Scusate
la mia lunga assenza, ma tra l'inizio della scuola e la mancata
ispirazione non ho avuto modo di pubblicare ancora.
Adesso
però sono tornata, con qualche variazione. Noterete in questo
undicesimo capitolo che ho modificato non solo la lunghezza del
testo, ma anche il contenuto, che è più valido e
descrittivo. Finalmente un capitolo abbastanza lungo rispetto agli
altri, non schematico ma personale, credo abbastanza.
Con
questo vi faccio la promessa di pubblicarne uno almeno ogni
settimana.
Buona
lettura!
Cap
11
Era
lì, mi aveva preso per i fianchi spingendomi fino a sbattere
sulla porta. Senza darmi il tempo di reagire, mi baciò con
foga tentando di spogliarmi. Lo spinsi via, sbuffando seccata. "Che
cosa ci fate voi qui?" domandai mentre mi sistemavo le bretelle
del vestito. "Vi avevo detto che sarei venuto" rispose
guardandomi confuso.
"Beh,
sono stanca Damon, dovreste andarvene" lo pregai. Mi guardò
con uno sguardo colmo di malizia. "La confessione del mio
fratellino vi ha sconvolta" tentò di prendermi il braccio
ma lo scansai.
"Non
dovreste origliare" mi sorrise e provò nuovamente a
baciarmi.
Persi
la pazienza, mi concentrai sui suoi occhi color ghiaccio, che mi
guardavano ammaliati. "Non voglio che tu resti qui, va via e non
tornare" lo soggiogai. Sorrise con uno sguardo perso nel vuoto.
"Buonanotte Katherine" gli sorrisi mentre usciva dalla
stanza velocemente.
Non
appena chiuse la porta feci un lungo respiro, fissai il vuoto e
portai un dito sulle mie labbra;
Ero
rimasta senza parole. Stefan Salvatore, mi aveva baciata.
Non
era un sogno, era pura realtà. Mi aveva confessato il suo
amore, mi aveva dato una nuova ragione di vita.
Forse
non l'avrei mai detto, né realizzato fino a quel punto. In
poche parole non l'avrei mai pensato.
Lasciai
che la notte mi portasse consiglio, per poi svegliarmi leggera e
tranquilla. Una strana sensazione a dire il vero, mai provata.
Quella
mattina Emily non mi svegliò, forse non avevo impegni. Dalla
direzione del sole che illuminava una parte della stanza potei capire
che era tardi. Mi alzai di colpo, con un lieve bruciore di gola.
Avrei dovuto nutrirmi il più presto possibile.
“Emily?
La colazione!” urlai seccata. Quando avevo fame, era meglio non
comunicare con me, nel vero senso della parola.
Poco
dopo entrò con un vassoio dove vi erano due tazze bianche e
dei fazzoletti di seta. Le venni incontro prendendo la prima tazza,
bevendo quel sangue caldo senza lasciare una goccia. La stessa cosa
con la seconda, che svuotai del tutto. Mi leccai le labbra
soddisfatta, anche se non ero ancora sazia. “Grazie” lei
sorrise e uscì dalla stanza.
Tirai
un lungo sospiro e mi buttai nuovamente sul letto. Non avevo voglia
di vestirmi, ma il desiderio di vedere il volto candido di Stefan mi
fece sobbalzare. Presi un vestito semplice, tra il rosso e nero, che
mi copriva fino ai piedi. Lasciai cadere i boccoli castani in avanti
da un lato, mentre dall'altro un fermaglio tratteneva il resto dei
capelli.
Scesi
le scale, dirigendomi verso la sala da pranzo della dimora. Trovai
Giuseppe Salvatore che leggeva un giornale, concentrato sul
contenuto.
“Buongiorno
signor Salvatore” dissi con un tono di voce leggero, rendendomi
conto di quanta falsità ci fosse in esso. “Signorina
Katherine” alzò lo sguardo e vedendomi mi sorrise. “Si
accomodi pure se vuole” continuò, indicandomi la sedia
di fianco alla sua.
“A
dire il vero cercavo suo figlio” mi avvicinai leggermente,
mentre intravedevo qualcosa riguardo a ciò che stava leggendo.
“Quale dei due?” corrugò la fronte divertito.
Sorrisi in una maniera curiosa. “Stefan” risposi.
“E'
andato a fare un giro a cavallo, ma se vuole può attenderlo
qui, per l'appunto” tornò ad indicarmi la sedia. Alzai
un sopracciglio e senza farmi accorgere mi morsi un labbro. “Perché
no?” avanzai fino a sedermi di fianco ad egli. Finalmente
riuscivo a leggere il titolo di quell'articolo che lo interessava
così tanto.
'I
Demoni sono tra noi?' diceva così. Spalancai gli occhi, non
appena focalizzai quel testo in grassetto. Cominciavano a farsi
sempre più astuti e furbi, gli abitanti di quella città.
“Voi
credete ai demoni?” Giuseppe richiamò la mia attenzione,
notando i miei occhi persi in quell'articolo. “Beh... più
o meno” risposi fredda. “Sono figure fantastiche, nate
per far spaventare i bambini e mandarli a letto” continuai,
mentre con un dito indicavo il giornale. “E se fossero reali?
Ne abbiamo le prove” affermò convinto. Un altro brivido
attraversò la mia schiena. “Che genere di prove?”
domandai curiosa. Mi guardò per un attimo, poi sorrise.
“Uccisioni inspiegabili, aggressioni durante la notte”
mentre lo diceva i suoi occhi avevano un colore spento, triste.
Deglutii a fatica e spostai lo sguardo fuori. “Qualcosa che
solamente i Vampiri riescono a fare.” aggiunse con un tono di
voce basso. Lo guardai con la coda dell'occhio, poi sentii uno strano
odore, non molto buono. Cercai di capire cosa fosse, fin quando non
mi resi conto che la fonte era proprio egli. Aveva della verbena
addosso, come immaginavo.
“Se
fossi in voi starei attenta, signorina Katherine” mi guardò
preoccupato, per poi tornare a leggere quel maledetto articolo.
Sospirai e guardai fuori dalla grande finestra, che affacciava al
giardino principale. Cercavo tra le varie figure un viso familiare,
ma non riuscivo a intravederlo. Dove poteva essere finito? A
quell'ora del mattino era sempre in casa, lo trovavo in sala da
pranzo a parlare d'economia con il padre. Forse non aveva accettato
la mia reazione alla sua dichiarazione, o magari credeva che non
ricambiassi il sentimento. O se semplicemente mi stesse
evitando?
Scacciai
il pensiero quando sentii un leggero colpo di tosse provenire dalla
soglia della porta. Era egli, Stefan. Con le mani dietro la schiena
si chinava leggermente per salutare il padre. Incrociò il mio
sguardo, che assunse un colorito vivace. Un leggero imbarazzo si creò
quando anch'egli mi sorrise contento. Fui sollevata comunque.
“Buongiorno
padre, signorina Katherine...” si avvicinò per baciarmi
la mano. “Buongiorno Stefan” risposi. Ci guardammo per un
lungo istante, poi Giuseppe tossì leggermente e ci guardò.
“Ti stava cercando figliolo, desiderava vederti” mi
guardò sorridendo, ricambiai il sorriso e tornai a fissare
quell'angelo. “Mi dispiace di non essere stato qui quando mi
avete cercato” si scusò, mostrando il suo rammarico.
“Non preoccupatevi, ho avuto una piacevole conversazione con
vostro padre” sorrisi e mi alzai. Mi sorrise e si spostò
per farmi passare. “Come mai volevate vedermi?” domandò
corrugando la fronte. Con uno sguardo gli feci intendere il motivo. I
miei occhi gridavano 'perché mi manchi' mentre le mie parole
dicevano semplicemente “Volevo fare un giro fuori, come i
giorni scorsi” egli mi guardò divertito e capì
subito.
“Certamente,
i cavalli sono ancora fuori dalla stalla” mi indicò la
porta, poi prese la mia mano con delicatezza. “Se volete
possiamo cavalcare” mi baciò la mano nuovamente. “Mi
aiuterà a rilassarmi” risposi, mentre uscimmo dalla
stanza per andare a montare i cavalli. E mentre teneva la mia mano
con leggerezza, il mio cuore batteva rapidamente, senza interruzioni.
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