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Autore: Fiamma Drakon    01/01/2011    3 recensioni
Gli shinigami sono la razza prescelta per proteggere il mondo dalla furia devastatrice dei demoni. Per questo vengono anche chiamati Demon Hunters.
Grell Sutcliff, degradato per la sua inaccettabile infatuazione verso il demone Sebastian Michaelis, ormai ha perso ogni interesse per il suo compito: tutto ciò che desidera è riuscire a star vicino al suo amore. Eppure, sembra che il destino sia contrario alla sua scelta...
«Will...?» lo chiamò, allontanandosi di mezzo passo «Che cos’è quella?».
«Queste... sono...»
«... le ceneri di uno shinigami assassinato» completò per lui Undertaker, il tono che aveva acquistato nuovamente quella sfumatura vagamente ilare propria di lui.

[...] «E io che cosa c’entro in tutto questo?»
«Quello shinigami era l’incaricato a distruggere Sebastian Michaelis. Raccapricciante come da carnefice si sia trasformato in vittima, non trovi?».

[Sebastian/Grell (one-sided); Claude/Grell (accennato, one-sided)] [Possibili lievi OOC]
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Claude Faustas, Grell Sutcliff, Sebastian Michaelis, William T. Spears
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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5_Espedienti angelici
Demon Hunters
5. Espedienti angelici


Grell era ancora sorpreso per l’imponenza della struttura che aveva innanzi: era veramente possibile che esistesse una simile costruzione?
Da quel che vedeva, la risposta era affermativa.
Il castello - perché altro termine non lo poteva descrivere in modo tanto esauriente - era altissimo e completamente fatto di pietra bianca. Il portone era anch’esso bianco, immenso, ed incastonato nel muro anteriore, alto e largo un centinaio di metri circa. Ai due lati si ergevano torri simmetriche che andavano restringendosi man mano che s’innalzavano, per poi assumere una particolarissima ed alquanto strana forma conica spiraliforme.
«È... immenso...!» esclamò, scioccato «Ci impiegheremo anni prima di trovare quella pagina!!!» si lamentò subito dopo, mettendo la mano libera sul fianco.
«E allora è bene iniziare subito... non ti pare?» asserì pacatamente William, sistemandosi gli occhiali, avviandosi quindi a grandi passi verso l’ingresso.
Grell esitò qualche attimo, indeciso se seguirlo o meno: la grandezza della struttura era tale che anche nella migliore delle ipotesi non avrebbero impiegato meno di cinque ore nel trovare l’oggetto della loro ricerca. Per questo era tentato fortemente di desistere, anche se il fatto che Will gli avesse realmente restituito la sua arma lo vincolava ad aiutarlo.
Era una brutta situazione, tuttavia non aveva scelta, perciò s’incamminò dietro al moro, la presa ben salda sul manico della motosega, uno strano scintillio bramoso negli occhi.
Era evidente che smaniava per iniziare a riutilizzare la sua amata falce.
Il rumore dei suoi tacchi sul marmo era l’unico che riempiva l’atmosfera attorno a loro, tesa come una corda di violino, pronta a spezzarsi alla prima sollecitazione eccessiva.
Spears si sistemò di nuovo la montatura sul naso, lo sguardo serio e apatico tipico di quando era sul lavoro. Ispezionò scrupolosamente i dintorni in cerca di eventuali ostacoli, senza incontrarne alcuno.
Lentamente il castello si avvicinava a loro, divenendo sempre più grande.

Un paio di dita picchiettavano sul piano di cristallo di un tavolo, in manifestazione palese di noia.
«Ti annoi?».
La voce di donna che formulò il quesito era tenue, molto dolce e pacata.
«Rimanere confinati qui dentro non è divertente» commentò il suo interlocutore, senza smettere di picchiettare le dita sul tavolo.
La donna gli sorrise, sedendosi sul bordo del tavolo innanzi a lui.
«Non c’è niente che ci possa dar fastidio. Non eri tu quello a cui piacevano le cose facili?».
Attimi di silenzio si frapposero tra la domanda e la risposta.
«Non così facili. È tutto troppo noioso» asserì.
La femmina si strinse nelle spalle e chiuse dolcemente le palpebre, poi le riaprì ed un leggiadro sorriso si dipinse sulle sue labbra.
«Abbiamo... degli ospiti inattesi» annunciò, con voce appena velata di dolce felicità.
«Ospiti...?» chiese l’altro «Che genere di ospiti?».
«Sembrerebbero essere... shinigami?» replicò l’altra, perplessa al pari del compagno, il quale sorrise furbescamente.
«Potremmo aver trovato... qualcosa con cui divertirci».

«E adesso che si fa, Will?» domandò Grell, poggiandosi la motosega in spalla con involontario atteggiamento da modella scocciata «La porta è chiusa e non credo si aprirà per noi!».
In effetti, il Demon Hunter non aveva tutti i torti: il portone era chiuso ermeticamente, senza nessun apparente meccanismo per essere aperto.
«Sto pensando, Sutcliff» gli rispose secco William, spingendosi sul naso gli occhiali.
«Forse c’è un modo che solo gli angeli conoscono per entrare, per cui... immagino che la faccenda per noi si concluda qui» disse l’altro, stringendosi nelle spalle, fingendosi sconsolato, quindi girò i tacchi e si allontanò.
«Fermati immediatamente, Sutcliff» lo redarguì Spears, voltandosi di pochissimo al suo indirizzo, riuscendo ad arrestarne la ritirata.
«Abbiamo fatto un pat...?!».
Fu interrotto da un rumore meccanico e l’immediato suono di qualcosa che veniva spalancato, tuttavia non si trattava del portone, bensì di...
«Una botola?!?!» gridò Grell, scettico, sentendosi mancare il terreno sotto i piedi.
Non riuscì a raggiungere il bordo e trarsi in salvo: era troppo lontano perché potesse allungarsi ed aggrapparcisi.
Precipitò con William, il quale mostrava sorpresa solo nello sguardo, sgranato e puntato verso il buio sotto di loro.
«Will ci schianteremo!!» si lagnò lo shinigami rosso, unendo gli avambracci davanti al petto e scuotendo la testa in un’orridamente verosimile imitazione di una donna presa dal panico.
William continuò a tacere.
«Wiiiiiiill!!!» lo chiamò un’altra volta Grell.
Senza alcun preavviso, il moro si spostò verso il muro, poggiandovi le gambe piegate per darsi spinta, quindi si lanciò verso il sottoposto, l’afferrò saldamente per i fianchi - azione che non riuscì assolutamente a passare inosservata all’attenzione dell’altro - e alzò la sua arma in modo che fosse trasversale alle pareti.
L’asta si allungò in ambedue le direzioni, cozzando violentemente contro le mura, sulle quali sfregò con un sonoro rumore di mattoni sgretolati - che riecheggiò contro le pareti - rallentando sempre di più la caduta finché, dopo un imprecisato numero di metri, questa si arrestò completamente.
Grell tirò un sonoro sospiro di sollievo, quindi guardò William, il quale era tutto preso dall’esaminare ciò che c’era sotto di loro.
Gli occhi gialli dello shinigami rosso rimasero a lungo fissi sul viso del moro, come catturati da un qualcosa che solo allora pareva aver notato, poi il suo sguardo si fece di colpo indignato.
«Se potevi allungare quel bastone, perché non lo hai fatto subito?!? Potevamo risalire!» sbottò.
«Siamo arrivati in fondo» disse invece l’altro, lasciandolo andare.
Grell atterrò pesantemente al suolo dopo nemmeno due metri, seguito da Spears, il quale arrivò a terra con un elegante e preciso salto, senza sbilanciarsi neppure un po’, l’asta - nuovamente delle sue dimensioni originali - saldamente stretta in mano.
«Ahiooo...! Potevi lasciarmi cadere con un po’ più di garbo!!» lo rimproverò Grell, rialzandosi, spolverandosi i pantaloni e risistemandosi il cappotto.
«C’è una porta lì» asserì semplicemente William, sistemandosi gli occhiali, superandolo come se non ci fosse.
L’altro shinigami provò l’improvviso impulso di fermarlo e dirgliene quattro, ma sapeva che provarci sarebbe solo stato uno spreco di tempo: quando mai Will si era interessato di problemi che non lo coinvolgessero in prima persona?
Mai. E di certo non avrebbe iniziato adesso.
Quest’ultimo si avvicinò alla soglia, studiandola con disinteresse: era una porta, in fin dei conti.
Aveva elaborati intarsi d’oro sul fronte, simmetrici su ciascun battente, ed era più grande delle porte normali, anche se non esageratamente.
«Dobbiamo forzarla?» domandò Grell, appuntandosi una mano sul fianco, pensando a possibili metodi “bruti” di aprirla.
Il suo preferito, fin da subito, fu senz’altro quello mediante l’utilizzo della sua amata arma da taglio.
Ignorandolo completamente, il suo superiore prese direttamente l’iniziativa: si accostò ancora di più all’uscio, quindi vi pose una mano e spinse.
L’anta si aprì con una lieve pressione da parte del moro, che si volse al subordinato sistemandosi le lenti sul naso e chiamandolo con un piatto: «Andiamo Sutcliff».
In vero, Grell ci rimase un po’ male: non tanto per la semplicità quasi oscena con cui William era riuscito a superare l’ostacolo, quanto piuttosto per la smania di ricominciare ad usare la motosega, repressa ogni volta che si presentava l’occasione di darle sfogo.
Varcò la soglia con una smorfia di malcontento ad increspargli le labbra, senza però proferire alcuna parola.
Assieme a Spears s’immise in un ampio corridoio illuminato da candele argentee con le fiammelle color del ghiaccio che riverberavano il loro tremulo bagliore azzurro su pareti di quella che pareva essere madreperla, d’un colore incredibilmente bello.
L’effetto ottenuto era quello di camminare in un luogo avvolto di luce pura e dal vago sentore etereo, una delle caratteristiche principali degli angeli: per quanto potessero commettere peccati ed atti allucinanti, il loro aspetto era sempre perfettamente immacolato e dava l’idea di qualcosa che mai avrebbe potuto sporcarsi - né fisicamente né moralmente.
Nel percorrere l’andito, Grell riprese a lambiccarsi su come riuscire a trovare la maledetta pagina che erano andati a cercare: già se fossero entrati per la porta principale non avrebbero avuto il minimo senso dell’orientamento, figurarsi nell’entrare da una porta situata chilometri e chilometri sottoterra.
Non c’era alcun modo sicuro per far sì che trovassero l’oggetto della loro ricerca. L’unico era, ahimè, andare per tentativi.
I minuti iniziarono a scivolar via, mentre camminavano lungo il corridoio, senza sapere quanto fosse lungo - a giudicare da quel che potevano vedere, doveva esserlo parecchio - né tantomeno dove portasse.
William, nella sua andatura a dir poco impeccabile, nel porre l’ennesimo passo avanti con meccanica rigidità affondò la mattonella nel pavimento.
Si fermò, ritraendo la gamba, guardandosi intorno.
«Will, che succede?».
Grell non aveva visto cos’aveva inavvertitamente combinato il superiore, però gli pareva strano che si fosse fermato così improvvisamente: non era proprio da lui.
E non era da lui nemmeno guardarsi intorno così furtivamente e con studiata attenzione, come se s’aspettasse che qualche imprevisto sbucasse fuori da qualche parte, magari dalle pareti.
«Wiiill?!» lo richiamò, una nota leggermente spazientita nella voce.
La risposta del moro fu prevenuta da un improvviso tremore, che fece barcollare lo shinigami rosso.
«Che altro succede?!» esclamò, allarmato: dopo la sorpresa della botola, non si fidava più tanto di quel posto.
La risposta gli arrivò fin troppo tempestivamente: nelle pareti si aprirono bruscamente migliaia di piccoli fori, dai quali iniziarono a partire dardi a velocità tale da riuscire a fracassare qualsiasi cosa.
«Corri!».
Lo shinigami rosso afferrò per un braccio l’altro e prese a correre, cercando di sfuggire alla miriade di frecce che attraversavano l’andito alle loro spalle, incombendo su di loro.
«Will che hai combinato?!» chiese Grell, voltandosi a lanciare un’occhiata al moro, che si stava sistemando gli occhiali con la punta della sua arma.
Lo sguardo, contrariamente a quello del subalterno, era il ritratto della serietà e della compostezza professionale.
«Ho attivato per sbaglio il meccanismo della trappola» asserì, senza cambiare espressione - né dare alla voce un qualsivoglia tono che fosse più “vivo”.
«Poi vieni a dire a me che devo stare attento a cosa faccio!» lo rimbeccò Grell, un mezzo sorriso di scherno e rimprovero ad increspargli le labbra.
«Non perderti in chiacchiere, Sutcliff: pensa a correre» lo riprese William.
Quella frase fu una sorta di doccia fredda per il Demon Hunter: per una volta che trovava una pecca in tutto l’operato del superiore, questo continuava ad ostentare deliberatamente un’irritante e fredda pacatezza.
Non c’era gusto a prenderlo per i fondelli se non reagiva, ma anzi, ignorava completamente la provocazione.
Abbandonò ogni tentativo di infastidirlo: al momento, la sua più grande preoccupazione era quella di portare in salvo la pelle.
Assieme percorsero correndo tutto il pezzo rimanente di corridoio - che, come aveva ipotizzato all’inizio lo shinigami rosso, era parecchio lungo. Arrivati in fondo, svoltarono l’angolo e subito udirono diversi scatti meccanici.
Grell, col fiato corto, sbirciò oltre la parete.
«Il meccanismo... si è... blocca... to» ansimò, cercando di respirare profondamente e lentamente, per riprender fiato.
Era estremamente sollevato dell’arresto della trappola: non avrebbe resistito ancora a lungo ad una corsa del genere.
«Andiamo avanti» asserì William, perfettamente composto, avviandosi, sistemandosi gli occhiali sul naso con la sua arma.
«È colpa tua se ci troviamo in questa situazione!» esclamò l’altro, indignato, guardandolo allontanarsi lungo l’andito.
«Muoviti Sutcliff» ribatté Spears pacato, senza accennare a fermarsi.
Grell dovette correre per raggiungerlo.
Camminarono per un’altra decina di metri seguiti da un costante silenzio tombale.
I nervi di ambedue erano tesi, pronti a cogliere qualsiasi avvisaglia di pericolo, anche il più piccolo, nonostante l’espressione che il moro portava in viso non lasciasse trasparire niente. L’altro, al contrario, palesava bene la paura ed il nervosismo che l’animavano, anche se con un atteggiamento ed un’espressione che non erano poi molto virili.
Ma in fondo, quando mai Grell Sutcliff si era mai dimostrato veramente virile innanzi ad una qualsiasi situazione?
Finalmente, dopo un tempo indefinito, in fondo al corridoio apparve una luce, segno inequivocabile che erano arrivati da qualche parte.
«L’uscita!» esclamò Grell al settimo cielo, iniziando a correre, senza più badare a dove camminava.
Fu proprio per l’eccessivo entusiasmo che calpestò inavvertitamente un altro pulsante nel pavimento, inciampando nel bordo rialzato delle mattonelle che lo circondavano, rovinando scompostamente a terra.
Tutto cominciò a tremare.
«C-che succede adesso?» domandò, mettendosi carponi e massaggiandosi il capo, guardandosi allarmato attorno.
William si sistemò gli occhiali sul naso con calma infinita.
Alle sue spalle precipitò dal soffitto un gigantesco masso, che prese a rotolare verso di loro.
Grell lanciò un gridolino di sorpresa e terrore, rialzandosi in piedi.
«Wiiill!» chiamò, indietreggiando di qualche passo, iniziando poi a correre.
William si volse per metà all’indietro, mentre l’altro correva e metteva quanta più distanza possibile tra se stesso e il masso.
Spears si accorse in ritardo del pericolo, quando ormai il suo subalterno era a metri di distanza ed iniziò a correre anche lui, ma in modo estremamente composto, come se dietro di sé non ci fosse assolutamente niente di che.
Attraversarono il resto dell’andito di corsa, cercando di sfuggire al masso che, implacabile, si apprestava a raggiungerli.
Arrivati in fondo, Grell si lanciò letteralmente attraverso l’uscita, seguito a poca distanza dal moro, che si fermò poco oltre la soglia.
Quest’ultimo si sistemò gli occhiali sul naso, voltandosi ad osservare l’entrata, ora bloccata in modo definitivo.
«Dobbiamo procedere» asserì, pacato.
Sentì all’improvviso qualcosa di viscido strisciargli su un piede, per poi iniziare ad avvolgerglisi attorno alla caviglia.
Abbassò immediatamente gli occhi, incrociando un tentacolo verde che pareva appartenere ad una pianta. Insospettito dalla cosa, si volse con un’apatica meccanicità a dir poco anormale, trovandosi ad osservare un immenso groviglio verde con fattezze mostruose: il pavimento era oscurato da un tappeto di radici simili a serpi e al centro si ergeva il corpo centrale, un fusto gigantesco ed oscillante sormontato da una corolla di immensi petali rosa a due strati. Il primo stava disteso, rigido attorno alla base, simile ad una corona di spine; l’altro era chiuso a mo’ di bocciolo e formava una sorta di bocca da cui uscivano sibili grotteschi ed inquietanti.
Le radici ed il corpo erano cosparsi per ogni dove di una sostanza vischiosa e violacea prodotta dal fiore.
Tra i “rami” della pianta William scorse Grell, sollevato a quasi un metro da terra, avvinghiato saldamente ed in fase di progressivo stritolamento.
«Sutcliff, non abbiamo tempo da perdere» esclamò Spears, sistemandosi ancora una volta gli occhiali sul naso.
«Mmmmpfh...!» cercò di rispondere l’altro, costretto al silenzio da un ramo stretto attorno alla bocca - e a mezzo viso - cercando di divincolarsi.
William inclinò le sopracciglia, assumendo un’inusuale espressione scocciata.
Alzò la sua arma, poggiandone un’estremità sul pavimento. L’altra la indirizzò contro la pianta.
La tenaglia alzata scattò in avanti repentinamente, aprendosi, per poi chiudersi con un rumore vischioso attorno alla radice che bloccava Grell.
La pianta emise un acuto e stridulo verso di dolore, talmente alto da poter perforare i timpani dei due shinigami, poi cominciò ad agitare le sue lunghe propaggini, menando frustate al niente con una rabbia ed una potenza assurde.
Grell fu sbatacchiato a destra e a manca come fosse una semplice bambola, senza possibilità d’appello.
Will occhieggiò la motosega del subalterno, abbandonata poco distante dalla distesa d’erba semovente.
«Se proprio non c’è altro che possa usare...» commentò tra sé il moro, amareggiato.
Con uno scatto repentino si lanciò verso l’arma, sollevandola con non poca fatica da terra: per la sua esile corporatura - e i suoi muscoli poco allenati - sollevare quell’arnese si rivelava essere un’impresa leggermente difficoltosa.
Una volta impugnata più o meno saldamente l’arma, l’alzò sopra la spalla destra, avviando con l’altra mano - e con qualche difficoltà - il motore.
La motosega si accese con un cupo ma chiassoso rombo dai connotati vagamente pericolosi.
Così armato, s’accostò alla pianta e prese a farsi lentamente strada attraverso il pavimento di radici, trinciando senza esitazione tutto quel che trovava innanzi a sé, aiutandosi anche con la propria arma.
Quando arrivò a pochi metri dal suo obiettivo, lasciò cadere momentaneamente a terra la sua asta munita di tenaglie e afferrò con ambedue le mani l’impugnatura della motosega.
Facendo leva sulla schiena, si piegò leggermente all’indietro e lanciò la falce motorizzata con quanta più forza poté, indirizzandola verso il ramo che immobilizzava Grell - col rischio che, se avesse sbagliato bersaglio, lo shinigami rosso sarebbe incorso in morte certa.
Fortunatamente William riuscì a centrare il bersaglio: la lama rotante della motosega affondò nella radice, trinciandola di netto.
Grell cadde sul letto di radici mentre il moncone di pianta iniziava ad agitarsi e dal fiore usciva un nuovo stridulo verso.
Lo shinigami rosso si liberò dal ramo ormai inerte, rimettendosi in piedi e correndo a prendere la sua motosega.
Quando la impugnò emise un gridolino di gioia ed eccitazione insieme. A quel punto, “rincuorato” dalla riacquisizione della sua diletta arma, si apprestò a tornare verso William.
«Sutcliff distruggi questa pianta» gli ordinò glacialmente quest’ultimo, sistemandosi gli occhiali.
«Yuppiee ~!» esclamò l’altro.
Con un entusiasmo senza pari s’avventò contro la pianta, agitando la motosega in aria, falciando tutto ciò che trovava davanti a sé con la malsana eccitazione di un sadico e perverso assassino completamente fuori di testa.
In un certo senso faceva paura.
Infine, dopo essersi fatto largo fino al fulcro della pianta con un’inquietante facilità, ne recise brutalmente il fusto, che cadde con un tonfo sordo al suolo, fra le radici che rapidamente iniziavano a marcire e sbriciolarsi.
Con un sorrisetto soddisfatto sulle labbra, lo shinigami rosso si portò l’arma sulla spalla, appuntandosi una mano sul fianco e voltandosi per metà verso il suo superiore.
«Fatto!» esclamò, soddisfatto del proprio operato.
Il moro lo raggiunse e si fermò accanto a lui senza dire niente.
«Andiamo» asserì dopo un momento, precedendolo attraverso la sala, diretto verso la porta che s’intravedeva all’altro capo della stanza.
«Will, aspettamiii!» lo richiamò l’altro, correndogli appresso.
Appena ebbero varcato la soglia si ritrovarono in un nuovo andito, più stretto e basso del precedente, che iniziarono a percorrere a passo rapido, quasi di corsa.
Stavolta però non erano seguiti da un silenzio surreale, rotto solo dal rumore dei loro stessi passi, bensì da un leggero ticchettio, simile a quello prodotto dalle gocce d’acqua che s’infrangono al suolo.
Era strano, curioso più che altro: che cos’era ad emettere quel gocciolio?
Grell era incuriosito da esso, ma anche intimorito: che potesse essere il preludio a qualche nuovo incontro con piante sbavanti con tendenze omicide...? Sperava davvero che non fosse così: era stufo di tutte quelle trappole disseminate ovunque.
Il ticchettio continuava, senza tregua, con un’ossessiva ripetitività che sconfinava nello sfibrante.
Lungo il corridoio non incontrarono niente per quasi venti minuti, durante i quali il rumore di sottofondo parve farsi gradualmente più intenso.
Poi, dopo un po’, Grell sentì qualcosa di viscido e scivoloso colargli su una spalla.
«Bleaaah... che roba è?» esclamò, schifato.
William, che camminava qualche passo avanti a lui, si voltò a guardarlo: sulla sua spalla sinistra c’era una macchia di un liquido grigiastro che prima, ne era più che certo, non c’era.
«Cos’hai fatto, Sutcliff? Cos’è quella roba?» chiese in tono rigido.
«Non ne ho idea!» si difese prontamente l’altro, un velo d’indignazione nella voce «Fino a un momento fa non c’era!».
Il ticchettio, adesso, si era fatto più lento e forte, come se provenisse...
William portò il proprio sguardo sul soffitto, incrociando il profilo di una cosa indefinita e indefinibile della quale riuscì solo a identificare gli occhi, due grandi sfere gialle i cui brillavano iridi vermiglie con un che di profondamente animalesco e aggressivo che non prometteva niente di buono.
Quando anche Grell portò gli occhi sulla cosa, dalle labbra gli sfuggì un acuto, stridulo gridolino femminile, al che la creatura si mosse.
Saltò giù dalla sua postazione, atterrando sul pavimento con un rumore di ossa scricchiolanti.
Visto da vicino era a dir poco orrendo: la pelle era grinzosa, di un color carbone abbastanza singolare, che la faceva sembrare carne bruciata. La testa era completamente glabra e oviforme, allungata sulla schiena. Dalla bocca fuoriuscivano un paio di grosse zanne d’un grigio opaco, dalle quali grondavano viscosi filamenti di bava, uguale in tutto e per tutto a quella colata sulla spalla di Grell.
Era mostruoso.
La bestia iniziò a ringhiare verso di loro, emettendo cupi versi grotteschi con la gola.
Lo shinigami rosso indietreggiò d’un passo, intimorito, mentre William, semplicemente, si sistemava gli occhiali.
L’attimo di calma che precede la tempesta.
La creatura si accucciò sulle zampe e scattò, agilmente, puntando alla gola di Spears.
Quest’ultimo gli menò una bastonata in bocca mantenendo una compostezza indescrivibile, scaraventando la creatura contro una parete, alla base della quale si accasciò per un attimo, prima di riacquisire una posizione offensiva.
Il moro ruotò l’asta in modo da rivolgerne la punta acuminata contro la cosa, la quale stava tornando all’attacco con foga selvaggia.
Grell lanciò un altro gridolino.
«Sutcliff renditi utile!» esclamò il suo superiore, respingendo ancora una volta la bestia.
La domanda che gli sorse spontanea di fare fu “come?”, tuttavia preferì tenersela per sé: l’ultima cosa che voleva era far arrabbiare Will in un momento del genere.
Si sarebbe deconcentrato e quella creature li avrebbe ammazzati tutti e due, e lui di certo non voleva morire: aveva ancora così tante cose da fare nella vita!
Strinse con più forza la sua amata motosega ed accese il motore, che rombò nel silenzio, cupa e attraente.
Mentre William si preparava a parare coraggiosamente un altro attacco della bestia - che pareva essere ancora nel pieno delle forze nonostante il gran numero di colpi incassati - Grell si frappose tra di loro e penetrò il torace della cosa con la punta rotante della sua arma.
Questa produsse il tipico rumore del metallo che cozza violentemente contro le ossa.
Spruzzi di sangue furono proiettati ovunque e pezzi di carne dall’aspetto rivoltante schizzarono in ogni direzione. La lama penetrò più a fondo, spinta dalla pressione esercitata su di essa dal suo possessore, finché nell’aria risuonò il secco, caratteristico rumore delle ossa che venivano frantumate di netto.
Grell tolse la motosega violentemente dal suo petto e la bestia cadde all’indietro, supina sul pavimento, inerte.
Morta.
William si sistemò gli occhiali sul naso, calmo e di nuovo composto.
«Finalmente di sei reso utile, Sutcliff» esclamò, senza aver di certo l’intenzione di elogiarlo, tuttavia l’altro Demon Hunter parve ignorarlo volutamente.
«Coraggio, andiamo avanti» proseguì il moro, avviandosi.
Grell rimase per qualche attimo fermo vicino alla sua ultima vittima, contemplandone il sangue schizzato a formare una divina corolla rossa sul pavimento, infine si decise a seguire il suo superiore.
«Dove altro volete andare, shinigami...?».





Angolino autrice
Finalmente riesco a postare questo capitolo, su cui ho sputato sangue per settimane +w+ yay, mi sento realizzata, in un certo senso <3
Spero solo di non aver fatto troppo OOC, il dubbio qui mi rimane sempre èwé
Anyway, ringrazio coloro che hanno aggiunto la fanfic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^''
F.D.
   
 
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