..Fine…
Non capirò mai quest’uomo.
Così enigmatico.
Mi strinsi a lui cercando
conforto. Erano successe troppe cose, i miei nervi stavano cedendo e
dopotutto l’idea di Izayoi non era brutta.
Sospirai, mentre le mie
mani accarezzavano la schiena di Sesshoumaru.
“Come
ti senti?”.
Mi domandò. Io gli risposi,
senza staccarmi.
“Un po’ meglio”.
Sì, mi stavo riprendendo,
anche se la testa doleva ancora.
“Che ne dici di dirmi cosa ti è successo?”.
Era una domanda calma e
pacata, e non come le solite dette con un tono d’ordine. Imperiose.
Sospirai di nuovo cercando
le giuste parole. Sì, era tempo di aprirmi. Era tempo di mettere le
carte in tavola.
“Sesshoumaru”.
Sussurrai.
“Sì”.
“Io…ti chiedo scusa per tutto”.
Mi fermai ad ascoltare il
dolce rumore del suo cuore. Calmo e rassicurante, come quell’abbraccio.
Lui non rispose, si limitò a stringermi di più.
“Ti
chiedo scusa per essermi tenuta tutto dentro, ma…”.
“Sei
perdonata, ma anch’io ho le mie colpe…ti ho ferita”.
“Già”.
Sorrisi debolmente, mentre
lo ascoltavo. Era la prima volta che lui si apriva con una persona. Era
la prima volta che chiedeva scusa.
“Perdonato”.
Sussurrai, ma poi continuai.
“Sai, può sembrare assurdo, ma oggi ho
capito il dolore di Kagura…anche se ha tentato di uccidermi l’altra
sera nella vasca”.
Risi ironica, ma poi
cominciai a piangere di nuovo. Un pianto liberatorio. Ricordare quella
scena ancora oggi mi fa male. Lei nel fondo della vasca che mi guardava.
La sua fredda e pallida
mano che mi afferrava.
Il dolore.
Il freddo oscuro che mi
abbracciava.
“Stavo per morire…stavo per morire…non
avrei più rivisto le persone che amavo…non ti avrei più rivisto…non
avrei più rivisto il viso del uomo che amo”.
Dissi tra i singhiozzi. Sì,
gli dissi che lo amavo. Che lo amo.
Mi staccò dal petto. Io
tenevo ancora gli occhi bassi, ma d’un tratto due dita alzarono il mio
mento. Era lui.
Un attimo, le sue calde e
morbide labbra si unirono con le mie. Sentivo il sapore salato delle
mie lacrime. Lacrime di disperazione.
Mi baciò. Sentivo il mio
cuore tornare a vivere. Il dolore di prima spariva. Stavo rinascendo.
Ci staccammo, ma lui non mi
disse nulla…si limitò a stringermi a lui e accarezzarmi il capo.
“Ti amo”.
Sussurrai. Lui mi baciò il
capo, ma non parlò. Ma capii che ricambiava il mio sentimento.
Non mi aveva mai
abbandonato, mi era sempre stato accanto, anche se si era dimostrato
freddo e distaccato.
Restammo fermi in quella
posizione per molto tempo. Mi sentivo come una bimba piccola che stava
tra le braccia del padre.
“Io non
ti ritengo pazza Rin. Non badare alle parole di Izayoi, lei si basa su
qualcosa che non può vedere e sentire. Tu non sei pazza. Sei sana di
mente…unico tuo difetto è la testardaggine”.
Mi trovai a ridere, mentre
mi diceva il mio “più grande” difetto: la testardaggine.
“Grazie”.
Alzai il viso e lo baciai.
Lo ringraziavo per avermi creduto. Per non essersi burlato di me, anche
se inizialmente avevo creduto il contrario.
Lo guardai dritto negli
occhi e gli raccontai tutto. Ogni episodio omesso. L’uomo del cimitero
che mi provocò quella strana sensazione di smarrimento. L’incidente
della vasca.
Le mie paure più intime.
Lui mi ascoltò senza proferir parola, si limitò ad accarezzarmi la
fronte.
Quel suo modo di fare mi
aiutò. Ora non avevo più paura di quella casa.
Lui era con me e nessuno mi
avrebbe ferito…ma presto mi sarei ricreduta.
Salimmo al piano di sopra.
Io lo volevo. Lui mi voleva.
Entrammo nella mia camera
da letto, illuminata dalla bagliore del lampione acceso in strada.
Mi adagiò sul letto, mentre
mi accarezzava e baciava…io facevo lo stesso. Sentivo il suo profumo
inebriarmi. Tremavo ad ogni suo tocco. Ricordo il fruscio dei
nostri vestiti che scivolavano a terra. I nostri respiri. Le nostre
mani che si toccavano dolcemente.
I suoi capelli lisci tra le
mie dita. Le sue labbra che disegnavano lingue di fuoco sulla mia
pelle. Ancora oggi sento i brividi sulla pelle, mentre ripercorro con
la mente a quei magici momenti.
I nostri corpi si unirono
in un’ atavica danza d’amore. Un amore nascosto dalla nostra
cocciutaggine.
“Ti amo”.
Sussurrai, mentre poggiavo
il capo sul suo petto. Lui non rispose, si limitò a far scorrere le
dita sulla mia spalla. Sospirai e socchiusi gli occhi, ero conscia che
mai avrebbe detto quelle parole, ma sapevo che lui mi amava… e mi ama.
Mi assopii tra le sue
braccia, felice e appagata… nessuno avrebbe rovinato quel momento.
Nessuno. Ma non fu così.
Tutto accadde veloce, come
in uno di quei film horror. Mi svegliai sentendo un lamento. In un
primo momento pensai al mio cane, Shu, ma lui era a casa dai miei…ma in
quell’istante credetti che lui fosse di sotto nel salotto.
“Che
cosa avrà adesso?”
Pensai. Mi misi seduta,
feci piano, non volevo svegliarlo. Volati il capo verso destra, lo vidi
dormire calmo e tranquillo.
Sembrava un bimbo indifeso.
Sorrisi, mentre lo guardavo.
Scesi dal letto con
lentezza. Ricordo il freddo delle piastrelle di ceramica sotto i piedi.
Afferrai la maglietta sulla sedia e l’infilai. Voltai il capo di nuovo
verso di lui, ancora disteso nel letto.
Lentamente mi diressi verso
le scale. Sospirai, mentre pensavo al mio cane che piagnucolava di
sotto, quando mi fermai di botto sul ciglio delle scale.
“Ma Shu è a casa dai miei!”.
Pensai allarmata. Allora
cos’era quel lamento? Presto l’avrei scoperto.
Afferrai il corrimano della
scala e restai ferma sul primo scalino ad ascoltare. Fissai il fondo
della scala, era poco illuminato. Strinsi di più il corrimano, mentre
cercavo di capire se il lamento di prima fosse solo frutto della mia
immaginazione. Ma non era così. Sapevo bene che non lo era, ma infondo
volevo credere che fosse solo frutto della mia mente. Un sogno.
Trattenni il respiro e
restai in ascolto. Tutto taceva.
“E’ solo frutto della mia immaginazione”.
Mi dissi con un sorriso
tirato. Volevo rassicurarmi. Sospirai e lentamente mi voltai, quando
uno scricchiolio mi fece gelare il sangue nelle vene. Sgranai gli occhi
e voltai il capo verso il fondo della scala.
Un’altro scricchiolio
seguito da un lamento. Strinsi di più il corrimano, mentre fissavo il
fondo di quel baratro.
Il cuore batteva veloce nel
petto. Tremavo dalla paura, quando intravidi qualcosa. Un’ombra che
lenta saliva le scale. Tremai ancora di più, mentre quell’ombra si
muoveva verso di me.
Un altro lamento. Una mano
pallida che scivolava sul muro della scala. Mi irrigidii ancora di più,
quando sentii la sua voce.
Una lama nella mia anima.
“La tua vita mi
appartiene! Tu morirai stupida sciocca donna!”.
Come al rallentatore. Come
in un film del terrore, lei saliva la scala. Ricordo ancora quello
scricchiolio…quel dannato scricchiolio che mi trafisse la mente
come mille spilli.
I capelli neri sul pallido
viso. La mano che scorreva sulla parete. Graffiava. Le sue unghie
graffiavano l’intonaco del muro. Un orribile rumore.
Le mie labbra tremavano,
mentre quell’orrenda figura saliva e si avvicinava a me. Desiderava la
mia vita.
Odiava la mia ritrovata
felicità.
Volevo fuggire. Volevo
gridare, ma ero come paralizzata. Il mio corpo non rispondeva a nessun
impulso.
“Rin scappa! Rin grida il suo nome!
Chiamalo o morirai!”.
No. Non riuscivo ad
emettere nessun suono. Il mio sguardo era fisso su quella presenza che
si avvicinava a me.
Alzò il viso coperto dai
capelli corvini…due occhi rubino tristi e feroci mi guardavano. Labbra
bluastre contorte in sorriso di scherno. Mano pallida che si dirigeva
verso di me. Tremai ancora di più, mentre sentivo il mio viso rigato
dalle lacrime…uniche che riuscivano a muoversi sul mio corpo di marmo.
D’un tratto la mia mano
destra si staccò dal corrimano, scivolò sul mio fianco per poi
lentamente dirigersi verso la sua fredda mano.
“Rin!
Che cosa fai?Fermati! Fermati ora!”.
Mi urlavo nella mente, ma
la mia mano era attratta dalla sua. Veloce mi afferrò il polso. Una
stretta fredda che mi attanagliò l’anima.
Chiusi gli occhi, mentre
sentivo il mio corpo privato della forza vitale.
“E’
finita…”.
Mi dissi, mentre lei mi
trascinava nel baratro. Ricordo i miei capelli scivolare sul mio viso.
La sua risata malefica, mentre mi trascinava con sé.
“Addio…”.
Era la fine, oppure no?
D’un tratto sentii qualcosa
cingermi la vita, di scatto aprii gli occhi. Ero a pochi centimetri dal
legno dei gradini della scala. Le ciocche dei miei capelli erano sparse
sul legno lucido, ma ciò che mi lasciò basita e che non sentivo più la
sua fredda stretta sul polso…ma sentivo altro.
Un braccio che mi
stringeva. Lentamente voltai il capo e tra le ciocche sconnesse lo
vidi…era Sesshoumaru che mi aveva salvato.
Con uno sforzo immane mi
trascinò a sé. Ricordo che mi sentivo leggera…viva.
“Rin”.
Sussurrò, mentre mi
stringeva a sé. Piansi, intanto ripensavo a lei, quando qualcosa mi
fece tremare. Un rumore. Un urlo.
Le luci del mio
appartamento si accendevano e spegnevano convulsamente. Le porte si
aprivano e chiudevano di continuo. Mi strinsi di più a Sesshoumaru,
mentre osservavo quell’orrendo spettacolo.
I ninnoli sui mobili
caddero a terra, come anche i quadri nella rampa della scala.
“Andiamo
via!”.
Urlai mente mi stringevo di
più a lui. Ricordo che conficcai le mie unghie sulle sue braccia
ferendolo.
“Non
voglio più vivere qui! Ti supplico portami via da qui!”.
Gli dissi tra le lacrime,
mentre il mondo attorno cadeva nei meandri infernali. Lui annuì mi
prese in braccio e mi portò fuori.
Fuori da quel posto…da
quell’inferno.
Quello fu l’ultima volta
che vidi il mio appartamento, non tornai mai più lì.
Mi trasferii a casa di
Sesshoumaru, dovevo riprendermi. Le mie poche cose mi furono spedite da
una ditta di trasloco. Ricordo ancora il viso di Miroku, mentre gli
riconsegnavo le chiavi.
“Sa
signorina? Lei è stata l’unica a vivere così a lungo in quel duplex…mi
dispiace che lo lascia…le auguro buona fortuna e a presto”.
Mi sorrise e rimise a posto
nel cassetto, le chiavi. Quella scena mi liberò. Salutai e mi voltai,
uscii dall’agenzia. Mi sentivo libera, anche se il mio stato d’animo
era davvero provato da quell’esperienza sovrannaturale.
“Addio
Kagura. Addio per sempre”.
Entrai in macchina, dove
Sesshoumaru mi aspettava. Non disse nulla, ma sapeva quello che provavo.
“Torniamo
a casa”.
Veloce mi condusse verso il
mio nuovo futuro, dove non avrei più sofferto.
Piccola nota a tutti quelli
che hanno seguito la mia storia: è assurdo, ma al mondo esistono forze
che la scienza non può mai capire e comprendere. Antichi rancori.
Presenze benevole, ma anche malevole che vivono accanto a noi. Alcune
volte noi le percepiamo, altre no…ma sappiate che loro esistono.
Un bacio dalla vostra Rin
Riversi.
Fine
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Bene la storia è finita.
Vi ho fatto attendere molto e chiedo scusa, ma il lavoro e problemi di
salute mi ha tenuto lontana dal pc. Comunque, la storia si basa su
fatti reali, un po’ favoleggiati da me.
I caratteri dei
personaggi si basano su persone reali, che io incontro ogni dì al
lavoro. Infatti, adoro studiare le caratteristiche di chi mi
circonda…come il personaggio Elisa, esiste realmente, ma è molto più
giovane di quella da me creata XD. Mi ammazza se sa che l’ho resa un
po’ vecchiotta. Rin è simile al mio carattere, sempre un po’ scontroso
e diffidente. Sesshoumaru è un insieme di persone che conosco, è stato
difficile non farlo cadere nell’OOC, anche se in questi ultimi capitoli
un po’ lo era (cavoletti amarognoli). Pazienza.
Beh, non mi piace
dilungarmi troppo, posso solo dirvi che ho davvero adorato scrivere
questa fanfiction…chissà forse un giorno posterò un seguito.
Un bacio e alla prossima
^^.
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