Pirati dei
Caraibi
– Gli eredi del mare
Il
Prigioniero
L'ultimo
raggio di sole di quell'ennesima giornata scomparve sotto la
superficie del mare. Dalla sottile fessura tra le assi della nave
vide il cielo stingere dal rosso al viola al blu. Riuscì
persino ad
intravedere una stella, scompariva e ricompariva a ritmo col rollio
della nave.
Da
quanti giorni era in quella cella? Aveva perso il conto al terzo,
forse al quarto. Là sotto ogni giorno era uguale all'altro,
specialmente quando le nubi si addensavano in cielo, dandogli un
permanente colorito grigio tetro. Nè poteva prendere come
riferimento l'ora del pranzo, perché il pranzo, o meglio, il
suo
unico pasto, poteva arrivare a qualsiasi ora.
Gente
senza regole, i pirati, e senza un briciolo di gratitudine. Era
grazie a lui se quella nave poteva ancora solcare i mari e la
gattabuia era stata la sua ricompensa. Gliel'avrebbero pagata, in un
modo o nell'altro. Sarebbe uscito da lì e avrebbero fatto i
conti.
Dopotutto, lui era fondamentale
per la loro sopravvivenza.
Ma
non solo lui.
Gli
tornò in mente quel giorno, quando un nuovo mozzo era
arrivato sulla
nave. Dalla voce sembrava un ragazzino di massimo quattordici anni.
Era troppo acuta per un ragazzo più grande, forse troppo
acuta
persino per un ragazzo in generale.
Ma
non poteva essere altro che un giovane mozzo. Le sue istruzioni erano
state chiare, non doveva venire ai Caraibi.
I
passi sul ponte principale si fecero più frenetici e gli
ordini
iniziarono a riechieggiare per tutta la nave.
Due
parole giunsero distinte alle sue orecchie: Majesty e Charles.
Qualcosa
sarebbe cambiato quella notte.
Al
primo urlo della vedetta, Morgan saltò in piedi. Non poteva
aver
sentito male, nè aver sognato.
"La
Perla Nera! Dritta di prua!"
Charles
aveva mantenuto la sua promessa di raggiungere la nave prima
dell'alba.
Morgan
venne pervasa da una strana agitazione, un misto di terrore ed
emozione che le fece scorrere l'adrenalina a fiotti nelle vene. Senza
badare al fatto che era solo in sottoveste, si precipitò
fuori dalla
sua cabina giusto in tempo per incrociare Henry. Anche lui era stato
svegliato da quel trambusto, ma era riuscito a mettersi almeno un
paio di brache e una camicia. Morgan lo vide arrossire di fronte al
suo abbigliamento, ma non ci fece caso. Non c'era tempo per pensare
ai dettagli.
Insieme
uscirono in coperta, dove il via vai di marinai e soldati
impedì
loro di andare oltre la soglia della porta del castello di poppa.
Tanto bastò, comunque, perché la Perla apparisse
nitidamente
davanti ai loro occhi.
I
due giovani si guardarono e Henry strinse la mano di Morgan per
qualche secondo, prima che la voce di Charles imperasse sopra tutte
le altre. I due ragazzi si separarono subito, appena prima che il
Commodoro li raggiungesse.
"Non
è prudente che restiate qui, Milord, e nemmeno voi, miss
Parker"
li avvertì, nonostante avesse un tono di voce tutt'altro che
preoccupato.
Henry,
ad ogni modo, non se lo fece ripetere due volte e condusse Morgan
verso la sua cabina. Subito la ragazza si precipitò alle
finestre
per cercare di vedere la Perla.
"Morgan,
sei sempre sicura di volerlo fare?" le domandò il ragazzo,
con
la viva speranza che l'avere il pericolo alle calcagna avesse fatto
cambiare idea alla ragazza.
"Non
ho altra scelta. Questa occasione potrebbe non ripetersi
più"
rispose lei risoluta, senza spostarsi di un millimetro. "Agiremo
appena avremo agganciato la Perla. Nel caos che regnerà
sulle due
navi non si accorgeranno di noi"
"Spero
per noi che sia così"
La
Majesty effettuò una brusca virata per affiancarsi alla
Perla. Le
bocche dei cannoni del vascello pirata passarono davanti a Morgan.
La
parola fuoco
riecheggiò tutt'attorno.
Alla
prima bordata, la cella venne invasa da miriadi di schegge di legno.
Dovette coprirsi il viso con le braccia per evitare che qualche pezzo
di legno andasse a conficcarglisi negli occhi.
Le
cannonate si susseguirono, poteva vedere distintamente le scintille
dei cannoni avversari dalla falla che la prima bordata aveva creato
nello scafo.
Con
grande fatica a causa del rollio della nave, aumentato per le
cannonate, si mise in piedi e si ripulì del legno che aveva
addosso.
Dalla falla vide la polena della Majesty. Le due navi erano
perfettamente affiancate e poco mancava alla seconda raffica di
cannonate.
Si
allontanò dalla fiancata giusto in tempo. Una palla di
cannone prese
in pieno la poppa della Perla, sradicando le celle, compresa la sua.
Quando riaprì gli occhi, infatti, vide le sbarre di metallo
completamente ripiegate verso l'esterno e la porta della cella era
saltata via.
Era
libero.
Henry
riuscì a spostare Morgan dalle finestre appena in tempo per
evitare
la prima bordata proveniente dalla Perla. Buona parte della sua
cabina venne fatta a pezzi, della scrivania e della porta non era
rimasta traccia e oltre la soglia si sentivano i gemiti dei primi
feriti dello scontro.
"Morgan,
stai bene?" chiese Henry, in apprensione.
La
ragazza si guardò attorno qualche secondo, quindi fece cenno
di sì
col capo. Si rialzò poi rapidamente e si ripulì
come meglio potè,
seguita da Henry.
Sbirciando
fuori, vide che il loro ponte era completamente deserto. Si rivolse
allora a Henry con la stessa spavalderia di poco prima.
"Andiamo,
non c'è nessuno"
Uscì
dalla stanza senza attendere risposta e Henry non potè fare
altro
che seguirla.
La
cabina del Commodoro era in fondo al corridoio e anch'essa non era
stata risparmiata dal primo giro di cannonate. Al posto della parete
di legno non c'era altro che un enorme buco, la scrivania era
ribaltata e in buona parte era stata portata via dalla cannonata, e
così era anche per il letto del Commodoro e per il resto
della
mobilia.
Morgan
si avventò rapida su quel che restava dello scrittoio, ma
scoprì
con disappunto che i cassetti erano tutti chiusi a chiave.
"C'era
da aspettarselo" commentò Henry dopo l'ultimo tentativo di
forzare un cassetto.
Morgan
rispose tirando un calcio alla scrivania con rabbia.
"Adesso
che facciamo?" domandò poi, in agitazione.
"Non
lo so" fu la titubante risposta di Henry. "Temo che non
possiamo fare nient'altro. Ci abbiamo provato, Morgan"
Ma
la ragazza non ascoltò nemmeno l'ultima affermazione e
riprese a
strattonare i cassetti, più per disperazione che per altro.
I
cannoni ripresero a tuonare e la nave trmò da prua a poppa.
Morgan
ed Henry mantennero a stento l'equilibrio appoggiandosi allo
scrittoio, ma quando le bordate colpirono anche la poppa, mancando di
poco i due ragazzi, Morgan perse l'appiglio e cadde a terra. Il
rollio della nave le impedì poi di rimettersi in piedi e la
fece
rotolare fino alla grossa falla nella parete della cabina.
Prima
di cadere nel vuoto, riuscì a sentire il debole richiamo di
Henry,
poi, più presto di quanto immaginasse, si ritrovò
sommersa dal
mare, con le narici piene d'acqua e irritate dal sale. Nonostante
l'intralcio della camicia da notte, Morgan fu in grado di tornare in
superficie con poche bracciate.
Le
due nave la sovrastavano con prepotenza e davano l'impressione che si
sarebbero scontrate l'una contro l'altra, schiacciandola tra i loro
ventri.
Guardandosi
intorno in cerca di un appiglio per tornare a bordo, Morgan
notò una
scaletta a pioli sul fianco della Perla, che portava direttamente a
bordo attraverso una falla quasi delle dimensioni di quella da cui
era caduta. Senza pensare a cosa avrebbe fatto dopo, i
arrampicò
lungo il fianco fino alla falla e ricadde sul ponte che faceva da
magazzino per le cibarie e da armeria. Subito individuò la
scala che
portava alle prigioni, ma la scoprì bloccata da numerosi
pezzi di
legno e altri detriti. Non poteva fare altro che risalire in coperta.
Scampato
alla seconda scarica di cannonate per miracolo, dovette lavorare
alcuni minuti per liberarsi dall'intriglio di casse e sacchi in cui
era caduto. Si rialzò poi velocemente e vide che l'accesso
alle
celle era completamente ostruito. Le uniche vie d'uscita erano una
grossa falla sul fianco della nave rivolto verso la Majesty –
che
avrebbe significato tornare nelle grinfie di Charles – e la
scala
che portava in coperta, dove il trambusto della battaglia gli avrebbe
dato più possibilità di fuggire. Fino a quel
momento tutto era
girato a suo vantaggio. Sperò che questo colpo di fortuna
durasse
ancora un po' e, per dargli un aiutino, prese in prestito una pistola
e una spada prima di salire.
Trovò
il ponte in cui dormivano i marinai riempito solo del frastuono
prodotto dallo scontro che stava avendo luogo in coperta. I cannoni
sembravano aver cessato la loro attività. Al loro posto si
sentivano
gli schioppi degli archibugi e il clangore delle lame che si
scontravano l'una contro l'altra.
La
grata che chiudeva l'accesso ai ponti sottocoperta era spalancata,
segno che qualcuno doveva essere passato da lì poco prima di
lui.
Non avendo incrociato nessuno, intuì che quel qualcuno era
uscito
anch'egli sul ponte.
Affiorò
con la testa per valutare la situazione. I corpi a terra erano
numerosi, soprattutto quelli con le giubbe rosse e blu della marina.
Gli scontri stavano avendo luogo lungo tutto il ponte e perfino sulle
paratie e sulle scale che portavano al ponte di comando, dove Charles
e Barbossa stavano dando spettacolo. Nessuno, però, parve
badare a
lui, il che lo spinse ad uscire dal suo nascondiglio. La strada fino
al parapetto non era tanta, pochi metri e sarebbe stato veramente
libero.
Era
quasi arrivato, quando la voce gracchiante di Barbossa, che doveva
essersi momentaneamente sbarazzato del Commodoro, sovrastò
tutto il
resto e raggiunse le sue orecchie.
"Turner!"
Fece
appena in tempo a voltarsi per vedere il Capitano puntargli la
pistola contro. Qualcosa poi lo urtò al ventre e lo
trascinò a
terra, appena un attimo prima che la pallottola lo colpisse.
Ripresosi
dalla caduta, per un attimo pensò di aver sbattuto la testa
troppo
forte. Quella che aveva davanti non poteva essere sua madre, era
impossibile. Eppure la somiglianza era così impressionante...
"Avanti,
alzati!" gli intimò, strattonandolo per un braccio. "Vuoi
farti ammazzare?"
Non
se lo fece ripetere due volte e si rimise rapido in piedi. Barbossa
era di nuovo alle prese con Charles, doveva approfittarne.
La
ragazza che lo aveva salvato stava già armeggiando con le
cime di
prua di una scialuppa. Andò a darle una mano occupandosi di
quelle
di poppa, ma uno sparo le recise in un colpo solo, lasciando
penzolare la barcaccia che sfuggì dalle mani della ragazza.
Si
voltarono entrambi verso il punto di provenienza del colpo.
Charles
stava avanzando con passo marziale verso di loro, la pistola
ricaricata pronta a colpire di nuovo. Doveva fare in fretta.
Salì
sul parapetto e intimò alla ragazza di fare lo stesso,
afferrò la
cima della scialuppa con una mano e la porse alla giovane.
"Tieniti
con tutte le tue forze, hai capito?"
Lei
annuì convinta.
"Bene,
saltiamo al mio tre... TRE!"
Si
diedero lo slancio e si allontanarono dal parapetto poco prima che
Charles li raggiungesse. Il Commodoro li teneva comunque sotto tiro e
stava per premere il grilletto.
Solo
allora sfoderò la spada e, con un colpo secco, recise la
cima appena
sopra le loro mani.
Per
la seconda volta in pochi minuti, Morgan fu sommersa dalle acque
marine, che zittirono le urla della battaglia sopra di loro.
Intravide
lo scafo della Perla poco distante da lei e cominciò a
nuotare per
allontanarvisi. Si bloccò poco dopo, quando scorse in
lontananza una
figura nuotare nella sua direzione. Sembrava una medusa dai lunghi
tentacoli neri. Quando fu più vicina, però,
distinse perfettamente
due occhi scuri, un naso e una bocca, finchè la creatura non
assunse
le sembianze di una donna, mentre quelli che aveva creduto tentacoli
altro non erano che le ciocche della sua lunghissima chioma corvina.
La
donna fece per parlare, e le sue parole riecheggiarono tra i flutti
del mare.
Se
allo scrigno vuoi arrivare
due
chiavi al mare devi donare.
Nelle
acque che il tocco fuggono
devi
immergere il primo dono,
poichè
qui la Dea vuole
cio
che il cuore in corpo muove.
All'Oceano
dalla battaglia scosso
dona
invece ciò da cui il cuore è mosso.
La
figura scomparve insieme all'eco della poesia e in Morgan
tornò
prepotente in bisogno di riprendere aria.
Dopo
poche bracciate verso la superficie, si sentì afferrare con
forza
per un braccio e trascinare di lato, quindi verso il pelo dell'acqua.
Emerse
in uno spazio angusto, andando a sbattere contro qualcosa di duro.
Era sotto la scialuppa ribaltata.
"Stai
bene?" le chiese il ragazzo di fronte a lei.
Per
la prima volta, Morgan potè guardarlo in faccia per
più di un
secondo e senza qualcuno a metterle fretta. Nulla del suo viso le
sembrava familiare, ma doveva essere colpa del buio, che lasciava
intuire solo alcuni tratti del suo viso; e, dopotutto, Barbossa si
era rivolto a lui quando aveva gridato il suo cognome poco prima.
"Sì,
sto bene" rispose semplicemente alla fine.
"Conviene
allontanarci, allora"
Afferrata
una delle panche della barcaccia, il ragazzo iniziò a
nuotare e ad
allontanarsi dalla battaglia. Morgan lo aiutò
finchè le gambe le
ressero. Quando si accorse che riusciva a stento a stare a galla, il
ragazzo si fermò.
"Dovremmo
essere al sicuro, ora"
Si
immerse ed uscì dal guscio della scialuppa, quindi la
ribaltò e
aiutò Morgan a salirci sopra, seguendola a ruota.
Le
due navi non erano molto distanti, ma nessuno sembrava interessato
alla loro fuga.
Il
ragazzo prese comunque i remi e iniziò a vogare con
rapidità per
interporre ancora più distanza tra loro e Charles.
Più
la guardava e più quel dubbio gli assillava la mente. Dopo
aver
escluso a priori che fosse sua madre, gli era rimasta un'unica
possibilità, un unico nome che identificasse la ragazza di
fronte a
lui.
Forse
sentendosi osservata, lei voltò lo sguardo, prima puntato
alle luci
delle navi, uniche luci oltre alle stelle che illuminavano quella
notte. Solo allora si accorse che tremava da capo a piedi e che aveva
le labbra viola. Anche lui iniziava ad avere freddo, doveva
ringraziare il continuo vogare se era riuscito a non percepirlo fino
a quel momento.
Non
poteva però lasciarla morire di freddo. Se le sue
supposizioni erano
vere, nessuno di loro due doveva morire di freddo. Ma cosa poteva
fare? Era notte fonda e non si vedeva terra all'orizzonte, le navi
erano ormai irraggiungibili e nulla sulla scialuppa veniva utile per
ovviare al freddo pungente.
Quasi
in risposta ad una sua muta preghiera, la barcaccia si fermò
d'improvviso con un forte scossone che sbilanciò entrambi.
Si voltò
e, con enorme piacere, scorse la sagoma di una palma nella notte
buia, poi di un'altra e di una terza vicino.
"È
davvero la mia notte fortunata" pensò a voce alta, poi scese
dalla barca e si godette qualche istante il contatto con la sabbia
fine della spiaggia.
La
ragazza lo affiancò poco dopo, con le braccia strette in
vita per
riscaldarsi un minimo.
"Dove
c-credi che s-siamo?" gli chiese mentre batteva i denti.
"Lontani
da Charles, questo è l'importante" le rispose, quindi
l'abbracciò. "Perchè sei venuta qui?"
Se
all'inizio aveva lasciato da parte la sorpresa per quel gesto e si
era abbandonata al calore che quell'abbraccio le stava donando,
quella domanda la obbligò a staccarsi dal ragazzo per
guardarlo in
volto. Possibile che sapesse?
La
fissò intensamente, con un'espressione imperscrutabile che
voleva
dire tutto e niente.
"Jack?"
riuscì solo a dire dopo istanti eterni. "Sei davvero tu?"
"Solo
se tu sei davvero Morgan"
Morgan
non rispose, ma gli gettò di slancio le braccia al collo.
Finalmente
l'aveva trovato. Finalmente era con suo fratello. Finalmente era con
la sua vera famiglia.
La
stretta di lui attorno alla sua vita si attenuò e Jack le
prese il
volto fra le mani, scostandole i capelli bagnati dall'acqua di mare e
dalle lacrime. Anche gli occhi di Jack erano lucidi di pianto, ma il
suo volto era sorridente e radioso.
"Razza
di incosciente, che sei venuta a fare qui?" tentò di
rimproverarla, ma la gioia di averla di nuovo al suo fianco era di
gran lunga più grande del disappunto.
"È
stata la tua ultima lettera... e quella della mamma"
Morgan
si lanciò in un racconto dettagliato degli avvenimenti che
l'avevano
portata ai Caraibi, spiegò delle lettere mai recapitate e
del suo
viaggio sulla Perfesone prima e sulla Perla dopo, di come era finita
sulla Majesty e del suo iniziale piano per liberarlo. Quanto a Jack,
non si perse una parola di quella storia pazzesca e pensò
che solo
una come Morgan poteva fare cose del genere. Dopotutto, era figlia di
sua madre, come poteva non somigliarle nell'aspetto e nel carattere?
"...
E poi Barbossa ha urlato 'Turner' rivolgendosi a te e l'ho visto
puntarti la pistola contro e allora mi sono lanciata giù
dalle scale
per toglierti dalla traiettoria e... beh, il resto lo sai"
Morgan
prese fiato, aveva raccontato tutto respirando solo il minimo
indispensabile.
Nel
frattempo si erano seduti sulla spiaggia e, a furia di gesticolare
per dare più enfasi alle sue parole, il freddo le era
passato quasi
del tutto.
Jack
rise brevemente alla fine di quel racconto dettagliato.
"E,
per curiosità, cosa pensavi di fare dopo avermi liberato?"
le
chiese quindi, scompigliandole i lunghi capelli.
"Ecco...
veramente non ci ho pensato" ammise lei, con aria colpevole.
"Probabilmente contavo sull'esperienza del tenente Turner"
ammiccò poi, suscitando un'altra risata nel fratello.
"Non
so se sarebbe bastata in quella situazione. Non mi hanno addestrato a
sfuggire a ben due navi nemiche!"
"Ma
perchè Barbossa ti ha rapito, dopo che l'hai liberato?"
domandò
allora Morgan.
"Per
istinto di sopravvivenza, credo" rispose lui, abbandonata del
tutto l'allegria. "Deve aver pensato che fossi la via più
breve
per arrivare a nostro padre, e quindi al solo uomo potenzialmente in
grado di dare del filo da torcere a Charles. Inoltre gli ha tolto
l'enorme vantaggio che aveva sulla Fratellanza"
"Gli
ha tolto una delle chiavi" specificò Morgan.
"Quindi
lo sai"
La
sorella annuì, e subito le tornò in mente quello
che aveva sentito
dopo essere saltata dalla Perla in mare.
"Jack,
è possibile che abbia sentito qualcosa mentre ero
sott'acqua?"
gli chiese, titubante.
"Qualcosa
tipo?"
"Tipo
una poesia"
Gliela
recitò tutta, facendo fatica solo a ricordare i primi versi,
dopo i
quali le parole le uscirono dalla bocca come se le avesse sempre
sapute.
Alla
fine dell'ultimo verso, tutti e due rimasero in silenzio, Jack a
fissare il mare e Morgan a fissare suo fratello.
"Hai
visto qualcosa mentre sentivi tutto questo?" chiese ancora Jack,
dopo qualche secondo.
"Sì,
una donna. Aveva la pelle scura e i capelli neri, credo"
Jack
annuì. "Penso allora che Calypso ti abbia voluto indicare il
modo per trovare il cuore di nostro padre"
"Ne
sei sicuro?"
"Sicuro
no, ma altrimenti che senso avrebbero quei versi. Tutto riconduce al
cuore e l'unico cuore di fondamentale importanza in questo momento
è
quello del capitano dell'Olandese"
"Pensi
che qualcun altro abbia sentito la poesia?"
"Non
lo so, Morgan". Jack scosse la testa, sconsolato. "Spero
vivamente di no"
Eccomi
tornata!
Ho dovuto bazzicare un po' per mare per riuscire a finire questo cap,
non mi convince molto, ma spero che a voi piaccia lo stesso :)
Buona lettura e...eccovi Henry
Archibald Coward III e Jack
Weatherby Turner (come li vedo io, s'intende...ps: per Henry
è stata una faticaccia, spero apprezzerete ;P)
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