2_Segni familiari
Capitolo 2: Segni familiari
Gilbert osservò Oz per qualche istante, accigliato e confuso dalla sua affermazione.
«Come sarebbe a dire “c’è qualcun altro qui”?» chiese.
Dal perplesso stava lentamente passando al preoccupato.
Il biondo, gli occhi corrugati in un’espressione attenta, gli
rispose rapidamente: «Ho sentito un rumore di passi».
Il Nightray fece per replicare, quando anche lui udì distintamente il suono di passi irregolari e lenti, incerti.
«Che cosa facciamo?» domandò, piegandosi appena sulle ginocchia, studiando i dintorni, guardingo.
Il Bezarius indietreggiò di mezzo passo, assumendo anche lui una posizione difensiva, squadrando la zona circostante.
«È meglio rientrare...» replicò.
L’altro annuì.
«Buona idea» convenne.
Si volsero e riattraversarono il giardino velocemente, i sensi e i
nervi all’erta, pronti a cogliere ogni minimo segno di movimento
attorno a loro.
La terrazza si stagliava nella luce dorata che proveniva dall’interno della sala da ballo come un’oasi di salvezza.
Oz e Gilbert, nell’avvicinarsi, notarono un’avvenente donna
fissare l’oscurità dietro di loro agitando un ventaglio
con fare altezzoso.
Si avviarono verso l’interno senza degnarla della benché minima attenzione.
Un agghiacciante grido di donna lacerò l’aria.
Elliot, seduto sul suo divanetto, teneva tra le mani la testa, che
minacciava di esplodergli da un momento all’altro. Non era
abituato a bere tanto vino normale e ciò lo aveva in un certo
senso ubriacato - nonostante fosse risaputo che i vampiri non potevano
ubriacarsi con bevande alcoliche umane, ma a tutte le regole
c’era un’eccezione.
L’urlo lo fece scattare in piedi all’istante, sobrio o meno che fosse.
Vide la gente scemare piena d’allarmismo verso la portafinestra
all’altro capo della sala e si affrettò in quella
direzione, zigzagando tra le persone abbastanza rapidamente.
Purtroppo non poteva andare più veloce di tanto, dato il mal di
testa, ma fu abbastanza spedito da varcare la portafinestra e
ritrovarsi tra la piccola folla che occupava tutta l’ampiezza
della terrazza.
Si fece largo a spintoni tra di essa finché non raggiunse un
piccolo spazio vuoto accanto a suo fratello Vincent, che teneva ancora
per mano Ada.
L’espressione che quest’ultima aveva in viso era
orripilata, mentre quella del biondo semplicemente seria.
D’istinto, anche Elliot si volse nella direzione verso cui la
coppietta stava guardando.
La scena che a quel punto si presentò davanti al minore dei
Nightray era orribile persino per gli standard della sua razza: Gilbert
e Oz, sul prato, erano chini ai due lati del cadavere di un uomo
orribilmente straziato. Dai brandelli dell’abito che indossava,
sembrava essere uno dei servitori della villa.
Di un braccio era stata asportata una buona parte, dal gomito in
giù; della gamba sinistra non era rimasto più niente.
All’attaccatura del collo, dal lato destro, c’era un
profondo squarcio dalle labbra irregolari, che penetrava quasi fino a
metà la profondità della giugulare.
Nell’aria c’era un tanfo di sangue incredibilmente intenso
che lo attirava in modo straordinariamente forte, essendo l’odore
del suo gruppo sanguigno preferito, lo 0.
L’annebbiamento dei suoi pensieri dovuto al vino si
dissipò completamente all’istante per lasciare il posto ad
un desiderio violento e profondo di bere quel sangue, di saziare la sua
sete improvvisamente riemersa con quel liquido rosso che macchiava le
mattonelle ed il cadavere.
Vincent, in piedi accanto a lui, notò il cambiamento del suo
sguardo da sorpreso in folle e, lasciata Ada, andò a sbarrare la
strada al minore, che gli ringhiò contro, cercando di superarlo.
«Non puoi andare, Elliot» lo ammonì, ma lui continuava a cercare una via per eludere la sua guardia.
«Non gli faccio niente! Voglio...» s’interruppe un
istante e i suoi occhi si accesero di desiderio animale, mentre si
leccava le labbra con fare vagamente ossessivo «... voglio solo
assaggiare il suo sangue!».
«No!».
Tutti i presenti che non avessero gli occhi inchiodati sul corpo assistevano con il fiato sospeso alla scena.
Elliot emise un basso, lugubre ringhio e scattò in avanti,
abbassandosi per evitare il braccio di suo fratello che cercava di
frenarlo.
Gilbert si alzò repentino non appena colse con la coda dell’occhio lo scatto bestiale dell’altro.
Si parò davanti ad Oz e al cadavere, mentre Elliot correva chino, lo sguardo saturo della brama di sangue.
Vincent si gettò sulle scale, protendendosi in avanti, placcando
il più piccolo e schiacciandolo sui gradini, stringendoselo al
petto e cercando di fermare i suoi convulsi tentativi di fuga.
Vince era temuto per la sua micidiale presa d’acciaio: era
difficile sottrarsi alle sue braccia, se lui decideva il contrario, ed
in quel momento stava fornendo un’ulteriore prova di ciò
agli astanti.
«Lasciami! Lasciami andare! Voglio quel sangue! Devo... devo
assaggiarlo!» sbraitò Elliot, tentando invano di
divincolarsi, ringhiando.
Gilbert mandò un sospiro di sollievo.
«Tienilo lì, Vince... ti prego» sussurrò, tornando ad esaminare il corpo.
«Ricevuto» asserì il biondo, sorridendo in modo
affabile, serrando ancor di più la presa sul minore, che prese a
gemere e agitarsi per il dolore.
«Che cosa sta succedendo qui fuori?».
La voce del duca Barma risuonò all’improvviso sopra il brusio, potente e dura nella notte.
Gli invitati si divisero in due gruppi per lasciarlo passare, assieme a Break, che gli procedeva accanto.
Passarono vicino a Vincent ed Elliot, ai quali il vampiro dai capelli
rossi riservò uno sguardo di puro e semplice ghiaccio, prima di
andare a fermarsi tra Oz e Gilbert, osservando dall’alto il corpo.
«Cosa è s...?».
S’interruppe da solo e si chinò per esaminare più
da vicino il cadavere, soffermandosi in particolare sulla ferita al
collo.
Oz notò una strana espressione di amaro stupore prender forma sul suo viso, ma ne ignorava completamente il motivo.
«Questo... è un morso...» commentò il duca con voce lenta.
Sembrava il tono tipico con cui si notava qualcosa di familiare.
«L’ha già visto da qualche altra parte, duca Barma?» chiese il Bezarius precipitosamente.
Nemmeno lui sapeva perché avesse formulato quella domanda: era
stata impulsiva, sfuggitagli dalle labbra a causa della strana
espressione apparsa sul volto del suo interlocutore.
Rufus scosse la testa, rialzandosi.
«Non è possibile che...».
S’interruppe di nuovo, ma stavolta la causa era chiara a tutti -
o almeno, ai vampiri. Nell’aria si era diffuso un orrendo miasma
che aveva cancellato completamente quello del sangue, facendo tornare
in sé Elliot.
«Che schifo! Ma che cos’è quest’odore?!»
sbottò, disgustato «E Vincent, che ci fai addosso a
me?!?!».
Il tono e l’espressione con cui proferì l’ultima
frase potevano sembrare quelli con cui si scoprivano cose non troppo
piacevoli a proposito di coppie e amori bizzarri.
Il biondo si rialzò, lasciandolo libero.
L’odore che appestava l’aria era ammorbante: sapeva di
sudore, di peli e... di animale, di belva indomata e assetata di
sangue.
Era disgustoso oltremodo.
La nausea attanagliava le viscere del minore dei Nightray, che quasi fu
tentato di rientrare in casa solo per non dare di stomaco in pubblico.
Gilbert si guardava intorno: non aveva mai percepito un odore
così repellente in vita sua, un fetore dal quale avrebbe voluto
sottrarsi in modo tanto forte. Era evidente che c’era qualcosa di
strano nelle vicinanze.
Oz era più o meno dello stesso parere.
Vincent si teneva in disparte con Ada e pure loro sembravano essere fortemente a disagio.
Solo Barma, in vero, era rimasto completamente impassibile: anche Break
aveva iniziato a manifestare apertamente segni di irrequietezza.
«Duca... che cosa succede?» domandò il maggiore dei Bezarius.
Una risata lugubre e divertita riecheggiò nella notte.
«“Duca” è un termine che ti fa sembrare vecchio, Rufus...».
A parlare era stata una sottile voce femminile venata di malevola ed
agghiacciante ilarità, tale da trasformare quelle parole in fini
schegge di vetro.
L’uomo non si scompose minimamente.
«Vieni fuori, non è carino non presentarsi ad una festa,
ti pare... Miranda?» ribatté glacialmente il vampiro.
«Sembra che i tuoi amici non stiano gradendo la mia presenza... sono forse vampiri, come te?»
«Chi sei?!» esclamò Elliot al niente - o alla notte,
difficile dire quale delle due fosse - irritato da quel pacato
battibeccare a lui incomprensibile, facendo un passo avanti.
«Io...? Io sono il vostro peggior incubo...».
Dalle tenebre emerse un profilo slanciato che prese forma sempre di
più, finché non fu chiaramente distinguibile la sagoma
di... una donna.
I capelli erano lunghi, del medesimo colore di quelli di Barma,
racchiusi da una complessa impalcatura di spilloni in un alto chignon
da cui poi la capigliatura era libera di scendere, sinuosa, fino alle
costole.
Gli occhi avevano lo stesso taglio a mandorla di quelli di Rufus ed il
colore era pressoché identico. Le labbra sottili erano colorate
da un leggero velo di rossetto che le faceva apparire più
piene e appetitose ed erano increspate in un sorriso beffardo.
Indosso portava un lungo mantello nero che nascondeva completamente il suo corpo alla vista.
Il duca mandò un sonoro sospiro, massaggiandosi le tempie.
«Perché l’hai ammazzato?» chiese semplicemente, cercando di portare pazienza.
Dall’atteggiamento sembrava stesse dialogando con un bambino
disobbediente e capriccioso, invece che con una quanto mai probabile
assassina.
«Non voleva farmi entrare...» disse lei, cambiando all’istante espressione, rendendola tenera ed imbronciata.
«È da tanto che non ci vediamo, Rufus...»
esclamò in tono mellifluo, avvicinandoglisi a passi lenti e
calcolati, quasi da predatore, lasciando che il mantello le si aprisse
in parte a rivelare una coscia ed un fianco completamente nudi.
Poco mancò che Elliot, arretrando a quella visione per lui oscena, cadesse a terra.
Rufus sbuffò, accingendosi a ricoprirla con un gesto spiccio,
quindi la fissò intensamente con cipiglio severo, per poi
chiedere: «Non sei venuta per una visita di piacere, non è
così?».
Lo sguardo della donna subì una modifica istantanea che la rese
improvvisamente una minaccia non solo agli occhi del duca, ma anche del
resto della “platea”.
«Per quanto mi scocci chiedertelo... ho bisogno del tuo aiuto, cugino».
Quasi ringhiò la risposta, tanto astio pareva avere nei confronti di quel che doveva fare.
«Andiamo a parlarne da un’altra parte. Qui c’è
troppa gente» esclamò Rufus in tono algido, voltandosi e
conducendola verso l’interno.
«Anche gli altri appartenenti alle casate devono venire»
disse, parlando a tutta la folla, ma rivolgendosi solo agli altri
vampiri.
Dopo ciò si ritirò all’interno dell’edificio.
Gli altri nobili si scambiarono occhiate dubbiose, tutti tranne Elliot,
che si apprestò ad obbedire, incuriosito da quella visita, anche
se decisamente nauseato dall’odore che - ormai era una certezza
per tutti loro - era la misteriosa sopravvenuta ad emanare.
Mentre la servitù invitava gli ospiti a rientrare, il gruppetto
di vampiri tornò all’interno e si diresse verso una porta
laterale, oltre la quale il minore dei Nightray era appena svanito.
Angolino autrice
Sono in super ritardissimo con il
capitolo >////< ma mi sono fatta assorbire da talmente tante cose
che ne ho perse di vista mezze çOç
Ringrazio infinitamente
SabbathUnderground e Gloglo_96 per le recensioni allo scorso capitolo e
coloro che hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^ (che spero di finire presto çOç)
F.D.
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