c’era una macchia di un liquido grigiastro che
prima, ne era più che certo, non c’era.
«Cos’hai fatto, Sutcliff? Cos’è quella roba?» chiese in tono rigido.
«Non ne ho
idea!» si difese prontamente l’altro, un velo
d’indignazione nella voce «Fino a un momento fa non
c’era!».
Il ticchettio, adesso, si era fatto più lento e forte, come se provenisse...
William portò il
proprio sguardo sul soffitto, incrociando il profilo di una cosa
indefinita e indefinibile della quale riuscì solo a identificare
gli occhi, due grandi sfere gialle i cui brillavano iridi vermiglie con
un che di profondamente animalesco e aggressivo che non prometteva
niente di buono.
Quando anche Grell
portò gli occhi sulla cosa, dalle labbra gli sfuggì un
acuto, stridulo gridolino femminile, al che la creatura si mosse.
Saltò giù dalla sua postazione, atterrando sul pavimento con un rumore di ossa scricchiolanti.
Visto da vicino era a dir
poco orrendo: la pelle era grinzosa, di un color carbone abbastanza
singolare, che la faceva sembrare carne bruciata. La testa era
completamente glabra e oviforme, allungata sulla schiena. Dalla bocca
fuoriuscivano un paio di grosse zanne d’un grigio opaco, dalle
quali grondavano viscosi filamenti di bava, uguale in tutto e per tutto
a quella colata sulla spalla di Grell.
Era mostruoso.
La bestia iniziò a ringhiare verso di loro, emettendo cupi versi grotteschi con la gola.
Lo shinigami rosso indietreggiò d’un passo, intimorito, mentre William, semplicemente, si sistemava gli occhiali.
L’attimo di calma che precede la tempesta.
La creatura si accucciò sulle zampe e scattò, agilmente, puntando alla gola di Spears.
Quest’ultimo gli
menò una bastonata in bocca mantenendo una compostezza
indescrivibile, scaraventando la creatura contro una parete, alla base
della quale si accasciò per un attimo, prima di riacquisire una
posizione offensiva.
Il moro ruotò
l’asta in modo da rivolgerne la punta acuminata contro la cosa,
la quale stava tornando all’attacco con foga selvaggia.
Grell lanciò un altro gridolino.
«Sutcliff renditi utile!» esclamò il suo superiore, respingendo ancora una volta la bestia.
La domanda che gli sorse
spontanea di fare fu “come?”, tuttavia preferì
tenersela per sé: l’ultima cosa che voleva era far
arrabbiare Will in un momento del genere.
Si sarebbe deconcentrato e
quella creature li avrebbe ammazzati tutti e due, e lui di certo non
voleva morire: aveva ancora così tante cose da fare nella vita!
Strinse con più forza la sua amata motosega ed accese il motore, che rombò nel silenzio, cupa e attraente.
Mentre William si preparava
a parare coraggiosamente un altro attacco della bestia - che pareva
essere ancora nel pieno delle forze nonostante il gran numero di colpi
incassati - Grell si frappose tra di loro e penetrò il torace
della cosa con la punta rotante della sua arma.
Questa produsse il tipico rumore del metallo che cozza violentemente contro le ossa.
Spruzzi di sangue furono
proiettati ovunque e pezzi di carne dall’aspetto rivoltante
schizzarono in ogni direzione. La lama penetrò più a
fondo, spinta dalla pressione esercitata su di essa dal suo possessore,
finché nell’aria risuonò il secco, caratteristico
rumore delle ossa che venivano frantumate di netto.
Grell tolse la motosega violentemente dal suo petto e la bestia cadde all’indietro, supina sul pavimento, inerte.
Morta.
William si sistemò gli occhiali sul naso, calmo e di nuovo composto.
«Finalmente di sei
reso utile, Sutcliff» esclamò, senza aver di certo
l’intenzione di elogiarlo, tuttavia l’altro Demon Hunter
parve ignorarlo volutamente.
«Coraggio, andiamo avanti» proseguì il moro, avviandosi.
Grell rimase per qualche
attimo fermo vicino alla sua ultima vittima, contemplandone il sangue
schizzato a formare una divina corolla rossa sul pavimento, infine si
decise a seguire il suo superiore.
«Dove altro volete andare, shinigami...?».
Angolino autrice
Finalmente riesco a postare questo capitolo, su cui ho sputato sangue
per settimane +w+ yay, mi sento realizzata, in un certo senso <3
Spero solo di non aver fatto troppo OOC, il dubbio qui mi rimane sempre èwé
Anyway, ringrazio coloro che hanno aggiunto la fanfic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^''
F.D.
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