Non morire mendkouse
Non morire, Mendekouse….
CAPITOLO PRIMO
UNA TRANQUILLA GIORNATA.
Shikamaru, come al solito quando non era coinvolto in qualche missione,
o non era impegnato ad affrontare suo padre a Shogi e a Go, era
beatamente sdraiato a guardare le nuvole nel suo “posto
speciale”, lo stesso della sua infanzia, quando bigiava
allegramente le lezioni dell’accademia ninja, sfidando persino
l’ira funesta della madre Yoshino e del maestro Iruka. Era una
calda e tranquilla giornata di primavera, il sole splendeva sul ridente
paesaggio di Konoha e i ciliegi in fiore erano al massimo della loro
bellezza. Solo qualche sparuta nube copriva la vista del cielo terso e
azzurro come il lapislazzulo. Shikamaru sembrava osservare con il
massimo impegno una formazione un poco a destra del sole la cui forma
ricordava vagamente quella di un cervo. Il giovane Jonin sbuffò
levandosi a sedere. In quel momento giunse la voce amica di Choji, il
cui volto, come sempre sorridente, sbucò dalla tromba delle
scale.
«Ciao Shika! Sapevo che ti avrei trovato qui!» disse salendo.
«Beh. Mi conosci davvero bene Choji, amico mio.» rispose il
Jonin, ormai in piedi mentre si rassettava la giubba. Poi
continuò «Ti prego, non dirmi che si tratta di un'altra
missione! Accidenti al Sesto Hokage ho passato tre mesi, tre mesi!
Passando da una missione all’altra, senza un giorno di riposo.
Naturalmente tutte missioni di livello A o addirittura S. Se devo
ancora sentire “Qui è necessaria tutta
l’intelligenza e la sagacia del Clan Nara” giuro che mi
metto ad urlare».
«Sei sempre lo stesso eh?» rispose Choji, soffocando una
risata «e io che mi ero illuso che con la promozione a Jonin e
tutte l missioni assegnate da Kakashi-sensei ti fosse venuta un
po’ di voglia di lavorare». Rise di nuovo e Shikamaru si
unì a lui. «Comunque non ti preoccupare!»
continuò «sono qui per conto mio. Per uno strano miracolo
siamo entrambi liberi, perciò volevo proporti di andare insieme
a mangiare qualcosa. Io crepo di fame»
«Certo che anche sei sempre lo stesso, non è vero, Choji?
Preferisci sempre una bella mangiata a qualunque altra cosa! Peccato
che non ci sia più Asuma-sensei ad offrirci il pranzo dopo che
io lo stracciavo a Shogi. Forse dovremo cercare qualche altro
pollo»
«Ho saputo che il buon vecchio Naruto, l’eremita dei rospi,
è qui a Konoha» disse, come casualmente, Choji. Subito i
due giovani si scambiarono uno sguardo di intesa: avevano trovato il
pollo da spennare.
Come Shikamaru e Choji si aspettavano, Naruto si trovava nei pressi di
“Ramen Ichiraku”. Teuchi, il proprietario, pareva la
felicità fatta persona nel rivedere il suo miglior cliente di
sempre (nonché fonte di buona parte dei suoi profitti)
finalmente tornato a Konoha. Salutò con gioia Shikamaru e Choji
(che dalla partenza di Naruto, quattro anni prima, era divenuto il suo
nuovo cliente preferito).
«Shikamaru-kun! Choji-kun! Qual buon
vento vi porta qui?». Prima che potessero rispondere i due Ninja
furono quasi travolti da Naruto che, sputacchiando spaghetti e brodo su
di loro urlò. «Shikamaru! Choji! è una vita che non
ci si vede!»
«Certo questi anni non ti hanno cambiato, Naruto!»
esclamò ridendo Teuchi, non sei proprio capace di parlare solo
dopo avere deglutito.
«Dove andate?» disse Naruto dopo che ebbe terminato la sua
porzione di Ramen.
«Pensavamo di sfruttare questo, rarissimo
momento di libertà per farci un pranzetto di carne grigliata.
Sai Naruto da quando Kakashi-sensei è diventato Hokage si
è trasformato in una vera seccatura. Giuro che qualche volta mi
sembra di rimpiangere la Quinta Hokage» rispose Shikamaru.
«Anche tu non sei affatto cambiato eh Shika? Sempre il solito
svogliato. Mi sorprende che tu sia diventato Jonin. Comunque è
un’idea bellissima. Anzi posso venire anche io? Vi offro il
pranzo! Che ne dite?». Shikamaru e Choji si scambiarono uno
sguardo e scoppiarono a ridere. «Grazie Naruto! Sei davvero
generoso! Accettiamo volentieri!».
Circa un’ora dopo erano seduti all’ottimo
ristorante di Aoikiji, il migliore dell’intero paese del fuoco,
Naruto sembrava molto pensieroso tanto che nemmeno si accorse del fatto
che Choji aveva appena ordinato la terza porzione grande di carne e che
il conto, com’era prevedibile, sarebbe lievitato ad una cifra
considerevole.
«Sapete» disse
all’improvviso «credo che dovrò passare qui a Konoha
più tempo più del previsto. Mi è successa una cosa
davvero bellissima!». Choji interruppe per un attimo il suo
attacco frontale ad una grossa costina di maiale dicendo «Che
bello Naruto! Cosa è successo di tanto bello?». Shikamaru
invece ribatté: «Come sta Hinata? Di quanti mesi è
il bambino?».
«Oh Hinata sta benissimo ed è felicissima!» rispose
subito Naruto «Il Bambino è di quasi cinque mesi e la
pancia comincia a gonfiarsi e….Aspetta! Ma chi ti ha detto che
aspettiamo un bambino? Non l’ho detto a nessuno!».
«Nessuno me lo ha detto.» disse Shikamaru, sempre
sorridendo «L’ho capito da solo. Il fatto è
che hai la stessa espressione di Asuma quando mi parlò di suo
figlio mentre stava morendo. Malgrado la sua situazione sembrava
ineffabilmente felice. Tutto qui. Scusa se lo consideravi un segreto.
Comunque sono felice per te!» continuò battendogli una
mano sula spalla. «sono contento che anche tu abbia la gioia di
veder sorgere il Re»
«Il Re?» disse Naruto confuso «Cosa c’entra il
“re” stavamo parlando di mio figlio…»
«Nulla scusa. Pensavo a voce alta» disse Shikamaru. Choji,
invece disse. «Bene! Naruto, per il tuo lieto evento ho deciso di
farti un regalo speciale»
«Pagherai tu il conto?» rispose Naruto, ridendo, ma non
troppo visto l’appetito del suo vecchio amico.
«Certo che no! Hai promesso e una promessa, come tu mi insegni va
mantenuta! Ma ti lascerò, in via del tutto eccezionale,
l’ultimo boccone il migliore».
Naruto sbuffò, divertito «Non ti facevo così
generoso Choji. Lasciare ad altri il tuo ultimo boccone non è
proprio da te.». I tre amici risero di nuovo.
All’uscita dal locale Naruto si separò
da loro sostenendo di voler dare la bella notizia anche a Sakura-chan e
al suo vecchio maestro Kakashi. Choji e Shikamaru si incamminarono
invece verso la zona nord di Konoha in cui viveva il Clan Akimichi.
Mentre parlavano tranquillamente tra di loro furono interrotti da un
urlo acutissimo proveniente da un piccolo parco giochi sulla destra.
«Zio Shikamaru!!!.»
Shikamaru fece appena in tempo a voltarsi, prima di vedersi assalito da
un bambino che non poteva avere più di cinque anni che si
lanciava verso di lui come se lo volesse attaccare. Era ormai
abituato a queste piccole, periodiche aggressioni, per questo
bloccò pigramente la corsa del bambino, lo sollevò, lo
portò sopra la propria testa e lo pose a cavalcioni sopra le sue
spalle ridendo allegramente.
«Ehi, Shikamaru-san! Non fare così! Non
sono più un poppante da portare in braccio! Ho quasi cinque anni
ormai!» disse Hiruzen Sarutobi, il figlio di Asuma, il
primo Sensei di Shikamaru.
«Ma certo!» esclamò
ridendo Shikamaru «Hai proprio ragione! Uno a cinque anni
è già troppo grande per stare sulle spalle di
un’altra persona, anche se si tratta del proprio
“zio”» detto questo lo mise a terra. Aveva gli stessi
occhi, della madre Kurenai, di quello straordinario rosso che pareva
quasi uno do-jutsu, ma la piega degli occhi e l’incarnato erano
quelli del padre, Asuma
. In quel momento giunse correndo Kurenai, da qualche anno, pur partecipando a qualche missione ogni tanto, si era
defilata dall’attività di Ninja, per poter badare al
meglio il suo bambino
«Hiru! -Disse,- santo cielo lascia in pace il povero Shikamaru!
Sono mesi che è continuamente in missione e non ha certo bisogno
che tu gli salti addosso ogni volta che lo vedi! Sei proprio
impossibile».
«Oh, dai mamma! È solo uno scherzo sono certo che zio
Shikamaru non se l’è presa! Vero?». Shikamaru
sorrise scompigliando i capelli di Hiruzen che tentava, invano di
impedirglielo
«Non fa niente Kurenai-san! Lo sai quanto mi fa piacere vedere il
piccolo Hiruzen! Non è certo un disturbo per me!.
«Anzi, Kurenai, cosa ne dici se io e Choji
portiamo Hiruzen a fare un giretto? Stiamo insieme per qualche ora e
poi te lo riportiamo a casa a metà del pomeriggio. Così
potrai riposare un po’!»
Subito Hiruzen batté le
mani «Oh possiamo mamma? Possiamo?» disse evidentemente
felice alla prospettiva guardando la madre con sguardo supplichevole.
L’espressione austera di Kurenai si addolcì mentre si
chinava a baciare il figlio sulla fronte dicendo «ma certo che
potete Hiru, solo, mi raccomando, non fare impazzire Choji e Shikamaru
e comportati bene!».
«Oh mamma! Non mi dare baci quando siamo in pubblico, non sono
più un bambino, sai?» disse Hiruzen ma subito si
alzò in punta di piedi e abbracciò la madre mormorandole
all’orecchio. «Grazie mamma!».
«Allora Hiru!» disse Choji «che ne dici di andare a
mangiare un po’ di dolci, te li offro io»
«Certo Choji-san».
Mangiarono insieme del Natto e dei dolcetti poi Choji disse di avere un
altro impegno urgente, salutò Hiruzen e Shikamaru e si diresse
verso casa. Hiruzen e Shikamaru, invece si diressero insieme verso
nord, dove si trovava il palazzo dell’Hokage, per poter godere di
una vista privilegiata sul villaggio in un posto tranquillo e isolato.
Ad un certo punto Shikamaru si sentì tirare per la giubba.
«Shikamaru!» disse Hiruzen guardandolo, «mi prendesti sulle spalle?».
Sorrisero entrambi mentre Shikamaru lo prendeva in braccio e lo
sollevava «Ma non era una cosa da poppanti, Hiru?»
«Oh dai, falla finita!» borbottò il bambino.
Proseguirono insieme verso nord e salirono sopra il
tetto del grande palazzo, poi si fermarono sopra una panchina, posta
esattamente di fronte alla parete con i volti scolpiti degli Hokage
della foglia, Da qualche anno ormai era comparso un sesto volto,
l’ultimo a destra che rappresentava un giovane Ninja nel cui
occhio sinistro si potevano vedere, in modo inequivocabile i segni
dello Sharingan.
«Quello è il volto del Sesto Hokage!»
schiamazzò Hiruzen indicandolo «Ma, Shikamaru, che
cos’ha nell’occhio sinistro? Non l’avevo mai visto
scoperto!»
«Quello» rispose Shikamaru facendosi
serio «è lo Sharingan, il potere che ha reso famoso in
tutto il mondo il nostro Hokage! Qualche anno fa proprio a causa di
quel potere scoppiò una terribile guerra. Ma ora che il Clan
Uchiha è estinto, si tratta di una prerogativa unica di
Kakashi!» «Il Clan Uchiha?» disse Hiruzen «E
che cosa è successo?».
Shikamaru sospirò,
ritornando con la mente ai crudeli avvenimenti di cinque anni prima,
quando Hiruzen non era ancora nato. «Fu un Clan glorioso e
Maledetto, Hiruzen, uno dei più forti del villaggio, ma il suo
ultimo discendente, che era un mio compagno, si consegnò
all’odio e al desiderio di vendetta, e ne fu consumato».
Stettero per qualche momento ad osservare in
silenzio i sei venerabili volti. Poi Hiruzen chiese «Shikamaru,
parlami ancora di mio padre». Shikamaru sorrise, ne aveva
già parlato tante volte a Hiruzen, che pareva non stancarsi mai
di sentir parlare del padre che non aveva mai conosciuto. «Era il
migliore dei maestri e il più grande dei Ninja che abbia mai
conosciuto. Mi ha insegnato tante cose e mi ha reso molto migliore. Ti
ha desiderato e ti ha amato più di se stesso anche se non ti ha
mai conosciuto. Per lui…tu eri il Re»
«Il Re?» disse Hiruzen con aria stupita «Che
c’entra il Re? Credevo che l’Hokage fosse il re, o il
Daimyo!»
«Anch’io lo credevo Hiru, ma non è
così! Un giorno capirai chi è davvero il Re! Me l’ha
insegnato proprio tuo padre e lui lo ha imparato dal suo, tuo nonno, il
terzo Hokage, di cui tu porti il nome!». Hiruzen era un
bambino e non poteva capire queste parole, guardò verso
l’alto e si mise ad osservare le nuvole. «Credo che sia ora
di andare, Hiru» disse Shikamaru «tua madre ti sta
aspettando».
Infine Shikamaru riportò a casa Hiruzen, consegnandolo
alla madre che lo invitò a bere del te. «Ti ringrazio
Shikamaru! Devo dire che Hiruzen ti è proprio affezionato. Ti
vuole proprio bene»
«Assomiglia molto a suo padre, almeno
fisicamente!» rispose Shikamaru «Oh, Anche come carattere
se è per questo! Lo ricordo ancora quando aveva circa
quell’età!»
«Tra poco entrerà nell’accademia. Spero che voglia
diventare un Ninja! Sai quanto vorrei essere il suo maestro Jonin. In
fondo è anche per questo che ho accettato la promozione»
«Si» disse Kurenai «Ci vorranno ancora un paio di
anni, anche se Hiru è impaziente, io vorrei che
aspettasse.»
«Certo capisco.» disse Shikamaru «Non ti devi
preoccupare Kurenai-san! Il maestro Hiruka e gli altri sono ottimi
insegnanti, e farò sempre il possibile per proteggerlo!».
Shikamaru terminò il suo tè, poi si alzò dicendo
«Beh, Kurenai-san, io devo andare ora. Salutami Hiruzen.»
Uscì dalla casa di Kurenai mentre ad ovest il sole
tramontava e stette qualche istante a contemplare le sue amate nuvole
dipingersi di rosso alla luce del sole morente. Si diresse verso casa,
nel quartiere del Clan Nara. Era stata una giornata tranquilla.
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L’attesa, nella sala fredda su una scomoda panchina,
pareva infinita. Shikamaru diede solo una rapida occhiata
all’orologio poi sospirò. «è passata solo una
mezz’ora, Shika» gli disse Choji cercando di
tranquillizzarlo. «Sono certo che sta andando tutto bene!».
Annuendo Shikamaru rivolse all’amico un sorriso insieme nervoso e
grato. Poi ricominciò a tormentarsi le mani sempre più
nervoso. Choji fissò l’amico per qualche istante,
ripensando a tutte le volte che Shikamaru si era dimostrato forte e
deciso. Ma il corso dei suoi pensieri fu interrotto da una voce forte e
autoritaria, ma insieme evidentemente preoccupata.
«Dov’è dove si trova! Dobbiamo vederla!»
«Pare che in questo ospedale nessuno riesca a
tenere un tono di voce adatto al luogo» mormorò Shikamaru
in un timido tentativo di sdrammatizzare la situazione.
All’improvviso le porte si spalancarono con
fragore e comparve all’ingresso Kankuro, che non appena vide
Shikamaru lo prese con rabbia per la casacca urlandogli in faccia.
«Cosa è successo a nostra sorella,
Nara? Era affidata a te! Era una tua responsabilità! Se le
succede qualcosa giuro che ti uccido, Nara, hai capito? Ti
uccido». Shikamaru si lasciò sballottare da Kankuro senza
reagire, ma continuando a fissare nel vuoto con aria depressa. La
stretta di Kankuro non si allentò fin che una certa
quantità di sabbia, lo spinse via dolcemente ma in modo deciso.
«Ora basta Kankuro! Ricordati che tu qui sei solo un ospite e che
non devi urlare in ospedale» Gaara del deserto, il Kazegake, era
comparso sulla soglia, con la sua consueta voce calda e decisa.
«Come sta nostra sorella Temari Shikamaru-san?»
«Kazekage-sama Kankuro-san, vostra sorella è stata
gravemente ferita in uno scontro con Ninja nemici, ma ora si trova
affidata alle cure si Sakura-san della quale conoscete la fama»
intervenne Choji per il suo amico.
Shikamaru invece si inchinò
profondamente dicendo «Vi chiedo perdono, Kankuro-san e
Gaara-san, è solo colpa mia se Temari è in pericolo di
vita, spero di poter meritare il vostro perdono»
«Su, alzati Shikamaru!» disse Gaara toccandogli leggermente
le spalle. «So che hai fatto il possibile per salvarla. Se tu non
l’avessi portata qui sarebbe morta di certo». Poi con
grande sorpresa di Shikamaru gli diede un leggero abbraccio.
«Sono certo che tieni molto a lei, lo capisco dal tuo
sguardo». Gli sussurrò. Questa volta Shikamaru non ebbe la
forza di negare. «Anche lei tiene molto a te» Aggiunse
sorridendo il Kazekage.
Eccoci qui
con il secondo capitolo. Come ormai saprete la ragazza misteriosa
è Temari, avevo lasciato in giro qualche indizio: complimenti a
DirtyCharity che ha scoperto quello più significativo (lo
sguardo di Shikamaru al posto di fronte a lui dove qualche anno prima
c'era Temari).
La prima parte del capitolo ha un tono un po' diverso. Potete pensarlo
come un Flashback di Shikamaru. Spero vi abbia divertito come a me ha
divertito scriverla.
Ringrazio tutti quelli che hanno recensito e che hanno messo la storia tra le seguite o le ricordate.
Prossimo capitolo: Missione!
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