Capitolo 12
I like you too much
Il
pomeriggio è trascorso relativamente bene: dopo gli iniziali momenti
d’imbarazzo i ragazzi si sono rivelati davvero simpatici e alla buona, e sono
riusciti a farmi sentire perfettamente a mio agio.
Credo
che abbia contribuito molto anche il fatto che mi sia seduta al lato estremo
del divano con solo Ringo al mio fianco, indubbiamente una presenza innocua.
Quindi
è inutile che continui a stare come un gatto in agguato, aggrappata con forza
al bracciolo imbottito e sempre all’erta, le orecchie tese ad avvertire ogni
minimo fruscio sospetto.
Posso
rilassarmi, finalmente. Sì, Sara: rilassarti,
quella parolina di cui ormai hai dimenticato il significato...
Tiro un
sospiro di sollievo e mi abbandono tra tutto il morbidume della pelle,
sprofondando nel divano.
Solo
dopo un paio di minuti, avvertendo il silenzio irreale che mi circonda, scatto
sull’attenti e finalmente realizzo di essere in salotto da sola. Anzi, da sola con George.
Lui se
ne sta lì, a finire di sorseggiare con calma il suo tè, ma d’improvviso si
volta e incrocia i miei occhi spalancati, facendomi fare un mezzo infarto.
Trattengo a stento un urlo e, fingendo malamente una noncuranza che non vuole
proprio saperne di scendere come manna dal cielo, mi rituffo tra la stoffa.
Ripassano
altri minuti in cui ce ne stiamo fermi e zitti, quando George si decide ad
interrompere quest’atmosfera decisamente inquietante.
-Quindi… Tu e Paul ora siete insieme, giusto?-
Casco
quasi dal divano.
Con un
inaspettato slancio di vitalità mi riprendo e, forse con troppa enfasi, dichiaro
solennemente:
-Ma-macché! Mi ha invitata ad
uscire, e basta!-
Err, forse ho marcato
troppo le ultime due parole?
-Oh,
per fortuna!-
Lo vedo
illuminarsi radioso, per poi spegnersi quando lo fisso con un sopracciglio
alzato:
-Ehm,
volevo dire, CHE PECCATO.- tossicchia, appoggiando la
tazza sul tavolino e fiondandosi sulla macchina fotografica.
Il
silenzio ripiomba implacabile su di noi: mentre lui è impegnato a rigirarsi tra
le mani l’oggetto tanto amato io fisso il tappeto, tormentandomi il labbro
inferiore.
-Mi
spiace non poter rivedere gli scatti che faccio…
L’attesa è quasi straziante, ma è una componente essenziale della vita, non trovi?-
Sussulto
e riprendo a fissarlo stupita: sbaglio o ha sottolineato un po’ troppo le
ultime parole?
Mi
affretto ad annuire e lui riabbassa lo sguardo sulla macchina.
- …D’altronde serve anche aspettare…
Così, una volta ritrovato ciò che stavamo desiderando così ardentemente, lo
possiamo apprezzare ancor di più.-
Arrossisco
un po’, lo sguardo chino sui pantaloni: se non la pianta con queste allusioni
del cazzo giuro che lo strozzo.
-Comunque
trovo fantastico fotografare gli altri: è come intrufolarsi nella loro vita,
poter tenere vivo il loro ricordo…-
-… perché le persone
cambiano, ma una fotografia non lo farà mai.-
Sussulto:
ecco, gli ho pure completato la frase! Diossanto, che
figura di merda. Alzo gli occhi e lo vedo fissarmi stupito, per poi sciogliersi
in quel suo solito sorriso meraviglioso.
-Ecco
perché la gente si circonda di fotografie… C’hai mai
pensato? Si costruisce un proprio mondo, un mondo in cui i rapporti con le
persone non cambiano mai, un mondo dorato, in cui tutti amano tutti…- continua lui, guardando fuori dalla porta-finestra.
-… e si espongono sul
tavolino in salotto le foto più belle, per ostentare a tutti solo il meglio
della propria famiglia.-
George
mi sorride nuovamente, stavolta di un sorriso tirato, ma la cosa più bella è
che non fa domande. Non me ne fa, non
mi chiede da dove provenga tutto questo astio, quest’acidità…
Non me ne fa e, paradossalmente, è una delle più belle cose che qualcuno (non)
abbia fatto per me.
-Hai
mai fotografato qualcuno, Sara?-
Scuoto
il capo: -Mio padre possiede un apparecchio professionale, ma non mi ha mai
dato il permesso di metterci le manacce sopra…-
Ridiamo
entrambi.
-Allora… Che ne dici di
scattarmi una bella foto?-
Lo
fisso stralunata: io scattare una
foto a lui?
-Ma io
non so… Cioè, ho paura di rovinartela…
Sapessi, sono una tale pasticciona! E sembra molto costosa e…-
-Amica
mia, questa macchina è un catorcio! Se andassi a venderla me la tirerebbero
dietro, ma ormai ci sono talmente affezionato che me la tengo così come sta…- ride lui, facendomi sorridere, per poi continuare: -Davvero,
sarei molto felice e onorato se potessi farmi questo piccolo, grande piacere.-
Il mio
sguardo passa un paio di volte da lui alla macchina che mi sta tendendo finché,
convinta, affermo decisa: -E sia! Ti concederò quest’onore!-
Lui mi
sorride grato e si posiziona: nel primo scatto sorride a tremila denti, nel
secondo più naturalmente, nel terzo ha già lo sguardo perso nel vuoto… E così quella che doveva essere solo una foto si
trasforma in una decina di immagini impresse nel rullino.
-Ci
stai prendendo proprio gusto, eh?-
Io
annuisco e faccio per scattargliene un’altra, ma lui mi prende la macchina
dalle mani.
-Beh,
ora è il mio turno.-
Lo
fisso perplessa: io e le foto non andiamo d’accordissimo, davanti all’obiettivo
mi sono sempre sentita a disagio, forse per il fatto che io non posso
incrociare lo sguardo di chi mi sta fissando con tanta attenzione.
-Eddai, solo una! Prometto
che non la userò per malefici vari, tipo riti voodoo o cose del genere!- alza
le mani, per dichiarare ulteriormente la sua innocenza.
Io rido
e acconsento: una foto non mi mangerà mica.
Le
prime volte sorrido innaturalmente, ma poi gli scatti si fanno via via più spontanei, fino a sfociare nelle immagini prese a
tradimento, quelle che io reputo le migliori.
George
riemerge da dietro l’obiettivo e mi guarda di sfuggita, concentrandosi poi
sullo zoom:
-Sai,
Sara, penso che tu debba sorridere più spesso. Quando sorridi le tue guance si
fanno tonde e un po’ rosse, e ti si forma una mezza fossetta sull’angolo destro
della bocca… È graziosissima.-
Se
prima erano un po’ rosse, ora le mie
guance sono irrimediabilmente bordeaux, cazzo.
Bofonchio
un mezzo ringraziamento e riprendo a impararmi a memoria gli arabeschi del
tappeto.
-Vorrei… Vorrei fare una
cosa. Puoi avvicinarti un secondo? Non ti mangio, te lo giuro.-
Titubante,
faccio come mi ha chiesto e vado a sedermigli
accanto, mentre lui si rimette la macchina al collo e mi scatta una foto, un
primo piano.
-Voglio… Voglio provare a
catturare le pagliuzze che ti screziano le iridi...- mormora, concentrato com’è
in questa presunta nuova impresa.
Passano
un paio di secondi e ripone nuovamente l’apparecchio, insoddisfatto dall’esito
del suo lavoro.
-Forse… Forse così ci
riuscirò meglio…-
Non
faccio in tempo a formulare un pensiero sensato che mi ritrovo il viso di
George a pochissimi centimetri dal mio: avvampo in un istante, specie quando mi
accorgo che la distanza si sta notevolmente accorciando.
-Ma
guarda un po’! Non vi si può lasciare soli una manciata di minuti che vi
mettete già all’opera! Paulieee, guarda che George si
sta sbattendo la tua donna!-
Più in
fiamme di una banana flambé, mi scosto velocemente da George, volando
nuovamente al mio posto, mentre un Paul piuttosto terrorizzato si è precipitato
come un fulmine per verificare di persona la situazione, sotto gli occhi e il ghignetto divertiti di un Lennon particolarmente bastardo.
Posso
vedere chiaramente lo sguardo inceneritore che George riceve da parte di Paul,
perché è lo stesso sguardo che io sto rivolgendo a John.
-Harrison! Si può sapere che
cazzo t’è saltato in testa, eh?! Eppure mi sembrava di essere stato chiaro: ci
devo uscire insieme io, non è mica
una cazzo di proprietà pubblica!-
Ringo
mi si avvicina, dicendo a bassa voce: -Guai in vista! Questi stanno per darsele
di santa ragione!-
-Io
scommetto cinque sterline su Harrison: McCharmly è
una donnicciola, non ce la può fare.- sbuca serafico il solito Lennon.
-Bah,
io invece tifo per Paul, che non ha tutti i torti: la ragazza l’ha portata lui,
e George non può mica pretendere di arrivare così, di punto in bianco, e prendersela!-
I miei
occhi increduli passano rapidamente da Ringo a John e viceversa, così intenti a
discorrere su improbabili guadagni nati da combattimenti clandestini per
ricordarsi della mia presenza.
Perché
ok, sarò una donna e noi praticamente non contiamo un cazzo, ma sono una donna totalmente priva di pazienza, e questo è
un dettaglio da non trascurare.
-E
invece Georgino fa bene: carpe diem, cogli l’attimo, cogli la rosa
prima che questa appass-
-MA VE
NE VOLETE ANDARE TUTTI AFFANCULO, DI GRAZIA?!-
Tutti e
quattro si girano verso di me, gli occhi sbarrati e le bocche ancor più
spalancate.
-SI’
SI’, BRAVI, GUARDATEMI COSI’! SAPETE CHE VI DICO? IO
ME NE VADO, E COL CAZZO CHE MI RIVEDRETE ANCORA!-
Giro i
tacchi e mi dirigo a grandi falcate verso l’ingresso, per recuperare cappotto e
borsa e dire definitivamente addio a ‘sti sfigati: in
sottofondo, Lennon ipotizza con sicurezza il mio essere nel pieno periodo
mestruale.
Sento
Paul chiamarmi flebilmente e allora, contando lentamente fino a dieci, mi
blocco allo stipite della porta che collega il salotto al corridoio e mi volto
verso di loro, gli occhi ridotti a due fessure: -Pensavo di sbagliarmi sul
vostro conto. Pensavo non foste le solite celebrità del cazzo che pensano solo
ai soldi, a tirarsela e a fare i deficienti… Invece
avevo ragione: quando si diventa famosi si ignorano le persone che si fanno un
culo così per arrivare alla fine del mese, e s’ignora anche la dignità altrui.
Se pensavate di potermi sbattere così, giusto per concludere in bellezza
l’anno, mi spiace rovinarvi i piani, gente: la sottoscritta non è una delle
solite sciacquette che fanno a gara per raggiungervi nel backstage.-
Faccio
una pausa e tiro un sospirone: -Bene, detto questo, adieu: vorrei potervi dire che è
stato un vero piacere conoscervi, ma non è per niente così.-
Volto
loro le spalle e mi dirigo finalmente verso l’attaccapanni, prendendo il
cappotto e facendo per indossarlo, quando una mano mi blocca il braccio.
-Tu non te ne vai.-
… Scusa?
-… Scusa?-
-Hai
capito bene, signorinella.-
Aggrotto
le sopracciglia e ricambio lo sguardo di sfida che mi sta rivolgendo.
-Brava.
Bel discorso. Vuoi anche un applauso?-
La mia
bocca vorrebbe spalancarsi, ma per fortuna il mio autocontrollo è più lesto e
le impedisce di farlo.
-Non me
ne faccio un cazzo dei tuoi applausi, se è questo quel che vuoi sapere.-
-Oh,
guardati! Sembri un micetto che vuole incutere paura
ad un gatto più grande gonfiando il pelo…-
-Lasciami.-
-Non ho
sentiiiiitoo…-
La voce
mi s’incrina: -Ho detto di lasciarmi…-
La
presa sul braccio si fa più stretta, portandosi improvvisamente appresso dei
ricordi del passato che credevo di aver cancellato completamente.
Gattina, non ti farò del male…
Il
respiro comincia a farsi irregolare, mentre il cuore vuole pompare più sangue
di quello che mi sta realmente circolando in corpo.
-Ripeto:
bel discorso, micetta, ma non ci lasci neanche
replicare! Sapessi quante cose dobbiamo spiegarti, che tu neanche conosc- Hey, Sara! Tutto ok? Sei
bianca come uno straccio…-
-Io… Non…
Non lo so…- mormoro, prima di non sentirmi più la
terra sotto i piedi.
L’ultima
cosa che sento è John che mi chiama più volte, e poi il nulla.
Riapro
gli occhi e mi ritrovo in una camera non mia, mentre due occhi azzurri
s’illuminano.
-Oddio,
Sara! Sia lodato il cielo! Finalmente ti sei svegliata!-
Ringo
quasi mi soffoca, ma ricambio goffamente il suo abbraccio, che mi fa sorridere.
-Già… Credo che non vi
sbarazzerete molto presto di me!- gli faccio un occhiolino, mentre lui scoppia
a ridere.
***
-Ti
giuro che io non le ho fatto proprio niente!-
-Sì, ok.-
-Bell’amico del cazzo, che
sei! Non mi vuoi neanche credere!-
-Io ti
dico solo quel che ho visto: tu le hai stretto il braccio e lei è svenuta! Se
permetti, un paio di conti me li posso fare, no?!-
-Certo!
Ovvio! Perché tutti quanti hanno un nervo che collega braccio e cervello! Se le
premi il braccio una persona sviene, è automatico!-
-John,
evita di dire stronzate. Almeno per cinque minuti, non chiedo tanto.- Paul si
prende la testa tra le mani, sospirando gravemente.
-Se dai
un ordine, adeguati anche tu, testa di cazzo che non sei altro!- John si alza
di scatto, facendo cadere la sedia, e comincia a camminare in tondo per la
stanza.
-Lo sai
benissimo anche tu che non toccherei una donna neanche con un fiore!-
-Lo so,
ma so anche che in passato hai fatto certi
sbagli, e chi mi dice che questi non possano ripetersi?-
Ma è coglione o cosa?
John si
scaglia su Paul, prendendolo per il colletto ma, prima che possa mollargli un
Cazzotto con la C maiuscola, sbuca Ringo dalla porta: -Si è svegliata!-
Abbandono
la macchina fotografica sul divano e corro da lei.
***
-Cosa
sono ‘ste facce da funerale? Guardate che sto
benone!- scendo dal letto e cammino tranquillamente sotto i loro occhi
preoccupati.
Il
primo ad avvicinarsi, titubante, è John.
-Sara, senti…
Io dovr-
-È
tutto a posto, John. Dico sul serio.- gli sorrido, allora lui fa lo stesso e mi
abbraccia piano.
Paul e
George nel frattempo si guardano in cagnesco, quasi a voler decidere chi debba
essere il primo ad avvicinarsi: il più riservato abbassa gli occhi e l’altro,
manco a dirlo, ne approfitta subito.
Mi
abbraccia con trasporto, quasi non volesse più lasciarmi, e io mi sento quasi
soffocare.
-Mi hai
fatto preoccupare un sacco… E sono stato un emerito
deficiente! Potrai mai perdonarmi?-
-L’ho
già fatto.-
Paul mi
rivolge uno splendido sorriso e scioglie l’abbraccio, lasciando che si avvicini
George.
Questi
non dice niente: mi abbraccia timidamente in silenzio e, solo quando sembra che
si voglia staccare, mi bisbiglia all’orecchio: -Sapevo che eri diversa da tutte
le altre, ma la forza dell’abitudine mi ha fatto agire da perfetto idiota. Ti
prometto che da oggi in poi ti lascerò in pace, non ti disturberò mai più.-
Se ne
va, senza neanche un sorriso: dovrei essere felice perché mi ha giurato di non
trattarmi più come un oggetto, ma allora perché il suo “non ti disturberò mai
più” mi dà così fastidio?
Rimango
a fissare la sua figura di spalle, quando sento una mano strattonarmi: il
sorriso smagliante di Ringo mi convince a seguirlo in salotto, dimenticandomi
di quello che è appena successo.
-Che ne
dite di un po’ di musica?-
Ringo
fa alzare gli occhi miei e di John dalla rivista che stavamo sfogliando:
annuisco sorridendo, così mister Starkey comincia a
rovistare nell’armadietto sotto il giradischi.
Non
appena vedo l’album che ha scelto, scoppio a ridere: -Ma no! Ditemi che non
siete dei megalomani che ascoltano i propri dischi, vi prego!-
-Chi?
Noi? Assolutamente no!- urla lui, nascondendo dietro la schiena il vinile di Revolver.
No, non
prendetemi per pazza: lo conosco solo perché ce l’ha pure Mitch,
di certo non perché mi piaccia! Io e lei abbiamo raggiunto il tacito accordo
che può sentirselo tranquillamente quando io non sono in casa; quindi non mi si
venga a dire che sono una dittatrice, eh.
Rido
ancor più forte per la buffezza di Ringo, e mi
avvicino all’armadietto:
-Dai,
ti do una mano!-
Con mia
grande meraviglia scopro che i Beatles sono fornitissimi
di musica d’ogni genere: tra le mie mani passano The Supremes A’ Go-Go, Strangers In The Night, Face To Face, From The Beginning, Jefferson Airplane Takes
Off e Fresh Cream.
Sorrido, ripensando a quanto io ci sia morta sopra, nel reparto “Ultimi arrivi”
del Route 66.
Poi,
improvvisamente, mi ritrovo davanti agli occhi A Quick One, e non
posso fare a meno di pensare a come la mia vita sia cambiata nel giro di un
paio di settimane: sono passata dal seguire freneticamente gli Who, incollata davanti alla televisione, al cenarci insieme
con tutta tranquillità. E Keith Moon, quel
Keith Moon, mi ha pure regalato Pet Sounds!
Allucinante,
veramente allucinante.
Rimango
impalata a fissare le figure stampate in copertina, quando vedo una mano
sventolarmi davanti agli occhi: -Hey, ma ti piacciono
gli Who, dolcezza?-
In
questo momento lo sguardo di John è così rassicurante che vorrei rivelargli il
fatto che sì, mi piacciono, anzi!, li adoro,
e che c’ho pure cenato assieme a Natale…
Ma
preferisco fare spallucce e riporre il disco, scegliendo poi Hold On, I’m Coming.
Lo
faccio partire e vado a risedermi al mio posto, mentre Lennon mi segue,
piuttosto perplesso: -Devo dire che i tuoi gusti mi lasciano un po’ così, ragazza… Chi l’avrebbe mai detto che ti piacesse questo
genere di musica?-
-Lennon, per te è così
difficile capire che non hai davanti una Beatle-fan?-
rido leggera, mentre lui si unisce alle mie risa.
-… E comunque non sei
di Liverpool, vero?- interviene Ringo, guardandomi dalla poltrona.
-Ma il
mio inglese fa veramente così schifo?- chiedo io, perplessa sia per il suo
intervento che non c’entrava nulla, sia per il fatto che mi becchino sempre,
mentre John scoppia nuovamente a ridere e l’altro diventa bordeaux.
-N-no! Non intendevo
quello!- esclama, agitando freneticamente le mani in un gesto di plateale
discolpa, mentre io gli intimo di stare tranquillo, perché non mi sono mica
offesa.
John si
alza e cambia disco, asserendo che di Hold On, I’m Coming ama solo la traccia principale, e fa partire
l’album che ha appena scelto.
Mentre
le note di The Sound Of
Silence si diffondono in tutto il salotto, Lennon
se ne ritorna sul divano a sfogliare distratto la rivista di prima, e io mi
guardo in giro: Ringo sferruzza (?) sulla sua poltrona, ma gli altri due? Che
fine hanno fatto George e Paul?
***
-Allora,
ci siamo capiti?-
-Sei
stato chiaro come uno specchio d’acqua.-
-Bene.-
-Bene.-
-… Senti…
Mi dispiace, George. Mi dispiace, e non sai quanto!-
-Sssì, posso immaginare
quanto ti possa dispiacere…-
-Sto
dicendo sul serio! Amico mio, non sai quant’è dura per me dover scegliere!-
-Avanti,
Paul: chi vuoi prendere per il culo? Siamo grandi e vaccinati, cazzo! E s’è
visto da lontano un miglio come tu abbia fatto di tutto per mettermi fuori
gioco! Giurerei che tu non la volessi neanche portare a casa, per evitare di
farmela incontrare, se non ti conoscessi così bene.-
Le
guance in fiamme di McCartney sono la giusta ricompensa per la mia sottile
psicologia.
Sorrido
impercettibilmente, compiaciuto per il risultato.
-Vedi?
Sono perfino disposto ad accettare questo tuo insopportabile sarcasmo!-
-È il
minimo che tu possa fare, dopo avermi fregato la ragazza. E non venirmi a dire
che non è così, perché non trovo affatto casuale il fatto che te l’abbia
presentata alla festa e che tu poi abbia incominciato a frequentarla... Sei
così subdolo che potresti benissimo averla pedinata, meschino come sei.-
-Harrison, piantala! Stai
oltrepassando il limite!- mi prende per il colletto, ma io mantengo la calma e
il tono di voce ironicamente placido.
-Avanti,
mollami un cazzotto! È così che mister McCartney risolve le proprie faccende,
vero? Bah, io non ti imiterò: non voglio avere sulla coscienza un bel visino
come il tuo rovinato dai lividacci.-
Paul
resta a fissarmi per un po’ e dopodiché mi molla con uno spintone, voltandosi
verso la porta.
-Tutto
quello che dovevo dirti te l’ho detto:vedi di rispettare i patti.-
-Sì sì,
Paul: la lascerò in pace, vai tranquillo. Sotterrerò l’ascia di guerra in nome
della nostra bellissima, purissima ed invidiabilissima
amicizia, vecchio mio!- trillo
festoso, salutandolo con la mano mentre lui se ne va finalmente fuori dalla mia
stanza.
Mi
lascio cadere sul letto e rifletto: anche se non l’avevo considerata come una
cosa seria, quella ragazza ha un qualcosa
che mi attira veramente molto…
Paul sembra prenderla sul serio, ma io non mi fido molto: spero solo che non la
faccia soffrire.
Sorrido
al solo pensiero che quel demente l’abbia presa come una vera e propria guerra
coi fiocchi: i tempi in cui facevamo a gara a chi conquistava per primo la più carina della festa son finiti da
un bel pezzo…
E poi,
a dirla tutta, se pensassi di potercela
fare, rinuncerei.
***
-Penso
che i Cream siano qualcosa di eccezionale…
Non fanno canzonette e si sentono liberi di esprimersi come meglio sanno fare
e.. oh, c’è Paul!-
Il
diretto interessato si avvicina sorridendomi: -Di che stavate parlando?-
-Dei Cream, McCharmly, e di come
spaccheranno i culi a tutti, probabilmente noi compresi!-
Io e
Paul ridiamo, mentre John continua: -Dico sul serio! Li hai sentiti? Più
ascolto ‘sto cazzo di disco e più mi rendo conto di quanto siano stupefacenti!-
-Mmm, già…
Non male.- gli risponde serafico
l’amico, scatenando così la mia reazione.
-“Non
male”? Ma hai problemi d’udito, per caso? Baker suona divinamente, e Clapton… Mio Dio!- esclamo estasiata, facendo ridere i due
Beatles.
-A
proposito di Clapton!- interviene nuovamente John, che tra i due è sicuramente
(e stranamente) quello che prende sul serio quest’argomento, -Sai che è molto
amico di George, vero?-
… Scusa?
-SCUSA?!-
-Err, no: a giudicare
dalla tua faccia non lo sapevi!-
-OMMIODDIO,
CHE RAZZA DI NOTIZIONA MI
HAI DATO! MA E’ FAVOLOSO!-
Dopo un
paio di minuti di perfetto sclero, finalmente mi do
una calmata: -E George dov’è?-
Paul
arriccia il naso, per poi bofonchiare qualcosa a proposito del fatto che sia in
camera sua.
Mi alzo
dal divano e inizio a cercare la sua stanza: se non ho capito male, è quella
dove mi sono svegliata prima.
RBingo!
Busso
piano alla porta e, prima di ricevere una risposta, mi ci fiondo dentro: in
altri momenti non lo farei mai, ma la notizia che John mi ha appena dato ha
decisamente mandato via a calci in culo la mia educazione.
-Oddio,
che ci fai qua?!- George balza seduto sul letto, sorpreso (ma vaaa?) per la mia pacifica irruzione.
-Niente
di che, io volev-
-Esci
subito, prima che ti veda Paul e che si metta a pensar male!-
George
balza giù dal letto e fa per spingermi fuori dalla stanza, ma io mi scanso.
-Se non
mi vuoi vedere puoi anche dirmelo apertamente, eh.-
-Ma no!
Non è che non ti voglio vedere, però… Capiscimi,
cazzo!-
-Sì, ti
capisco perfettamente. Ti lascio ai tuoi sogni ad occhi aperti, George. Ciao.- gli rispondo con tono perfettamente atono,
chiudendomi la porta alle spalle abbastanza bruscamente.
***
Sto
discutendo con John del fatto che Eric non verrà mai a suonare in un nostro
album, al contrario di quel che sostiene lui, quando in salotto Sara fa
nuovamente la sua comparsa.
Alla
domanda di Ringo se vada tutto bene, lei si affretta ad annuire con il capo e a
sorridergli, ma io e John ci siamo accorti subito di quanto il suo sorriso sia
stato sfuggente e di che brutta cera avesse, appena arrivata.
Ci
scambiamo uno sguardo d’intesa e faccio per aprir bocca, ma lui mi precede:
sorrido e non posso fare a meno di pensare a quanto sia fortunato ad avere un
amico così.
-Tesoro,
senti un po’… Non è che ti andrebbe una pizza?-
Quasi
crollo giù dal divano.
-… Pizza?-
-Sì,
per cena… Sai, mi è venuto un certo languorino, e mi chiedevo se volessi unirti all’allegra
combriccola per una cenetta in compagnia…- John le fa
l’occhiolino, mentre un Ringo su di giri annuisce vistosamente con il capo.
-Approvo,
approvo!- applaude entusiasta, facendo ridacchiare quel coglione di Lennon.
-Oh,
beh, ad una pizza non si può dire di no!-
-Ecco,
ben detto, ragazza mia! Perché so che saresti dovuta uscire con Paulie, però l’ora di cena si sta avvicinando, e dopo
potreste comunque fare una passeggiatina in coppia, no?-
A
queste parole e il suo sguardo malizioso, accetto in fretta, per non sentirlo
blaterare un secondo di più, e John mi abbraccia di slancio, acciambellandosi
su di me come un gatto.
-Grrrazie John, tu sì che sei
un vero amico.- gli ringhio dietro,
mentre lui tenta di sbaciucchiarmi tra le risate di Sara e Ringo.
-Dovere,
Paulie, dovere!- sentenzia lui, staccandosi e
trascinandosi appresso Sara per telefonare alla pizzeria più vicina.
***
Aaah, Dio se mi mancava
la pizza!
Cerco
di non dare troppo a vedere la mia euforia, mangiando piccoli spicchi della
margherita che ho ordinato, ma penso che l’abbiano intravista tutti.
Beh, fanculo. La margherita è la margherita, amen.
-Mmm, quindi, da quel
poco che ho capito, non sei inglese, giusto?-
Aggrotto
le sopracciglia e fisso John: -Intuito è
per caso il tuo secondo nome, Lennon?-
Lui
ridacchia, seguito a ruota libera dagli altri tre.
-Comunque
sì, esatto, non sono inglese.- aggiungo, addentando un altro trancio.
-Sai,
mi è venuto in mente un giochino…-
A
quelle parole John si becca occhiatacce sinistre da tutti i presenti,
soprattutto dalla sottoscritta, che ha gli occhi più spalancati di quelli di un
furetto.
-Ma che
avete capito, razza di incapaci? Non quei
giochini!- ride come un deficiente (anzi, non
“come”, perché lo è), -La mia idea era innocente: tu mi dici il tuo cognome, e
io provo ad indovinare da dove vieni, ecco tutto.-
John
viene trafitto da tre paia di occhi perplessi più uno piuttosto indagatore, ma
sembra non notarlo.
-Ok, ci
sto. Ventimiglia.-
-Uh,
come il libro!-
-Ringo, quello era Ventimila leghe sotto i mari.- lo corregge atono George,
divorando l’ennesima fetta di pizza.
-Ahahaha, Rings
oggi sta collezionando un Epic Fail
dopo l’altro!- ride John, le lacrime agli occhi, mentre Ringo non vorrebbe far
altro che sotterrarsi.
Io
rimango con il trancio a mezz’aria e la bocca spalancata, ma Fred Astaire mi fa così tanta tenerezza che decido di passarci
sopra. Per stavolta.
-Tranquillo,
Ringo, Verne è una tale palla che ti capisco alla perfezione…
Anch’io sbagliavo sempre questo titolo.- e gli sorrido, facendolo illuminare
d’immenso.
-Bene, ragazzina… Ventimiglia, eh? Innanzitutto complimenti per il
cognome, mi piace… E poi,- John si carezza
meditabondo il mento -direi che punto tutto sulla Spagna.-
Rimango
seria per un paio di secondi, emettendo poi il tipico verso che i pulsanti dei
quiz televisivi fanno quando una risposta non è esatta.
-Errato,
mister Lennon! Ritenti, la prossima volta sarà più fortunato!- gracchio canzonatoria.
Tutti
ridono, ad eccezione di John, che sbuffa e se ne viene fuori con la tipica
scusa di chi non sa perdere: -Bah, questo gioco mi ha stufato.-
E, come
da copione, io e gli altri tre cretini ci uniamo in coro in un bel -Cooomee? Di giàà?-, scoppiando
poi a ridere come degli emeriti deficienti, ovviamente sotto lo sguardo offeso
del signorino.
-Cooomunque! Come mai proprio la
Spagna?- cerco di riprendere seriamente il discorso.
-Mah,
forse perché sei caliente?-
si sporge verso il mio posto, con un’espressione che dovrebbe essere piaciona.
-Cioè,
tu mi stai paragonando ad una stracazzo di paella? Spiegami subito, Lennon!-
brandisco la forchetta fintamente furente, facendoli ridere come pazzi.
-E
perché no? La paella è deliziosa.-
interviene George, facendomi puntualmente arrossire.
-Eee comunque sono
italiana, Italy, do you understand?-
sbraito, rossa in volto, quasi volessi coprire con delle urla l’ultima affermazione
di Geo, che continua a rimbombarmi nella mente.
-Uuuh, pasta-pizza-e-mandolino!-
sbuca trionfante John, mentre tutti ridiamo e Paul si affretta a correggerlo:
-No Winnie caro, quella è solo Napoli! Tu da dove vieni? Da lì, Roma o Milano?-
-Veramente
io sono nata a Verona, la città di Romeo e Giulietta, per capirci- sorrido, -ma
mio padre è sardo.-
-Cazzo,
dev’essere un bel posto, la Sardegna: mi piacerebbe
andarci, un giorno.- afferma Ringo, prima di bersi un altro sorso di birra.
-Un
giorno vi ci porterò!- esclamo entusiasta finendo la mia Coca Cola, mentre loro
mi rivolgono un applauso di totale approvazione.
Già, un giorno, chissà…
Who are you?
Uiiiiiii ar de cempioonss, mai freeeeend u.u
Occhei, son tornata. In mostruoso ritardo, ma sono qui, tutta per
voi! (coro: e chissenefrega!)
A me frega, quindi buoni che vi dico
tutto.
Bene, sul mio amicone Uord questo capitolo è lungo la bellezza di 6 pagine, e
sarebbe anche dovuto essere più lungo, se non fosse stato per il fatto che
non c’avevo cazzi d’andare avanti a scriverlo per il fatto che risultasse
un po’ troppo noioso et pesante.
Quiiindi, eccomi qua!
Allora, ho constatato che gli indizi
non li trova nessuno (LOL), quindi ho deciso di elencarveli, chissà che non vi
applichiate di più : D
- -Lo so, ma so anche che in passato hai fatto certi sbagli, e chi mi dice che
questi non possano ripetersi?- (un Paul decisamente masochista rievoca la
sberla che John diede a Cyn.)
- Mi lascio cadere sul letto e rifletto: anche se non
l’avevo considerata come una cosa seria, quella ragazza ha un qualcosa che mi attira veramente molto… (lo
so, fa cagare, ma voleva essere un velato riferimento a Something.)
- Sto discutendo con John del fatto che Eric non verrà
mai a suonare in un nostro album, al contrario di quel che sostiene lui,
quando in salotto Sara fa nuovamente la sua comparsa. (uno a zero per
Lennon, siore e sioriii!)
- -Cazzo, dev’essere un bel
posto, la Sardegna: mi piacerebbe andarci, un giorno.- afferma Ringo,
prima di bersi un altro sorso di birra. (d’altronde, solo lì ci sono i
migliori giardini di polipi…)
E poi qui ho nominato un fottio di album famosi, ossia: The Supremes A’ Go-Go (The Supremes), Strangers In The Night (Frank Sinatra), Face To Face (The Kinks), From The Beginning (Small Faces), Jefferson Airplane Takes Off (Jefferson
Airplane), Fresh Cream (Cream), A Quick One (The Who), Hold On I’m Coming (Sam & Dave), The Sound Of Silence (Simon &
Garfunkel).
Non ho
altro da dichiarare, se non che vi amo tutti alla follia perché mi sopportate
sempre e nulla, andate in pace.
Amatevi
l’un con l’altro!
Dazed;