Ok,
bene, salve, eccomi qua.
Alla
faccia di quella malfidente di slice (=P), questo
secondo capitolo
era già pronto insieme al primo, perciò inutile
tirarla per le
lunghe.
Purtroppo
questa seconda parte è quella più demenziale e
meno credibile, ma
mi pare abbiate comunque capito che non è una storia da
prender sul
serio.
Perciò
– scusandomi – vi lascio semplicemente alla lettura.
A
presto
II:
It's raining men (hallelujah?)
“ Ero
quasi convinto che avresti rifiutato.”
Anch'io,
pensò Sakura, sorridendo nervosamente a Takao. Aveva
indossato un
kimono grazioso e Ino l'aveva costretta a truccarsi leggermente e
raccogliere i capelli, e adesso non sapeva più bene se si
assomigliava.
“ Volevo
solo...pensarci,” azzardò incerta.
“ Hai
fatto bene,” commentò lui, cortese. “Mi
sono fatto consigliare
un ristorante dal tuo collega, quello con la coda.”
“ Shikamaru,”
si rallegrò Sakura. “Meno male. Se avessi chiesto
a Naruto, ti
avrebbe mandato al chiosco del ramen.”
Takao
sorrise, facendole cenno col braccio per cederle il passo.
“ Sono
simpatici, i tuoi compagni,” osservò
distrattamente. “Sai,
Naruto Uzumaki è proprio come me l'aspettavo.”
Sakura
lo guardò incuriosita, ringraziandolo mentalmente per il
tentativo
di metterla a suo agio.
“ Davvero?”
“ Sì.
Così pieno di energia. Si vede a occhio che è una
potenza della
natura.”
Sakura
ridacchiò. Quanto a quello, non c'erano dubbi.
“ Beh,
è un buffone, ma ha un cuore d'oro.”
Iniziò
così, la cena. Parlando di Naruto e di quante ne avevano
passate e
del Quarto e di Kyuubi. Di Sasori, di Chiyo la vecchia, e poi delle
spiagge di Kiri e delle mareggiate, di quando avevano imparato a
lanciare i kunai, di quando lei e Ino non erano più amiche e
del
padre di Takao che scolpiva figurette nel legno e faceva il modellino
di tutti i compaesani immaginandoli nelle posizioni più
buffe, e
Sakura rideva.
Nient'altro.
“ Vuoi
il dolce?” le chiese Takao, quand'ebbero spazzolato via tutte
le
portate.
“ No,
grazie,” si schernì lei, satolla. “Sono
a posto per il resto
della settimana, credo.”
“ Ma
è solo lunedì,” osservò lui,
parendo sconcertato.
Sakura
ridacchiò di nuovo, mentre il suo accompagnatore ordinava
due sakè.
Non ne beveva, di solito, ma un bicchierino per digerire stavolta ci
voleva.
Continuavano
a parlare. Sakura pensava che fosse un bene, e lo pensò
finché,
mentre Takao andava a pagare il conto, le venne in mente come sarebbe
stato essere seduta lì a quel tavolo a cenare con il ragazzo
che a
cena fuori non l'avrebbe mai portata. Volle disperatamente smettere
di pensarci, ma non era facile.
Perché
non era affatto la stessa cosa.
Fuori
la serata era mite, il cielo stellato. Takao si offrì di
accompagnarla verso casa e Sakura non riuscì a rifiutare,
sebbene
fosse tesa come una corda di violino.
Parlarono
poco, lungo la strada, perché la sera era silenziosa e
quieta e
anche per qualche altra ragione che lei non sapeva bene. Quando si
fermarono vicino a casa sua, Sakura sorrise di cuore.
“ Grazie,
Takao-san. È stata una bellissima serata.”
“ Anche
per me,” rispose lui, imitandola. “Sono molto
contento che
l'Hokage ti abbia chiesto di farmi da guida. Sei una persona
radiosa.”
Sakura
ci rimase di sale. Radiosa, lei. Fino a quel momento aveva meritato
l'appellativo di insopportabile, o al massimo petulante, o ad andar
proprio bene sciocca. E ora, radiosa.
“ G-grazie...”
mormorò di nuovo. “Lo stess...”
S'interruppe,
rendendosi conto che lui si avvicinava e si chinava verso di lei. I
riflessi le suggerirono unicamente di fare un passo indietro, e si
serrò le braccia al petto istintivamente. Takao rimase
interdetto,
immobile.
“ Aspet...”
farfugliò Sakura, imbarazzata al parossismo e con
l'impressione di
essere proprio stupida. “Cioè, io...”
Deglutì
faticosamente. Takao la guardava in silenzio, interrogativo.
“ Tu.”
Aveva
lo stesso tono gentile di un attimo prima, e la rincuorò.
“ E'
solo che...sono confusa ora e... non...” Ridacchiò
scioccamente.
“Troppo in fretta,” riuscì a biascicare.
“ Oh,”
fece lui. “Ma certo,” annuì.
Rimase
teso nell'aria un disagio muto, spigoloso.
“ Spero
che questo non pregiudichi i nostri progetti per i prossimi
tempi,”
aggiunse lui, conservando un'ammirevole padronanza di sé.
“Non
aveva intenzione di essere pressante. Veramente, non ho nessunissima
fretta. Passerò qui qualche settimana e poi forse
dovrò tornare
altre volte. E se te lo stai chiedendo, non ho né fidanzate
né
mogli a Kiri, e non intendo prendermi gioco di te.”
il
suo tono calmo e la sua schiettezza ebbero il potere di rilassarla.
“ Veramente,
non ci avevo nemmeno pensato,” ammise diretta.
“ Meglio
così,” concluse Takao. “Allora buona
notte, Sakura-san.
Riposati,” concluse cortesemente.
“ Buonanotte...a
te.”
Sorrise
un'ultima volta, e si avviò verso la porta.
Ovviamente,
l'idea di Sakura di mantenere stretto riserbo sui suoi rapporti con
Takao Mikomi, ambasciatore di Kiri, cozzò contro la dura
realtà
l'indomani mattina. Perché molte persone li avevano visti
cenare
insieme, soli, la sera prima, e la voce era corsa di bocca in bocca e
insomma, all'ora pranzo Konoha sapeva che c'era qualcosa di tenero
tra quei due.
Sempre
all'ora di pranzo, però, c'era una sola persona, oltre ai
due
diretti interessati, che sapesse che effettivamente Takao aveva
cercato di baciare Sakura, e quella persona era Ino Yamanaka.
“ Cosacosacosaaa?”
strillò sottovoce, per quanto questo fosse possibile,
ingoiando una
polpetta intera. “Ha! L'avevo detto, io!”
esclamò trionfalmente.
“ Sì,
ma sta' zitta!” sbottò Sakura guardandosi
cautamente intorno. “Non
voglio che lo sappia mezzo villaggio!”
“ E
ora cosa farai?” continuò l'amica ignorandola.
“Quando vi
vedrete di nuovo? E cosa farai? Ti piace? Eh?”
l'aggredì.
“ Non
lo so,
Ino,” scandì Sakura
minacciosa. “Ho passato la vita a sognare una cosa sola, e
adesso...”
“ Takao
è cariino! Vero che è carino?”
“ Ma
mi stai ascoltando?” sibilò Sakura, stizzita.
“ Sì.
Sì, sì, sì.”
Sakura
non aggiunse altro. Si vedeva che era assorta, spaesata.
Otto
minuti dopo che si furono salutate alla fine della pausa pranzo anche
Shikamaru, come Sakura aveva del resto previsto, era venuto a
conoscenza di quell'ulteriore particolare. Con lei e Ino, facevano
tre. Più Takao, quattro, e Sakura pensava di poter stare
tranquilla
in quanto alla mancata diffusione della notizia.
Ma
si sbagliava.
Nell'archivio
– ancora – c'erano solo Sasuke e Naruto,
perché Hinata era
impegnata col suo team, quando Shikamaru arrivò per il
pomeriggio.
Ino era appena tornata indietro per recuperare una lettera, aveva
detto, e lui si aggregò ai due colleghi mettendosi
svogliatamente a
scartabellare.
Ino
aspettò cinque minuti per comparire, dopo aver finto di
recuperare
la sua lettera. Contava sul fattore sorpresa, non dubitando
minimamente che Shikamaru avrebbe colto al volo l'antifona: vantaggi
dell'essere fidanzata con una mente superiore.
Si
precipitò nella stanza come un tornado.
“ Noncicrederaimaiiii!”
squittì al suo indirizzo, con voce talmente acuta che Sasuke
strizzò
gli occhi con fastidio.
Shikamaru,
perplesso, la guardò domandandosi cos'altro potesse essere
accaduto
di sbalorditivo in quei pochi minuti.
“ Che
c'è?”
“ Ha
tentato di baciarla!”
Naruto
sgranò gli occhi come una civetta, e Sasuke rimase
perfettamente
immobile.
Shikamaru
esitò per una frazione di secondo.
Ma
sì, al diavolo. Vediamo di sistemarci tutti in santa pace
una volta
per tutte, in un modo o nell'altro.
Forse Sasuke Uchiha stava per ucciderlo, ma del resto se continuava
ad essere così nervoso e incazzato lui non dubitava che
avrebbe dato
di nuovo i numeri e massacrato comunque gente a caso, perciò
tanto
valeva fare un tentativo.
“ Cosa?
Intendi l'ambasciatore di Kiri e Sakura?” domandò
svogliatamente,
infilandosi le mani in tasca.
Ino
sorrise.
Perfetto.
“ COOSA?”
sbraitò Naruto. “MA...”
E
poi più niente, perché ci fu un boato, e poi un
tonfo sordo, e lo
scatolone pieno di documenti che stava in mano a Sasuke un attimo
prima si era appena schiantato sul tavolo e poi era rovinato a terra,
sparpagliando sul pavimento tutto il suo contenuto.
“ Tutto
a posto, Sas'ke?” cinguettò Ino con innocenza.
Shikamaru dovette
sforzarsi per non ridere.
“ Gli
è solo caduto quello,” minimizzò
Naruto, del tutto assorbito
dalla nuova notizia. “Ma... Sakura!”
esclamò, ilare. “Devo
proprio passare un po' di tempo con lei, mi sa che ne ha, di cose da
raccontarmi!”
“ Che
pettegola che sei, dobe,” sibilò Sasuke, malevolo.
“ Pensa
per te, teme!” rispose lui. “Ti cade tutto,
oggi!”
Continuava
a fare il ragazzino, per distrarlo, per tirarlo fuori. Ma aveva
visto, stavolta aveva visto benissimo anche lui, e Ino aveva appena
guadagnato un nuovo alleato.
“ Comunque
lei non era sicura, e perciò ha preferito
tergiversare,”
continuava la ragazza, come se niente fosse. “Ma sono sicura
che la
prossima volta...” continuò, vaga.
“ Beh,
ma è giusto,” commentò Naruto, annuendo
ripetutamente. “Io l'ho
sempre detto che Sakura è bellissima!” aggiunse
sincero.
Ci
fu un altro fruscio di fogli che cadevano, alle sue spalle, e lui
sogghignò complice verso la kunoichi. Per la seconda volta
consecutiva, Shikamaru si strozzò con la saliva per evitare
di
ridacchiare.
Non
c'era bisogno di essere un genio come lui per sapere che sarebbe
sicuramente morto sull'istante, in quel caso.
Nel
tentativo di diradare i suoi incontri con Takao, Sakura si prese
qualche ora da passare nell'archivio con i compagni. Sapeva che
vedere il ragazzo di Kiri avrebbe significato dovergli dare una
risposta, prima o poi, e non era affatto sicura di conoscerla.
Poteva
tentare. In fondo, passare la vita a sospirare per un uomo che non la
voleva – per un uomo pazzo che non la voleva, precisamente
– era
un'assurdità. D'altra parte, anche se lui non la voleva, lei
voleva
ancora lui.
Era
confusa, in effetti.
Col
senno di poi, e senza dispiacersene minimamente, avrebbe realizzato
che trascorrere ore ed ore al giorno in una stanza chiusa con quattro
o cinque persone tra cui Sasuke stesso non fosse la strategia
vincente da adottare nel suo caso. Ma sul momento la rassicurava la
compagnia delle persone di sempre.
Stavano
lì tutti insieme, tra uno spostamento e l'altro, parlottando
di
tanto in tanto del più e del meno. Ino li omaggiava del suo
ciarlare
spensierato e, sebbene Sasuke fosse disposto a giurare il contrario,
non c'era dubbio che il suo chiacchiericcio vivace e variato li
rilassasse tutti quanti, lui compreso. Il lavoro era un po' noioso ma
non particolarmente pesante, e con la giusta compagnia diventava
persino accettabile.
E
poi cominciarono i fatti.
Il
primo si verificò appena due ore dopo che Sakura si fu
riunita agli
amici. Stava spostando un grosso plico di sfogli da uno scaffale
basso a uno in cima al mobile, e quando si rese conto di non essere
abbastanza alta aveva già le braccia protese per aria e si
reggeva
sulle punte dei piedi. Non fece in tempo ad abbassarsi. Una mano
chiara e decisa comparve in alto nel suo campo visivo e le
sfilò via
il plico, poggiandolo là dove doveva stare.
Ne
sentì distintamente la presenza dietro la propria schiena,
quasi
come se la stesse toccando anche se così non era
assolutamente. Le
si fermò il fiato per un secondo e Sasuke rimase immobile
alle sue
spalle, lo sentiva respirare.
“ Hai
altro da mettere lì sopra?” chiese a voce bassa.
Sakura
tentò – invano – di buttare
giù l'aria e poi scosse debolmente
la testa.
“ No,”
rispose. “Grazie...”
Sasuke
non si mosse ancora per qualche secondo.
“ Prego,”
mormorò poi, allontanandosi.
Sakura
impiegò qualche secondo a ritrovare una respirazione e un
battito
cardiaco normali. Quando ci riuscì, e ritornò
alla realtà, Naruto
e Ino erano accucciati in un angolo e ridevano con le teste chine su un
libro, e Shikamaru li guardava sbuffando pazientemente.
Si
chiese cosa mai potesse contenere quel volume, ignorando che non era
affatto di quello, che ridevano.
Il
secondo fatto ebbe
luogo l'indomani mattina, mentre spostavano una gran montagna di roba
nel sotterraneo della Tesoreria, che era mezzo vuoto. Sakura stava
trasportando una cassa così grossa che, pur con tutta la sua
forza,
dopo una trentina di metri dovette fermarsi a prendere fiato,
sbuffando.
“ Accidenti
che...” si affannò, afferrandone un lato per
imbracciarla di
nuovo. Non arrivò mai all'altro, perché prima che
potesse prendere
la maniglia quella era già scivolata nella mano di Sasuke,
che si
era caricato un cartone sul braccio libero. Non disse niente ma
sollevò la cassa insieme a lei e si rimisero in marcia.
Dalle labbra
gli sfuggì solo un impercettibile gemito quando ebbe
caricato su il
peso, perché quella maledetta cosa pesava ottocento milioni
di chili
e un attimo prima lei la stava spostando da sola.
Gettò
un'occhiata alle sue braccia: bianche, esili, fini. Aggrottò
la
fronte.
Qualcosa
era successo, a Sakura, in sua assenza. E adesso non era escluso che
potesse persino rischiare di essere lui a soccombere, in un corpo a
corpo.
Sakura
invece non ci fece caso. Più della fatica, a renderle
difficoltoso
il camminare era l'idea che, per la prima volta da quand'erano
bambini, stessero realmente facendo qualcosa insieme.
Il
terzo fatto fu quello
definitivo. Non perché si trattasse di qualcosa di
eclatante, ma
perché fu in quel momento che Sakura realizzò,
ineluttabilmente,
che non poteva sostituire Sasuke con nessuno, probabilmente non
avrebbe potuto mai.
Erano
usciti in ricognizione, tutto il vecchio team sette. Una passeggiata,
soprattutto per gente di quel calibro. Se non fosse che Naruto da tre
giorni non perdeva occasione per romperle l'anima e stuzzicarla in
ogni modo possibile.
Alla
terza battuta maliziosa nel giro di cinque minuti lei uscì
dai
gangheri e gli si avventò addosso per dargli una ripassata.
Si
rincorsero tra gli alberi per qualche minuto, mentre i due rudi
uomini sharinganmuniti li osservavano senza proferire verbo, e Naruto
si prese qualche pugno e poi la spintonò. Sakura
rimbalzò a terra
per prendere lo slancio e, nella foga, non badò a dove
mettesse il
piede e lo storse contro una radice sporgente.
Non
disse niente, riprendendo la marcia, finché un balzo
più stirato
degli altri le strappò un leggerissimo lamento.
“ Ti
sei fatta male?”
Imprecò
mentalmente: proprio Sasuke la doveva sentire, che odiava che si
lamentasse.
“ No,
ho solo messo un piede in fallo poco fa, non è
niente,” rispose
spiccia, accennando un sorriso. Sasuke non rispose, e si
voltò verso
gli altri.
“ Fermiamoci
un attimo,” disse.
Sakura
rimase così immobile da sembrare finta, con gli occhi
sgranati.
Sasuke.
Fermiamoci
un attimo.
E
il colpo di grazia.
“ Magari
è meglio se ti siedi un momento,” aggiunse, atono.
Sasuke.
Sakura
cercò di parlare, ma non le riuscì per niente.
“ Che
succede?” chiese Naruto atterrando accanto a loro, seguito
immediatamente dal sensei.
“ Si
è fatta male alla caviglia,” rispose il genio,
diretto.
E
non c'erano nella sua voce lo scherno e il disprezzo che avrebbero
dovuto esserci, soltanto un tono pratico.
Sakura
non riuscì a fare altro che sedersi come aveva detto lui.
“ Tutto
a posto, Sakura?” chiese Kakashi, bonario, mentre Naruto si
avventurava a dare un'occhiata intorno, già che c'era.
“ S...ì...ih.”
Quell'ultimo
sussulto nella sua voce era dovuto al fatto che Sasuke si era
accoccolato per terra, proprio davanti a lei, e aveva sollevato il
suo piede da terra delicatamente, esaminandolo. Le sfiorava la
caviglia appena con le punta delle dita, e sebbene potesse sembrare
un controsenso dal momento che il medico era lei, per una semplice
caviglia qualunque shinobi poteva dare una diagnosi immediata.
“ Non
sembra gonfia,” mormorò lui, prima di muovere di
lato
l'articolazione. “Non è nemmeno slogata.
Probabilmente solo
indolenzita, Sakura,” concluse, sempre sorreggendole il piede
con
dita come farfalle.
E
Sakura si rese conto che era tutta lì, la differenza. Che di
nessun
altro uomo, mai, l'avrebbe commossa e emozionata tanto il semplice
modo in cui le toccava un tallone. Che mai mai e mai nessun Takao e
nessun signor qualunque sarebbe stato capace di toglierle il fiato
soltanto perché le sfiorava una tibia senza intenzioni. Le
venne
quasi da piangere nel capire che lei Sasuke non se lo sarebbe mai
tolto dalla pelle, e dai polmoni, e non c'era nulla che potesse fare.
“ Non
è niente,” aggiunse lui.
Lo
fissò domandandosi se la stesse prendendo in giro, ma Sasuke
rimaneva serio e la guardava dritta in faccia.
E
proprio prima che Kakashi parlasse, certo per dichiarare chiuso
l'incidente, Naruto ripiombò accanto a loro.
“ O
che fai lì per terra, teme? Cerchi funghi?”
domandò ilare.
Sasuke
rilasciò cadere il suo piede velocemente, voltandosi
indispettito.
“ Si
è fatta male, dobe rompiballe, stavo
controllando,” rispose
altero.
“ Certo,”
commentò Naruto scettico, senza nemmeno dissimulare. Si
fissarono
per qualche secondo e il jinchuuriki non aveva più l'aria da
ragazzino scemo che sfoggiava da mesi e mesi, ma l'espressione sicura
dello shinobi che era, che aveva affrontato prove e sofferto e
imparato, e che si sarebbe fatto valere. Era stato Sasuke stesso,
crudelmente, a fornirgli i mezzi per diventare il titano umano che
sapeva essere. E adesso era ora che ci sbattesse la faccia.
Kakashi
si schiarì la voce, conciliante.
“ Se
l'incidente è concluso, è meglio rimettersi in
marcia,” suggerì.
Se
li riportò tutti via intruppati, meno ilari, meno vivaci.
Ciascuno
con qualcosa per la testa.
Non
se ne preoccupò, comunque. Erano adulti, adesso, e se erano
sopravvissuti agli anni passati non sarebbero certo morti per qualche
grattacapo giovanile. Li ricondusse a Konoha e diede loro
appuntamento per il giorno dopo, prima di svignarsela alla svelta.
Doveva incontrare Tenzo per andare a conoscere questo giovane
ambasciatore, ed era piuttosto curioso di scoprire che tipo fosse il
ragazzo che faceva il filo a Sakura. Perché d'accordo, erano
adulti
ma erano pur sempre i suoi allievi, e avrebbe spezzato i denti a
qualunque bellimbusto ronzasse intorno alla piccolina.
Naruto
lo squadrò andare via, poi salutò Sakura che
zoppicava verso casa e
s'incollò ai talloni di Sasuke.
“ Ehi,
teme!”
“ Che
vuoi?”
Silenzio.
“ Teme!”
“ Cosa
cavolo vuoi?”
Silenzio.
“ Teemee...”
“ E
cosa dia...?”
“ E
girati, cacchio!”
Sasuke
rallentò il passo e si voltò indietro,
insofferente.
“ Cosa.
Vuoi?”
“ ...Ti
va un ramen?”
Sasuke
lo scrutò con odio profondo, emise una sorta di sibilo e
fece per
piantarlo lì.
“ Sul
serio, dai!” lo trattenne Naruto, afferrando il suo braccio.
“Voglio solo far due parole!”
“ E
se io invece no?” protestò Sasuke rigido.
“ Me
ne frego. Ti pedino, sai?”
“ Dobe...”
ringhiò Sasuke.
“ Dico
sul serio.” Il tono di Naruto si fece grave.
Sasuke
sbuffò, annoiato, dando un'occhiata intorno. Quindi
lì dov'era,
incivile come sempre, s'appoggiò al muretto che costeggiava
la
strada e incrociò le braccia.
“ Dimmi.”
Naruto
lo guardò perplesso, prima di fare spallucce. Per lui, un
posto
valeva l'altro.
“ E'
per questa faccenda di Sakura e il...” iniziò,
diretto.
“ Oh,
ancora con questa Sakura!” sbottò Sasuke irato.
“Lo volete
capir...”
“ No,
tu
lo vuoi capire che
non sei credibile?” lo zittì Naruto alzando la
voce. “Davvero
non te ne accorgi che quasi non inganni più neanche te
stesso? Non
lo vedi che persino il tuo stesso corpo ti dice di smetterla
di infierire su te stesso perché tanto il passato
non...”
“ Naruto!”
Schivò
il pugnò di Sasuke con uno scatto e afferrò la
sua mano con la
propria, soffiandogli le parole successive dritte in faccia.
“ Cosa
credi? Vuoi darmi un pugno? Dammelo. Credi davvero che sarà
un pugno
a farmi male,” e Sasuke cercò di divincolarsi con
un ringhio, ma
lui tenne salda la presa, “dopo tutto il resto? Tre anni e
mezzo a
sputare sangue e lacrime ad ogni respiro, e adesso credi di
spaventarmi con un pugno? Puoi anche massacrarmi, Sas'ke, e io
continuerò a dirti la verità. COME HO SEMPRE
FATTO!” Lo spintonò
rabbioso, ma non lasciò la sua mano e gli
caracollò appresso, e
Sasuke gli rifilò una spallata, e un calcio, dicendo un
qualcosa con
voce strozzata. “Anche quando non te ne fregava un cazzo di
ascoltarmi e mi ammazzavi solo ignorandomi! E continuerò a
farlo
finché muoio, perciò uccidimi pure di fottuti
pugni!”
Lo
sbatté via per davvero stavolta, Sasuke barcollò
arretrando di un
paio di passo e rimase a fissarlo in cagnesco.
“ Ma
cosa stai dicendo?”
“ Sto
dicendo che non ho più voglia di fare finta di essere un
coglione
che trova tutto divertente per rassicurarti, perché non
è così!
Basta! Prima era così, e poi ho visto e provato il dolore in
così
tante forme che non ho
più voglia di guardarlo! BASTAA!” Su quel ruggito
finale Naruto
tirò un gran cazzotto al muro, e quello si sbriciolo dove
l'aveva
colpito e venne giù come burro.
Sasuke
rimase fermo, respirando in fretta, accigliato, rabbioso. Ma Naruto
lo sembrava anche più di lui, in quel momento.
“ Vuoi
Sakura? E prenditela! Sono dieci anni che non aspetta altro! Invece
devi infliggere a te stesso e a lei altro dolo...”
“ Non...”
“ Non
un CAZZO!” ululò Naruto. “Non
c'è nessun non
a parte nella tua testa bacata!” Prese fiato, squadrando il
genio
in cagnesco, e ricominciò a parlare con voce più
controllata. “Io
voglio diventare Hokage e voglio che il mio migliore amico stia bene,
e le otterrò queste due cose, Sas'ke, perché ho
fatto troppa strada
per fermarmi!”
Sasuke
non rispose più. Chinò lo sguardo a
aggrottò la fronte, muto,
completamente chiuso.
Naruto
si scompigliò i capelli e scosse la testa.
“ E
tu cos'è che vuoi? Vuoi andare avanti o vuoi rimanere
indietro
mentre tutti gli altri proseguono?”
Sasuke
tornò a guardarlo, e nei suoi occhi che nonostante il
tentativo
dissimulazione erano chiari di ansia e di paura Naruto trovò
la
risposta, e respirò. Avanti. Avanti. Avanti.
“ E
allora ti ci devi impegnare, teme, e non ti basterà
giocherellare
con la dannata caviglia di Sakura.”
E
poi, avvicinandosi di nuovo:
“ Guarda
che...”
Non
la finì la frase, perché era un po' patetica. Si
indicò soltanto,
con tutt'e due le mani. Io sono qua. Sono sempre stato qua di fianco,
anche quando non te ne accorgevi. Ti do una mano, se vuoi.
Sasuke
si voltò dall'altra parte, e si spostò dal
muretto, fece due passi,
si piegò sulle ginocchia e si rialzò, e poi si
passò le mani sulla
faccia, tormentato. Naruto pensò che gli sarebbe piaciuto
abbracciarlo, se Sasuke fosse stato quel genere di persona che si
possa abbracciare, ma non lo era.
Però
il genio fece una cosa che lo sorprese comunque: fu lui a tornargli
vicino, con la testa bassa, rimase fermo per qualche secondo e poi
appoggiò la spalla contro la sua. Naruto dopo un istante di
sorpresa
fece altrettanto, e rimasero lì a tenersi su a vicenda, ed
era il
più stretto degli stretti abbracci fraterni del mondo.
Mentre
Naruto Uzumaki affrontava una volta per tutte il leggendario
masochismo di Sasuke Uchiha, Sakura Haruno se la vedeva col suo nuovo
non-ragazzo.
Incontrò
Takao sulla via del quartier generale, maledicendo la propria
maledetta sfiga prima di stiracchiare un sorriso.
“ Ciao,”
salutò.
“ Buongiorno
a te. Sei stata in missione?” rispose lui, sorridendole a sua
volta.
Sakura
annuì vaga.
“ Una
piccola ricognizione.”
“ Tutto
a posto, spero,” commentò lui.
“ Oh,
certo,” confermò Sakura.
“ Bene.
Io... Mi aspettano ma, allora... Siamo sempre d'accordo per la visita
al tempio di sabato?” s'informò lo shinobi.
“ Sì...No.
Non so.”
Le
scapparono fuori le parole una dopo l'altra, assurde, e
avvampò.
“ Come?”
chiese infatti Takao, educatamente perplesso.
“ Non...
Forse potremmo rimandare, alla settimana prossima, se ti va
bene,”
balbettò Sakura imbarazzata. Era un ragazzo simpatico, e
carino, e
le dispiaceva calciarlo via.
Takao
sembrò un po' destabilizzato, ma lo mascherò in
fretta.
“ Ah.
Va bene, certo...” confermò. “Ma, dimmi,
c'entra per caso
l'altra sera...?”
“ Sì.
No. Non...” Sakura ridacchiò di se stessa.
Patetica, a dirla
tutta.
Takao
si schiarì la voce.
“ Mi
sembri un po' confusa,” osservò senza prendersela.
Lei
si morse le labbra, sbuffando.
“ E'...
complicato. Non sono sicura che ti convenga darmi retta, in
realtà,”
ammise onestamente.
“ Vedremo.
Buona serata,” concluse lui, congedandosi.
“ Ciao,”
mormorò Sakura, avvilita.
“ Sì,
no, non so. Quale uomo non sognerebbe di sentirsi rivolgere parole
simili?”
Il
tono di voce di Ino era pesantemente sarcastico, esasperato.
“ Sono
andata in confusione, va bene?” grugnì Sakura,
sulla difensiva.
“ Ricordamene
la ragione,” sospirò l'amica. “Ah,
sì, giusto... Perché Sas'ke
ti ha toccato un piede.”
“ Ino!”
ringhiò lei, vergognosa.
“ Ma
io sto solo ripetendo quel che hai fatto tu! Non prendertela con me,
se non ha senso!” protestò l'amica, sgranando gli
occhi azzurri.
“ Il
fatto è che io lo amo!” sbottò Sakura
corrucciandosi. “Io lo
amo, Ino, così tanto che non so più che cosa
fare...” mormorò
avvilita.
“ Io
propenderei per la botta in testa e passa la paura...”
brontolò
l'altra, corrucciandosi.
La
situazione era drasticamente complicata.
Sakura
aveva un conto in sospeso con una ragazzo con cui non voleva uscire,
e una drammatica rassegnazione definitiva al fatto che il ragazzo che
voleva da sempre non l'avrebbe scelta mai. D'altro canto, il
già
citato losco individuo di cui era perdutamente innamorata stava
realizzando suo malgrado che dopotutto, forse, magari, in
realtà
avrebbe anche potuto decidersi una buona volta ad accettare il fatto
che la sua vita a Konoha senza Sakura, o con Sakura che stava con un
altro, sarebbe stata ancora peggio del solito. Decisamente peggio.
La
cosa più frustrante era ammettere che Naruto avesse ragione,
poi.
Naruto,
lui da quella storia aveva tratto una nuova importante lezione, e
cioè: tergiversare era stupido. Perciò
stabilì che avrebbe chiesto
ad Hinata di uscire con lui entro la fine del mese. O al massimo di
quello successivo.
Non
era facile, perché da anni e anni non faceva che pensare a
qualcun
altro oltre se stesso e accollarsi la responsabilità del
benessere
altrui, e dal momento che il suo progetto di diventare Hokage
significava anche che avrebbe passato la vita ad occuparsi del
benessere di tanti
altri, l'idea di dedicare qualche tempo solo a se stesso, prima di
prendere decisioni, non gli era invisa. Ma se fosse arrivato qualche
belloccio straniero e si fosse portato via Hinata, lui poi come
avrebbe fatto?
Ino
era molto contrariata dal fatto che il suo brillante piano,
consistente nell'usare un corteggiatore di Sakura per ingelosire
Sasuke, non stesse funzionando come aveva sperato. Shikamaru, invece,
le diceva di portare pazienza. Perché sapeva che una volta
piantato
un seme bisognava aspettare che germogliasse e che spingesse il
virgulto fuori dalla terra, prima di diventare una pianta.
E
Shikamaru tendeva ad avere ragione una scandalosa quantità
di volte.
Quanto
da lui pronosticato avvenne quel lunedì, all'uscita di una
riunione
del corpo dei jonin di Konoha. Una data che difficilmente sarebbe
stata dimenticata, perché nel giro di pochissimi minuti
ebbero luogo
un incidente diplomatico internazionale e una pubblica sceneggiata
romantica operata dal più improbabile dei protagonisti.
Improbabile
per la sceneggiata, non per l'incidente diplomatico: non era il primo
che avesse provocato, e realisticamente non sarebbe stato nemmeno
l'ultimo.
I
ninja della Foglia erano gente tutta d'un pezzo, guerrieri che non
avevano tempo da sprecare con questioni banali e futili intrighi
sentimentali. Quando succedeva però, raramente, che qualcuno
di essi
venisse svelato sulla piazza, tutti si divertivano sempre abbastanza.
Cominciò
tutto mentre gli shinobi sciamavano fuori dal salone. Sakura stava
strascinando i piedi dietro Ino e Shikamaru, con umore tetro e
uggioso, e Naruto sgambettava loro appresso chiacchierando con
Hinata. Quando Choji attirò l'attenzione di Shikamaru per
fare
quattro parole l'intera truppa rallentò il passo; Sakura,
intravedendo la sagoma di Tsunade all'altro capo dell'atrio,
pensò
di raggiungerla per discutere di un paio di pazienti.
Galeotta
fu l'idea.
Aveva
fatto sì e no dieci metri che Takao Mikomi spuntò
da una porta
laterale con un paio di consiglieri. Vedendola si rischiarò,
le fece
cenno con la mano e si congedò dagli ospiti per raggiungerla.
Incastrata.
Allo
scorgere l'ambasciatore avvicinare la bella, dopo la chiacchierata
cena della settimana precedente, qualcuno – tra cui,
chiaramente,
Sasuke - già spostò l'attenzione lì.
Siccome però a quella serata
non ne era seguite altre, e non li s'era più visti molto
insieme,
c'era chi aveva anche ipotizzato che si fosse davvero trattato di
un'innocente cena tipica offerta all'ospite straniero,
perciò
l'evento non suscitò l'attenzione meritata.
“ Ciao,”
esordì Takao raggiungendola.
“ Buon
pomeriggio.”
“ Senti,
c'è qualcosa che ti vorrei dire,”
continuò lui a voce bassa,
tanto che la kunoichi dovette sporgersi – e a quel punto
qualcun
altro prese a guardare, sebbene la conversazione fosse inudibile.
“Ed
è che, ecco, Sakura, tu mi piaci davvero molto, e so che sei
confusa, naturalmente, ma vorrei davvero che mi dessi
un'occasione.”
Lei
ci rimase lì come un salame.
Mai
stata corteggiata in vita sua.
“ V-veramente
io...” esalò, ritraendosi.
E
Takao, ingenuamente, fece l'ultima cosa che avrebbe dovuto fare:
allungò la mano e la strinse senza alcuna
aggressività intorno al
polso di lei.
“ Aspetta.”
“ No
senti, davvero, non...”
Non
è il momento, voleva dire Sakura.
Ma
non lo poté fare.
“ Ehi,
tu, ma sei sordo? Non hai sentito che ha detto di no?”
Konohamaru
avrebbe poi giurato che Sasuke si era trasformato in serpe e aveva
attraversato l'atrio a incalcolabile velocità per
rimaterializzarsi
in forma umana accanto a Sakura; l'avvenimento veniva narrato secondo
più versioni, tra le quali una più accreditata
delle altre.
Si
era spostato camminando, come chiunque altro. Ma nel suo modo
silenzioso e impercettibile, sicché di fatto l'avevano
notato solo
quando aveva parlato. E per di più Sasuke tendeva a parlare
spesso e
volentieri con un tono di voce così basso che le sue
frequenze
risultavano difficilmente percepibili all'orecchio umano. Quella
volta, preso dalla foga del momento, lo fece con una voce tanto alta
e risonante che tutti, ma proprio tutti i presenti si voltarono da
quella parte.
Takao
lo guardò sorpreso, prima di accigliarsi lievemente.
“ Non
credo che la cosa ti riguardi,” osservò fermo.
Quale
audacia! Sasuke lo fulminò con la sua più
riuscita occhiata
omicida.
“ Ah,
sì? Vogliamo uscire qua fuori e vedere se mi riguarda o
meno?”
Shikamaru
sbiancò, dicendosi che la pianta doveva aver succhiato un
bel po' di
vitamine, se era spuntata così in fretta e così
rigogliosa. Naruto
invece soffocò nel palmo della mano una risata che
risuonò come una
pernacchia, non portando molto aiuto al mantenimento di una parvenza
di decoro.
Tsunade
si fece livida.
Sakura,
di marmo.
La
platea ammutolì. Genma si premurò addirittura di
prendere lo
stecchino in mano per levarselo di bocca, perché
così spalancata
com'era gli sarebbe caduto di sicuro. Kakashi si domandò
disperatamente da dove mai gli fosse venuta quell'idea che i suoi
allievi fossero diventati adulti perché, tra Sasuke che
svalvolava e
Naruto che sghignazzava in un angolo, c'era di che farsi sorgere
ragionevoli dubbi.
“ Non
credo di aver capito,” ribatté Takao senza perdere
la calma.
“ Hai
capito benissimo. E se vuoi te lo spiego meglio, scocciatore”
sibilò Sasuke, glaciale.
Takao
si voltò verso Sakura, grave.
“ Mi
avevi detto di non essere impegnata,” osservò
asciutto.
“ Ah,
ecco, vedi che gliel'aveva chiesto,” mormorò
Moegi, annuendo. Le
donne queste cose le capivano meglio.
La
kunoichi sgranò gli occhi, sbalordita, e si riscosse.
“ Ma
non lo sono, infatti!” confermò.
“ Per
il momento.”
Evidentemente
le parole sfuggirono di bocca a Sasuke, che immediatamente dopo
infatti assunse un sorprendente colorito paonazzo. Non
cambiò
espressione, tuttavia, e rimase stoicamente immobile a fronteggiare
il rivale.
Naruto
non ce la fece più, e scoppiò apertamente a
ridere a crepapelle.
“ Molto
bene. Col vostro permesso,” esplose Takao, voltando le spalle
e
marciando via talmente sdegnato che a nessuno venne l'idea di non
farsi da parte per lasciarlo passare.
“ Mikomi
sama!” esclamò Tsunade incamminandosi marziale al
suo seguito, non
prima di essersi voltata indietro per un secondo, verso Sasuke, e
aver espulso un micidiale e minacciosissimo “Tu!”.
Tenzo
poggiò il torace alla schiena di Kakashi, per sussurrargli
direttamente nell'orecchio.
“ Dopo
lo ammazza.”
Ridacchiarono
sadicamente.
“ Non
c'è niente da vedere!” esclamò a quel
punto Naruto, ancora scosso
dai residui di riso. “E' tutto a posto, amici,
circolare!” E si
piantò accanto agli altri due, sorridendo beffardo.
“E allora,
teme, questa cos'era?” chiese esilarato.
Sasuke,
già tendente al rosso fiamma, si fece quasi fosforescente.
“ Beh,
che vuoi? E' la nostra compagna di squadra, e quello le stava dando
fastidio.”
Sakura
s'irrigidì sul posto, prima di voltare la testa verso di lui
con
foga, le labbra stirate in una smorfia assassina non del tutto
dissimile da quella che gli aveva rivolto un attimo prima Tsunade.
Compagna
di squadra?
“ Tu!”
ringhiò, confermando l'analogia. “TU! Pezzo...
D'IDIOTA!”
“ Oh-oh,”
mormorò Naruto, allarmato.
“ RAZZA
DI SOTTOSPECIE DI AMEBA! Come osi! Cosa ne sai tu di quello che
dà
fastidio a me, presuntuoso e arrogante VERME!”
“ Occhio
ai pugni, tem...”
“ E
TU STA' ZITTO, NARUTO!”
Tutto
il corpo di Sakura esprimeva una violenza e una pulsione distruttiva
così tangibili che persino Sasuke si domandò
vagamente se non
sarebbe stato meglio battere decorosamente in ritirata con le gambe
intere. Ma era bellissima, e nel dubbio rimase lì dov'era.
“ Ma
Sakura, non...” rispose sostenuto.
“ TACII!”
ruggì lei a tre centimetri dalla sua faccia, facendogli
incassare la
testa nella spalle. “Come ti permetti, dopo avermi rovinato
la vita
per anni, di venire qui ad allontanare qualcuno che finalmente mi
degna di considerazione, perché sono LA TUA COMPAGNA DI
SQUADRA?”
Sasuke
sembrò oltraggiato. A lui era parsa una spiegazione del
tutto
plausibile.
“ Ma
cosa dovevo...?” si azzardò a rispondere,
nonostante il tentativo
di Naruto di trattenerlo.
“ COSA
DOVEVI DIRE?” ripeté Sakura mollandogli un tale
spintone che lo
spedì letteralmente culo a terra. “Dovevi dire è
la donna
della mia vita e quello le stava dando fastidio, ecco cosa!
Oppure stare zitto e farti i fatti tuoi!”
Chinò
la testa con un sussulto e sembrò quasi rimpicciolirsi,
avvilita.
Era
tutto inutile. E lei era troppo stupida, a crederci ogni volta.
“ Non
posso più sopportarlo. Non voglio più essere in
squadra con te. Non
voglio avere più niente a che fare con te, Sas'ke.”
Si
voltò e fece per andarsene, così da evitare
almeno di mettersi a
piangere davanti a tutti. E invece Sasuke la prese per un braccio.
“ Ma
piantala un po',” sbottò, la tirò
bruscamente indietro e la fece
planare contro di sé, chiudendole la bocca con un bacio.
“ Oh,
finalmente,” sbuffò Shikamaru, estenuato.
Sakura
rimase impalata, incredula e del tutto dimenticata di essere
incavolata come una iena. Rimase a respirarlo, a berlo e ad adorarlo,
completamente psicolabile com'era quel deficiente, e gli
allacciò le
braccia al collo mentre Sasuke la sollevava leggermente da terra,
senza smettere di baciarla.
“ UCHIHA!”
tuonò infine Tsunade inferocita, ricomparendo sulla soglia,
e tutti
sembrarono improvvisamente molto indaffarati e attesi altrove,
sciamando via alla chetichella. “ESIGO DELLE SCUSE
UFFICIALI!”
Scuse
che naturalmente Sasuke fu costretto a porgere, ma questa è
un'altra
faccenda.
Ed
ecco la storia.
“ Non
ci posso credereeeh!”
Itachi
sghignazzava come un matto. Si stringeva le braccia intorno al ventre
e dondolava su e giù, con gli occhi pieni di lacrime di risa
e
scrosci incontrollati che lo facevano tremare d'estasi.
Suo
padre! Certe volte non capiva proprio come gli venissero certe idee!
Sembrava l'uomo più represso e controllato del mondo, e poi
ogni
tanto se ne saltava fuori con della mattane inaudite. Era
assolutamente comico.
Sakura
rideva a sua volta di gusto, e guardando ridere Itachi la sua
ilarità
cresceva, e così pure quella di lui, e andavano avanti a
sbellicarsi
di gusto, dondolando davanti al tavolo, senza fiato, affannati, rossi
e maledettamente divertiti. Quando uno dei due sembrava sul punto di
calmarsi, l'altro partiva con un nuovo attacco e tutto ricominciava,
e ci volle del bello e del buono perché riuscissero a
tranquillizzarsi un pochino.
“ Com'è...successa
la storia delle scuse?” boccheggiò Itachi,
ridacchiando
debolmente.
Sakura
prese fiato, sbuffando.
“ Per
fortuna... Takao era una persona molto ragionevole...” Rise
di
nuovo. “Ho dovuto minacciare tuo padre delle peggiori
pene,
ma ne sono venuta a capo.”
“ Come
hai fatto?” chiese Itachi, ammirato.
Sakura
esitò, pensando che forse quello non era un argomento adatto
a un
quindicenne.
“ Non
me lo ricordo,” mentì.
Itachi
rise di nuovo, scuotendo la testa, e in quel momento la porta di casa
si aprì, e Chiyo lanciò uno strillo a mo' di
saluto.
“ Ciao!”
rispose la madre.
La
bambina sbucò dalla porta, e dietro di lei Sasuke, che era
andato a
prenderla in accademia. Bombo s'infilò tra le sue gambe
raggiungendo
a sua volta la famiglia, prima d'imboccare direttamente la porta del
giardino.
Al
solo vedere il padre, Itachi proruppe in un nuovo e più
tremendo
attacco di risa isteriche, e Sakura non poté evitare di
ricominciare
a ridere a sua volta.
“ Cosa
succede?” chiese Chiyo curiosa, senza ricevere nessuna
risposta
intelligibile.
“ Ma
che avete? State bene?” aggiunse Sasuke, aggrottando la
fronte.
“ S-sì...
Per il moment....pfff!”
Itachi si accasciò sul tavolo senza fiato, eppure ancora
rideva.
“ Eh?”
fece suo padre, senza capire. Gli lanciò un'occhiata
interrogativa,
poi una a Sakura che ridacchiava sfrenatamente.
“ Ma
che stavate combinando?”
“ Non
credo che...la cosa ti riguard....iiih.”
La
risposta insensata del figlio lo indispose un pochino, ma per Sasuke
il buonumore dei bambini era capitale e perciò, invece di
arrabbiarsi, si limitò ad ignorare lui e Sakura con
superiorità.
“ Che
bello tornare a casa e trovare moglie e figlio in questo
stato,”
osservò asciutto e quasi sprezzante, levandosi la giubba.
“ Io
voglio sapere di cosa ridete!” si lamentò Chiyo,
speranzosa.
“ Moglie?
Credevo fosse la tua...compagna di squadra!”
infierì ancora Itachi, trascinando la madre in una nuova
sghignazzata.
“ Ma
cosa stai dic...?”
E
Sasuke sgranò gli occhi con sgomento, trafitto dalla
comprensione
della realtà.
Per
il momento.
Non
credo che la cosa ti riguardi.
Compagna
di squadra.
Compagna
di squadra!
“ SAKURA!”
ringhiò avvampando, in preda al più sfrenato
imbarazzo. Non poteva
aver raccontato ad Itachi quell'episodio orribile e umiliante in cui
si era comportato come il più totale imbecille davanti a
più di
metà dei loro colleghi, anche se per la verità
qualcuno di loro
aveva ripreso a guardarlo come una persona proprio in
quell'occasione. Ma era lo stesso la più grossa vergogna che
si
fosse inflitto e lei non poteva averla raccontata al ragazzo.
E
Sakura, nel vederlo così atterrito, non poté far
altro che
scoppiargli a ridere in faccia di nuovo, confermando il suo atroce
sospetto.
“ Sakura...”
gemette Sasuke, e Itachi giù di nuovo a ragliare come un
asino, che
ormai gli mancava la voce. “E tu piantala,
testina!” intimò lui,
senza sortire per una volta alcun effetto.
“ Io
lo voglio sapere! Nii-san! Lo voglio sapere! Nii-san, dimmelo!
Nii-san!” ripeteva Chiyo, aggrappata al braccio del fratello.
“ Ora
te lo di...” gemette il ragazzo.
“ Non
ci pensare neanche!” eruppe suo padre con un'occhiata
eloquente.
“Sakura, come diamine ti è venuto in mente
di...?”
“ Vieni,
Ch-chiyo...” sussurrava intanto Itachi, alzandosi sulle gambe
malferme.
“ E
tu non ti azzardare!” intimò Sasuke.
“Sakura, smettila di ridere
come una scema e spiegami... Chiyo, torna subito qui! Non ascoltare
una parola di quello che sta per dire tuo fratello!” Ma
già i
ragazzi sparivano su per le scale
“ M-mi
dispiace, U, ma m-m....mmh...” E Sakura ridacchiò
ancora, chinando
il capo.
“ Piantala
di ridere com'è un'oca. Mi hai reso ridicolo con i
bambini!”
soffiò lui, indignato.
“ Ma
hai fatto tutto tu!” protestò lei senza riuscire a
rimanere seria.
Vedendo la sua espressione non solo arrabbiata, ma decisamente
ferita, si rese però conto che Sasuke non poteva che
prendere
malissimo una cosa del genere, senza i dovuti sottotitoli.
Tirò
un paio di profondi respiri per calmarsi, sotto il suo sguardo sempre
altrettanto glaciale ed offeso.
“ Mi
dispiace, ma Itachi me l'ha chiesto, e sembrava tenerci così
tanto... Guarda, aveva anche preso degli appunti per ricostruire la
storia,” aggiunse, indicando il blocchetto del figlio con un
ultimo
risolino incontrollato.
“ Non
è una buona ragione per farmi fare la figura
dell'idiota,” osservò
lui, freddo, senza tuttavia impedirsi di gettare una scorsa ai fogli.
“ Ma
Sas'ke, è così che è andata... Ti sei
comportato come un...o scemo
davanti a tutta l'assemblea, ed è stato esilarante. Cosa
dovevo
fare? Mentirgli?”
Sasuke
la fissò astioso, senza smettere la sua espressione
oltraggiata.
“ Potevi
optare per un dignitoso silenzio,” osservò
asciutto.
“ No!”
ribatté lei decisa. “Itachi lo voleva sapere,
perché ci vuole
bene e siamo i suoi genitori. Sas'ke...” E
aggrottò la fronte,
grave. “Tuo figlio ha conservato intatta la stima di te dopo
essere
venuto a sapere cose ben peggiori sul tuo passato. Non credo che
questo cambierà le cose.”
Sasuke
rimase in silenzio, cupo e rigido.
Sapeva
che sua moglie su quel punto aveva ragione, e che se Itachi aveva
saputo passare sopra a tutta la verità sulla morte del suo
zio
omonimo, sul tradimento di Konoha, su Orochimaru, Akatsuki e tutti
quegli orrori, probabilmente non c'era niente che potesse strappargli
la sua fiducia, e lui sarebbe invecchiato serenamente con un figlio
che era un capolavoro e una figlia così bella che facevano
male gli
occhi a guardarla, ed era molto meglio di quanto avrebbe mai potuto
sperare.
Ma
riteneva ugualmente oltremodo offensivo il modo in cui lei aveva
spiattellato la vicenda ad Itachi alle sue spalle. E ora quel testina
se la stava ridendo alla faccia sua, come se non fosse stato lui il
genitore e quell'altro il figlio.
In
quella, un nuovo scoppio di risa corale risuonò al piano di
sopra.
Itachi
doveva aver riassunto alla sorella la storia narrata dalla madre, e
li si sentiva sganasciarsi incontrollatamente da lì in
cucina.
Sasuke lanciò alla moglie uno sguardo glaciale ma nemmeno
Sakura
riuscì a rimanere del tutto seria, ci provava davvero ma non
riusciva, allora si coprì la bocca con la mano e
cercò di fare in
modo che non le tremassero le spalle.
“ Sarai
contenta, ades...” iniziò lui, sdegnato.
Ma
Sakura gli sorrise, non con scherno ma in quell'altro modo che era
solo per lui.
“ Sentili,”
sussurrò amorevole. “Sentili, perché
sei tu che li fai divertire
così tanto, e questa risata non è su di te, ma per
te. Li volevi felici, sentili.”
Sasuke
deglutì qualcosa che attutì la vergogna e
risvegliò qualcos'altro
di più morbido e più struggente. Proprio allora
la porta, di sopra,
si aprì e le risate dei bambini suonarono più
nitide e scroscianti,
spumeggiavano come cascate e si accavallavano rumorose, riempivano
tutta la casa tanto da impregnarne i muri, quella casa dieci volte
morta e poi resuscitata, ridevano persino
le finestre perché gli acuti di Chiyo facevano tremare i
vetri. Li
sentì continuare a biascicare e sghignazzare come pazzi, e
dei,
Itachi quanto rideva, sembrava sul punto di soffocarsi. Anche Sasuke,
ora anche lui non respirava più, e giù Chiyo a
ululare dal ridere,
con quella sua vocetta acuta e tintinnante.
Apparvero
così, senza fiato, congestionati, Itachi con la bocca
spalancata,
paonazzo, che si reggeva la pancia con una mano e con l'altra si
asciugava via le lacrime dagli occhi e non ce la faceva a smettere,
partiva un altro scroscio, gli suonava fin nel cervello, e ridi
così
tutta la vita, figlio mio, ogni giorno. Chiyo che
barcollava
contro la parete e per poco non cadeva per terra perché non
si
reggeva in piedi da quanto si scompisciava, bellissima, e tutt'e due
a contorcersi esilarati.
E
allora gli si sciolse via l'imbarazzo, che tanto con quei due non
serviva, e pensò che se quello era l'effetto, in
realtà l'avrebbe
raccontata lui stesso altre dieci volte, quella storia, dipingendosi
ancor più ridicolo di quanto fosse stato perché
in effetti cosa
importava, di sembrare un cretino, se Itachi si spanciava in quel
modo, e Chiyo dietro?
Si
girò cercando di dire qualcosa a sua moglie e la
guardò in
silenzio, anche lei piegata sul tavolo a ridere a crepapelle
picchiando debolmente la mano sul legno, sussultando tanto da far
tremare le gambe del mobile. Non disse niente e la guardò
soltanto,
lui che mai avrebbe potuto immaginare che sarebbe andata
così, che
aveva pensato a lungo che non ci fosse nessun futuro possibile e se
mai l'aveva immaginato era stato con orrore. E invece quella donna
lì, straordinaria, l'aveva preso e gli aveva spaccato via
tutti i
catenacci e grattato la ruggine, ed era stata capace, da sola, di
trasformare una casa che grondava sangue in una in cui ridevano
tutti. Persino le finestre.
Si
coprì la bocca con una mano, e non sapeva bene come ma stava
ridendo
anche lui, adesso.
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