-The End-
Con fredda precisione tolse dalle labbra della ragazza la
sigaretta che aveva in bocca, la prima – peraltro appena iniziata –
del terzo pacco di sigarette della serata.
“Se ti vedesse uno dei professori
passeresti molti guai.” Le disse, sedendosi in riva al lago insieme a lei.
“E a te, in ogni caso, non te ne dovrebbe fregare un cazzo.” Replicò
quella, prendendo un’altra sigaretta e accendendola con una piccola
formula pronunciata a fior di labbra.
Il ragazzo alzò un sopracciglio, e senza aggiungere
niente prese anche la seconda sigaretta e la buttò via, insieme al
pacchetto che la giovane aveva in mano.
Per tutta risposta, la ragazza gli
mollò un sonoro pugno, che gli girò la faccia dall’altra
parte e gli spaccò il labbro. “La prossima volta, fatti i cazzi tuoi Potter.”
Il ragazzo, lentamente, si voltò verso di lei.
I loro sguardi si incontrarono, e
questa volta tutto l’astio che aveva in corpo la giovane compagna
svanì.
Si sorrisero. Poi lei alzò un braccio, poggiando
l’indice della mano sulla ferita, il cui sangue iniziava a rigare il bel
volto dell’amico; e, mentre le sue labbra si muovevano pronunciando
parole indecifrabili, un fascio di luce avvolse la piccola linea rossa,
facendola scomparire.
Quando lei si ritrasse ritornando a
guardare il lago oscuro di Hogwarts, Sebastian si mise a fissarla. Lo faceva spesso,
istintivamente, ed ogni volta non riusciva a fare a meno di stupirsi nel
pensare alla sua strana amica. Era bella, sì, ma non una bellezza
esotica, come poteva essere quella di sua sorella Aurora. Era una tipica
ragazza anglosassone, dalla carnagione rosea puntellata qua e là di efelidi, gli occhi grandi e azzurri, i lunghi e ricci
capelli di un caldo biondo. Non era il suo aspetto esteriore ad affascinare, ma
il suo carattere, il suo essere interiore, così
forte da essere ben visibile anche al di fuori.
E quel fascino aumentava ogni qual
volta il suo intimo turbamento era più forte. Come ora.
Perché era di cattivo umore?
Non si era presentata alla festa di fine anno della scorsa settimana, né
a quella della stessa sera per festeggiare i M.A.G.O.. E questo non era da lei.
Certo, Anastasia non era una
festaiola. Anzi, odiava le feste proprio come il nonno. Solitamente ci andava
per non fare preoccupare i due fratelli e la sorella, e passava il tempo con
qualche baldo giovanotto, che poi mollava senza
neanche salutare. Però, quella sera non aveva optato
neanche per quella soluzione.
“Cosa
c’è?” Le chiese dunque.
Lei rimase un attimo immobile, ancora nella sua posizione
pensante. Poi abbassò lo sguardo e arricciò le labbra. “Non
mi piace.” Rispose.
“Che cosa?” Chiese lui,
corrugando le sopracciglia.
Lei sbuffò, e si alzò in piedi con fare
scocciato. “Vattene a fanculo Potter, non ho
voglia di averti in mezzo ai coglioni ora.”
Disse col suo tono sgarbato, dirigendosi verso la Foresta Oscura.
Seb non aspettò un istante,
e scattò in piedi camminando dietro di lei. “Oh no, te lo scordi!
Adesso mi spieghi che caspita hai, per Merlino! Non ti lascerò rintanare
nella tua cara Forestina finché non mi spieghi che cazzo
hai!” Gridò, allungando un braccio e
bloccandola.
Lei si voltò verso di lui,
arrabbiata come un’arpia assassina.
“TU TE NE VAI!”Gli urlò in faccia, in tono
d’accusa.
Lui inizialmente non capì. Da dove se ne stava
andando?! Poi però, dopo qualche attimo, un
pensiero gli balenò nella mente, e non poté fare a meno di
scoppiare a ridere, facendo infuriare ancor di più la ragazza che
continuò a fissarlo con sguardo omicida e braccia conserte mentre lui si
stravaccava a terra dalle risate.
“Hai finito, pezzo d’idiota?!
Mio padre ha perfettamente ragione su di voi Potter,
quando dice che siete un branco di stupidi scimmioni
buoni solo a rompere le palle al mondo intero.” Commentò acida la
gentil fanciulla.
Sebastian continuò a ridere
sguaiatamente, e quando l’ilarità iniziò a scemare, si mise
a sedere sul manto erboso, scosso ancora ogni tanto da qualche ridarella.
“Sei unica Sissi! Sei davvero unica! Come fai ad
essere arrabbiata perché io me ne vado, se ogni volta che stiamo assieme
mi riempi di parolacce e tenti di strapparmi qualche arto?!”
Le chiese, guardandola con i suoi occhi nocciola ancora lucidi per il troppo
ridere.
Lei mise ancor più il broncio. “Faccio
così con tutti, dunque non dovresti sentirti diverso dagli altri per
questo.”
“E allora, perché sei arrabbiata per il fatto
che io me ne vada da Hogwarts, se sono uguale agli
altri?!”
“Il punto non è come ti tratto io, ma come mi tratti tu. Tu mi sopporti.” Disse, mentre il suo viso
si addolciva un poco. Anche Seb
si calmò, e il sorriso ironico che aveva in faccia si addolcì. Si
alzò in piedi, e arrivata davanti a lei, la
abbracciò.
Ma lei subito lo spinse via,
guardandolo poi con sguardo ferito.
“Non fare così.”
James Sebastian
scosse la testa, mentre il suo volto si rattristava. Era sempre la solita
storia. Lei non voleva neanche essere sfiorata da lui… non perlomeno in
modo affettuoso. E dire che si faceva mettere le mani
addosso da tizi che neanche conosceva.
Oh, certo, lo sapeva perché faceva così,
glielo aveva detto lei stessa, una notte di tre anni prima, quando lui aveva
osato baciarla, troppo innamorato di lei per riuscire ancora a trattenersi: le persone che mi hanno amata
mi hanno poi fatto del male, gli aveva detto, tu non amarmi. Ti voglio troppo bene per costringermi ad odiarti.
Discorso complicato, certo, ma purtroppo James
lo capiva benissimo.
Si ricordava ancora, sebbene avesse appena due anni, quando
colei che veniva chiamata Lakisha
of Na’Weh venne rapita dalla sua casa: il caos che susseguì
quell’evento fu indimenticabile. I suoi genitori tentarono più e
più volte, per tantissimo tempo, di riuscire ad entrare nel luogo ove
vivevano i Vecchi Immortali, chiedendo aiuto alle personalità più
potenti nel campo della magia, ma non vi riuscirono.
Dopo tre anni, sebbene a malincuore, rinunciarono a
riportare a casa la loro primogenita, anche perché erano sorti nuovi
problemi, ben più vicini: Ginevra Malfoy aveva dato alla luce due
gemelli, un maschio e una femmina, Enrique Domitian e Melissa.
La bambina era nata con una microcardia
congenita, grave malattia di cui aveva sofferto (e per cui
era morta) anche la nonna paterna, Narcissa Malfoy. Inutile dire la preoccupazione dei genitori, ed inutile descrivere
specialmente il dolore del padre Draco, a tale scoperta. Né la medicina magica, né tanto meno quella
babbana consentiva una cura. Certo, interventi chirurgici per diminuire la
gravità del problema ce n’erano molti, ma nessuno di essi portava ad un annullamento completo.
Così, impegnati da altri terribili eventi, misero in
secondo piano Lakisha: in fondo lei stava bene, i
Vecchi Immortali la idolatravano e non le avrebbero mai
torto un capello.
Due anni dopo, a notte fonda, nella camera da letto dei
gemelli a Fairy’s Manor (nome appartenente da
secoli a quella residenza Malfoy), quella stessa stanza in cui un tempo avevano dormito assieme Lakisha e Lion Lucius, comparve una
bambina.
Aveva lunghissimi capelli biondo ramati,
raccolti in minuscole trecce, ed era vestita con una lunga tunica rossa.
Ginevra, che si era alzata per controllare la piccola
Melissa, si spaventò a morte e ci mancò poco che non si mettesse
a gridare.
Quando però, in quella bimba
comparsa dal nulla, riconobbe la figlia, l’abbracciò di slancio,
smaterializzandosi poi in camera da letto affinché anche Draco, che
ormai da lungi aveva perso la salutare abitudine di dormire di notte, la
potesse vedere.
Quando le chiesero, fra abbracci, pianti e grida di felicità,
come fosse riuscita a scappare, lei rispose: “Li ho uccisi tutti, perché voi non mi venivate a
prendere, e loro non mi lasciavano andare.”
Il punto era questo: sia i suoi
genitori sia i Vecchi Immortali dicevano di amarla, e della veridicità
di queste parole lei non aveva mai dubitato. Ma il
loro amore aveva provocato in lei solo tanto dolore: i familiari
l’avevano abbandonata, annullando le ricerche e accettando
filosoficamente la sua mancanza; i suoi adoratori l’avevano rapita,
negandole la possibilità di stare con le persone a cui lei era tanto
affezionata. Ed il loro amore, in conclusione, l’aveva spinta
a compiere l’efferato gesto di uccidere per poter tornare dalle persone
fra cui era nata.
Da quel momento non aveva più accettato amore da
nessuno, e aveva tentato in tutti i modi di non amare, spingendosi ad odiare
chiunque riuscisse a fare breccia nel suo cuore.
Questo era il motivo del suo brutto carattere, che Draco le
rimproverava spesso. E questo era il motivo della
dolorosa tristezza che si leggeva nei suoi occhi, della forzata superbia che
trapelava dai suoi modi, della ricercata superiorità che emanava la sua
magia.
E, per questo motivo, Sebastian non era mai riuscito ad odiarla. Oh, non che
provasse pietà per lei, no: semplicemente, era sempre stato attratto
dalla sua vicina di casa, aveva sempre avuto la voglia di conoscerla davvero,
di andare oltre quella sua antipatica apparenza.
E la sua curiosità
l’aveva portato ad innamorarsi di lei. Completamente,
totalmente. Anche se era stato respinto.
“Non riesci a scordarti di essere
Lakisha, e comportarti semplicemente come
Anastasia?” Le chiese dunque.
Anastasia, ‘colei che
è rinata’, era il nome con cui i
genitori l’avevano ribattezzata al suo ritorno. Anastasia Malfoy.
“Anastasia non è mai esistita, Seb.” Rispose lei, abbassando lo sguardo.
“Lakisha non è mai
esistita!” Ribattè lui.
Lei alzò gli occhi, guardandolo con un ghigno sadico
in volto, che procurò un brivido silenzioso all’amico. “Oh, Lakisha è esistita, invece! Ha perfino
ucciso…”
“E Anastasia è esistita lo stesso, insieme a me…”
Rimasero entrambi in silenzio, fissandosi.
“Entrambe sono morte, Seb.
Ora io non sono più niente.”
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo: non ne poteva
più di quei discorsi morbosi e melodrammatici. Non ne poteva più
di vederla così comodamente adagiata su un letto di chiodi, incurante
delle proprie ferite e di quelle che provocava a coloro che
osavano avvicinarlesi. Non ne poteva
più di quel nichilismo totale che aleggiava intorno alla sua persona.
“Mi sono letteralmente scassato le palle con te.” Le disse, guardandola risoluto.
A quelle parole, lei corrugò la fronte. “Bene,
se non hai voglia di stare qui con me nessuno ti
obbliga. Va a farti sfottere da uno dei tuoi amichetti, Potter.” Bofonchiò cattiva, riprendendo a camminare
verso la foresta.
Per l’ennesima volta, il ragazzo alzò gli occhi
al cielo e le corse dietro, dandole uno strattone così forte da farle
perdere l’equilibrio e cadere per terra a gambe all’aria.
“MA TI SEI TOTALMENTE RINCOGLIONITO, CAZZO?!” Gridò quella, guardandolo malissimo.
“Vieni con me con la nazionale di Quidditch!”
Disse lui, senza neanche ascoltare gli insulti della ragazza.
“Io non vengo da nessuna parte con te, pazzo maniaco
idiota.” Rispose lei, rialzandosi e rasettandosi il vestiario.
“E chi te l’ha chiesto?!
Io ho semplicemente detto che tu vieni con me!”
Anastasia, ancora impegnata a rimettersi in ordine e a
tentare di tenere a freno i suoi nervi impazziti, alzò lo sguardo
terrorizzato fissandolo sull’amico. “Oh no… no….”
Neanche a dirlo, tre secondi dopo si ritrovò deposta
come un sacco di patate sulla spalla di Sebastian,
che tutto felice per la sua idea geniale si avviava verso il castello, mentre
l’amica continuava invano ad ordinargli di metterla giù.
“Vedrai che ti divertirai!”
“Manco morta! Lasciami!”
“I ragazzi sono simpatici! Tipi di poche parole,
s’intende, però simpatici! E poi dobbiamo
girare il mondo!”
“Non me ne fotte un cazzo,
io rimango a casa mia!”
“Sarà una cosa allegra! E
poi a te piace il Quidditch!”
“Non è vero, mi fa schifo!”
“E sei anche bravina… beh, in fondo ti ho insegnato io a giocare.
E papà mi racconta sempre che sia tua madre sia tuo padre giocavano, ed erano abbastanza bravi.! Magari sarà il
momento in cui riuscirai a trovare un hobby allegro, Sissi!
Penso che ormai, dopo dieci anni, prendere a parolacce le persone ti sia diventato abbastanza noioso!”
“FOTTITI STRONZO
BASTARDO! Mettimi giù!” E, così dicendo, gli mollò un pugno sulla nuca così forte che
costrinse l’amico a lasciare la presa, facendoli finire entrambi per
terra, l’uno sopra l’altra.
Sebastian subito ne approfittò, e si piazzò sopra di lei
impedendole di muoversi.
“Ti do tempo fino al Ballo delle Fate. Poi, volente o
nolente, ti porto con me!
“E allora per cosa mi dai tempo, testa d’asino?!”
Lui sorrise. “E’ l’offesa più
gentile che tu mi abbia fatto! Quasi
mi commuovo!”
“Testa di min…”
Cercò di correggersi subito lei, ma il moretto le mise una mano in
bocca, facendola zittire.
“Va bene, va bene. Zitta. Il
Ballo delle Fate è fra una settimana, Anastasia, e per allora io voglio
che tu sia pronta per partire con me. Staremo via tutta l’estate, e
capirai che la vita non è così nera come tu
la immagini.
Non oserei portarti via contro il tuo
volere, ovviamente… scherzavo prima. Tu hai qualche capacità magica in più di me e, soprattutto,
hai tuo padre e tuo nonno dalla tua- sorrise birbantello- dunque, questa settimana ti servirà per
decidere.
Non deludermi, Sissi.”
E, così dicendo, si
rialzò in piedi, aiutandola a risollevarsi da terra.
Dopo un ultimo sguardo e un ultimo
sorriso, si voltò ed entrò nel castello, dirigendosi verso la
festa in Sala Grande proprio nel momento in cui il gruppetto dei suoi amici
usciva.
“Dov’eri finito, Seb?! Ti stavamo cercando!” Disse
allegramente uno di loro.
“Ero fuori, a prendere un po’
d’aria.”Mentì lui.
“Allora torna dentro! Non vorrai perderti la nostra
festa, vero?! Daniel ha portato perfino qualche pezzo
dei Malfeth
dei gemelli Weasley da somministrare alla McGranitt!” Disse un altro,
ridendo a crepapelle, mentre ritornavano tutti in Sala.
“Stai scherzando?! Dammelo subito, voglio metterlo in opera io! E’ dal
primo anno che desidero farlo!” Esclamò subito il primogenito
della Famiglia Potter, mentre il grande
portone di legno si chiudeva alle sue spalle e escludeva di nuovo, totalmente,
la giovane fanciulla che stava in piedi lì davanti.
Anastasia sorrise, poi si sedette su un muricciolo. Sebastian aveva sempre avuto un carattere molto giocoso, ma
riusciva ad essere insieme intelligente e responsabile. Non per niente Silente
aveva dato a lui il compito di pronunciare il discorso durante la consegna dei
diplomi.
Prese una sigaretta da un pacchetto nascosto nel suo
mantello e che Sebastian non aveva trovato, e si mise
a fumarla. Cosa avrebbe fatto?
Quando la vide materializzarsi nel
camino del suo studio, Lucius non si stupì. Alzò un attimo lo sguardo su di lei, poi lo fece
calare nuovamente sulla Gazzetta del Profeta.
“Felice di rivederti, Lakisha.”
Disse l’uomo, che nonostante il passare degli anni non
era affatto cambiato. Certo, i suoi capelli
erano passati dal platino al bianco candido, ma il suo volto tradiva la sua
età, sempre perfetto e bello come quello di una statua greca.
Tra l’altro, fra tutti era ancora l’unico a
chiamarla con quel nome, motivo in più per cui
il padre non poteva soffrirlo. Draco e Lucius non
s’incontravano spesso, se non durante le occasioni principali, come le
feste per Natale e Pasqua, o il suo compleanno. Perfino nei balli di
beneficenza che si davano a Malfoy Manor- in quanto sede del Ministro degli
Interni – facevano di tutto affinché, oltre il momento dei saluti,
i loro sguardi non s’incrociassero.
“Ciao
nonno.” Disse lei, facendo un passo avanti e buttando a terra la valigia
con molta noncuranza, tanto che l’uomo distolse ancora una volta
l’attenzione dal suo impegno e si voltò a fissare, con un
sopracciglio alzato, prima la borsa per terra poi la nipote, che lo guardava
con viso annoiato. “Posso rimanere qua, vero? Non ho voglia di andare a
casa.”
“Saluta tua nonna, Lakisha.”
Fu la risposta dell’uomo.
La ragazza si rabbuiò in viso, e trattenne a stento
uno sbuffò. Odiava quella donna, prima di tutto perché il padre
la amava tanto. Cioè, non è che Draco se
ne andasse in giro gridando frasi del tipo ‘Io amo mia madre!’ o
‘Mia madre è la mia Dea!’, anzi, a dire il vero non ne
faceva mai accenno. Ma quando si parlava di lei, s’illuminava… e
poi si era fatto costruire perfino un ‘Pensatoio’,
al cui centro stava una mezza colonna con sopra un vaso ripieno delle ceneri
della madre, mentre le pareti della stanza erano coperte da un gigantesco
affresco che permetteva al dipinto della donna di muoversi liberamente e di
parlare con lui.
Ed era sicura che proprio per
questa sua somiglianza con la deceduta ava che il padre voleva tantissimo bene
alla sorella minore, Melissa.
Lakisha voltò il capo a
sinistra, e rimase un attimo in silenzio a guardare gli occhi della donna, che
invece le sorrideva divertiti. A dir poco
irritante…
“Ciao nonna. Adesso
posso rimanere?”
Aggiunse immediatamente, voltandosi di nuovo verso il nonno.
“Tua madre lo sa che sei qua?”
“No.” Rispose lei con noncuranza.
“Come al solito.”
“Esatto. Posso andare ora?”
“Vai. Il pranzo è
alle dodici precise, vedi di essere puntuale.”
Disse l’uomo, guardando la nipote mentre usciva
dalla stanza con la sua camminata ondeggiante, affiancata dalla valigia che le
volava accanto. La porta si chiuse, e il vecchio Malfoy rimase di nuovo solo.
“Ha il tuo stesso carattere.” Commentò Narcissa, dal suo ritratto. “Ce
l’ha sempre con tutto e con tutti, sa cosa è giusto ma
compie l’errato, teme l’amore e lo fugge senza però riuscire
a scampargli, e questo la irrita parecchio perché vorrebbe che fosse
sempre come dice lei!”
Lucius sorrise. “Ci doveva
pur essere qualcuno che mi assomigliasse, dato che il
nostro caro figlio ha preso soprattutto da te.”
“Mmmmh… sì,
è vero. E’ lecito più che altro. Ma perché
sarà qua?”
“Probabilmente avrà da fare e non vorrà
il disturbo dei suoi pazzi familiari. In fondo, sono in sei, uno peggio
dell’altro: Ginevra è una squilibrata, Draco è sempre
adirato con lei, Melissa è mezzo handicappata, Lion
è fissato con la scherma, l’equitazione, gli amici e le ragazze,
mentre Enrique non fa altro che passare il suo tempo coi gemelli Weasley per inventare
nuovi giochi della linea Malfeth.”
“Tesoro! Ma sono
cose da dire queste?!” Disse la donna,
allibita.
”Perché, credi davvero che Lakisha non
la pensi nello stesso modo?!” Ghignò lui.
“So benissimo che quel mostriciattolo
la pensa così, ma ciò che più mi irrita
e che anche tu non differisca affatto da queste posizioni.”
L’uomo sospirò. “Ed
infatti non la penso così. O, perlomeno, questa
è solo una parte del mio pensiero. Lakisha
riesce a vedere solo i difetti dei suoi familiari… ed è questo a
provocare la sua avversione nei loro confronti. Se solo
andasse un po’ più in là…”
“… se solo andasse un po’ più in là scoprirebbe che la madre è la persona
più splendida del mondo, che l’ira del padre è solo il
riflesso dell’amore innato e non ricambiato per la sua primogenita, che Enrique è un simpaticone, Lion
un buon consigliere, e la piccola Melissa è la persona più dolce
che abbia mai incontrato.” Concluse il dipinto
della moglie.
“Sì… sì, è così.
E’ davvero così. Ma le ci vorrà un po’ per capirlo,
prima dovrà riuscire a leggere in se stessa cosa lei è veramente,
cosa vuole dalla vita e cosa la vita vuole da lei.”
“La nostra Lakisha soffre, come un tempo soffriva Draco. Ricordi? Poi ha
trovato la persona giusta per lui, ed il suo cuore in parte è guarito.”
Lucius si alzò, infastidito
da quell’affermazione – purtroppo vera – che gli faceva
tornare in mente il freddo rapporto col figlio. Così freddo che si era
arrabbiato a morte con Ginevra quando lei aveva voluto
dare il suo nome al primogenito maschio.
Si affacciò alla finestra, e fissò il bel
parco che si estendeva davanti ai suoi occhi. Parco in cui mai Draco aveva avuto la
libertà di giocare, come ogni normale bambino, perché il padre
aveva sempre reputato un comportamento del genere ‘roba da poveri’.
“Lakisha ha la
possibilità di rimarginare totalmente le ferite del suo giovane cuore.”
“Dovresti avvisare Ginevra del luogo in cui si trova
la figlia: se vanno alla stazione e non la trovano, penso che Lakisha passerà molti guai.”
“Sì. Invierò un gufo alla madre.”
La bella ragazza fermò il suo cavallo di fronte al Fairy’s Manor, scendendo e
consegnando l’animale all’elfo domestico adibito alla cura delle
stalle.
“Suvvia Heaven, sta buono!
Verrò a riprenderti domattina!” Disse,
accarezzando il destriero che si era innervosito alla vista delle piccole
bestiole. Era un cavallo molto particolare, una razza magica proveniente
direttamente dalla Cina: aveva un manto nero come la
notte, cosa e criniera di un bel bianco candido, e piccoli occhi grigi. Una
vera meraviglia, che gli era stata regalata dal padre
due anni prima, per il suo quattordicesimo compleanno.
Quando vide il suo baldo destriero avviarsi tranquillamente
verso le stalle, sorrise e si diresse a sua volt verso
l’ingresso del bel castello di marmo, mentre il suo occhio si poggiava su
tre figure sedute nel salottino del chiosco.
Blaise Zabini, Draco Malfoy e Theodore Nott.
Del bel trio, l’unico che riusciva a tollerare era il
padre di Stephanie, Theo.
“Buongiorno signori.” Disse affabilmente,
sforzandosi di sorridere e sembrare naturale.
Il volto di Blaise si distese nel
suo solito ghigno, che in quel caso voleva essere una specie di sorriso, e le
fece un cenno del capo. Ted invece la salutò
con la sua naturale gentilezza, e Draco la fissò storto per un poco.
“Non saresti dovuta essere qua
già da un po’?” Le chiese il padrone di casa, con astio.
“Sì, signor Malfoy, ma avevo altro da fare e
sua moglie Ginevra mi ha accordato il permesso di
arrivare più tardi.” Rispose lei, affabilmente, senza fermarsi:
voleva arrivare il prima possibile fuori dalla portata
dello sguardo di quell’antipatico mostriciattolo.
Draco la lasciò in pace, ma continuò a
fissarla storto finché non scomparve dentro le mura di casa.
“Potter deve aver
completamente perso il senno, se permette alla figlia di abbigliarsi in quel
modo.” Commentò poi. La ragazza era
arrivata indossando dei mini pantaloni in jeans e una larga
maglietta giallo rossa, in perfetta sintonia con lo stile hippy che la
caratterizzava. Ora non voglio che voi pensiate che Draco fosse diventato
improvvisamente un fissato puritano: semplicemente, quel completino stava
davvero bene alla piccola Aurora, esaltando il suo corpo da amazzone e la sua bellezza esotica, e lui non sopportava di avere
così esplicitamente di fronte l’amara realtà che una
discendente di casa Potter potesse competere in
bellezza con le sue figlie.
Blaise e Theodore,
che sapevano come la pensava il loro amico, non fecero commenti, evitando di
esporsi per non generare discorsi scomodi che avrebbero senza dubbio provocato
l’ira di Draco.
E quella era una giornata di festa,
e tutto doveva essere pacifico. Tutti quella sera si
sarebbero trovati insieme, vestiti da principi folletti e fate, per ballare
musiche dolci in onore dell’unica notte all’anno in cui, raccontava
la leggenda, le fate uscivano fuori dai loro nascondigli e gettavano sugli
essere umani più degni la polvere magica che gli permetteva di diventare
stregoni.
Era stato così che, tanti secoli prima, era nata la
stirpe dei maghi, che un tempo vivevano in pace ed
erano devoti al mondo della natura.
Quella sera tutti avrebbero festeggiato, al Fairy’s Manor, il Ballo
delle Fate.
“DOV’E’ QUEL DEMONIO DI ANASTASIA?!” Gridò Ginevra Malfoy, guardandosi attorno
con occhi che lanciavano fiamme. Mancava una sola ora all’inizio della
festa, e lei ancora non si faceva vedere in giro. Il suo bell’abito,
fatto appositamente preparare dalla madre per l’occasione, giaceva
poggiato su un divanetto inglese stile imperiale nella sala in cui, fino ad allora, tutte le donne di famiglia si erano preparate.
Ginevra, sempre uguale nonostante gli anni passati e le tre
gravidanze, era bellissima nel suo abito bianco, semplice e prezioso, che le
lasciava nude le spalle e faceva risaltare i suoi bellissimi boccoli rossi tirati
su in una complessa pettinatura: complessivamente, più che una fata
sembrava un angelo (naturalmente, non si doveva considerare l’espressione
di puro furore che aleggiava in quel momento sul suo viso). La figlia
più piccola, la dolce e debole Melissa di quindici anni, aveva ereditato
la delicatezza angelica sua e della nonna, ma la bellezza tipica della casata
Malfoy, con i capelli lunghi, lisci e tanto biondi da parere bianchi, il viso
affilato e perfetto e gli occhi piccoli e celesti. In più, era vestita
con un lungo abito d’argento, delicatissimo, che aderiva alle sue acerbe
curve e la faceva sembrare ancora più piccola e indifesa di ciò
che era.
La bella e stravagante Vanessa aveva indossato un elaborato
abito rosa – il suo colore preferito – con un corpetto aderente
coperto di brillanti, ed uno spacco che le arrivava fin poco più su il
ginocchio. Sua figlia, la sedicenne Stephanie, aveva ereditato il suo stesso carattere e il suo amore per
la bellezza (soprattutto la sua), ed era abbigliata con un vestito, ugualmente
rosa, in stile imperiale, con una scollatura per niente casta che le arrivava
quasi fino all’ombelico e che solo per magia non lasciava scoperti i
seni. Fisicamente, l’unigenita di casa Nott
assomigliava alla madre, con un viso grazioso e bracchino, ma i capelli biondo
scuro erano del padre, e così anche gli occhi
nocciola. Come era senza dubbio dono del padre la sua
appartenenza alla casata Slytherin…
“Non è ancora arrivata.” Disse Hermione cautamente, finendo di acconciare con cura la
capigliatura della figlia Armony una simpatica
bimbetta di quindici anni che aveva ereditato la bellezza e
l’intelligenza della madre e la simpatia e le lentiggini del padre. Era
l’unica ad aver indossato un abito corto, che più ad una fata la
faceva assomigliare ad un buffo e allegro folletto.
“Magari viene dopo. Ad Anastasia non piacciono le
feste.” Disse la piccolina, facendo spallucce.
“MA MANCANO SOLO DUE ORE ALLA
FESTA E LEI NON E’ ANCORA PRONTA!” Gridò di nuovo la padrona
di casa, sull’orlo di una crisi di nervi.
La dolce Eleanor le si avvicinò subito, dopo aver dato alla figlia gli
abiti da indossare e averle indicato il luogo ove si poteva cambiare.
“Coraggio, calmati tesoro. Ania
si prepara in fretta. Non preoccuparti! E, se anche
arrivasse in ritardo alla festa, nessuno la rimprovererebbe: le più
belle devono farsi aspettare!”
Il commento simpatico fece tornare un poco il buon umore a
Ginevra, che sorrise all’amica accarezzandole il viso magro accuratamente
truccato.
“Non so come avrei fatto a sopravvivere se tu non
fosti venuta ad abitare vicino a casa mia!” Aggiunse poi, abbracciandola.
“Oh, te la saresti cavata comunque
egregiamente, sei una mamma perfetta!”
“Mamma, ma
allora anche io devo arrivare in ritardo?” Chiese in quel momento,
sottovoce, la giovane Nott alla madre.
“No tesoro, noi
non ci facciamo spettare, anche se indubbiamente siamo le più belle!”
Rispose quella.
Anastasia aveva guardato l’arrivo degli ospiti
comodamente seduta sul ramo di un albero, dove nessuno l’avrebbe mai
potuta vedere.
La festa iniziava alle sette e mezza, e
alle otto, ora del momento, erano già arrivati quasi tutti gli
invitati, tutti bellamente vestiti con i loro abiti svolazzanti e sbrilluccicanti. E
lei si sarebbe dovuta mischiare a quel branco di idioti?!
Aveva sentito le grida della madre, ma non se n’era
curata. In fondo, la madre gridava sempre. Soprattutto contro di lei o contro
il padre. Non riusciva a spiegarsi come potessero definirsi innamorati
quando continuavano a sbraitare l’uno contro l’altro notte e
dì.
Quanto era stupida la razza umana.
Eppure, forse si sarebbe dovuta
andare a preparare e presentarsi alla festa. Anche
solo per Sebastian: in fondo doveva dargli la
risposta alla sua richiesta. Anche se non sapeva
ancora cosa gli avrebbe detto…
In quel momento, la luce della stanza al suo fianco si
accese, e lei subito pronunciò un incantesimo di occultamento
su se stessa per evitare che la vedessero. Era la stanza dei genitori, e gli
unici che vi potevano accedere erano, ovviamente Draco
e Ginevra.
Certo che però era strano
che avessero entrambi lasciato la festa, non era da loro abbandonare
così maleducatamente gli invitati…
Fece spallucce: a lei non importava nulla. I problemi loro
se li aggiustavano loro, lei non voleva metterci il
naso dentro, neanche per una questione di pura, semplice, umana
curiosità.
Riprese a guardare gli invitati che arrivavano, anche se con
frequenza minore: criticare quegli antipatici pavoni a coda spiegata che nonostante
fossero ricchi da fare schifo si vestivano talmente male da sembrare cessi
infiocchettati… era molto più divertente!
“Calmati! Gin, avanti calmati!” Disse Draco, elegantemente abbigliato con
un paio di pantaloni verdi e una semplice camicia di seta bianca che lasciava
intravedere i suoi addominali scolpiti. Il suo viso, bello come sempre,
il quel momento era rabbuiato dall’ira e dal dolore.
Ginevra fece un altro
giro per la stanza con passo nervoso, e poi si fermò sulla finestra.
“Non è ancora arrivata! Draco, Ania non
è ancora qui! Sono perfino andata a casa di tuo padre – a
proposito, ha detto che arriverà sul tardi
perché ha delle pratiche urgenti da sbrigare – e lui mi ha detto
che era andata via già dopo pranzo! Dove si sarà cacciata?! E se le fosse successo
qualcosa?” Una mano tremante andò a coprirle gli occhi, mentre una
lacrima silenziosa scendeva giù. “Oh… Draco! Non ce la farei
a sopportare un’altra sua scomparsa! Non riuscirei di nuovo a saperla
lontano da qui!”
Draco sospirò,
e le andò subito incontro, abbracciandola e baciandole la fronte.
“Non le è successo niente, Gin, sta
tranquilla. Anche perché non le può essere
successo niente. E’ troppo potente per lasciarsi
sopraffare da qualcuno!”
“E allora
perché non è qua?! Perché ci odia
così tanto da non curarsi del dolore che ci
provoca con i suoi comportamenti?! Cosa le abbiamo fatto,
Draco?” Disse, non facendocela più a trattenersi e scoppiando in
lacrime.
“E’
convinta che l’abbiamo abbandonata quando i suoi
veneratori l’hanno riportata a Na’Weh. E’ così
concentrata su se stessa che non ha neanche provato a pensare a tutto la rabbia che abbiamo provato in quei tempi, quando
avevamo la piccola Melissa gravemente malata e lei via.”
Ginny singhiozzo,
asciugandosi le lacrime e scostandosi un poco da Draco. “Mai come in quel
momento ci rendemmo conto della nostra impotenza… Mai come in quel
momento.
Ma ora basta pensare al passato. Torniamo
giù dai nostri invitati, non voglio dare nell’occhio
né passare per una maleducata.” Disse, sorridendo.
Draco si chinò
su di lei e la baciò appassionatamente. “Ti amo.”
“Anche io. Tantissimo.”
“Vedrai che
tornerà.”
“Lo spero. Io
starò ad aspettarla finché non la vedrò arrivare.”
Uno fruscio violento del ramo che si affacciava alla
finestra li fece voltare entrambi in quella direzione. Draco arricciò le
sopracciglia e andò a vedere cos’era stato:
ma non trovò nulla.
“Probabilmente era quell’orribile civetta della
piccola Potter. Dovrò inventarmi qualche
veleno perché non si permetta più di poggiarsi sui miei
rami…” Brontolò Draco, facendo
scoppiare a ridere la moglie.
“Andiamo avanti! E lascia
stare Aurora: è una dolce ragazza!” Disse la moglie, prendendolo a
braccetto e tirandolo via.
“Peccato solo che sia figlia di Potty…”
Anastasia, veloce, silenziosa e agile come un gatto,
entrò nella stanza dei preparativi, completamente vuota, e fissò
con occhi lucidi il bellissimo abito poggiato sul divanetto.
Bellissimo, davvero, non aveva mai visto un capolavoro del
genere. Era fato di raso e seta, con veli di voile qua e là, decorato
con elaborati disegni di pietre preziose e senza maniche. Bellissimo.
Senza alcun’altra
esitazione, lo indossò.
Le calzava a pennello, la madre aveva
un gusto ottimo.
Si sistemò meglio i lunghissimi capelli biondi,
acconciandoli in boccoli perfetti e lasciandoli liberi di cadere liberamente
sul suo corpo.
Si truccò, accentuando il taglio degli occhi da gatto
e il loro colore pastello, e pose un leggero filo di matita sulle grandi
labbra.
Mise sulla fronte il piccolo diadema di diamanti, e poi
guardò il lavoro completo.
Sorrise: le piaceva quel suo aspetto. Mai
come in quel momento, col cuore gonfio di dolorosa comprensione, si era vista
finalmente come davvero era.
Per la prima volta capì chi era davvero, cosa doveva
fare; per la prima volta capì il suo posto nel mondo.
Con la sua andatura elegantemente ondeggiante si diresse
verso la porta che dava alla scalinata che conduceva al salone.
Era ora di fare parte della famiglia.
Draco era seduto nel salottino insieme ai soliti amici, e
aveva in mano un calice di cristallo ancora pieno di Whisky Incendiario.
“Ehi, Dra, tutto
bene?” Chiese Nott, scotendolo dal mondo dei
suoi pensieri.
Il biondo si voltò dalla sua parte, fissando il suo sguardo duro e vuoto su di lui. “Sì…
sì, tutto bene.”
“Ania non è ancora
qui?” Chiese Blaise, mentre bevevo
l’ultimo sorso dal suo calice.
“No… e Ginny è giù di
morale.”
In quel momento due ragazzini di quindici anni, dai capelli
rossi e dal perfetto volto privo di lentiggini, corsero via tenendo qualcosa in
mano, insieme ad un altro compagno della loro
età dai capelli platinati e gli occhi grigi: non c’è da
chiedersi chi fosse quel piccolo angioletto.
Blaise li fissò storto:
l’ultima volta che aveva visto i gemelli Weasley-
figli di Ron e Hermione,
gemelli a loro volta della simpatica Armoni- insieme
al piccolo Enrique Domitian
correre in quel modo, era scoppiato un albero al centro di Fary’s
Manor. Chissà cosa avevano in mente questa volta…
“Lo sai che Anastasia è una ragazza
complessa… arriverà, quando ne ha voglia.”
Disse Theodore. “Dubito che le sia successo
qualcosa.”
“Sì, fin qui c’ero arrivato
anch’io. Ma il punto è che non può continuare a comportarsi
così.” Sbottò nevrotico il biondo,
senza accorgersi che proprio in quegli istanti l’attenzione del pubblico
era stata richiamata da qualcosa all’ingresso.
Anche i due amici si voltarono, e
vedendo ciò che gli si era presentato agli occhi, non poterono fare a
meno di rimanere a bocca aperta, e avvertire Draco che stava continuando a
parlare, ignaro di tutto quanto.
“CHE C’E’?!”
Gridò ad un certo punto, stancato dal continuo ticchettio del dito di Blaise sulla sua spalla. Si voltò verso la direzione
indicata dall’amico, e ciò che vide gli fece surriscaldare e
gelare insieme il sangue nelle vene.
Era la ragazza più bella che
chiunque avesse mai visto. La fata più meravigliosa comparsa sotto gli
occhi di un uomo. Scendeva le scale con una grazia infinita, un dolce sorriso
sulle labbra ed i capelli che svolazzavano intorno come un manto d’oro.
Una vera visione.
Riacquistata un poco di lucidità, Draco si
alzò, e si fece spazio fra gli invitati incantati per andar ad
accogliere la figlia alla fine della scalinata.
Ania, con un sorriso che divenne
ancora più grande e bello nel vederlo, e che lasciò
Draco totalmente senza connotati, accettò la sua mano, e poi si
avvicinò a lui per poggiargli un bacio sulla guancia.
Mai si era comportata in quel modo.
“Scusami
per la mia cecità – gli sussurrò ad un orecchio
– ora sono di nuovo qua,
papà. Davvero. Scusami.” Draco la fissò stralunato,
mentre la comprensione di quelle parole le veniva in mente. Non ce la fece a
trattenersi e,s otto gli occhi sbalorditi di tutti,
sollevò in braccio la figlia e la fece volteggiare.
“Erano sedici anni che ti aspettavo!” Le disse
poi, entusiasta, accarezzandole il bellissimo viso. Poi si voltò verso
gli invitati, e con un sorriso che sciolse il cuore di molte donne lì
presenti, annunciò: “QUESTA E’ MIA FIGLIA! ANASTASIA
MALFOY!”
E subito un forte e caloroso
applauso accolse la nuova venuta.
Ginevra, che aveva assistito a tutta la
scena, allibita, da un lato della sala insieme alle amiche, corse da loro e li
abbracciò.
“Mamma!” Disse Ania,
accogliendola fra le sue braccia.
“Tesoro! Oh, tesoro mio! Fatti vedere… Oh, sei
bellissima! Sei meravigliosa!”
“Grazie di tutto mamma!”
“Per te questo e altro, amore mio!”
Allora l’orchestra di gnomi iniziò a suonare, e
i cavalieri andarono per la sala cercando una dama con cui danzare.
Mentre la piccola famigliola si
abbracciava e continuava a gioire del nuovo ricongiungimento, un ragazzo, bello
come un cavaliere antico, dal perfetto e abbronzato torso nudo e vestito solo
con dei larghi panta d’oro ricamati con diamanti
che si fermavano sul ginocchio, un paio di lunghe calze bianche e scarpe
persiane abbinate al resto del vestiario, si avvicinò a loro,
schiarendosi la voce per farsi sentire.
Ania si voltò a guardarlo,
e gli sorrise dolcemente arrossendo sugli zigomi. Per
Merlino, com’era bello Sebastian
quella sera!
“Madama Sissi, posso avere
l’onore di questo ballo?” Chiese lui elegantemente, inchinandosi.
Draco lo guardò male, e Ginny invece gli sorrise estasiata.
Anastasia non se lo fece ripetere due volte: gli andò
incontro e prese la mano che lui le offriva.
“Ma certo, mio
cavaliere!” E si avviò con lui al centro della sala da ballo,
già gremita di danzanti.
“Non sopporto quel tipo!” Brontolò Draco,
guardando con astio il primogenito di casa Potter.
“Se mi travia la figlia lo castro!”
“Oh, sta zitto Draco, sono così belli insieme!” Disse Ginny, che aveva gli occhi
scintillanti per la felicità.
“Non è vero! Ania
starebbe molto meglio con uno Slytherin!”
“Ania odia gli Slytherin!”
“E allora?! Se ha preso da te, finirà con innamorarsi di qualcuno
di loro!”
“Non voglio altri Slytherin
nella mia famiglia! Bastate tu, Enrique e Lion! Non ne voglio altri!” Disse
Ginny, facendo una smorfia.
“A mio dire ce ne volevano di più. Ania è una Grifondoro…
e Melissa addirittura una Corvonero. Le femmine sono
uscite tutte male!”
Ginny gli lanciò un’occhiata inferocita.
“Allora avresti dovuto sposare tu Pansy Parkinson, così avresti avuto un primogenito
maschio, lo avresti chiamato Xavier e certamente quel povero disgraziato sarebbe
finito a Serpeverde, con due genitori del genere.”
“Beh… non che Xavier Zabini abbia avuto una
sorte differente…”
Ginny alzò gli occhi al cielo, dirigendosi di nuovo
verso il gruppo di amiche. “DRACO! SEI PROPRIO
UNO SCASSAPALLE! Torna dai tuoi amici, se no
finirò con l’ammazzarti prima della fine della festa!”
Non c’era dubbio su chi, fra tutti i ballerini, fosse la coppia migliore.
I due in questione si esibirono per tutta la serata in passi
difficili, che però eseguivano con una
facilità e una naturalezza impressionanti, tanto da sembrare veramente
un principe dei folletti ed una regina delle fate.
A mezzanotte però, ormai stanchi, uscirono in
giardino e si misero a passeggiare,s scherzando e
ridendo fra loro, l’uno di fianco all’altra.
“Sei bellissima questa sera.”Le disse Sebastian, ad un certo punto, fermandosi e prendendole la
mano per poi portarla alla bocca e baciarla.
Lei sorrise. “Me l’hai già detto un
migliaio di volte, Sebastian James
Potter, inizi ad essere noioso!”
“Colpa tua che mi hai mandato in tilt
il cervello!” Commentò con un ghigno lui, fissandola poi con occhi
incantati. Stava in ogni modo tentando di trattenersi di
chinarsi a baciarla, non voleva irritarla. A dire il vero, il suo strano
comportamento di quella sera l’aveva stupito, e non sapeva più
cosa aspettarsi da lei.
“Cosa è
successo?” Le chiese dunque.
Lei abbassò lo sguardo. “Ho capito i miei errori… ho capito che non solo io avevo sofferto, ma anche tutti loro, ed
ho capito che comportandomi in quel modo non facevo altro che continuare a
fargli del male. Nessuno aveva colpa di nulla. Eravamo semplicemente tutti preda… della limitatezza dell’essere umano…
ed io dell’estrema stupidità di questo genere. Così, ho
deciso di cambiare.” Disse, con un filo di voce. Era pur
sempre figlia di Draco, e ammettere i propri errori
anche per lei era molto difficile.
Seb sorrise, e le sollevò
il viso con due dita. “Vieni con me?” Le chiese.
Il cuore di lei iniziò a
battere all’impazzata. Ci aveva pensato, e aveva preso una decisione. Ora
che la consapevolezza di ciò che era ormai passato era in lei, aveva
bisogno di un po’ di tempo lontano da tutto e da tutti per riflettere
meglio, per rappacificare il suo spirito… per abitare a camminare in
quella via che, seppur giusta, era nuova.
“Sì!” Gli disse, saltandogli addosso e
legandogli le braccia intorno al collo. “Sì, vengo! Ma ti ricordo
che,s e non torniamo entro Settembre, mamma mi
ammazza!”
“Tranquilla! A settembre ho il corso di Diritto
Magico, e se ritardo anche io sono fritto!”
Quasi accorgendosi in quel momento della vicinanza con cui
stavano, Ania si allontanò da lui velocemente,
guardandosi intorno spaesata. Fu più volte sul
punto di dire qualcosa, però l’imbarazzo glielo proibì.
Alla fine, alzò gli azzurri occhi su di lui e lo fissò come un
cucciolo sperduto bisognoso di affetto. Poi
corrucciò le sopracciglia e aprì la bocca, ma si bloccò
subito e riabbassò lo sguardo, prendendo a mangiucchiarsi
un’unghia.
Sebastian la guardava senza capire
che caspita le stesse succedendo.
“Che palle!” Esclamò poco dopo lei, con voce seccata.
“Che c’è?!”
Le chiese lui, sempre più allibito.
“Sono saltata al collo di tanti ragazzi, però
con te non ci riesco!”
Lui rimase ancora un poco immobile, sbalordito. Poi
ghignò e l’attirò a se. “Beh… potevi dirmelo
subito: ci avrei pensato io!” E, così dicendo, si chinò su
di lei, e si baciarono a lungo, là, sotto il cielo stellato, mentre i
più che arrabbiati Draco e Harry e le felicissime Ginevra e Eleanor
li guardavano dalla finestra!
RINGRAZIAMENTI
E questa, ragazzi, è davvero la fine!!!!
Beh, che avete da dirmi?????
Io vi ringrazio
infinitamente per tutto l’appoggio che mi avete dato per questa ff- la prima che riesco a finire –
senza di voi, questa storia non sarebbe mai continuata dopo il primo capitolo,
e non sarebbe mai finita in questo modo!
Grazie a: xacchanx;
Fede (Grazie! E in bocca a lupo per la mia storia…
spero che tu non muoia di noia prima!!! Questo, come
puoi vedere, è l’ultimo capitolo! Di storie ne
ho scritte altre, le puoi vedere nel mio elenco se vai su Autori: l’unica
che può assomigliare a questa è ambientata durante la prima
generazione di maghi, ed è incentrata su Sirius
Black e su un nuovo personaggio, Solaria Nimbus!); terry; Sakura89 (ciao! Ti dirò che all’inizio
il nome Lion Lucius non mi
piaceva… ma poi il suono mi ha convinto. Considera che poi non deve
essere splendido, dato che è nato dal litigio di quei pazzi! Lion è nato lo stesso anno di Lakisha,
perché è stato concepito in Cina, e la piccola è nata a
gennaio. Ora capito? Effettivamente prima non era molto chiaro…
scusa!); leidia (davvero, non volevo ammazzarti con un infarto!); Minako_chan; ruka88(la tua
recensione mi ha fatto morire dalle risate!!! Ehehehehhe!
Beh, che dici, la spiegazione ti è piaciuta????);
Ginny Malfoy (il tuo nick
è alquanto allusivo… scommetto che sei una fanatica della coppia
D/G, eh?! Comunue, di Satine
non avrei mai potuto descrivere la faccia che avrebbe fatto a tale notizia
perché… beh, lei è ad Azkaban!!! Ricordi??? Draco ha ucciso il ragazzo e poi ha fatto
catturare lei dalle guardie del Regno di Abkàl!
E poi…. HAI VISTO CHE SEB E ANIA SI SONO MESSI
ASSIEME?????CHE CARINI!!! STANNO BENISSIMO ASSIEME!!!
Anche se uno come Seb me lo sarei tenuto molto
volentieri per me….); aledra_xan (ciao!!!!La tua recensione era simpaticissima, grazie!!!!)
E grazie ancora a tutti gli altri che mi hanno recensito nel
corso di tutto questo tempo. Per ora non ho intenzione di scrivere alcun’altra ff, mi
concentrerò sullo studio che quest’anno
sto mollando troppo…. Però, se volete, potete leggervi l’altra
mia ff, LA VERA STORIA DEI MALANDRINI (…pubblicità
occulta…), anche se non a molti piace quel
periodo.
Spero
che vogliate lasciarmi un ultimo commento su questo capitolo… che mi sono
letteralmente uccisa per scrivere… e della ff
in generale!!!
Grazie
ancora di tutto, La
vostra affezionatissima
Kishal