Lunedì 02/02/09
08.45
Sono
in ritardo. Ancora una volta.
Il
mio vero problema non è tanto, l’alzarmi dal
letto, il non fare colazione e tutte le stronzate che ti passano sul
primo canale alla televisione, quanto lo scegliere il vestiario adatto
per ogni tipo d’insegnante. Per cui metti il pantalone
più scuro, camicia e gilè se hai a che fare con
la professoressa d'un certo livello sociale e - fondamentalmente -
acida. Una copia di Sanzo, pure se non ho mai avuto occasione di
seguire una sua lezione a scuola. Il jeans strappato e la
felpa, se becchi la zitella che ama il giovane dal capello ribelle.
Naturalmente c’è da scegliersi anche la
capigliatura giusta. Legati in una coda, stretti nella crocchia bassa e
sciolti. Com’è difficile essere un sex simbol. E
non scherzo. Tutte si aspettano qualcosa da te. Che le fai raggiungere
6 orgasmi nel giro di dieci minuti e che allo stesso tempo le tratti
bene. Perché nessuno vuole ammettere che per raggiungere 6,
e dico 6, orgasmi in così poco tempo devono,
necessariamente, essere sbattute peggio delle battone?
“Miao..”
Ah, ecco autunno, solo tu mi apprezzi per quello che sono. In
realtà apprezzi il sellino della mia vespa. Cerco distratto
nella borsa a tracolla le chiavi della moto mentre osservo il gatto
oggi dormiente sulla Maserati del pianista che abita con me. Diamine
quant’è bella quest’auto. Giuro su Dio
che prima o poi riuscirò ad averla. Farò tanti di
quei soldi che farò invidia persino al biondino.
Lamborghini. Mi viene la pelle d’oca persino ad immaginare il
mio bel culetto sodo sopra una macchina come quella.
Fisso
l’orologio al mio polso. Non credevo d’essere sceso
così presto. Solitamente Sanzo è già
andato via da un pezzo quando m’incammino per
l’università. Ma la porta di camera sua era semi
aperta, non abbastanza da guardarci dentro, ma è il suo
segnale per farmi capire che se voglio posso fare pure un po’
di casino senza preoccuparmi di svegliarlo o dargli fastidio.
Quell’uomo ha il sonno troppo leggero.
Poco
male, adesso è troppo tardi per pensare a lui. E’
grande e vaccinato ed io sono in ritardo da fare schifo, se solo
trovassi quelle maledette chiavi.
Ma
che diamine!
08.50
Vuoi
che non mi toccasse risalire a prendere le chiavi? Mi sa che ormai, il
tempo che le trovo e riscendo si sono fatte le nove. Per oggi
marinerò l’università. Non si direbbe
ma sono un allievo modello, io. Per cui se salto un giorno di lezioni
non sarà la fine del mondo, passerò la giornata a
studiare ed a pulire quel manicomio della mia stanza. Apro la porta di
casa, nessun rumore. Forse il prof questa mattina è sceso a
piedi. Giusto per tenersi in forma. Lo so cosa vi state chiedendo,
perché un uomo adulto vive con un poppante?
Io
e lui ci conosciamo da quasi dieci anni ormai, Amici di amici. Io avevo
quattordici anni e lui 18. Era il grande del gruppo. Era entrato a far
parte della combriccola a causa del gruppo rock che avevamo messo su.
Il piano può sembrare uno strumento inutile in una rock
band, ma si sbaglia chi lo pensa.
Comunque.
Sempre stato tipo strano, fatto sta che abbiamo fatto amicizia. Sono
stato l’unico con cui s’è trovato bene,
e se devo essere sincero la cosa è stata reciproca. Non so
perché. Per quanto parli pochissimo, sia sempre scorbutico e
faccia davvero poca compagnia, quando ho avuto bisogno di aiuto
è stato lì a differenza di quelli che dovevano
essere i veri amici.
L’unico
suo problema, rivelatomi da lui stesso, è che soffre di
depressione. Per cui la spiegazione per cui vive con un ragazzetto
quattro anni più piccolo di lui è che cerca di
prevenire se stesso. Immaginate d’essere una persona che da
un giorno all’altro si chiude in casa, senza mangiare, senza
sentire nessuno e senza muoversi dal letto. Nessuno saprebbe quello che
vi sta succedendo. Morireste, senza davvero volerlo, intrappolati nella
vostra depressione. Per questo quando mi ha proposto di vivere con lui
ho accettato. Io faccio la mia vita, sia chiaro, soltanto che, quando
penso al mio mangiare ed al mio quieto vivere, penso anche al suo. Non
mi pesa e non mi è mai pesato. Per cui se per qualche
secondo penso che non dovrebbe importarmene, poi ci ripenso e mi sento
in colpa soltanto d’averlo pensato.
Sanzo
mi è stato accanto quando è morta mia madre.
Possono sembrare le parole di un Gay, è vero, ma se volere
bene ad un amico significa essere gay, allora lo sono.
“Ehi,
occhi suadenti, sei a casa?!” Poso giacca e borsa
all’ingresso mentre lancio le chiavi di casa sul mobiletto
nero comprato all’ikea per meno di 30dollari. Nessuna
risposta, soltanto indizi. Ma le sue chiavi di casa non ci sono e
nemmeno la valigetta del lavoro che lascia sempre vicino la porta.
Faccio spallucce e mi dirigo al bagno senza passare dal corridoio
centrare. Piscio. Cavolo avevo la vescica gonfia! Evidentemente era
destino che questa mattina proprio non ci andassi a lezione eh?
Mhà, speriamo che il cielo abbia in serbo qualcosa di
divertente per oggi. Tiro l’acqua e tiro su la cerniera
mentre il maglioncino leggero vola via dentro la vasca da bagno.
Sbadiglio fissandomi allo specchio sopra il lavello prima di aprire le
ante cercando qualche elastico o forcina. Tutto sembra stranamente
troppo in ordine e.. vuoto. Si vuoto è il termine adatto. Mi
spiego meglio, non c’è nulla di mancante, a
sinistra stanno i medicinali del mio coinquilino. Per la stragrande
antidepressivi, ansiolitici e sonniferi. E a destra le mie cose tra cui
medicinali per l’influenza, per la diarrea, per tenermi in
forma. Si bhè, per fortuna non si tiene conto della
profondità di una persona dal suo armadietto. Tornando alle
scatoline cilindriche, non riesco a focalizzare
cos’è che stona. Scruto le confezioncine
trasparenti, posso guardarci attraverso di quando sono
pulite. La fila centrale, quella degli antidepressivi, ha
solo contenitori vuoti.
"MA
PORC...!"
Non
penso troppo. Esco dal bagno percorrendo la casa a grandi falcate.
“Sanzo?!”
Chiamo a voce alta raggiungendo la porta della sua camera. Lo spiraglio
è di circa cinque centimetri e quando vado per aprire la
soglia la sento bloccata.
“Maledizione,
apri questa porta!” Urlo ancora. Faccio la voce grossa. Non
è mia intenzione ‘spaventarlo’ anche
perché se davvero volessi, lui si metterebbe a ridere,
voglio solo capire che sta combinando. Ecco il mio compito. Fermarlo in
caso tenti il suicidio. Cerco di guardare dentro la stanza. Ci vedo a
malapena il letto. Le lenzuola sono scombinate sul materasso e quello
che ci vedo sopra, voltato di spalle e sdraiato, sembra essere lui.
“Sanzo?!
Sanzo, ehi, mi senti?!”
Non
si muove. Le braccia scomposte sui lati. Non riesco a vedergli la
faccia. Non riesco a vedere niente, maledizione! Con la mano cerco di
capire cosa blocca l’ingresso: il tavolo in legno.
Mi
faccio indietro. Punto i piedi per terra e con le braccia spingo. Mi
bastano venti centimetri in più per passare.
Giro
intorno il letto, a terra, sotto il suo braccio lasciato penzoloni
stanno un paio di pillole, quelle che non è riuscito a
ficcarsi in gola direi.
Il
suo volto è pallido ed agonizzante. Le labbra viola ed una
buona quantità di schiuma e sangue agli angoli.
Sapete perché sono, per certi versi, così lucido
e critico? Perché non è la prima volta che
succede.
18.45
Quando
mi risveglio, sono già morto da un secolo. Ed il suono
fastidioso della Nintendo DS di Gojyo mi fracassa le orecchie.
“Vuoi
spegnere quell’affare?” Mugolo, persino il suono
della mia voce risulta molesto per il mio cervello che ha la sensazione
d’essere sballottato da una parte all’altra del
cranio.
“Oh,
chi me lo sta chiedendo?” Domanda con quell’ironia
da due soldi che si porta dietro da quando era un ragazzino.
“Ah, si, quell’imbecille di Sanzo, quello che mi
deve la vita? O quello che sta mattina ho trovato in overdose? Ah! Ora
ricordo! Tu sei quello che hanno dato per deceduto per una manciata di
secondi! Ma si, certo che sei tu, ma se sei davvero tu
perché dovrei ascoltare le parole di un morto?”
Sono tentato se aprire gli occhi e fulminarlo con lo sguardo o
semplicemente acchiappare la prima cosa che sta sul comodino.
“Se
fossi morto, starei in obitorio..” Puntualizzo sforzandomi
d’aprire le mie fosche pupille. Temevo di peggio. Sono ancora
in camera mia, ed il mio coinquilino sta seduto su una sedia accanto al
letto. Accanto a lui una flebo che deduco conduca sino al mio braccio.
“Che
illuminazione, prof..” Lo vedo scuotere la testa arrabbiato
mentre spegne finalmente quella scatola demoniaca.
Provo
a mettermi a sedere e la nausea mi sale sino alla gola. Ma deglutisco
cacciando giù quel conato.
“Ti
viene da vomitare?” Il suo tono immediatamente cambia. Quanto
è stupida e banale la coscienza degli uomini. “I
ragazzoni del policlinico hanno detto che è normale dopo una
lavanda gastrica.. Ringraziami d’averli convinti a riportarti
qui, volevano tenerti sotto osservazione …” Lo
guardo frastornato, troppe informazioni tutte insieme.
“… dello psicologo,
s’intende.” Annuisco, chi se ne frega dove volevano
tenermi. E chi se ne frega se gli devo un favore, anche
perché se sono vivo, evidentemente non mi ha fatto il favore
di lasciarmi morire.
“I
ragazzoni del policlinico ti hanno detto che dovresti stare zitto? Sono
un suicida, vuoi trasformarmi in omicida?”
“Se
ammazzi qualcuno ti fai qualche anno di galera, ma almeno rimani vivo
…” Fa il sarcastico lui.
“Sai
che in galera c’è il più alto tasso di
suicidi?”
“La
vuoi smettere di parlare di suicidio?” Si è alzato
in piedi, arrabbiato. Ma che diavolo vuole? Si faccia i cazzi suoi.
“Parlo
di suicidio quanto mi pare e piace.. e se non ti sta bene, quella
è la porta, togliti dalle palle..”
“No,
che non mi tolgo, ok?! Ma che cazzo hai nel cervello? E soprattutto,
cosa cazzo c’è nella tua fottuta vita che non ti
va bene?! Hai uno stipendio rispettabile, un tetto sopra la testa ed un
piatto caldo sempre sulla tavola!”
“Oh
scusami se nel mia fottuta testa, come dici tu, non ci sono soltanto
beni materiali del cazzo come questi!” Mi siedo
adesso,perché giuro che se lo sento ancora parlare lo
ammazzo, lo ammazzo sul serio. Strappo via la flebo sotto il suo
sguardo sconvolto. O si, piccolo Sha, mi sto alzando e sto andando al
cesso.
“Ehi,
no aspetta, non puoi alzarti, hanno detto che.. “
Non
riesco nemmeno a mettere entrambi i piedi nudi sulla moquette che gli
crollo praticamente addosso. Lui non si tira indietro nel non farmi
cadere. E’ questo che mi ha sempre fatto incazzare di lui. Ti
sorregge pure quando vorrebbe spaccarti la faccia. Non gli importa se
fino a due minuti prima vi stavate scazzottando. Diamine, che abbia le
palle di rimanere sulle sue idee e guardarmi
dall’alto. Gli vomito addirittura addosso, mentre
la nausea mi attanaglia le viscere, e quando davvero voglio solo
crollare per terra, lui mi segue, rimanendo ricurvo su di me. Non sta
mai alzato. Che si fotta il suo buonismo che mi fa sentire
così debole. Odio questa sensazione. E odio ammettere
d’avere bisogno di lui.
Giovedì 12/02/09
“Smettila
d’ingozzarti così, finirai per sentirti
male..” Sanzo mi rimprovera, come mi rimprovera tutte le
volte che non sto dritto sulla sedia. O non comprendo bene cosa
è successo tra il 1492 ed il 1520. Cose che, dopo una serie
di scappellotti sulla testa, mi entra naturalmente nel cervello. Gojyo
ha un'aria soddisfatta mentre inforca i suoi spaghetti al pomodoro.
Hakkai beve la sua birra con una discreta dolcezza negli occhi. Ed il
pianista mi guarda truce. Ma sorrido di rimando seppure subito dopo
finga l'aria seccata ed offesa.
"Ma
non c'è gusto a mangiare se non ci s'ingozza!" Sbotto io
intrattenendo gli altri tre, che se la ridono bellamente. Gojyo manda
giù il boccone prima d'incalzare come a dare man forte al
suo coinquilino.
"Chissà
perchè, immaginavo avresti risposto così.. da
vera scimmia!" Se la ride di gusto lui. Mi scappa ancora da ridere
mentre Sanzo scuote il capo come arresosi all'evidenza che sono e
rimango una stupida scimmia e continua a sbocconcellare il piatto che
ha davanti. Non che abbia mangiato in grandi quantità. Per
non parlare poi del fatto che, già di suo, non ama la pasta.
Da quel che ho capito, a parte nelle rare volte, come questa, in cui ci
ritroviamo a mangiare, si nutre per lo più di uva e frutta
secca. Formaggi freschi e Crackers. Accompagnando sempre con un
bicchiere di vino o del Whisky. Non so davvero come faccia. Il suo
colesterolo deve essere così basso, da fare invidia persino
ad un ragazzino del quarto mondo. Orgoglioso comunque, finisco il
piatto. Tamburellandomi la pancia piena. Hakkai conversa con Sanzo
adesso, il quale a tratti guarda lui ed a tratti guarda me. Non so
perchè quest'essere antipatico, dalle dita ingiallite per le
troppe sigarette e lo sguardo truce e malinconico mi attragga tanto.
Non a livello fisico o sessuale. Semplicemente è come se lo
conoscessi da sempre. Come anche Gojyo. Naturalmente con lui
è diverso. Per quanto abbia già un fratello
maggiore, con lui è come averne due. Hakkai è il
buono e saggio. Quello che ti sprona se qualcosa non va. Che sta
lì a farti ragionare nel vano tentativo di dirti che,
essenzialmente, hai sbagliato, ma si può sempre rimediare. E
poi rimane comunque fratello di sangue. Gojyo invece è il
fratellone che sfotte. Magari ti mette anche in ridicolo davanti agli
amici, ma poi viene a rompergli il culo, se s'azzardano loro a
prenderti in giro. Sanzo immagino sia... Non credo di conoscere la
risposta. E' fratello. E' un padre. E' lo zio ed il prof. Sanzo
è tutto. E forse gli dispiace sapere d'averlo visto al
vertice della tristezza. In parte mi sento anche in colpa per quello
che è successo. Forse ci sentiamo tutti un pò
così. Perchè, per quanto lo si possa odiare. Gli
si possa urlare contro. Abbiamo il tedioso ed irragionevole istinto di
salvarlo. Da tutto e da tutti. Di proteggerlo da se stesso. Da quel
baratro che lo imprigiona spesso e di cui davvero nessuno conosce la
spiegazione logica.
Da
quel che so non ha perso nessun parente caro. I suoi genitori sono
ancora vivi e vegeti ed ogni tanto lo chiamano nel tentativo
d'invitarlo a fare loro visita, cosa che non è mai successa
da quel che so. Gojyo dice che è sempre stato
così. Da quando lo conosce è sempre stato dallo
psichiatra, ha sempre preso antidepressivi ed ha sempre fumato circa un
pacchetto e mezzo al giorno. Dice che una volta è riuscito a
fumarsi 80 sigarette in 24 ore. E' stato sveglio fingendo di studiare
in caso ci fosse stato bisogno di chiamare i paramedici. Sanzo ha
suonato per tutta la notte. Ma nessuno è venuto a
lamentarsi. Come se "qualcosa" l'avesse estraniato tanto da
ciò che lo circonda, da risultare inudibile. Non sappiamo
perchè se cominciamo una conversazione incentrata su dei
videogiochi, poi finiamo col parlare di lui. Hakkai ha detto, due notti
dopo il "fatto", che spesso veniamo attratti da ciò che non
capiamo. E noi tre, come falene alla fiamma, lasciamo scottarci,
soltanto per essere sicuri che quella fiamma splendente sia sempre
accesa. E non si spenga mai.
"Baka,
stai pensando alla risposta o stai fingendo d'ascoltarmi?" Mi domanda
innervosito il pianista scrutandomi col suo occhio indagatore. Una scia
di fumo emerge dalle labbra socchiuse mentre attende che io apra bocca.
"Nono...
stavo.. stavo pensando alla risposta!" Mento spudoratamente. Che cosa
mi ha chiesto? Diamine non stavo ascoltando! Lo fisso, deglutendo
sonoramente mentre cerco sul tavolo la pagina del libro, per avere una
vaga idea di cosa sto studiando. Ma lui sorride, sardonico, chiudendo
il libro con un tonfo. La mano poi scivola morbidamente alla sigaretta
lasciata nel posacenere. La porta alle labbra. Aspira. E sbuffa via
dalle narici. Seduto di fianco a me, permane quel sorrisetto,
palesemente cattivo, di chi ha beccato l'alunno che dorme sul banco.
Allora cerco altrove. Hakkai a tratti ride ed a tratti quasi gli
dispiace che non possa aiutarmi mentre Gojyo tenta l'arte del mimo...
che diavolo mi sta mimando? E' un... un cane? Un gatto? Un gatto! Ha
delle.. delle macchie... una coda.. coda molto lunga e...
"Leopardi!"
Esordisco entusiasta d'avere capito i preziosi suggerimenti del rosso
il quale, per qualche strano motivo sghignazza. Hakkai lo rimprovera
tacitamente, seppure anche lui trattenga a stento delle risate.
Sanzo,
invece, chiude gli occhi. Si toglie gli occhialetti rotondi dal naso e
mi fissa con sufficienza.
"Goku...
ti ho appena chiesto in cosa consiste il Congresso di Vienna, nel
1815?!" Sbotta mollandomi una sonora sberla dietro la nuca.
"Aaaaah!
Sanzo, non picchiarmi! Lo sai che non ci capisco niente di storia!
Sempre a parlare di stipulati! Governi! Date!"
"Se
ti sforzassi di capirla, piuttosto che leggerla come numeri a caso,
riusciresti anche ad aprezzarla! E tu..." Si volta verso Gojyo il
quale, aria da santarellino, guarda altrove. ".. Non suggerirgli cose
sbagliate, o finirà davvero per rispondere 'Leopardi' domani
in classe..."
Si
alza dalla sedia, spegne la cicca e si ferma per qualche secondo
davanti la finestra a fissare il paesaggio. Ed è
lì che lo prendo in contropiede. Scatto sul libro, lo apro,
lo cerco, nemmeno il tempo di trovare la pagina che il prof mi chiude
il libro per la seconda volta, proprio sulla mia mano. Gemo di dolore.
Piagnucolando.
Lunedì
02/02/09
19.45
Sono
in ritardo! Sanzo mi ammazza! Dovevo essere lì alle sette e
mezza, ma l'allenatore mi ha fatto fare palleggi in più
visto che domani c'è la finale di Basket tra le scuole del
quartiere. Corro come il vento. Zaino in spalla, la canottiera della
squadra ancora sudata, non ho voluto nemmeno fare la doccia. Scanso una
vecchina. Salto al volo una panchina e prendo la scorciatoia
arrampicandomi per una ringhiera alta circa due metri. Sto sudando come
un cane, prenderò probabilmente un malanno, ma Sanzo fa
molta più paura di qualsiasi altra malattia! Potrei essere
investito da una macchina, non mi preoccuperei. Ma lo sguardo truce, ed
il pugno destro del prof privato, fanno molta, molta... davvero MOLTA
più paura di qualsiasi catastrofe ambientale e non!
Attraverso
la strada col rosso, una ragazza in motore mi manda a quel paese e in
meno di tre minuti raggiungo il palazzo. Il portone è ancora
aperto, saluto il portiere, salgo le scale e sono già al
primo piano. Ma è quando sto per suonare il campanello che
un senso di vuoto m'attanaglia lo stomaco.
Tentenno.
Qualcosa mi dice di girare i tacchi e andarmene, ma l'immaginaria voce
di Sanzo che mi rimprovera per il ritardo mi scuote. E do il mio solito
tocco personale alla suonata. Ancora col fiatone. Passa qualche secondo
prima che Gojyo mi apra la porta.
"Goku...
che ci fai qui?" Il suo volto è sinceramente spaesato.
Strano che non si ricordi della mia venuta. Solitamente mi fa sempre
trovare qualcosa mangiare. Si, lo so, ho un rapporto d'affetto col cibo.
Io,
rispondo a scatti per via del fiato.
"Oggi
è Lunedì!" Spiego. "Ho la lezione con Sanzo!"
Sorrido, come fargli capire che sono in ritardo mostruoso ed aspettare
lì, in piedi, davanti la porta, non è proprio la
migliore delle idee. Lui però mi guarda, si passa una mano
tra i capelli e sembra non trovare le parole.
"Goku,
va a casa... oggi... Sanzo non c'è..." Conclude
così cercando richiudere la porta ma lo fermo, poggiando una
mano su di essa.
"Come
non c'è? Perchè non mi ha avvertito? Mi avvisa
sempre quando c'è da rimandare le lezioni!" Esclamo...
arrabbiato. Si è il termine giusto. Non mi piacciono le
risposte vaghe. Non hanno senso, e non danno il giusto valore alle
parole. Lui mi guarda. Indeciso. Se dirmi "qualcosa" che
però non riesco a comprendere.
"Goku..."
Tentenna ancora una volta. Scruto i suoi occhi. Stanchi. Non
fisicamente, ma quasi moralmente. E poi sospira spostandosi
dall'entrata, acconsentendo tacitamente alla mia venuta. Io di rimando
scruto il salottino. Ora, improvvisamente, vorrei andare via. Ma entro
lo stesso, facendo scivolare lo zaino per terra, vicino il tavolo
accanto la finestra. Mi guardo intorno. E poi cerco gli occhi di Gojyo
il quale si chiude la porta alle spalle.
"...
okkei.. non è vero che Sanzo non c'è... diciamo
che.. oggi, non ha la testa per farti la lezione..."
Mi
mordo il labbro inferiore.
"Ma..
sta bene?"Chiedo preoccupato grattandomi distratto la fronte.
"Si
si.. sta bene.. " Annuisce. "Dai scimmia.. non fare quella faccia...
per me non è facile per cui... vai a casa... ti faccio
chiamare direttamente da lui al più presto..."
"Posso
vederlo?"
"Scimmia...
" Sospira. "... non credo sia il caso.. davvero... se vuoi chiamo
Hakkai e gli dico di venirti a prendere, manco per farti rifare la
strada a piedi ma... è meglio se... se ti siedi e soltanto
aspet..." Ad interromperlo è un suono gutturale e rauco.
Grottesco.
"Stai..
stai qui.."Mi ordina sparendo nel corridoio. Non so perchè
decido di non ascoltarlo. Lo seguo con uno scatto. Lui non si accorge
di me.
Quando
raggiungiamo insieme il bagno in fondo al corridoio rimango...
estterrefatto. Non tanto per la scena in se quanto per gli occhi di
Sanzo. Che mi guardano. Con rabbia. Con odio per stare conoscendo la
parte più bassa e penosa di se.
"Che
ci fa lui?" Domanda tossendo. Seduto per terra, accanto al Water.
"Aveva
la lezione Sanzo, non è colpa sua.." Pronuncia Gojyo per
difendermi.
"Va
via!" Mi urla Sanzo. "Fuori di qui!" La voce esplode dalla sua gola, si
raschia per lo sforzo. Ed io non ci penso due volte. Corro via. Lascio
lì lo zaino. Non m'importa se domani mi mancherà
il cambio per la partita di Basket. Soltanto corro. Per dimenticare
quello sguardo. Quel volto che non riconosco. Non voglio riconoscere.
Mercoledì 18/02/09
19.45
E'
compiaciuto. Lo vedo da come ogni tanto controlla cosa sto facendo e
come lo sto guardando. A dire il vero non sto fingendo. Non ho una
passione per le armi, ma non ne avevo mai vista una dal vivo. E per
quanto possa sembrare stupido, vedere una pistola a meno di venti
centimetri dalle mie mani mi mette quasi una sensazione addosso strana.
"E'
scarica..." Pronuncia Sanzo inarcando debolmente il sopracciglio
destro. La sigaretta muore silenziosa nel posacenere mentre lui si
diletta nella pulizia della S&W.
Un
rumore di chiavi. Alziamo entrambi il capo in direzione della porta,
alla nostra destra. Fruscio di sacchetti della spesa. Un gemito di
stizza per la pesantezza e poi la chiave s'infila nella toppa. Un giro
e Gojyo si palesa sulla porta.
"Ciao
Goku!" Esclama dando un calcio all'uscio, il quale si richiude con un
tonfo forse troppo forte e non calcolato. Lo saluto di rimando mentre
lui si ferma per riprendere fiato, posare la giacca, le chiavi, le
sigarette, il portafoglio e finalmente riprendere i sacchetti. Fa un
passo, e poi si ferma con un ghigno.
"Ma
no, vi prego, non aiutatemi" Si lamenta. Io rido. Sanzo sbuffa un
debole, debolissimo sorriso prima di concludere la pulizia ed alzarsi.
Casa di Sanzo e Gojyo non è grandissima, ma è
accogliente. Non tanto per i mobili o il colore delle pareti, quanto
per la conformazione di per se delle stanze. Appena entri trovi il
salottino. Con due divani, la televisione, ed il tavolo utilizzato per
le ripetizioni. Una piccola parete attrezzata con una
quantità spropositata di libri, ed il pianoforte divide
l'angolo Tv dall'angolo studio. Il corridoio porta a tutte le altre
stanze. Subito sulla sinistra la cucina. Nulla di che, angolo cottura,
un balconcino per l'estate ed il tavolo al centro. In fondo al
corridoio sta il bagno e sulla destra due stanze da letto. Quella di
Sanzo la prima, quella di Gojyo la seconda. Mentre accanto al bagno, in
una piccola rientranza c'è il camerino. Anche lì,
libri. Infiniti. Qualche gioco da tavola comprato per lo più
dal rosso. Mazzi di carte per il Poker e cianfrusaglie quali piastra
per fare i panini, frullatore ed una Ciclette rotta.
"Ti
va bene il pollo, per cena, scimmia?" Mi chiede il professore riponendo
dei cereali sullo scaffale destro, in alto.
"Non
sono una scimmia" Esordisco prima di ridere. "... si comunque! Ah!
Dimenticavo! Hakkai vi ringrazia per l'ospitalità, si scusa,
e promette che al più presto ricambierà."
Continuo leggendo il messaggio arrivatomi circa due ore fa.
Gojyo
fa spallucce. "Digli di non preoccuparsi... al massimo ci ripaga di
tutto quello che mangi!" Sfotte come sempre il rosso. Il biondo invece
va al frigo, tirando fuori il pollo da fare in padella, alcuni
pomodori, tonno, lattuga e mozzarella.
"Oddio,
Sanzo, ancora l'insalata?" Domanda Gojyo fingendosi disperato. "... Non
ti verrano mai i peli sotto le ascelle, se non mangi un pò
di sostanza!" Io me la rido, perchè davvero non si
può fare altro quando se ne esce con frasi come queste.
Sanzo lo fissa truce prima di ghignare malefico, lanciandogli un
pomodoro. L'altro lo prende al volo e poi se la ride anche lui. Non so
perchè mi piaccia tanto stare qui. E' un pò come
riavere la famiglia che io ed Hakkai non abbiamo mai avuto.
Mia
madre morì circa sei o sette anni dopo la mia nascita.
Mentre mio padre era già andato via molto tempo prima.
Ricordo che col passare del tempo, mi disperavo di dimenticare pian
piano il volto di mia madre. Il primo anno ricordavo tutto di lei. Il
secondo, dimenticai la sua voce. Il terzo ed il quarto riuscivo ad
immaginarla con qualsiasi colore di capelli. Dal sesto in poi, rimasero
impressi soltanto i due pesciolini sopra gli occhi che lei definiva
sopracciglia. Ma se ne toglieva così tante da non risultare
nemmeno quelle.
Sanzo
una volta mi ha detto.
"Dimenticare
non è la fine del mondo... soprattutto quando non ti sforzi
di farlo.. significa semplicemente che è arrivato il momento
di crescere e lasciare il passato alle spalle.." Mi piaceva quella
frase.
Dopo
cena, Sanzo suona il piano, come sempre. La sigaretta stretta tra le
labbra. Gli occhi non guardano i tasti, ma il paesaggio fuori la
finestra. Gojyo fa i piatti, è il suo turno, ed io fingo di
non ascoltare la melodia che proviene dal salotto. Fingiamo entrambi di
non ascoltarla, seppure questa sera ci accompagni una musica allegra
come La Stangata.
Continua...
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