Twelfth.
Strane
figure riempivano la
mia mente.
Il dolore era talmente
acuto,che non riuscivo più a distinguerne la fonte e le orecchie
fischiavano
paurosamente.
Iniziai a riprendere
conoscenza lentamente,quando capii che le voci che udivo non erano
solamente
nella mia testa.
Aprii piano gli
occhi,scontrandomi con la luce al neon attaccata al soffitto.
Una fitta mi percorse il
cervello,portandomi a stringere gli occhi e storcere la bocca per il
dolore.
«
Si sta svegliando »
« Non stategli addosso,gli levate l’aria »
« Sembra sofferente »
« Te come ti sentiresti se ti avessero perforato una
spalla? »
« Smettetela. Immediatamente »
Riprovai
nell’impresa e riuscii
ad aprire gli occhi.
Downey 1 – Luce 0.
Oh,yeah!
Schiusi
piano le labbra,cercando
di immagazzinare aria ed ingoiando a vuoto. Avevo la bocca arsa e
provocai un
leggero schiocco con la lingua sul palato.
Sbattei le palpebre e cercai
di guardarmi intorno,muovendo solo gli occhi ed intravedendo delle
sagome
accanto a me.
Tentai di voltarmi,ma un
dolore lancinante mi percorse dal collo fino alla punta delle dita.
«
Non sforzarti… »
Era
Ewan. Stava seduto
accanto al mio letto ed incominciò ad accarezzarmi pigramente i
capelli,scostandomene alcune ciocche falla fronte.
«
Sei ancora debole »
Feci
schioccare nuovamente
la lingua.
«
Da quanto tempo sono
qui?....E dov’è qui? »
La
voce mi uscii flebile e
roca,tanto che stentai a credere di essere stato io a parlare.
«
Siamo a casa di Caine. Hai
perso molto sangue e la ferita era molto profonda. Abbiamo temuto di
perderti,eroe »
« Ma da quant- »
« Una settimana » Jamie.
Provai
nuovamente a voltare
leggermente il capo e notai,con piacere,che il dolore era diminuito.
Erano tutti li,in piedi
dalla porta,che mi guardavano. La cosa mi mise un po’ in imbarazzo,ma
cercai di
non pensarvi troppo. In quel momento doveva essere l’ultimo dei miei
problemi.
Iniziai a far vagare lo
sguardo su di loro,sentendo che c’era qualcosa che non andava. Che
c’era
qualcosa che mancava.
… vidi Jude sgranare gli occhi ed accasciarsi di
fronte a me…
Scattai improvvisamente in
avanti,provocandomi stilettate atroci in tutto il corpo e un feroce
capogiro,che mi fece ri atterrare,gemendo,sui cuscini.
Mi portai le mani alla
testa,coprendomi gli occhi,e quando tornai a guardarli vidi che erano
tutti
avanzati verso di me allarmati.
«
Robert »
Ewan
mi poggiò una mano sul
braccio.
«
Non agitarti »
« Dov’è Jude? »
Lo
vidi esitare,contraendo i
muscoli.
«
Non devi fare questi
movimenti brus- »
« Dove cazzo è Jude?! »
Alzai
la voce,senza volerlo
realmente fare.
Ma quella sensazione
opprimente,che mi aveva preso all’altezza dello stomaco,era troppa.
Avevo bisogno di sapere.
«
Non lo so »
Rispose
secco.
«
Non- non lo sai? »
« No. Ma posso assicurarti
che è uscito di qui sulle sue gambe »
Sentii
il petto dolermi,come
strinto in una morsa.
«
Se ne è andato… »
Dissi,flebile.
Ewan annuii piano,stando in
allerta,nel timore che potessi farmi del male.
Ma non mi mossi.
Rimasi a guardarlo,senza
farlo davvero.
Era
vivo.
Ed era andato via.
Dopo
tutto quello che
avevamo passato e,soprattutto,dopo tutto quello che avevo
fatto per salvarlo,mi aveva lasciato li,senza alcuna
spiegazione.
La sofferenza che provai in
quel momento non era neanche lontanamente simile a quella che avevo
provato
fin’ora.
No. Era molto peggio.
Avrei preferito morire per
mano di Ralph o tra atroci pene fisiche,pur di non sentire più quel
male
devastante. Quel vuoto immenso.
*
Passavano i giorni.
Michael si prendeva cura di
me come se fossi un figlio e si premurava di farmi avere sempre scorte
di
sangue per farmi riabilitare,ma che era costretto ad iniettarmi
direttamente in
vena. Mi rifiutavo di cibarmi. Volevo morire. Ma al tempo stesso non
avevo la
forza per ribellarmi a lui e così finivo comunque per prendere la mia
dose
giornaliera.
Passavo il tempo fissando il
muro dalla parte opposta al mio letto,oppure il soffitto.
Non lasciavo mai il letto e
non parlavo mai,neanche quando i ragazzi venivano a trovarmi.
Ero diventato il fantasma di
me stesso.
Il tempo mi scivolava
addosso. E mano a mano,incominciai a perderne la cognizione.
Poi,un
pomeriggio,il tempo
si fermò.
Aprii
pigramente gli occhi,risvegliandomi
da un breve assopimento,come accedeva ormai molto spesso a quell’ora
della
giornata. Il sole si estendeva lungo il soffitto attraverso una fessura
delle
tende ed io rimasi a fissarlo con gli occhi socchiusi. Lasciai poi che
le
palpebre ricadessero pesantemente e sospirai,sperando che anche quel
maledetto
giorno finisse in fretta.
Restai li,in quella
posizione per quella che mi parve l’eternità,prima di sentirlo.
Quel profumo aveva invaso la
stanza. Era ovunque. Ma mi ci volle un po’ per capire che non lo stavo
sognando.
Spalancai gli occhi e mi
voltai verso la porta.
Non era possibile. Doveva
essere il frutto della mia immaginazione.
Eppure lui era li,appoggiato
allo stipite della porta,che mi guardava.
Mi misi seduto,senza mai
staccare lo sguardo da lui,terrorizzato dall’idea che potesse
scomparire.
«
Sei tu »
Quasi
lo sussurrai,ma lui
parve capire ugualmente.
Si avvicinò al letto e
sedette nella stessa sedia su cui si trovava Ewan il giorno in cui mi
ero
svegliato.
«
Dove sei stato? »
« Ho avuto da fare »
« Questa non è una risposta »
« Oh sì che lo è »
« No invece »
« Posso asserire il
contrario »
Rimasi
un attimo in silenzio
a guardarlo.
Non era cambiato per niente.
«
Come stai? »
Domandai
senza riflettere.
«
Benissimo. Ho solo preso
una botta in testa,niente di grave »
Ricordai
quando ero stato
colpito a tradimento mentre lo stavo cercando.
Portai istintivamente la
mano sulla nuca.
«
Però fa male »
« Sì,è vero »
Mi
sorrise appena.
«
Mi dispiace di essere
andato via »
Rimasi
interdetto.
Non avrei mai creduto di
sentirglielo dire.
«
Beh,se l’hai fatto
significa che avevi qualcosa di meglio a cui pensare »
Risposi
acido.
«
Infatti è così »
Mi
sentii vacillare,come se
mi avesse dato un pugno.
Ma perché,perché non lo
faceva davvero? Mi avesse picchiato avrei sofferto meno.
«
Però è stato solo una
conseguenza di quello a cui realmente pensavo »
Frugò
nella tasca destra
della giacca e ne estrasse una piccola fiala di vetro,contenente un
liquido
ambrato. Me la porse.
«
Cos’è? »
Chiesi,prendendola
fra le
dita e guardandola attentamente.
«
E’ il siero »
Rialzai
lo sguardo su di
lui.
«
Il siero? Intendi…quel siero?! »
Annuì.
«
Ma perché? Perché hai
questo coso?? »
Poggiò
i gomiti sulle
ginocchia ed intreccio le dita.
«
Ho passato la vita
viaggiando,prendendomi ciò che volevo e facendomi temere da tutti,senza
mai
avere nessuno di cui render conto,nemmeno mio padre. E
poi sei arrivato tu »
Mi
regalò un sorriso velato
d’imbarazzo.
«
Io…non sono bravo con le
parole,quindi verrò subito al dunque. Con questo abbiamo la possibilità
di
tornare umani e di condurre una vita normale…insieme »
Fece
una pausa,in cui mi
guardò dritto negli occhi.
«
Se tu lo vuoi,io prenderò
quel siero ad occhi chiusi. O se vorrai prenderlo da solo,io
non ti tratterò »
Calò
il silenzio.
Rimasi immobile a
guardarlo,per poi passare lo sguardo sulla fialetta.
Tornare umano? Adesso?
«
Sei proprio un’idiota »
Tornai
a guardarlo e vidi
che si era accigliato.
«
Ed io che credevo di
averti già detto che non avrei mai preso questo siero »
Distese
i muscoli.
«
Tu non vuoi tornare umano.
E non lo voglio neanche io »
Lasciai
scivolare la fiala
lungo le pieghe della coperta.
«
Ormai è questa la mia vita e non potrei esserne
più soddisfatto. A me basta sapere che ci sarai. Solo questo conta per
me »
Mi
sentii terribilmente
melenso e stupido,ma dovevo essere schietto.
Senza avere la certezza che
non sarebbe scomparso nuovamente – e magari senza più far ritorno – non
potevo
lanciarmi in nessuna impresa.
Se lui non mi avesse dato
almeno questa garanzia,mi sarei ucciso.
Perché quella che avevo
passato in quei giorni non era vita.
«
Io ci sarò sempre… »
Disse,piano.
«
Anche perché ormai mi è
impossibile liberarmi di te! Se un tipo appiccicoso,sai? »
Sorrisi
della sua ironia e
mi sporsi verso di lui,portando una mano dietro la nuca per spingerlo
verso di
me. Lui non si oppose e poggio le labbra sulle mie.
Mi strinse a se,nascondendo
il viso nell’incavo del mio collo,in silenzio.
«
Ti amo »
Sussurrai.
Non
mi aspettavo alcuna
risposta,che,infatti,non arrivò.
Ma
andava bene così.
Quelle dimostrazioni
d’affetto da parte di Jude già bastavano.
*
E’ trascorso un anno da quel
giorno.
Con la morte di Ralph
Fiennes,New York è potuta rinascere,senza il terrore e i soprusi dei
Bloody
Vampires.
Michael
ha cancellato ogni
traccia esistente dei codici e di ciò che riguardava la cura,riuscendo
a
salvare tutte le fotografie,che ritraevano lui e Jude,dietro cui aveva
scritto.
L’unica fiala esistente – quella che era entrata in mio possesso – l’ho
distrutta con le mie stesse mani,lanciandola dall’Empire mentre
facevamo una
gara di salti con Jack.
Il team è tornato alla solita
routine,anche se spesso Val mi rinfaccia il fatto di aver rotto la loro
quiete
e che quel giorno avrebbe dovuto lasciarmi vagare da solo per la città.
Ma so
benissimo che non lo pensa davvero. O almeno così spero…
Jude ed io,invece,ci siamo
trasferiti a Los Angeles. La cara vecchia New York era troppo carica di
ricordi
e noi avevamo bisogno di un posto nuovo dove ricominciare. E quale
posto
migliore della California? Assolutamente nessuno!
Spesso,però,mi
sorprendo a
ripensare a quei momenti e alle cose straordinarie che abbiamo fatto.
Se qualcuno mi avesse detto
che un giorno avrei salvato l’America dalla distruzione probabilmente
gli avrei
riso in faccia.
Io? Salvare l’America? Ma
per favore!
Ed invece eccomi qui.
Quel
giorno,nel vicolo,qualcuno
di più grande aveva realmente mandato Jude da me e mi ha dato la
possibilità di
riscattarmi.
Bene.
Il mio racconto
termina qui.
Siete felici vero? Dite la
verità!
Non è esattamente simpatico
stare tutto questo tempo ad ascoltare un racconto di questa
portata,soprattutto
se il narratore sono io,quindi sentitevi liberi di urlare e festeggiare
se ne
avete voglia!
Anche perché certamente vi
starete chiedendo: E la morale?
Ed io quindi vi rispondo: Morale? Quale morale? Non è mica
una favola
questa!
Ma se ritenete che il dirvi
“non è mai troppo tardi per cambiare ed
essere quello che si vuole essere” * una morale,allora prendetela
per
buona.
Adesso
vi saluto. Ho delle
cose da sbrigare.
Perché,beh,sapete,l’unica
cosa che ci siamo portati via da New York…è stato il letto.
Arrivederci!
E buona vita.
E
così siamo giunti al
termine della nostra corsa.
Sto passando un periodo di non soddisfazione,quindi
scusatemi se vi
dico che anche questo capitolo mi fa orrore XD Anche perché in verità
sarebbe
dovuto essere molto più breve,ma sono subentrate delle idee nuove e
quindi ho
fatto qualche aggiunta. Addirittura mi è venuto in mente un finale
alternativo,cosa molto normale dopo aver passato otto mesi –
cavolo,sono
proprio tanti! - a pensare sempre allo stesso finale XD
Sì,sto vaneggiando,ve lo
concedo.
La
morale finale (*) è
spudoratamente ispirata/ripresa da Il
curioso caso di Benjamin Button,il quale dice “non è mai troppo
tardi,o nel
mio caso troppo presto,per essere quello che vuoi essere”.
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito
almeno una volta
questa storia e tutti i lettori,che hanno avuto il coraggio
di
giungere fino a qui x)
E,naturalmente,ringrazio chi
la inserita tra le seguite,tra le preferite e/o tra le ricordate.
Non
riesco ancora a credere
di essere giunta alla fine…Infatti mi sto dilungando all’infinito XD
Adesso
me ne vado davvero!
Grazie ancora.
Vi amo.
Erica.
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