Tre
Dove
si scopre il nome, il gruppo sanguigno e la dubbia nazionalità
del proprietario della Fender
Ettore
riaprì l'occhio destro a fatica, borbottando parole
incomprensibili.
La
ragazza di fronte a lui era vergognosamente alta, spaventosamente
nervosa e, soprattutto -ma forse sarebbe più corretto dire per
fortuna- non conosceva il greco antico, la lingua in cui Ettore
stava imprecando.
Briseide
Caterina Asburgo, la nipote del Lupo.
Era
giunto il momento di dare un bel calcio nel sedere -gentilmente- alla
filosofia e di fare valere lo spartano che era in lui.
-Ela
mazì mou- sussurrò tra i denti, non prima di averla
afferrata per un polso e trascinata dietro ad una pianta di verdelli.
-Prego?-
-Non
ho nessuna intenzione di ripetermi-
-Ma
io non ho capito- protestò la ragazza, incrociando le braccia
al petto.
-Fattacci
tuoi, mi registravi. Citazione-
Caterina
spalancò gli occhi.
-Brutto...-
-Risparmiati
gli insulti per dopo. Adesso mi spieghi perché diamine mi hai
dato quel pugno-
-Non
sarai mica uno di quei maschilisti che non accettano di essere menati
da una femmina!-
-Sono
solo uno di quei tanti che non accettano di essere menati senza una
ragione-
-Non
dovevi leggere quello che hai letto- spiegò lei con un' alzata
di spalle.
-Potevi
dirmelo-
-Mi
sembra che il mio pugno abbia parlato chiaro-
Ettore
si sfiorò con le dita l'occhio ferito.
-L'ha
fatto, credimi-
La
nipote del Lupo gli lanciò uno sguardo obliquo, per poi
rivolgergli un mezzo sorriso.
-Cos'hai
detto prima?-
-Ela
mazì mou. Vieni con me. E' greco-
Caterina
annuì.
-Conosci
Séan Liszt?-
Ettore
scosse la testa.
-Conosco
un Séan, quello a cui ho fatto un occhio nero la settimana
scorsa, ma non ne conosco il cognome- scrutò per alcuni
secondi l'espressione sorpresa di Caterina, dopodiché decise
di continuare.
-Prima
di aggredirlo non ero esattamente dell'umore giusto per chiederglielo
e dopo non lo era lui per
dirmelo. Una brutta storia, insomma-
-Se
è lui giuro che ti sposo-
-Coraggio,
racconta-
Caterina
ci pensò su. Cosa sapeva quel ragazzo di lei?
Che
era mezza matta, una maniaca della grammatica e che picchiava come un
Mirmìdone.
Molto
più di quello che sapevano gli altri, per certi versi.
Si
poteva fare.
Si
scostò i capelli dagli occhi, fece un lungo sospiro e, dopo
avergli preso la mano per motivi a lei stessa oscuri, cominciò
a raccontare. Non tutto, naturalmente. Perlomeno il raccontabile.
-E'
tedescoungherese -padre di
Budapest e madre di Colonia-, ha quindici anni ed è AB
positivo, proprio come te. Non mi sono mai fidata degli AB positivi.
Io sono 0 negativo e ne
vado fiera. Che altro dire? Ha una gran faccia tosta e, tanto per la
cronaca nera, è il proprietario della Fender che
guardavi nemmeno fossi davanti alle rovine di Delo-
Ettore
sorrise tra le righe.
-Ci
giocavo da piccolo, tra le rovine di Delo-
-Zitto,
tu. Per quanto greco e sfacciatamente fortunato -sacrificherei
la mia copia per vedere almeno una volta il Tempio di Apollo-
continui ad innervosirmi, con le tue interruzioni. Dicevo? Certo. La
cosa che più detestavo di lui era il cognome. Liszt, come
Franz Liszt, il compositore. Non ho ancora capito come
accidenti si pronuncia e ogni
volta che ci provavo lui scoppiava a ridere come un beota-
-Bada
a come parli, bella. Mio cugino è di Livadeia-
-E
con ciò, razza di decerebrato?
Io mica ho dato del beota a tuo cugino!-
Ettore
scrollò le spalle.
-E'
un beota anche lui-
-Ma
perchè è nato in Beozia.
Séan Liszt...ecco, mi hai fatto pronunciare il suo cognome! Ad
ogni modo, quel bischero
è tedescoungherese e incredibilmente cretino.
Cretino va bene? Hai dei cugini cretini? Cretini della Cretinia? No?
Bene. Séan Liszt, in qualunque modo si pronunci,
suona dannatamente bene la chitarra. Suonava,
perchè poi il nonno s'è messo in testa di metter su una
band e gliel'ha fregata. Ma ben gli sta, a quel pappataci-
-Una
band? Il Lupo?-
-Perché
no? E' bravino, mio nonno. Tu suoni?-
-In
genere preferisco bussare- sorrise -Scherzi a parte, sì, ma
sulla Fender/scolapiatti di Enzo non è che si possa fare
chissà quale virtuosismo alla Jimi Hendrix. E comunque guarda
che Franz Liszt era un grande, eh! Un notturno come Sogno d'Amore, ai
giorni nostri, ce lo possiamo giusto sognare.
Ma te l'ha dedicata lui la canzone? Voglio dire, Séan. Se
bruciasse la città-
Caterina
sussultò.
-Non
dirlo mai più. Non mi piace neanche, Ranieri-
-Ma
ti piaceva-
-Ti
piacciono i panda, Ettore Troiano?-
-Animaletti
simpatici. Perché?-
-No,
perché un occhio nero ce l'hai già. Se te ne facessi un
altro saresti decisamente
meno carino-
-Mi
trovi carino?-
-Prendila
così-
-Non
possiamo farne un dramma...*-
-Tu
sei proprio fissato con Battisti, eh?-
Ettore
rispose con un sorriso ambiguo.
-Beh.
Se mi conoscessi, sapresti che con George Harrison e Keith Richards
sono peggio-
Se
mi conoscessi. Caterina non
sapeva spiegarsi esattamente il perché, ma quel congiuntivo
imperfetto le aveva fatto sentire come un pizzico all'altezza del
cuore.
Improvvisamente
provò il desiderio di conoscerlo,
Diomede Ettore Troiano. Di conoscerlo davvero.
-Comunque
ci assomigli, a Keith Richards. A Keith Richards da giovane-
Ettore
spalancò gli occhi.
-Sul
serio?! E' uno dei miei idoli. Si sarà anche fumato le ceneri
del babbo, ma è un mito dalla testa ai piedi-
-Sì,
lo penso anch'io-
Ettore
le lanciò uno a sguardo tra l'obliquo e il divertito.
Avrebbe
potuto ipotizzare che Caterina gli stesse simpatica,
ma non ne era ancora sicuro.
-Passata
la maninconia?-
-Tanto
io lo so perché mi ha lasciato. In Germaniaungheria
le ragazze sanno pronunciare il
suo cognome molto meglio di me. Io lo facevo ridere sempre-
Se
c'era una cosa sicura, era che quello che gli piaceva di lei era il
suo modo di riflettere sulla situazione: qualsiasi ragazza di sua
conoscenza -escluse Eileen e Anita, sottinteso- avrebbe pronunciato
quelle parole con malinconia, magari anche con gli occhi lucidi, la
voce sommessa e piagnucolante.
Caterina
le pronunciava con stizza, sfida, fastidio, infinita irriverenza. Le
pronunciava come se fosse Séan il colpevole della sua
incapacità di pronunciare il cognome del ragazzo.
Le
pronunciava in un modo che gli avrebbe fatto perdere la testa, se non
fossero state parole riferite ad un altro, se non fosse stato un
discepolo della filosofia.
-...meno
bella certo non sarai- azzardò
Ettore, che ti preciso non sapeva come gli fosse venuta quella
citazione, ma, semplicemente, gli era sembrata appropriata.
Appropriata,
perché era bella, Caterina, con i capelli scompigliati sul
viso, le guance arrossate dal sole e gli occhi inquieti.
Bella
almeno come Diane Kruger in Troy, a cui aveva dedicato ogni suo
accordo di chitarra o pensiero filosofico dagli undici ai quindici
anni.
Appropriata,
anche mentre riceveva il secondo pugno in un occhio della giornata,
proprio dalla bella Briseide Caterina Asburgo, l'irresistibile,
intrattabile nipote
del Lupo.
Appropriata,
perché lui era beota molto più di suo cugino.
Note
*Citazione
di “Prendila così” di Lucio Battisti.
Mirmìdone:
in questo contesto è inteso come guerriero di Achille –
il quale era, appunto, il re dei Mirmìdoni.
Livadeia:
Capitale della regione greca della Beozia, i cui abitanti si chiamo
proprio Beoti ;)
In
questo capitolo si comincia a scoprire qualcosa in più su
Caterina -oltre alla sua insana passione per gli occhi neri-, un qualcosa che spero non vi abbia lasciati delusi ;) Ad
ogni modo, siamo ancora all'inizio :)
Un
grazie sincero a eveline90 per
la bellissima recensione e naturalmente anche a tutti i lettori e, in
anticipo, a futuri eventuali recensori ;)
Al
prossimo capitolo,
Marty
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