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Parte Settima
Sembra uno
zombie mentre si trascina da un lato all’altro della città, senza un perché. Ha
lo sguardo spento, perso nel buio della notte, e il volto pallido.
La pioggia gli
batte sulle spalle ma lui sembra non sentirla. Continua a camminare lungo la
strada come per inerzia.
Una mano gli si
poggia sulla spalla. Con uno scatto improvviso di volta: una figura
completamente vestita di bianco e con un cappuccio a coprirgli il volto
sussurra: “Seguimi!”
Annuisce senza
replicare e i due si dirigono in un vicolo isolato.
Un sospiro.
“È una domanda
superflua, però, te la faccio ugualmente: come ti senti?”
Christopher
sospira e si siede pesantemente a terra.
“Inutile! Mi
sento completamente ed inevitabilmente inutile!”Scuote la testa e nasconde il
viso fra le mani.
“Già, e questo
è solo l’inizio, purtroppo!”
“Cosa volete
dire?” Il giovane alza la tasta e i suoi occhi scintillano di sdegno.
“Dico solo che
questa non è la prima e non sarà l’ultima persona che soccomberà... se non fossi
andato via, ti avrei spiegato tutto... ecco, tu ora vedi come siamo diventati,
almeno fisicamente, ma, ancora non ci conosci dal punto di vista psicologico!”
Il ragazzo
fissa Anthres con aria confusa e frustrata. “No… mi dispiace, non sono nelle
condizioni di capire. Sono confuso e le vostre parole non fanno che peggiorare
la situazione... perché non sono riuscito a salvarlo? Perché mi sono trovato lì?
Quell’uomo non è inciampato, non ha perso l’equilibrio! Non è stato un
incidente! Ho visto cos’è successo, è… è… oh, accidenti!” Christopher stringe la
testa fra le mani e chiude gli occhi sospirando.
“È proprio
questo che sto tentando di spiegarti!”
La figura si
mette a sedere e poggia la schiena al muro, prendendo a guardare il cielo scuro.
“Quella è la
nostra parte peggiore!”
“Ecco,
fantastico. Ve ne uscite con queste frasi enigmatiche e il povero scemo che
sarei io, ci capisce meno di niente!”
Un timido
sorriso compare sul volto del ragazzo... per la prima volta dall’inizio di
quella storia da incubo e, strano a dirlo, ma nonostante tutto il quel momento
si sente anche un po’ meglio, come sollevato: sa di non essere del tutto solo.
“Avanti, adesso
spiegatemi cos’è questa parte peggiore!” Sospira con aria rassegnata e guarda
Anthres.
“Io...”
Un blocco
improvviso
Gli occhi
sbarrati
“No! Ora no!
Christopher, mi dispiace!”
Il ragazzo
guarda la figura con aria interrogativa.
“Che vi
prende?”
Nessuna
risposta, ma ha un bruttissimo presentimento quando comincia a pulsargli la
testa ed è costretto a stringerla convulsamente tra le mani; la visibilità si
riduce a zero, poi, la luce….
“Ma bene,
giochiamo pesante, ora!” Sibila Christopher sorridendo sarcasticamente: è in un
ascensore in movimento e all’interno non vi è nessuno.
Il giovane
rimane in attesa; il mezzo si ferma e la porta si apre: entra una giovane donna
che preme il pulsante del secondo piano. Il ragazzo guarda la figura che gli dà
le spalle ed inarca leggermente le sopracciglia. Viene invaso da una strana
sensazione, un brivido di freddo percorre il suo corpo, e, quasi come per magia,
qualcuno vestito di bianco compare in ascensore.
Christopher
rimane un po’ sorpreso e sta per dire qualcosa quando la donna si volta di
scatto, scorgendo l’essere e con un sussulto si appiattisce con la schiena
contro la parete dell’ascensore, che si blocca fra un piano e l’altro.
“Chi sei? Come
sei entrato... no... non ti avvicinare!”
Incurante delle
sue parole, la figura si avvicina alla donna e, con una mano sola, le afferra il
collo. La giovane cerca di divincolarsi. Stringe le mani sul braccio coperto di
bianco ma non riesce ad ottenere nulla.
Christopher,
che fino a quel momento è rimasto immobile, digrigna i denti gridando
“Lasciatela in pace!” avventandosi su Anthres e colpendo violentemente la
testa.
L’essere
allenta le presa e la donna scivola a terra.
“Vorresti
mettermi i bastoni fra le ruote? Beh, hai decisamente sbagliato i tuoi calcoli!”
Degli occhi
pieni d’odio fissano il giovane che ha rimane a fissarli quasi con stupore.
“Ora ho capito
cosa intendevano con la parte peggiore... voi mi avete ridotto così1” Si avventa
di nuovo sulla figura ma quest’ultima, senza fare una piega, con un manrovescio
lo fa finire a terra, stordito; Christopher riesce solo a udire poche parole
prima di chiudere gli occhi.
“E adesso
concludiamo il lavoro…”
Scuote la testa
e sbatte le palpebre mentre si alza lentamente guardandosi intorno; con lui c’è
solo la giovane donna, seduta a terra, immobile, il busto poggiato alla porta
chiusa dell’ascensore.
Massaggiando la
nuca si avvicina e fissa il viso pallido della ragazza: gli occhi chiusi, la
testa reclinata su una spalle con i capelli tagliati corti che le coprono la
fronte. Si accoccola accanto al corpo, mentre i battiti accelerano e avverte un
vuoto alla bocca dello stomaco. Avvicina lentamente una mano al volto e le
sposta una ciocca di capelli.
Un brivido.
Afferra di
colpo le spalle e tira il corpo verso di sé, quasi a volerlo stringere. Lo sente
freddo e rigido... prova a trovare qualche segno di vita ma il cuore è ormai
fermo. Respira profondamente e guarda nel vuoto, invaso di nuovo da una
sgradevole sensazione di inutilità.
L’ascensore si
muove lentamente e arriva al secondo piano.
Christopher si
scuote solo quando si accorge che la porta si è ormai aperta e istintivamente
alza gli occhi.
“Oh mio Dio!”
Le parole fanno
trasalire il ragazzo che allontana il corpo da sé, indietreggiando. Un uomo di
mezza età entra nello stretto spazio e controlla le condizioni della donna.
“Non... non
sono stato io...” sussurra il giovane con aria spaventata. “Era già morta quando
mi sono avvicinato!” scuote il capo cercando di discolparsi.
L’uomo compone
un numero sul cellulare.
“Non sono
riuscito a fermarlo... mi dispiace!” continua il ragazzo stringendo i pugni e
rimanendo immobile con il cuore che gli martella nel petto.
Pochi minuti e
il suono delle sirene si fa sentire, in lontananza.
Christopher
continua a fissare davanti a sé fin quando non si convince che nessuno accuserà
mai lui, che nessuno cercherà mai lui, mai più…
Un sospiro e
poi solo rassegnazione.
“A quanto pare
è questa la vita a cui sono stato condannato!” penso il giovane fra sé,
rannicchiando le ginocchia verso il petto e nascondendo il viso fra le braccia.
Quando si
decide ad allontanarsi da lì non vi è più nessuno. Sta camminando con passo
sostenuto, ma senza una meta quando una voce domanda “Ancora schoccato?”
Sbuffa e senza
alzare lo sguardo borbotta:“Sì, non ci si può abituare a certe cose... o, beh,
forse si, però... io non mi ci voglio abituare!”
“Cosa vuoi
dire? Neanche io sono riuscito a fermare me stesso... non pensare, però, che non
ci abbia provato. A muoverli è l’odio... la cattiveria allo stato puro. L’unico
sentimento che riescono a provare è la rabbia... la rabbia e la sete di
vendetta!”
“Vendetta? Ma
vendetta verso chi? Verso quegli idoli che hanno creato un essere solo da due
distinti e separati, o vendetta verso il mondo intero, che non li accetta?” Urla
Christopher sferrando un pugno al muro più vicino.
“Cosa?”
Domandano
Anthres, fissando il giovane come se stesse delirando.
“Io... io non
so niente di... di questi dei a cui credete... ho solo 17 anni e non so nulla
della vostra cultura, forse certe cose non le posso capire, però... però una
cosa credo di saperla! Non ci si vendica uccidendo la gente senza motivo, per
sola rabbia! Ci deve essere qualcosa sotto, anche una sciocchezza, ma ci deve
essere oppure siete completamente pazzi, tutti quanti pazzi!”
Il ragazzo si
siede a terra e resta in silenzio.
“Sai, forse...
forse hai ragione. Sono ormai tantissimi anni che ho gettato la spugna, mi sono
rifiutato di continuare a cercare un perché... oh, sì, lo so perché sono...
siamo ridotti così, ed è un motivo più che valido, però... ancora non sono
riuscito a spiegare il perché di questa doppia faccia della medaglia! Perché
esisto se in realtà Nartan e Shiren erano capaci di fare solo cattiverie? Cosa
ci faccio io qui? Forse è proprio questo il problema! È questo che mi sfugge...”
Lo sguardo dell’essere si incupisce, le labbra tirate in un sorriso che di
allegro ha ben poco.
Un sospiro
“Hm... non lo
so, non lo so! L’unica cosa che mi è chiara è che sono condannato ad una vita di
eterna solitudine!” Bisbiglia il ragazzo con aria tetra.
“Beh, non
direi... ora sono anch’io del gruppo…” Una smorfia poco convinta “…beh, almeno
possiamo fare due chiacchiere!”
“E continuare a
confonderci le idee!” esclama di rimando Christopher alzando le spalle, con aria
poco convinta. Il giovane alza gli occhi, guardando il cielo amaranto finché non
lo coglie un pensiero improvviso.
“Ma, secondo
te, sono morto o no?” Guarda Anthres con aria interrogativa.
“No, non direi
proprio!”esclamano con un sorriso.
“Già, la cosa è
abbastanza ovvia... o forse no…”
“Diciamo che
sei in bilico... non sei vivo, la gente non si accorge delle tua presenza, però
non sei neanche morto perché... beh, oggettivamente esisti!”
“Ma questo solo
per voi... per il resto del mondo...” Christopher prende a fissare il vuoto,
rimanendo la frase a metà prima di sospirare mestamente e sibilare “Non gli darò
questa soddisfazione! Fosse l’ultima cosa che faccio!”
Una frase che
si sembra perdersi nel nulla.
“Mi dispiace,
non riesco a star dietro ai tuoi pensieri... ma non importa!”
“A volte sono
un mistero anche per me stesso!” Un sorriso... pieno di fiducia... delle voci in
lontananza si accavallano... sempre di più...
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