2_Son of Darkness
Vincent Nightray amava il
buio: in esso la sua mente perversa trovava il riparo da occhi
indiscreti che gli era necessario affinché potesse operare
indisturbata.
Nella perenne penombra della sua stanza, il biondo si dedicava con
tranquillità ed impegno al lento squartamento di decine,
centinaia di peluche, la cui imbottitura giaceva sparsa sul pavimento e
sul materasso, senza che le cameriere potessero toglierla finché
lui era all'interno.
Il giovane Vince era paragonato dalle serve ad un piccolo principe
delle tenebre, similitudine accreditata ulteriormente anche dai suoi
suggestivi ed inquietanti occhi bicromi.
La situazione perdurò in questo modo finché nella vita
del bambino non fece la sua improvvisa riapparizione suo fratello
maggiore, Gilbert.
Era la prima notte che i due fratelli trascorrevano assieme dopo anni e
Vincent era al colmo della gioia: in quel lunghissimo lasso di tempo
aveva sentito tanto la mancanza di Gilbert al suo fianco, l'unico che,
nella loro infanzia, si era preoccupato di tenergli compagnia e
proteggerlo.
L'unica differenza tra allora e adesso era il fatto che quel Gilbert
che aveva davanti non ricordava assolutamente niente di ciò che
era stata la loro vita fino ad allora. Era privo della determinata
aggressività che lo aveva reso tanto importante agli occhi del
minore, ma per quest'ultimo lui rimaneva sempre il suo amato fratellone.
Per quella volta avrebbero dormito insieme e forse anche l'indomani
notte, poiché la stanza per Gilbert non era stata preparata.
Dopotutto, il suo arrivo era stato del tutto imprevisto.
Il moretto se ne stava immobile, in piedi in fondo al letto, seguendo i
movimenti del padrone della stanza senza neppure fiatare.
Era così timido...!
«Avanti, non essere timido, Gil» gli disse Vincent, sorridendogli in modo caloroso.
Un po' gli dava fastidio il fatto che non si ricordasse di lui, ma il
fatto che avesse rimosso dalla sua memoria tutti gli orrori subiti lo
tirava su di morale.
«O-okay, allora...» mormorò Gilbert, piegandosi a
raccogliere il suo piccolo bagaglio, dal quale estrasse un grazioso e
povero pigiama, estremamente semplice.
Si guardò intorno, imbarazzato, e Vince aggiunse, con un sorriso
che voleva essere rassicurante: «Non preoccuparti, mi volto
mentre ti cambi».
Così dicendo, si girò a dargli le spalle e si diresse
verso il grande letto a baldacchino che quella notte li avrebbe
ospitati entrambi.
Mentre montava sul materasso, Gilbert decise finalmente che poteva fidarsi ed iniziò a cambiarsi.
Fece il tutto molto velocemente, per timidezza e disagio crescenti; non appena ebbe fatto, s'accostò al baldacchino.
Vincent era già accoccolato sotto le coperte e gli dava ancora le spalle.
Al sentir muoversi il materasso sotto di sé domandò: «Gilbert?».
«Sì...?» chiese con un debole sussurro
quest’ultimo, mentre strisciava al fianco del biondo, per poi
stendersi e tirarsi la coperta fin sotto il mento.
Vincent girò il viso verso di lui, osservandolo: il visino dai
tratti dolci e ancora fanciulleschi che appariva dalle coperte ed i
suoi occhioni dorati lo rendevano dannatamente più dolce,
fragile ed indifeso, stridendo con i ricordi che conservava di lui e
del suo comportamento quand'erano nel loro tempo.
Il biondino socchiuse gli occhi, sorridendogli, per poi voltarsi nuovamente a dargli le spalle.
«Buonanotte...» sussurrò, mentre spegneva la lampada
sul comò, facendo piombare l'intera stanza nel buio più
completo.
Rilassò i muscoli, abbandonandosi definitivamente sul materasso
ed il cuscino, chiudendo gli occhi per lasciarsi catturare dal sonno,
felice d'essere finalmente di nuovo assieme a suo fratello.
Era sul punto di cadere assopito tra le confortevoli braccia
dell'oscurità che lo circondavano, quando avvertì un
movimento alle sue spalle ed una debole presa che gli stringeva la
camicia da notte, tirando il tessuto.
«... Vincent?» sentì sussurrare, al che finalmente
si voltò supino, girando il capo in direzione del fratello
più grande, che non riusciva a distinguere neppure labilmente
nell'oscurità.
«Sì...? C’è qualcosa che non va?» domandò con voce venata d'innocenza.
Seguì un brevissimo istante di assoluto silenzio. Con buone
probabilità era ancora a disagio per l'arrivo in una nuova casa
e in un ambiente a lui completamente sconosciuto, cosa che fece sentire
il biondo incaricato, in un certo senso, di proteggerlo.
Dopo un po’, Gilbert parve trovare il coraggio di parlare.
«Potresti tirare un poco le tende...?» domandò il moretto timidamente.
Vincent rimase un momento interdetto, prima di capire che voleva attenuare il buio nella stanza.
Era palese che si fosse dimenticato tutto: il Gilbert che ricordava era
forte, determinato - ed era lui a proteggerlo e aiutarlo, non il
contrario.
Vincent lo accontentò: si alzò e andò alla
finestra, spostando un po' la tenda affinché entrasse qualche
flebile raggio lunare.
Girandosi nuovamente verso il letto, nella penombra, scorse il profilo del fratello maggiore che lo guardava, come mortificato.
Sembrava quasi che avesse peccato chiedendogli di rischiarare un poco l’ambiente.
Vincent non gli disse niente: aveva la sensazione che, anche cercando
di fargli capire che non aveva fatto niente di male, lui non avrebbe
cambiato atteggiamento di punto in bianco.
Quel suo atteggiamento era dettato semplicemente dall’estraneità per il luogo.
Non appena si fosse abituato, sarebbe stato più aperto sia con
lui che con gli altri - anche se a Vincent bastava solo che si fidasse
di lui.
Per quest’ultimo, che era considerato il “figlio
dell’oscurità”, era parecchio strano dover dormire
con un debole accenno di luce che feriva le tenebre altrimenti assolute
della sua stanza: gli dava fastidio, visto che era abituato a stare al
buio non solo di notte, ma anche di giorno. Nonostante ciò,
avrebbe fatto quello e molto altro ancora se era necessario per
accostarsi di nuovo a Gilbert.
Il biondo si accostò nuovamente al letto e si rintanò
sotto le coperte, mentre Gilbert si girava a dargli le spalle,
sussurrando un flebile e timido: «Grazie... Vince».
Quest’ultimo socchiuse gli occhi, stirando le labbra in un
sorriso ampiamente compiaciuto: l’aveva chiamato con
l’abbreviazione che usava sempre anche quand’erano
più piccoli.
«Buonanotte Gilbert...» sussurrò, voltando poi lo
sguardo per osservare lo stralcio argenteo che riverberava sulla
sommità del baldacchino.
In un ultimo sprazzo di lucidità mentale, il piccolo
paragonò suo fratello a quel solo, debole raggio lunare che era
stato capace di spezzare il buio che riempiva la stanza, il suo buio, quello che aveva colmato la sua vita fino ad allora dal momento in cui erano stati separati dall’Abisso.
Con quella poetica immagine che lo riempiva di gioia e serenità,
chiuse definitivamente gli occhi e fu risucchiato in un sonno senza
sogni.
Angolino autrice
E' da un sacco che non aggiornavo più questa raccoltina *^* e finalmente ora l'ho fatto.
Ringrazio SabbathUnderground per la recensione allo scorso capitolo e coloro che hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.
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