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Autore: kishal    06/01/2006    18 recensioni
Due ragazzi... due caratteri diversi, entrambi molto forti, entrambi ribelli... entrambi guerrieri. eH EHM... UN'ALTRA PICCOLA ONESHOT DELIRANTE CHE, SE VOI VOLETE, POTREBBE DIVENTARE UNA STORIA... MA PENSO CHE RIMMARRA' UNA ONESHOT... NON MI PARE UN GRAN CHE!!! Ciaooooooooooooooooooo!!!!!!!!!! ;P
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Con fredda precisione tolse dalle labbra della ragazza la sigaretta che aveva in bocca, la prima – peraltro appena iniziata – del terzo pacco di sigarette della serata

 

-The End-

 

 

Con fredda precisione tolse dalle labbra della ragazza la sigaretta che aveva in bocca, la prima – peraltro appena iniziata – del terzo pacco di sigarette della serata.

“Se ti vedesse uno dei professori passeresti molti guai.” Le disse, sedendosi in riva al lago insieme a lei.

“E a te, in ogni caso, non te ne dovrebbe fregare un cazzo. Replicò quella, prendendo un’altra sigaretta e accendendola con una piccola formula pronunciata a fior di labbra.

Il ragazzo alzò un sopracciglio, e senza aggiungere niente prese anche la seconda sigaretta e la buttò via, insieme al pacchetto che la giovane aveva in mano.

Per tutta risposta, la ragazza gli mollò un sonoro pugno, che gli girò la faccia dall’altra parte e gli spaccò il labbro. “La prossima volta, fatti i cazzi tuoi Potter.

 

Il ragazzo, lentamente, si voltò verso di lei.

I loro sguardi si incontrarono, e questa volta tutto l’astio che aveva in corpo la giovane compagna svanì.

Si sorrisero. Poi lei alzò un braccio, poggiando l’indice della mano sulla ferita, il cui sangue iniziava a rigare il bel volto dell’amico; e, mentre le sue labbra si muovevano pronunciando parole indecifrabili, un fascio di luce avvolse la piccola linea rossa, facendola scomparire.

Quando lei si ritrasse ritornando a guardare il lago oscuro di Hogwarts, Sebastian si mise a fissarla. Lo faceva spesso, istintivamente, ed ogni volta non riusciva a fare a meno di stupirsi nel pensare alla sua strana amica. Era bella, sì, ma non una bellezza esotica, come poteva essere quella di sua sorella Aurora. Era una tipica ragazza anglosassone, dalla carnagione rosea puntellata qua e là di efelidi, gli occhi grandi e azzurri, i lunghi e ricci capelli di un caldo biondo. Non era il suo aspetto esteriore ad affascinare, ma il suo carattere, il suo essere interiore, così forte da essere ben visibile anche al di fuori.

E quel fascino aumentava ogni qual volta il suo intimo turbamento era più forte. Come ora.

Perché era di cattivo umore? Non si era presentata alla festa di fine anno della scorsa settimana, né a quella della stessa sera per festeggiare i M.A.G.O.. E questo non era da lei.

Certo, Anastasia non era una festaiola. Anzi, odiava le feste proprio come il nonno. Solitamente ci andava per non fare preoccupare i due fratelli e la sorella, e passava il tempo con qualche baldo giovanotto, che poi mollava senza neanche salutare. Però, quella sera non aveva optato neanche per quella soluzione.

 

Cosa c’è?” Le chiese dunque.

Lei rimase un attimo immobile, ancora nella sua posizione pensante. Poi abbassò lo sguardo e arricciò le labbra. “Non mi piace.” Rispose.

Che cosa?” Chiese lui, corrugando le sopracciglia.

Lei sbuffò, e si alzò in piedi con fare scocciato. “Vattene a fanculo Potter, non ho voglia di averti in mezzo ai coglioni ora. Disse col suo tono sgarbato, dirigendosi verso la Foresta Oscura.

Seb non aspettò un istante, e scattò in piedi camminando dietro di lei. “Oh no, te lo scordi! Adesso mi spieghi che caspita hai, per Merlino! Non ti lascerò rintanare nella tua cara Forestina finché non mi spieghi che cazzo hai!” Gridò, allungando un braccio e bloccandola.

Lei si voltò verso di lui, arrabbiata come un’arpia assassina.

“TU TE NE VAI!”Gli urlò in faccia, in tono d’accusa.

Lui inizialmente non capì. Da dove se ne stava andando?! Poi però, dopo qualche attimo, un pensiero gli balenò nella mente, e non poté fare a meno di scoppiare a ridere, facendo infuriare ancor di più la ragazza che continuò a fissarlo con sguardo omicida e braccia conserte mentre lui si stravaccava a terra dalle risate.

“Hai finito, pezzo d’idiota?! Mio padre ha perfettamente ragione su di voi Potter, quando dice che siete un branco di stupidi scimmioni buoni solo a rompere le palle al mondo intero.” Commentò acida la gentil fanciulla.

Sebastian continuò a ridere sguaiatamente, e quando l’ilarità iniziò a scemare, si mise a sedere sul manto erboso, scosso ancora ogni tanto da qualche ridarella. “Sei unica Sissi! Sei davvero unica! Come fai ad essere arrabbiata perché io me ne vado, se ogni volta che stiamo assieme mi riempi di parolacce e tenti di strapparmi qualche arto?!” Le chiese, guardandola con i suoi occhi nocciola ancora lucidi per il troppo ridere.

Lei mise ancor più il broncio. “Faccio così con tutti, dunque non dovresti sentirti diverso dagli altri per questo.

“E allora, perché sei arrabbiata per il fatto che io me ne vada da Hogwarts, se sono uguale agli altri?!

“Il punto non è come ti tratto io, ma come mi tratti tu. Tu mi sopporti.” Disse, mentre il suo viso si addolciva un poco. Anche Seb si calmò, e il sorriso ironico che aveva in faccia si addolcì. Si alzò in piedi, e arrivata davanti a lei, la abbracciò.

Ma lei subito lo spinse via, guardandolo poi con sguardo ferito.

“Non fare così.”

James Sebastian scosse la testa, mentre il suo volto si rattristava. Era sempre la solita storia. Lei non voleva neanche essere sfiorata da lui… non perlomeno in modo affettuoso. E dire che si faceva mettere le mani addosso da tizi che neanche conosceva.

Oh, certo, lo sapeva perché faceva così, glielo aveva detto lei stessa, una notte di tre anni prima, quando lui aveva osato baciarla, troppo innamorato di lei per riuscire ancora a trattenersi: le persone che mi hanno amata mi hanno poi fatto del male, gli aveva detto, tu non amarmi. Ti voglio troppo bene per costringermi ad odiarti. 

 

Discorso complicato, certo, ma purtroppo James lo capiva benissimo.

Si ricordava ancora, sebbene avesse appena due anni, quando colei che veniva chiamata Lakisha of Na’Weh venne rapita dalla sua casa: il caos che susseguì quell’evento fu indimenticabile. I suoi genitori tentarono più e più volte, per tantissimo tempo, di riuscire ad entrare nel luogo ove vivevano i Vecchi Immortali, chiedendo aiuto alle personalità più potenti nel campo della magia, ma non vi riuscirono.

Dopo tre anni, sebbene a malincuore, rinunciarono a riportare a casa la loro primogenita, anche perché erano sorti nuovi problemi, ben più vicini: Ginevra Malfoy aveva dato alla luce due gemelli, un maschio e una femmina, Enrique Domitian e Melissa.

La bambina era nata con una microcardia congenita, grave malattia di cui aveva sofferto (e per cui era morta) anche la nonna paterna, Narcissa Malfoy. Inutile dire la preoccupazione dei genitori, ed inutile descrivere specialmente il dolore del padre Draco, a tale scoperta. la medicina magica, né tanto meno quella babbana consentiva una cura. Certo, interventi chirurgici per diminuire la gravità del problema ce n’erano molti, ma nessuno di essi portava ad un annullamento completo.

Così, impegnati da altri terribili eventi, misero in secondo piano Lakisha: in fondo lei stava bene, i Vecchi Immortali la idolatravano e non le avrebbero mai torto un capello.

 

Due anni dopo, a notte fonda, nella camera da letto dei gemelli a Fairy’s Manor (nome appartenente da secoli a quella residenza Malfoy), quella stessa stanza in cui un tempo avevano dormito assieme Lakisha e Lion Lucius, comparve una bambina.

Aveva lunghissimi capelli biondo ramati, raccolti in minuscole trecce, ed era vestita con una lunga tunica rossa.

Ginevra, che si era alzata per controllare la piccola Melissa, si spaventò a morte e ci mancò poco che non si mettesse a gridare.

Quando però, in quella bimba comparsa dal nulla, riconobbe la figlia, l’abbracciò di slancio, smaterializzandosi poi in camera da letto affinché anche Draco, che ormai da lungi aveva perso la salutare abitudine di dormire di notte, la potesse vedere.

Quando le chiesero, fra abbracci, pianti e grida di felicità, come fosse riuscita a scappare, lei rispose: “Li ho uccisi tutti, perché voi non mi venivate a prendere, e loro non mi lasciavano andare.

 

Il punto era questo: sia i suoi genitori sia i Vecchi Immortali dicevano di amarla, e della veridicità di queste parole lei non aveva mai dubitato. Ma il loro amore aveva provocato in lei solo tanto dolore: i familiari l’avevano abbandonata, annullando le ricerche e accettando filosoficamente la sua mancanza; i suoi adoratori l’avevano rapita, negandole la possibilità di stare con le persone a cui lei era tanto affezionata. Ed il loro amore, in conclusione, l’aveva spinta a compiere l’efferato gesto di uccidere per poter tornare dalle persone fra cui era nata.

Da quel momento non aveva più accettato amore da nessuno, e aveva tentato in tutti i modi di non amare, spingendosi ad odiare chiunque riuscisse a fare breccia nel suo cuore.

Questo era il motivo del suo brutto carattere, che Draco le rimproverava spesso. E questo era il motivo della dolorosa tristezza che si leggeva nei suoi occhi, della forzata superbia che trapelava dai suoi modi, della ricercata superiorità che emanava la sua magia.

E, per questo motivo, Sebastian non era mai riuscito ad odiarla. Oh, non che provasse pietà per lei, no: semplicemente, era sempre stato attratto dalla sua vicina di casa, aveva sempre avuto la voglia di conoscerla davvero, di andare oltre quella sua antipatica apparenza.

E la sua curiosità l’aveva portato ad innamorarsi di lei. Completamente, totalmente. Anche se era stato respinto.

 

“Non riesci a scordarti di essere Lakisha, e comportarti semplicemente come Anastasia?” Le chiese dunque.

Anastasia,colei che è rinata’, era il nome con cui i genitori l’avevano ribattezzata al suo ritorno. Anastasia Malfoy.

“Anastasia non è mai esistita, Seb.” Rispose lei, abbassando lo sguardo.

Lakisha non è mai esistita!” Ribattè lui.

Lei alzò gli occhi, guardandolo con un ghigno sadico in volto, che procurò un brivido silenzioso all’amico. “Oh, Lakisha è esistita, invece! Ha perfino ucciso…”

“E Anastasia è esistita lo stesso, insieme a me…”

 

Rimasero entrambi in silenzio, fissandosi.

“Entrambe sono morte, Seb. Ora io non sono più niente.”

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo: non ne poteva più di quei discorsi morbosi e melodrammatici. Non ne poteva più di vederla così comodamente adagiata su un letto di chiodi, incurante delle proprie ferite e di quelle che provocava a coloro che osavano avvicinarlesi. Non ne poteva più di quel nichilismo totale che aleggiava intorno alla sua persona.

“Mi sono letteralmente scassato le palle con te. Le disse, guardandola risoluto.

A quelle parole, lei corrugò la fronte. “Bene, se non hai voglia di stare qui con me nessuno ti obbliga. Va a farti sfottere da uno dei tuoi amichetti, Potter. Bofonchiò cattiva, riprendendo a camminare verso la foresta.

Per l’ennesima volta, il ragazzo alzò gli occhi al cielo e le corse dietro, dandole uno strattone così forte da farle perdere l’equilibrio e cadere per terra a gambe all’aria.

“MA TI SEI TOTALMENTE RINCOGLIONITO, CAZZO?!” Gridò quella, guardandolo malissimo.

“Vieni con me con la nazionale di Quidditch!” Disse lui, senza neanche ascoltare gli insulti della ragazza.

“Io non vengo da nessuna parte con te, pazzo maniaco idiota. Rispose lei, rialzandosi e rasettandosi il vestiario.

“E chi te l’ha chiesto?! Io ho semplicemente detto che tu vieni con me!”

 

Anastasia, ancora impegnata a rimettersi in ordine e a tentare di tenere a freno i suoi nervi impazziti, alzò lo sguardo terrorizzato fissandolo sull’amico. “Oh no… no….”

Neanche a dirlo, tre secondi dopo si ritrovò deposta come un sacco di patate sulla spalla di Sebastian, che tutto felice per la sua idea geniale si avviava verso il castello, mentre l’amica continuava invano ad ordinargli di metterla giù.

“Vedrai che ti divertirai!”

Manco morta! Lasciami!”

“I ragazzi sono simpatici! Tipi di poche parole, s’intende, però simpatici! E poi dobbiamo girare il mondo!”

Non me ne fotte un cazzo, io rimango a casa mia!

“Sarà una cosa allegra! E poi a te piace il Quidditch!”

Non è vero, mi fa schifo!

E sei anche bravina… beh, in fondo ti ho insegnato io a giocare. E papà mi racconta sempre che sia tua madre sia tuo padre giocavano, ed erano abbastanza bravi.! Magari sarà il momento in cui riuscirai a trovare un hobby allegro, Sissi! Penso che ormai, dopo dieci anni, prendere a parolacce le persone ti sia diventato abbastanza noioso!”

FOTTITI STRONZO BASTARDO! Mettimi giù!” E, così dicendo, gli mollò un pugno sulla nuca così forte che costrinse l’amico a lasciare la presa, facendoli finire entrambi per terra, l’uno sopra l’altra.

Sebastian subito ne approfittò, e si piazzò sopra di lei impedendole di muoversi.

“Ti do tempo fino al Ballo delle Fate. Poi, volente o nolente, ti porto con me!

“E allora per cosa mi dai tempo, testa d’asino?!

Lui sorrise. “E’ l’offesa più gentile che tu mi abbia fatto! Quasi mi commuovo!”

“Testa di min…” Cercò di correggersi subito lei, ma il moretto le mise una mano in bocca, facendola zittire.

Va bene, va bene. Zitta. Il Ballo delle Fate è fra una settimana, Anastasia, e per allora io voglio che tu sia pronta per partire con me. Staremo via tutta l’estate, e capirai che la vita non è così nera come tu la immagini.

Non oserei portarti via contro il tuo volere, ovviamente… scherzavo prima. Tu hai qualche capacità magica in più di me e, soprattutto, hai tuo padre e tuo nonno dalla tua- sorrise birbantello- dunque, questa settimana ti servirà per decidere.

Non deludermi, Sissi.”

E, così dicendo, si rialzò in piedi, aiutandola a risollevarsi da terra.

Dopo un ultimo sguardo e un ultimo sorriso, si voltò ed entrò nel castello, dirigendosi verso la festa in Sala Grande proprio nel momento in cui il gruppetto dei suoi amici usciva.

 

“Dov’eri finito, Seb?! Ti stavamo cercando!” Disse allegramente uno di loro.

“Ero fuori, a prendere un po’ d’aria.”Mentì lui.

“Allora torna dentro! Non vorrai perderti la nostra festa, vero?! Daniel ha portato perfino qualche pezzo dei Malfeth dei gemelli Weasley da somministrare alla McGranitt!” Disse un altro, ridendo a crepapelle, mentre ritornavano tutti in Sala.

“Stai scherzando?! Dammelo subito, voglio metterlo in opera io! E’ dal primo anno che desidero farlo!” Esclamò subito il primogenito della Famiglia Potter, mentre il grande portone di legno si chiudeva alle sue spalle e escludeva di nuovo, totalmente, la giovane fanciulla che stava in piedi lì davanti.

Anastasia sorrise, poi si sedette su un muricciolo. Sebastian aveva sempre avuto un carattere molto giocoso, ma riusciva ad essere insieme intelligente e responsabile. Non per niente Silente aveva dato a lui il compito di pronunciare il discorso durante la consegna dei diplomi.

Prese una sigaretta da un pacchetto nascosto nel suo mantello e che Sebastian non aveva trovato, e si mise a fumarla. Cosa avrebbe fatto? 

 

 

 

Quando la vide materializzarsi nel camino del suo studio, Lucius non si stupì. Alzò un attimo lo sguardo su di lei, poi lo fece calare nuovamente sulla Gazzetta del Profeta.

“Felice di rivederti, Lakisha.” Disse l’uomo, che nonostante il passare degli anni non era affatto cambiato. Certo, i suoi capelli erano passati dal platino al bianco candido, ma il suo volto tradiva la sua età, sempre perfetto e bello come quello di una statua greca.

Tra l’altro, fra tutti era ancora l’unico a chiamarla con quel nome, motivo in più per cui il padre non poteva soffrirlo. Draco e Lucius non s’incontravano spesso, se non durante le occasioni principali, come le feste per Natale e Pasqua, o il suo compleanno. Perfino nei balli di beneficenza che si davano a Malfoy Manor- in quanto sede del Ministro degli Interni – facevano di tutto affinché, oltre il momento dei saluti, i loro sguardi non s’incrociassero.

 “Ciao nonno.” Disse lei, facendo un passo avanti e buttando a terra la valigia con molta noncuranza, tanto che l’uomo distolse ancora una volta l’attenzione dal suo impegno e si voltò a fissare, con un sopracciglio alzato, prima la borsa per terra poi la nipote, che lo guardava con viso annoiato. “Posso rimanere qua, vero? Non ho voglia di andare a casa.”

“Saluta tua nonna, Lakisha.” Fu la risposta dell’uomo.

La ragazza si rabbuiò in viso, e trattenne a stento uno sbuffò. Odiava quella donna, prima di tutto perché il padre la amava tanto. Cioè, non è che Draco se ne andasse in giro gridando frasi del tipo ‘Io amo mia madre!’ o ‘Mia madre è la mia Dea!’, anzi, a dire il vero non ne faceva mai accenno. Ma quando si parlava di lei, s’illuminava… e poi si era fatto costruire perfino unPensatoio’, al cui centro stava una mezza colonna con sopra un vaso ripieno delle ceneri della madre, mentre le pareti della stanza erano coperte da un gigantesco affresco che permetteva al dipinto della donna di muoversi liberamente e di parlare con lui.

Ed era sicura che proprio per questa sua somiglianza con la deceduta ava che il padre voleva tantissimo bene alla sorella minore, Melissa.

 

Lakisha voltò il capo a sinistra, e rimase un attimo in silenzio a guardare gli occhi della donna, che invece le sorrideva divertiti. A dir poco irritante…

“Ciao nonna. Adesso posso rimanere?” Aggiunse immediatamente, voltandosi di nuovo verso il nonno.

“Tua madre lo sa che sei qua?”

“No.” Rispose lei con noncuranza.

“Come al solito.”

“Esatto. Posso andare ora?”

“Vai. Il pranzo è alle dodici precise, vedi di essere puntuale.” Disse l’uomo, guardando la nipote mentre usciva dalla stanza con la sua camminata ondeggiante, affiancata dalla valigia che le volava accanto. La porta si chiuse, e il vecchio Malfoy rimase di nuovo solo.

 

“Ha il tuo stesso carattere.” Commentò Narcissa, dal suo ritratto. “Ce l’ha sempre con tutto e con tutti, sa cosa è giusto ma compie l’errato, teme l’amore e lo fugge senza però riuscire a scampargli, e questo la irrita parecchio perché vorrebbe che fosse sempre come dice lei!”

Lucius sorrise. “Ci doveva pur essere qualcuno che mi assomigliasse, dato che il nostro caro figlio ha preso soprattutto da te.”

Mmmmh… sì, è vero. E’ lecito più che altro. Ma perché sarà qua?”

“Probabilmente avrà da fare e non vorrà il disturbo dei suoi pazzi familiari. In fondo, sono in sei, uno peggio dell’altro: Ginevra è una squilibrata, Draco è sempre adirato con lei, Melissa è mezzo handicappata, Lion è fissato con la scherma, l’equitazione, gli amici e le ragazze, mentre Enrique non fa altro che passare il suo tempo coi gemelli Weasley per inventare nuovi giochi della linea Malfeth.”

Tesoro! Ma sono cose da dire queste?! Disse la donna, allibita.
”Perché, credi davvero che Lakisha non la pensi nello stesso modo?!” Ghignò lui.

“So benissimo che quel mostriciattolo la pensa così, ma ciò che più mi irrita e che anche tu non differisca affatto da queste posizioni.”

L’uomo sospirò. “Ed infatti non la penso così. O, perlomeno, questa è solo una parte del mio pensiero. Lakisha riesce a vedere solo i difetti dei suoi familiari… ed è questo a provocare la sua avversione nei loro confronti. Se solo andasse un po’ più in là…”

“… se solo andasse un po’ più in scoprirebbe che la madre è la persona più splendida del mondo, che l’ira del padre è solo il riflesso dell’amore innato e non ricambiato per la sua primogenita, che Enrique è un simpaticone, Lion un buon consigliere, e la piccola Melissa è la persona più dolce che abbia mai incontrato.” Concluse il dipinto della moglie.

“Sì… sì, è così. E’ davvero così. Ma le ci vorrà un po’ per capirlo, prima dovrà riuscire a leggere in se stessa cosa lei è veramente, cosa vuole dalla vita e cosa la vita vuole da lei.

“La nostra Lakisha soffre, come un tempo soffriva Draco. Ricordi? Poi ha trovato la persona giusta per lui, ed il suo cuore in parte è guarito.

 

Lucius si alzò, infastidito da quell’affermazione – purtroppo vera – che gli faceva tornare in mente il freddo rapporto col figlio. Così freddo che si era arrabbiato a morte con Ginevra quando lei aveva voluto dare il suo nome al primogenito maschio.

Si affacciò alla finestra, e fissò il bel parco che si estendeva davanti ai suoi occhi. Parco in cui mai Draco aveva avuto la libertà di giocare, come ogni normale bambino, perché il padre aveva sempre reputato un comportamento del genere ‘roba da poveri’.

Lakisha ha la possibilità di rimarginare totalmente le ferite del suo giovane cuore.

 

 

“Dovresti avvisare Ginevra del luogo in cui si trova la figlia: se vanno alla stazione e non la trovano, penso che Lakisha passerà molti guai.

“Sì. Invierò un gufo alla madre.”

 

 

 

La bella ragazza fermò il suo cavallo di fronte al Fairy’s Manor, scendendo e consegnando l’animale all’elfo domestico adibito alla cura delle stalle.

“Suvvia Heaven, sta buono! Verrò a riprenderti domattina!” Disse, accarezzando il destriero che si era innervosito alla vista delle piccole bestiole. Era un cavallo molto particolare, una razza magica proveniente direttamente dalla Cina: aveva un manto nero come la notte, cosa e criniera di un bel bianco candido, e piccoli occhi grigi. Una vera meraviglia, che gli era stata regalata dal padre due anni prima, per il suo quattordicesimo compleanno.

 

Quando vide il suo baldo destriero avviarsi tranquillamente verso le stalle, sorrise e si diresse a sua volt verso l’ingresso del bel castello di marmo, mentre il suo occhio si poggiava su tre figure sedute nel salottino del chiosco.

Blaise Zabini, Draco Malfoy e Theodore Nott.

Del bel trio, l’unico che riusciva a tollerare era il padre di Stephanie, Theo.

“Buongiorno signori.” Disse affabilmente, sforzandosi di sorridere e sembrare naturale.

Il volto di Blaise si distese nel suo solito ghigno, che in quel caso voleva essere una specie di sorriso, e le fece un cenno del capo. Ted invece la salutò con la sua naturale gentilezza, e Draco la fissò storto per un poco.

“Non saresti dovuta essere qua già da un po’?” Le chiese il padrone di casa, con astio.

“Sì, signor Malfoy, ma avevo altro da fare e sua moglie Ginevra mi ha accordato il permesso di arrivare più tardi.” Rispose lei, affabilmente, senza fermarsi: voleva arrivare il prima possibile fuori dalla portata dello sguardo di quell’antipatico mostriciattolo.

 

Draco la lasciò in pace, ma continuò a fissarla storto finché non scomparve dentro le mura di casa.

Potter deve aver completamente perso il senno, se permette alla figlia di abbigliarsi in quel modo. Commentò poi. La ragazza era arrivata indossando dei mini pantaloni in jeans e una larga maglietta giallo rossa, in perfetta sintonia con lo stile hippy che la caratterizzava. Ora non voglio che voi pensiate che Draco fosse diventato improvvisamente un fissato puritano: semplicemente, quel completino stava davvero bene alla piccola Aurora, esaltando il suo corpo da amazzone e la sua bellezza esotica, e lui non sopportava di avere così esplicitamente di fronte l’amara realtà che una discendente di casa Potter potesse competere in bellezza con le sue figlie.

Blaise e Theodore, che sapevano come la pensava il loro amico, non fecero commenti, evitando di esporsi per non generare discorsi scomodi che avrebbero senza dubbio provocato l’ira di Draco.

E quella era una giornata di festa, e tutto doveva essere pacifico. Tutti quella sera si sarebbero trovati insieme, vestiti da principi folletti e fate, per ballare musiche dolci in onore dell’unica notte all’anno in cui, raccontava la leggenda, le fate uscivano fuori dai loro nascondigli e gettavano sugli essere umani più degni la polvere magica che gli permetteva di diventare stregoni.

Era stato così che, tanti secoli prima, era nata la stirpe dei maghi, che un tempo vivevano in pace ed erano devoti al mondo della natura.

Quella sera tutti avrebbero festeggiato, al Fairy’s Manor, il Ballo delle Fate.

 

 

 

 

“DOV’E’ QUEL DEMONIO DI ANASTASIA?!” Gridò Ginevra Malfoy, guardandosi attorno con occhi che lanciavano fiamme. Mancava una sola ora all’inizio della festa, e lei ancora non si faceva vedere in giro. Il suo bell’abito, fatto appositamente preparare dalla madre per l’occasione, giaceva poggiato su un divanetto inglese stile imperiale nella sala in cui, fino ad allora, tutte le donne di famiglia si erano preparate.

Ginevra, sempre uguale nonostante gli anni passati e le tre gravidanze, era bellissima nel suo abito bianco, semplice e prezioso, che le lasciava nude le spalle e faceva risaltare i suoi bellissimi boccoli rossi tirati su in una complessa pettinatura: complessivamente, più che una fata sembrava un angelo (naturalmente, non si doveva considerare l’espressione di puro furore che aleggiava in quel momento sul suo viso). La figlia più piccola, la dolce e debole Melissa di quindici anni, aveva ereditato la delicatezza angelica sua e della nonna, ma la bellezza tipica della casata Malfoy, con i capelli lunghi, lisci e tanto biondi da parere bianchi, il viso affilato e perfetto e gli occhi piccoli e celesti. In più, era vestita con un lungo abito d’argento, delicatissimo, che aderiva alle sue acerbe curve e la faceva sembrare ancora più piccola e indifesa di ciò che era.

La bella e stravagante Vanessa aveva indossato un elaborato abito rosa – il suo colore preferito – con un corpetto aderente coperto di brillanti, ed uno spacco che le arrivava fin poco più su il ginocchio. Sua figlia, la sedicenne Stephanie, aveva ereditato il suo stesso carattere e il suo amore per la bellezza (soprattutto la sua), ed era abbigliata con un vestito, ugualmente rosa, in stile imperiale, con una scollatura per niente casta che le arrivava quasi fino all’ombelico e che solo per magia non lasciava scoperti i seni. Fisicamente, l’unigenita di casa Nott assomigliava alla madre, con un viso grazioso e bracchino, ma i capelli biondo scuro erano del padre, e così anche gli occhi nocciola. Come era senza dubbio dono del padre la sua appartenenza alla casata Slytherin

 

“Non è ancora arrivata.” Disse Hermione cautamente, finendo di acconciare con cura la capigliatura della figlia Armony una simpatica bimbetta di quindici anni che aveva ereditato la bellezza e l’intelligenza della madre e la simpatia e le lentiggini del padre. Era l’unica ad aver indossato un abito corto, che più ad una fata la faceva assomigliare ad un buffo e allegro folletto.

“Magari viene dopo. Ad Anastasia non piacciono le feste.” Disse la piccolina, facendo spallucce.

 

MA MANCANO SOLO DUE ORE ALLA FESTA E LEI NON E’ ANCORA PRONTA!” Gridò di nuovo la padrona di casa, sull’orlo di una crisi di nervi.

La dolce Eleanor le si avvicinò subito, dopo aver dato alla figlia gli abiti da indossare e averle indicato il luogo ove si poteva cambiare.

“Coraggio, calmati tesoro. Ania si prepara in fretta. Non preoccuparti! E, se anche arrivasse in ritardo alla festa, nessuno la rimprovererebbe: le più belle devono farsi aspettare!”

Il commento simpatico fece tornare un poco il buon umore a Ginevra, che sorrise all’amica accarezzandole il viso magro accuratamente truccato.

“Non so come avrei fatto a sopravvivere se tu non fosti venuta ad abitare vicino a casa mia!” Aggiunse poi, abbracciandola.

“Oh, te la saresti cavata comunque egregiamente, sei una mamma perfetta!”

 

Mamma, ma allora anche io devo arrivare in ritardo?” Chiese in quel momento, sottovoce, la giovane Nott alla madre.

No tesoro, noi non ci facciamo spettare, anche se indubbiamente siamo le più belle!” Rispose quella.

 

 

 

Anastasia aveva guardato l’arrivo degli ospiti comodamente seduta sul ramo di un albero, dove nessuno l’avrebbe mai potuta vedere.

La festa iniziava alle sette e mezza, e alle otto, ora del momento, erano già arrivati quasi tutti gli invitati, tutti bellamente vestiti con i loro abiti svolazzanti e sbrilluccicanti. E lei si sarebbe dovuta mischiare a quel branco di idioti?!

Aveva sentito le grida della madre, ma non se n’era curata. In fondo, la madre gridava sempre. Soprattutto contro di lei o contro il padre. Non riusciva a spiegarsi come potessero definirsi innamorati quando continuavano a sbraitare l’uno contro l’altro notte e dì.

Quanto era stupida la razza umana.

 

Eppure, forse si sarebbe dovuta andare a preparare e presentarsi alla festa. Anche solo per Sebastian: in fondo doveva dargli la risposta alla sua richiesta. Anche se non sapeva ancora cosa gli avrebbe detto…

 

In quel momento, la luce della stanza al suo fianco si accese, e lei subito pronunciò un incantesimo di occultamento su se stessa per evitare che la vedessero. Era la stanza dei genitori, e gli unici che vi potevano accedere erano, ovviamente Draco e Ginevra.

Certo che però era strano che avessero entrambi lasciato la festa, non era da loro abbandonare così maleducatamente gli invitati…

Fece spallucce: a lei non importava nulla. I problemi loro se li aggiustavano loro, lei non voleva metterci il naso dentro, neanche per una questione di pura, semplice, umana curiosità.

Riprese a guardare gli invitati che arrivavano, anche se con frequenza minore: criticare quegli antipatici pavoni a coda spiegata che nonostante fossero ricchi da fare schifo si vestivano talmente male da sembrare cessi infiocchettati… era molto più divertente!

 

“Calmati! Gin, avanti calmati!” Disse Draco, elegantemente abbigliato con un paio di pantaloni verdi e una semplice camicia di seta bianca che lasciava intravedere i suoi addominali scolpiti. Il suo viso, bello come sempre, il quel momento era rabbuiato dall’ira e dal dolore.

Ginevra fece un altro giro per la stanza con passo nervoso, e poi si fermò sulla finestra. “Non è ancora arrivata! Draco, Ania non è ancora qui! Sono perfino andata a casa di tuo padre – a proposito, ha detto che arriverà sul tardi perché ha delle pratiche urgenti da sbrigare – e lui mi ha detto che era andata via già dopo pranzo! Dove si sarà cacciata?! E se le fosse successo qualcosa?” Una mano tremante andò a coprirle gli occhi, mentre una lacrima silenziosa scendeva giù. “Oh… Draco! Non ce la farei a sopportare un’altra sua scomparsa! Non riuscirei di nuovo a saperla lontano da qui!”

Draco sospirò, e le andò subito incontro, abbracciandola e baciandole la fronte. “Non le è successo niente, Gin, sta tranquilla. Anche perché non le può essere successo niente. E’ troppo potente per lasciarsi sopraffare da qualcuno!”

“E allora perché non è qua?! Perché ci odia così tanto da non curarsi del dolore che ci provoca con i suoi comportamenti?! Cosa le abbiamo fatto, Draco?” Disse, non facendocela più a trattenersi e scoppiando in lacrime.

“E’ convinta che l’abbiamo abbandonata quando i suoi veneratori l’hanno riportata a Na’Weh. E’ così concentrata su se stessa che non ha neanche provato a pensare a tutto la rabbia che abbiamo provato in quei tempi, quando avevamo la piccola Melissa gravemente malata e lei via.”

Ginny singhiozzo, asciugandosi le lacrime e scostandosi un poco da Draco. “Mai come in quel momento ci rendemmo conto della nostra impotenza… Mai come in quel momento.

Ma ora basta pensare al passato. Torniamo giù dai nostri invitati, non voglio dare nell’occhio né passare per una maleducata.” Disse, sorridendo.

Draco si chinò su di lei e la baciò appassionatamente. “Ti amo.”

Anche io. Tantissimo.”

“Vedrai che tornerà.”

“Lo spero. Io starò ad aspettarla finché non la vedrò arrivare.

 

Uno fruscio violento del ramo che si affacciava alla finestra li fece voltare entrambi in quella direzione. Draco arricciò le sopracciglia e andò a vedere cos’era stato: ma non trovò nulla.

“Probabilmente era quell’orribile civetta della piccola Potter. Dovrò inventarmi qualche veleno perché non si permetta più di poggiarsi sui miei rami…” Brontolò Draco, facendo scoppiare a ridere la moglie.

“Andiamo avanti! E lascia stare Aurora: è una dolce ragazza!” Disse la moglie, prendendolo a braccetto e tirandolo via.

“Peccato solo che sia figlia di Potty…”

 

 

 

Anastasia, veloce, silenziosa e agile come un gatto, entrò nella stanza dei preparativi, completamente vuota, e fissò con occhi lucidi il bellissimo abito poggiato sul divanetto.

Bellissimo, davvero, non aveva mai visto un capolavoro del genere. Era fato di raso e seta, con veli di voile qua e là, decorato con elaborati disegni di pietre preziose e senza maniche. Bellissimo.

Senza alcun’altra esitazione, lo indossò.

Le calzava a pennello, la madre aveva un gusto ottimo.

Si sistemò meglio i lunghissimi capelli biondi, acconciandoli in boccoli perfetti e lasciandoli liberi di cadere liberamente sul suo corpo.

Si truccò, accentuando il taglio degli occhi da gatto e il loro colore pastello, e pose un leggero filo di matita sulle grandi labbra.

Mise sulla fronte il piccolo diadema di diamanti, e poi guardò il lavoro completo.

Sorrise: le piaceva quel suo aspetto. Mai come in quel momento, col cuore gonfio di dolorosa comprensione, si era vista finalmente come davvero era.

Per la prima volta capì chi era davvero, cosa doveva fare; per la prima volta capì il suo posto nel mondo.

Con la sua andatura elegantemente ondeggiante si diresse verso la porta che dava alla scalinata che conduceva al salone.

Era ora di fare parte della famiglia.

 

 

 

Draco era seduto nel salottino insieme ai soliti amici, e aveva in mano un calice di cristallo ancora pieno di Whisky Incendiario.

“Ehi, Dra, tutto bene?” Chiese Nott, scotendolo dal mondo dei suoi pensieri.

Il biondo si voltò dalla sua parte, fissando il suo sguardo duro e vuoto su di lui. “Sì… sì, tutto bene.”

Ania non è ancora qui?” Chiese Blaise, mentre bevevo l’ultimo sorso dal suo calice.

“No… e Ginny è giù di morale.”

 

In quel momento due ragazzini di quindici anni, dai capelli rossi e dal perfetto volto privo di lentiggini, corsero via tenendo qualcosa in mano, insieme ad un altro compagno della loro età dai capelli platinati e gli occhi grigi: non c’è da chiedersi chi fosse quel piccolo angioletto.

Blaise li fissò storto: l’ultima volta che aveva visto i gemelli Weasley- figli di Ron e Hermione, gemelli a loro volta della simpatica Armoni- insieme al piccolo Enrique Domitian correre in quel modo, era scoppiato un albero al centro di Fary’s Manor. Chissà cosa avevano in mente questa volta…

 

“Lo sai che Anastasia è una ragazza complessa… arriverà, quando ne ha voglia. Disse Theodore. “Dubito che le sia successo qualcosa.”

“Sì, fin qui c’ero arrivato anch’io. Ma il punto è che non può continuare a comportarsi così. Sbottò nevrotico il biondo, senza accorgersi che proprio in quegli istanti l’attenzione del pubblico era stata richiamata da qualcosa all’ingresso.

Anche i due amici si voltarono, e vedendo ciò che gli si era presentato agli occhi, non poterono fare a meno di rimanere a bocca aperta, e avvertire Draco che stava continuando a parlare, ignaro di tutto quanto.

“CHE C’E’?!” Gridò ad un certo punto, stancato dal continuo ticchettio del dito di Blaise sulla sua spalla. Si voltò verso la direzione indicata dall’amico, e ciò che vide gli fece surriscaldare e gelare insieme il sangue nelle vene.

 

Era la ragazza più bella che chiunque avesse mai visto. La fata più meravigliosa comparsa sotto gli occhi di un uomo. Scendeva le scale con una grazia infinita, un dolce sorriso sulle labbra ed i capelli che svolazzavano intorno come un manto d’oro.

Una vera visione.

 

Riacquistata un poco di lucidità, Draco si alzò, e si fece spazio fra gli invitati incantati per andar ad accogliere la figlia alla fine della scalinata.

Ania, con un sorriso che divenne ancora più grande e bello nel vederlo, e che lasciò Draco totalmente senza connotati, accettò la sua mano, e poi si avvicinò a lui per poggiargli un bacio sulla guancia.

Mai si era comportata in quel modo.

Scusami per la mia cecità – gli sussurrò ad un orecchio – ora sono di nuovo qua, papà. Davvero. Scusami.” Draco la fissò stralunato, mentre la comprensione di quelle parole le veniva in mente. Non ce la fece a trattenersi e,s otto gli occhi sbalorditi di tutti, sollevò in braccio la figlia e la fece volteggiare.

 

“Erano sedici anni che ti aspettavo!” Le disse poi, entusiasta, accarezzandole il bellissimo viso. Poi si voltò verso gli invitati, e con un sorriso che sciolse il cuore di molte donne lì presenti, annunciò: “QUESTA E’ MIA FIGLIA! ANASTASIA MALFOY!”

E subito un forte e caloroso applauso accolse la nuova venuta.

Ginevra, che aveva assistito a tutta la scena, allibita, da un lato della sala insieme alle amiche, corse da loro e li abbracciò.

“Mamma!” Disse Ania, accogliendola fra le sue braccia.

“Tesoro! Oh, tesoro mio! Fatti vedere… Oh, sei bellissima! Sei meravigliosa!”

“Grazie di tutto mamma!”

“Per te questo e altro, amore mio!”

 

Allora l’orchestra di gnomi iniziò a suonare, e i cavalieri andarono per la sala cercando una dama con cui danzare.

Mentre la piccola famigliola si abbracciava e continuava a gioire del nuovo ricongiungimento, un ragazzo, bello come un cavaliere antico, dal perfetto e abbronzato torso nudo e vestito solo con dei larghi panta d’oro ricamati con diamanti che si fermavano sul ginocchio, un paio di lunghe calze bianche e scarpe persiane abbinate al resto del vestiario, si avvicinò a loro, schiarendosi la voce per farsi sentire.

Ania si voltò a guardarlo, e gli sorrise dolcemente arrossendo sugli zigomi. Per Merlino, com’era bello Sebastian quella sera!

“Madama Sissi, posso avere l’onore di questo ballo?” Chiese lui elegantemente, inchinandosi.

Draco lo guardò male, e Ginny invece gli sorrise estasiata.

Anastasia non se lo fece ripetere due volte: gli andò incontro e prese la mano che lui le offriva.

Ma certo, mio cavaliere!” E si avviò con lui al centro della sala da ballo, già gremita di danzanti.

 

“Non sopporto quel tipo!” Brontolò Draco, guardando con astio il primogenito di casa Potter. “Se mi travia la figlia lo castro!”

“Oh, sta zitto Draco, sono così belli insieme!” Disse Ginny, che aveva gli occhi scintillanti per la felicità.

“Non è vero! Ania starebbe molto meglio con uno Slytherin!”

Ania odia gli Slytherin!”

“E allora?! Se ha preso da te, finirà con innamorarsi di qualcuno di loro!”

“Non voglio altri Slytherin nella mia famiglia! Bastate tu, Enrique e Lion! Non ne voglio altri!” Disse Ginny, facendo una smorfia.

“A mio dire ce ne volevano di più. Ania è una Grifondoro… e Melissa addirittura una Corvonero. Le femmine sono uscite tutte male!”

Ginny gli lanciò un’occhiata inferocita. “Allora avresti dovuto sposare tu Pansy Parkinson, così avresti avuto un primogenito maschio, lo avresti chiamato Xavier e certamente quel povero disgraziato sarebbe finito a Serpeverde, con due genitori del genere.

“Beh… non che Xavier Zabini abbia avuto una sorte differente…”

Ginny alzò gli occhi al cielo, dirigendosi di nuovo verso il gruppo di amiche. “DRACO! SEI PROPRIO UNO SCASSAPALLE! Torna dai tuoi amici, se no finirò con l’ammazzarti prima della fine della festa!”

 

 

 

Non c’era dubbio su chi, fra tutti i ballerini, fosse la coppia migliore.

I due in questione si esibirono per tutta la serata in passi difficili, che però eseguivano con una facilità e una naturalezza impressionanti, tanto da sembrare veramente un principe dei folletti ed una regina delle fate.

A mezzanotte però, ormai stanchi, uscirono in giardino e si misero a passeggiare,s scherzando e ridendo fra loro, l’uno di fianco all’altra.

 

“Sei bellissima questa sera.”Le disse Sebastian, ad un certo punto, fermandosi e prendendole la mano per poi portarla alla bocca e baciarla.

Lei sorrise. “Me l’hai già detto un migliaio di volte, Sebastian James Potter, inizi ad essere noioso!”

“Colpa tua che mi hai mandato in tilt il cervello!” Commentò con un ghigno lui, fissandola poi con occhi incantati. Stava in ogni modo tentando di trattenersi di chinarsi a baciarla, non voleva irritarla. A dire il vero, il suo strano comportamento di quella sera l’aveva stupito, e non sapeva più cosa aspettarsi da lei.

Cosa è successo?” Le chiese dunque.

Lei abbassò lo sguardo. “Ho capito i miei errori… ho capito che non solo io avevo sofferto, ma anche tutti loro, ed ho capito che comportandomi in quel modo non facevo altro che continuare a fargli del male. Nessuno aveva colpa di nulla. Eravamo semplicemente tutti preda… della limitatezza dell’essere umano… ed io dell’estrema stupidità di questo genere. Così, ho deciso di cambiare.” Disse, con un filo di voce. Era pur sempre figlia di Draco, e ammettere i propri errori anche per lei era molto difficile.

Seb sorrise, e le sollevò il viso con due dita. “Vieni con me?” Le chiese.

Il cuore di lei iniziò a battere all’impazzata. Ci aveva pensato, e aveva preso una decisione. Ora che la consapevolezza di ciò che era ormai passato era in lei, aveva bisogno di un po’ di tempo lontano da tutto e da tutti per riflettere meglio, per rappacificare il suo spirito… per abitare a camminare in quella via che, seppur giusta, era nuova.

“Sì!” Gli disse, saltandogli addosso e legandogli le braccia intorno al collo. “Sì, vengo! Ma ti ricordo che,s e non torniamo entro Settembre, mamma mi ammazza!”

“Tranquilla! A settembre ho il corso di Diritto Magico, e se ritardo anche io sono fritto!”

 

Quasi accorgendosi in quel momento della vicinanza con cui stavano, Ania si allontanò da lui velocemente, guardandosi intorno spaesata. Fu più volte sul punto di dire qualcosa, però l’imbarazzo glielo proibì. Alla fine, alzò gli azzurri occhi su di lui e lo fissò come un cucciolo sperduto bisognoso di affetto. Poi corrucciò le sopracciglia e aprì la bocca, ma si bloccò subito e riabbassò lo sguardo, prendendo a mangiucchiarsi un’unghia.

Sebastian la guardava senza capire che caspita le stesse succedendo.

“Che palle!” Esclamò poco dopo lei, con voce seccata.

“Che c’è?!” Le chiese lui, sempre più allibito.

“Sono saltata al collo di tanti ragazzi, però con te non ci riesco!”

 

Lui rimase ancora un poco immobile, sbalordito. Poi ghignò e l’attirò a se. “Beh… potevi dirmelo subito: ci avrei pensato io!” E, così dicendo, si chinò su di lei, e si baciarono a lungo, là, sotto il cielo stellato, mentre i più che arrabbiati Draco e Harry e le felicissime Ginevra e Eleanor li guardavano dalla finestra!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

RINGRAZIAMENTI

 

E questa, ragazzi, è davvero la fine!!!!

Beh, che avete da dirmi?????

Io vi ringrazio infinitamente per tutto l’appoggio che mi avete dato per questa ff- la prima che riesco a finire – senza di voi, questa storia non sarebbe mai continuata dopo il primo capitolo, e non sarebbe mai finita in questo modo!

 

 

Grazie a: xacchanx; Fede (Grazie! E in bocca a lupo per la mia storia… spero che tu non muoia di noia prima!!! Questo, come puoi vedere, è l’ultimo capitolo! Di storie ne ho scritte altre, le puoi vedere nel mio elenco se vai su Autori: l’unica che può assomigliare a questa è ambientata durante la prima generazione di maghi, ed è incentrata su Sirius Black e su un nuovo personaggio, Solaria Nimbus!); terry; Sakura89 (ciao! Ti dirò che all’inizio il nome Lion Lucius non mi piaceva… ma poi il suono mi ha convinto. Considera che poi non deve essere splendido, dato che è nato dal litigio di quei pazzi! Lion è nato lo stesso anno di Lakisha, perché è stato concepito in Cina, e la piccola è nata a gennaio. Ora capito? Effettivamente prima non era molto chiaro… scusa!); leidia (davvero, non volevo ammazzarti con un infarto!); Minako_chan; ruka88(la tua recensione mi ha fatto morire dalle risate!!! Ehehehehhe! Beh, che dici, la spiegazione ti è piaciuta????); Ginny Malfoy (il tuo nick è alquanto allusivo… scommetto che sei una fanatica della coppia D/G, eh?! Comunue, di Satine non avrei mai potuto descrivere la faccia che avrebbe fatto a tale notizia perché… beh, lei è ad Azkaban!!! Ricordi??? Draco ha ucciso il ragazzo e poi ha fatto catturare lei dalle guardie del Regno di Abkàl! E poi…. HAI VISTO CHE SEB E ANIA SI SONO MESSI ASSIEME?????CHE CARINI!!! STANNO BENISSIMO ASSIEME!!! Anche se uno come Seb me lo sarei tenuto molto volentieri per me….); aledra_xan (ciao!!!!La tua recensione era simpaticissima, grazie!!!!)

 

 

 

E grazie ancora a tutti gli altri che mi hanno recensito nel corso di tutto questo tempo. Per ora non ho intenzione di scrivere alcun’altra ff, mi concentrerò sullo studio che quest’anno sto mollando troppo…. Però, se volete, potete leggervi l’altra mia ff, LA VERA STORIA DEI MALANDRINI (…pubblicità occulta…), anche se non a molti piace quel periodo.

Spero che vogliate lasciarmi un ultimo commento su questo capitolo… che mi sono letteralmente uccisa per scrivere… e della ff in generale!!!

 

Grazie ancora di tutto,  La vostra affezionatissima

 

                                                           Kishal

 

   
 
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