Cap.12.
Perchè lui?
La gamba gli faceva ancora
male, ma preferiva di gran lunga sopportare il dolore piuttosto di
dover rimettere piede in quel luogo a lui ostile.
Lì si sentiva
enormemente confuso, intrappolato, oppresso e terribilmente solo.
Oh, Dwight aveva assaporato
fin troppo la solitudine, certo, amava vivere in uno spazio tutto
suo, che solo lui poteva conoscere, sperimentare,vivere, ma aveva
sempre sognato qualcuno che lo potesse affiancare di tanto in tanto,
che potesse capirlo senza l'utilizzo di futili parole ma
semplicemente con uno sguardo, e che potesse sedersi vicino a lui per
stare insieme immersi nel nero oblio, e sorridere.
Dwight si passò come
al suo solito una mano tra i capelli, e rifletteva mentre le sue dita
scorrevano tra i ciuffi biondo scuro.
Continuò a camminare,
diretto a casa, ma ogni tanto zoppicava e doveva fermarsi per il
dolore.
“Tutto sommato”, pensò,
“quel qualcuno l'ho trovato”, il suo volto si fece
più
cupo a quei pensieri, “ma devo eliminarlo, devo
eliminarla.Con un
po' di strategia, la intrappolerò.”
Il suo sguardo si posò
su una ragnatela tesa tra due sottili rami di un vecchio albero che
faceva da angolo, completamente spoglio e segnato dalle cicatrici del
tempo.
Si incantò a guardare
le gocce di brina posatesi sui fili della ragnatela, che formavano
fragili ricami e motivi, e lo trovò affascinante.
Poi però si accorse
di una farfalla, che purtroppo era rimasta inpigliata e non riusciva
più a uscire da quella matassa così perfetta.
“Perfetta... è una
situazione perfetta...”
Si dimenava più che
poteva, sbatteva flebilmente le ali in modo da cercare di salvarsi,
ma non c'era più modo di farlo, di uscirne, ormai c'era
dentro
fino al collo, era in trappola.
“Una trappola... la
intrappolerò... e... e...”
Si avvicino un grosso ragno
nero, gli occhi di Dwight brillarono.
Il ragno allungò una
delle sue otto zampe.
“E così...”
afferrò la farfalla in un sol colpo “la
farò...” la
trascinò a se...
“Sparire” e la
inghiottì.
Proseguì il suo
cammino solitario.
“E' una cosa orribile
questo è certo, sembra quasi che io provi... dah
è
assurdo provare pietà per un...un... mostro!”
Continuò a camminare
per quella grigia via.
Pennellate di nebbia
tingevano il cielo londinese carico di pioggia e un vento lieve
faceva volteggiare delle foglie ormai secche che producevano sui
marciapiedi un tranquillo “grattare”; guardando
quella nebbia era
come se la città fosse avvolta da un'aura di fumo che le
permetteva di nascondere e proteggere i suoi segreti, i suoi
abitanti, la sua macabra e straordinaria bellezza.
Svoltò l'angolo e ben
presto si ritrovò sulla scena del crimine.
Le sue scarpe incontrarono
lo scuro e freddo sangue del ciottolato.
Quando alzò gli occhi
scoprì che erano presenti solo alcuni membri del corpo di
polizia, cosa che capitava di rado.
Uno di questi si avvicinò
a Dwight che potè leggere nei suoi occhi un'espressione
lievemente sconvolta.
“Ispettore Dwight,abbiamo
scoperto il corpo poco fa... ho avvertito io stesso
Barrett...”
“A prima vista sembra un
vicolo abbandonato questo” riflettè ad alta voce
l'ispettore
“non mi sorprende che nessuno abbia avvertito la
polizia...”.
“Barrett sarà qui a
momenti” continuò il poliziotto.
“Molto bene.”
A dire il vero Dwight non
aveva mai riposto fiducia su Barrett, e la sola sua presenza sulla
scena del crimine gli sembrava una semplice inutilità,
poichè,
a parer suo, non faceva altro che blaterare cercando di nascondere
la sua angoscia man mano che le vittime aumentavano, cercando di
distogliere la mente dall'idea che tra quelle ci potesse capitare
anche lui.
Avanzò verso il
cadavere pensando che anche in questo caso, anche se fosse rimasto
lì
per ore e ore, non avrebbe trovato nulla di interessante,
perchè
era fermamente convinto che le vere indagini si svolgessero la notte.
Guardò il volto della
vittima e ne riconobbe subito l'identità.
Ebbe un tuffo al cuore e
spalancò gli occhi per la sorpresa.
Era il signor Drayton,
ovvero il dottore a cui era stato dato l'ordine di mettergli le
manette in quella stanza d'ospedale, e che aveva risposto alle sue
suppliche di libertà con una totale indifferenza mandandolo
in
bestia.
Dwight non riuscì a
pronunciare parola, ma restò a guardare gli occhi di
quell'uomo come se si fosse incantato.
Nella sua mente risuonava
un'unica domanda: “Perchè?”
Ricordava l'incontro con
l'ammazza-notte, quando lei aveva quasi tentato di salvarlo.
Probabilmente aveva notato
Drayton dentro l'ospedale e lo aveva assalito al momento della sua
uscita.
Ma perchè? Perchè
proprio lui?
Era forse un caso? Aveva
scelto come sua vittima il dottore solo per puro caso?
Eppure non riusciva a
dimenticare il tentativo dell'assassina di liberarlo, non lo aveva
fatto, certo, ma ci aveva provato.
Ed era riuscito a leggere in
quel suo spaventoso volto un'espressione che mai avrebe potuto
dimenticare, qualcosa che non riusciva a spiegare nemmeno a
sè
stesso.
E ora il cadavere di chi
aveva aiutato Barrett a imprigionarlo era lì, disteso ed
esangue.
Era tutta una coincidenza?
“Dio mio!”
Dwight sentì una voce
alle sue spalle.
Si voltò e vide il
volto di Barrett, che lo guardò improvvisamente con occhi
confusi e, Dwight si sentì strano al sol pensarci,
tremendamente sospettosi.
L'ispettore corrugò
la fronte e posò il suo sguardo nuovamente sul corpo
cominciando il suo lavoro.
Nell'inginocchiarsi ebbe
qualche fitta alla gamba, ma cercò di nascondere il dolore.
“George Drayton,
professione: medico all'ospedale in Silence Street. Sappiamo
l'età?”
chiese rivolto ad un poliziotto lì vicino.
“Non ancora sir Dwight,
avremo i suoi dati fra poco.” rispose quest'ultimo, unendosi
al
resto della polizia per analizzare la zona del delitto.
“Fantastico.” proseguì
Dwight “E mi occorrerà sapere anche...”
Si bloccò, la sua
espressione si fece più cupa.
Aveva scostato il volto del
dottore per scoprire se aveva ricevuto colpi mortali alla testa, e
invece gli fu rivelato un dettaglio molto più agghiacciante.
Nessuno se ne era accorto,
salvo lui.
Sul ciottolato era presente
una scritta, un messaggio scritto con il sangue che avrebbe fatto
raggelare il sangue nelle vene a chiunque.
Diceva: “Alle undici.”
Gli occhi gli brillarono
improvvisamente ma ritornando subito in sè
cancellò il
messaggio di tutta fretta con il fazzoletto che usava tenere nella
tasca della sua giacca, lasciando così una confusa macchia
rossa.
“Ci sarò” pensò
fra sè e sè.
“State bene?” chiese il
poliziotto di prima.
Alzò lo sguardo.
“C-certo, stavo solo
riflettendo” spiegò Dwight “e ora,
proseguiamo con il
lavoro se non vi spiace. Dobbiamo cercare di saperne di più
su
tutta questa storia.”
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