Capitolo 2 saw fma
Capitolo II - Quello che non hai perso. (Prima parte)
"Nessuno qui, nessuno ti salverà"
La vocina acuta gli perforò la testa
come una lama, inducendolo a spalancare gli occhi.
Per un attimo credette di essere cieco,
tale era il buio che lo circondava, ma non appena i suoi occhi
abituarono all'assenza di luce cominciò a distinguere i contorni
sfumati delle pareti.
"Lo sai dove ti trovi piccoletto?"
Edward cominciò a prendere coscienza
degli arti lentamente, come se il sangue avesse cominciato a scorrere
solo in quel momento, come se fosse stato attivato dalla voce
dell'homunculus.
Percepì il polso avvampare
improvvisamente, costretto contro l'altro da una corda che gli
penetrava la carne. La fitta di dolore che si propagò lungo il
braccio gli provocò un gemito soffocato a denti stretti.
All'improvviso la luce invase la
stanza, sfarfallante e debole, ma per i suoi occhi, ormai rassegnati
alle tenebre, accecante. Strinse le palpebre, urtato dal bagliore.
"Suvvia, Elric, apri gli occhi."
Il biondo sobbalzò appena avvertendo
la voce vicina e obbedì con lentezza, ma quando lo fece non vide
nessuno accanto a lui. Spostò lo sguardo davanti a sé, incontrando
l'impedimento di una grigia parete in cemento.
Poi all'improvviso qualcosa di piccolo,
freddo e umido cadde sulla sua testa, scivolando con densità giù
per i capelli color grano, provocandogli un brivido lungo la schiena
quando incontrò la pelle scoperta del collo, gocciolando anche sulla
maglia.
L'odore ferroso che cominciava ad
impregnare l'aria lo spinse a reclinare il capo appena all'indietro,
ma ciò che vide lo fece rabbrividire e si pentì subito di quella
scelta.
Il soffitto s'interrompeva bruscamente
proprio sopra la sua testa, lasciando spazio ad un enorme grata di
ferro arrugginita, attraverso la quale si potevano intravedere i
corpi mutilati di uomini, ammassati probabilmente l'uno sopra
l'altro. Li scorse lentamente, mentre il suo respiro accelerava
facendosi pesante e i suoi battiti aumentavano in proporzione al suo
orrore, fino ad incontrare lo sguardo vitreo di uno dei cadaveri, il
cui volto spingeva tra le sbarre schiacciato dal peso sovrastante,
gli occhi cerchiati di nero e spalancati, bianchi; la pelle cerulea
metteva in risalto le guance incavate e i capelli corvini, in
particolare sulla carnagione spiccava particolarmente il sangue,
rappreso appena sotto gli occhi e agli angoli della bocca.
Il biondo rabbrividì, distogliendo
immediatamente lo sguardo e puntandolo al terreno, mentre l'ennesima
goccia di sangue gli macchiava la maglietta con la consistenza reale
di un piccolo ago, ma che si rifletteva con la potenza di mille
pugnali nel suo animo scosso.
"Quello che devi fare è semplice.
Liberati e trova la chiave per uscire da qui. La tua salvezza è in
ciò che non hai perso. La scelta è semplice, lei o te? Attento a
non affogare nella tua impotenza, Sai, anche se a te non sembra, ad
ogni minuto che passa la stanza viene invasa dall'acqua."
La risata che seguì gli fece
accapponare la pelle, e si spense lentamente lasciando dietro di sé
un eco inquietante.
L'ansia iniziò a serpeggiare tra i
suoi pensieri, mentre si guardava attorno cercando di non far caso a
ciò che aveva appena sopra la sua testa, il cui odore di
decomposizione andava infettando la stanza.
Si agitò sulla sedia, con l'unico
risultato di provocarsi ancora più dolore al polso, ma fu proprio
nel tentativo di calmarsi che i suoi occhi incontrarono la sagoma scura di un oggetto acuminato sul muro.
Vi si avvicinò, stringendo i denti per
soffocare il dolore all'arto, trascinando la sedia facendo leva sui
piedi e tirandosi avanti con la sola forza delle gambe giunse fino
alla sporgenza, che era in effetti la sezione di un tubo in metallo,
tagliata trasversalmente.
Si girò, posizionando la corda sul
bordo tagliente, attento a non peggiorare ancora di più la
situazione del polso e, con lentezza esasperante, iniziò a logorarla
fino a spezzarla.
Portò le braccia davanti a sé,
massaggiando la parte dolente dell'arto che gli rimaneva con il
metallo freddo dell'automail, mentre si guardava attorno ancora, alla
ricerca di qualcosa che lo traesse in salvo.
Si sollevò dalla sedia e i suoi
pantaloni si bagnarono immediatamente.
Colto dall'ansia non aveva dato troppo
peso alle parole del suo sequestratore, e solo in quel momento si
rese conto che, effettivamente, il livello dell'acqua stava salendo.
Da dove provenisse il liquido gli fu
preso chiaro; in parte gocciolava dal soffitto, mescolandosi al
sangue dei cadaveri sulla grata, ma la maggior parte filtrava da
sotto la porta in acciaio massiccio, alla quale si avvicinò.
Tentò di usare l'alchimia, ma capì
quasi subito l'inutilità di quel gesto.
Evidentemente non
funzionava, in quel luogo, per chissà quale motivo.
Si voltò, dando le spalle alla sua
salvezza per osservare la stanza, senza trovarvi però nulla di
utile.
Il suo cervello iniziò a vagliare le
varie possibilità scartandole però tutte, e all'improvviso il
discorso dell'homunculus riaffiorò nella sua mente.
"Quello che devi fare è
semplice. Liberati e trova la chiave per uscire da qui. La tua
salvezza è in ciò che non hai perso."
... La tua salvezza è in ciò che non
hai perso.
E capì.
Si osservò il
braccio, e vi scorse una sagoma, come un
tatuaggio sulla pelle bianca, che prima non aveva visto.
Lo ripercorse
lentamente con le dita.
Il disegno di una
chiave.
Il biondo
rabbrividì, premendo e incontrando una consistenza troppo metallica
per essere umana.
La chiave era lì.
Dentro il suo
braccio.
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