note ds3 cap 3
3.
A bad adventure
Domenica 29 maggio
Evelyn's Pov.
«Ciao, sono
Amanda, in questo
momento non posso proprio rispondere. Lascia un messaggio dopo il bip,
ma niente emme-emme-esse, o quello che è! Non sono ancora
capace
di scriverli né di leggerli, anche se ho in programma di
farlo.
A presto... Tommy, come si spegne questo coso?»
«Mamma, quante volte ti ho detto di cambiare il messaggio
della
segreteria?» esclamo, un po' irritata un po' divertita,
appena
sento il segnale acustico che mi permette di registrare il messaggio.
«Comunque, lo so che adesso siete a pranzo da Simona e Greg,
però avrei una cosa importante da dirvi. Richiamatemi appena
tornate a casa, okay?» Detto questo, spengo la chiamata e
tiro un
forte sospiro. Dio, spero che non la prendano troppo male. Ma che poi,
parlando razionalmente, faccio un viaggetto che non si può
ritenere neanche un vero viaggio, perché mai dovrebbero
preoccuparsi o robe simili? Lo so, la risposta è
“perché sono i miei genitori”, ma
insomma,
c'è un limite a tutto, e ingigantire le cose fa male e
basta, lo
sanno tutti.
Dopo pochi minuti in cui sono rimasta sdraiata sul letto a fissare il
soffitto, il cellulare inizia a squillare.
Lo afferro senza nemmeno guardare il display e rispondo:
«Pronto?» convinta al novantanove virgola
novantanove per
cento che sia mia madre.
«Ciao tesoro, ti disturbo?»
Ovviamente però, resta sempre quello zero virgola zero uno
per cento.
«Katie!» esclamo poi, presa alla sprovvista.
«No, non
disturbi affatto! Anzi, non ti ho ancora ringraziato come si deve
per...» ma proprio quando sto per finire la frase, Danny si
affaccia alla porta con un sorriso stampato sul viso e mi saluta con la
mano. «...quella volta in cui mi hai salvata da un
interrogatorio
di mamma, ti ricordi, vero? Ecco, ci stavo proprio pensando
prima» e detto questo, grido: «Ciao
Danny!»
«Ben svegliata, principessa» risponde lui.
«Ti porto il caffè a letto? E' di tuo
gradimento?»
Gli faccio un sorriso a trentadue denti. «Sì,
grazie.»
«Ottimo» approva lui, dopodiché richiude
la porta e sento che scende di corsa le scale.
«Ho capito, Ev» fa la mia migliore amica divertita,
dall'altra parte della cornetta, dopo una breve pausa. «E non
ti
devi preoccupare, è stata una sciocchezza.»
Sorrido un poco, grata. «Mi hai chiamato solo per
questo?» chiedo poi, mettendomi a sedere e accavallando le
gambe.
«No» ammette Katie. «Poco fa stavo
pensando che
dovremmo organizzare un addio al celibato grandioso... E mi sono venute
in mente un paio di idee mozzafiato!»
«Oh, Katie, solo tu puoi!» affermo io, gettando la
testa
all'indietro e scoppiando a ridere. «E che idee
sarebbero?»
«Eh no, lo sapevo che me l'avresti chiesto!»
ribatte, come
se mi avesse scoperto con le mani nel sacco. «Non ho alcuna
intenzione di rivelarti anche il più piccolo dettaglio
insignificante!»
Alzo le sopracciglia, sforzandomi di non ridere per non prenderla in
giro. Sappiamo benissimo tutte e due che Katie è una
chiacchierona e mantiene difficilmente un segreto – sempre
che
non sia una cosa seria riguardante la sua migliore amica, ovviamente: i
miei segreti più intimi e importanti li ha sempre mantenuti.
«E chi è che ti ha aiutata?» domando,
con finta nonchalance.
«Oh, nessuno» borbotta lei.
«Andiamo, è praticamente impossibile fare una
festa di questo tipo senza la mano di nessuno»
insisto io, sorridendo tra me e me.
«E va bene, tua madre e Danny mi hanno dato qualche spunto,
però per il resto ho agito io, e giuro che la cosa di
chiamare
degli spogliarellisti vestiti da pompieri l'ho...» ma a
questo
punto si rende conto di quello che ha appena detto, così si
interrompe bruscamente.
Io spalanco gli occhi e strillo: «Oh mio Dio!»
«Oh, NO! Lo sapevo che mi avresti cacciata in trappola,
dannazione! Conosci troppo bene me e la mia stupida
boccaccia!»
protesta lei, disperata.
«Non preoccuparti, Katie, nel più profondo ho
sempre
saputo che avreste chiamato degli spogliarellisti travestiti da
pompieri» cerco di rassicurarla io, ridacchiando.
«Certo, come no.»
«Sì!» ribatto io, sforzandomi di
apparire convincente.
«E da cosa l'avresti dedotto?»
«Perché una volta mi avevi svelato che hai un
debole per i
pompieri. E hai aggiunto che ogni tanto, quando ti senti sola, speri
che scoppi un incendio per averne venti in casa tua.»
«Cristo, perché conosci tutto di
me?!» piagnucola lei.
«Perché sono la tua migliore amica»
rispondo,
«e le migliore amiche si dicono proprio tutto. Specialmente
quando sono ubriache.»
«E va bene, hai vinto tu» borbotta, dopo un po'.
«Comunque questo non lo deve sapere tua madre, hai capito?
Pensa
se venisse a scoprire che anziché un innocuo pigiama party
in un
hotel a cinque stelle...»
«Non voglio sapere cos'hai intenzione di fare
veramente!» la fermo in tempo io.
«Giusto, scusami, sono proprio sbadata» ammette
lei, imbarazzata.
Sorrido dolcemente. «Non preoccuparti, sei perfetta
così.»
«Oh, che tesoro che sei.»
«Per quanto riguarda il fatto di tenere all'oscuro mia madre
tutta questa faccenda, va bene! E poi, secondo te vado a dirle che ho
fatto sesso con uno spogliarellista travestito da pompiere la notte
prima del mio matrimonio?»
«Hai intenzione di andarci a letto?!» sbotta lei,
urlando.
Scoppio a ridere sonoramente. «Ovvio che no, stavo
scherzando!»
«Mmh.»
«Comunque non si sa mai» aggiungo poi, fingendomi
disinvolta.
«Aspetta. Stai scherzando, vero?» si accerta Katie,
con aria seria.
Questa volta scoppia a ridere senza controllo.
«Certo!» rispondo, asciugandomi le lacrime agli
occhi.
«Si può sapere cosa c'è di tanto
divertente?»
chiede Danny, facendo capolino nella stanza con in mano un vassoio
enorme.
Oddio, oltre il caffè c'è anche una brioche al
cioccolato
che riconosco come quella della pasticceria spettacolare sotto casa e
una spremuta d'arancia fresca come piace a me. Sono praticamente sicura
che gli occhi mi siano diventati due stelline che luccicano.
«Niente» mi affretto a rispondere poi, dandomi un
contegno. «Cose da donne.»
Danny annuisce, ridendo. «Aaah, capisco!»
Io gli mostro un sorriso innocente, poi mi rivolgo alla cornetta del
telefono che tengo con la mano sinistra: «Katie, ora scusami
ma
devo andare, una colazione coi fiocchi mi attende!»
«Okay, Ev, ci sentiamo. Buon appetito e salutami quell'angelo
del tuo quasi-marito!»
«Sarà fatto» le assicuro io, infine
interrompo la
chiamata e lancio un'occhiata di ammirazione al mio fidanzato che mi
sta fissando in piedi di fronte a me, con il paradiso tra le mani.
«Danny, sei un amore!» esclamo. «Ma come
diavolo hai fatto a comprare quella brioche...?»
«L'ho presa ieri, e poco fa te l'ho messa in forno
così
sembra appena sfornata» mi risponde lui, avvicinandosi a me.
«Dio, sei magnifico» mormoro io, guardandolo negli
occhi.
«Grazie, ma per una donna magnifica serve un uomo magnifico,
no?»
Scoppio a ridere, poi mi sporgo verso di lui per riuscire a baciarlo.
Lui prima appoggia il vassoio sul comodino, poi finalmente risponde al
mio bacio.
Bene, direi che la giornata sia iniziata splendidamente.
Forza Evelyn, puoi farcela. Si tratta solo di fare un facilissimo
percorso. E poi Danny mi ha assicurato che l'imbragatura è
sicura al cento per cento.
«Bene, ragazzi, prima di tutto io mi chiamo David e vi
spiegherò le cose base prima di iniziare autonomamente la
vostra
avventura. Prima però venite qua che vi metto
l'imbrago.»
Il ragazzo, aiutante del responsabile di nome Mark, si avvicina a me e
mi mostra il coso che mi devo mettere. Lo guardo senza muovere un
muscolo, anche se dentro di me il cuore batte all'impazzata, quasi come
se volesse uscire dalla gabbia toracica.
Ma che cosa ci faccio io qui?
Intanto David appoggia a terra l'imbracatura e mi dice dove devo
infilare le gambe, poi prosegue stringendomela ben salda alla vita.
Il problema è che ora, anziché sentirmi
rassicurata, sono
ancora più terrorizzata. Cosa vuol dire tutta questa
preparazione? Che il percorso è pericoloso? Che se non
avessi
questo coso addosso e cadessi da un albero morirei?
Dio, quanto mai ho accettato di accompagnare Danny a fare questo
dannato percorso del cazzo.
Quando David finisce di mettermela, mi porge un casco enorme e poi
passa a Danny.
Ma che diavolo è questo coso che devo mettere in testa?
Voglio dire, andrebbe bene a un gigante obeso...!
Mamma mia, quanto mi sento in imbarazzo. Cammino che sembro un pinguino
malato. Devo avere un aspetto orribile.
«Perfetto, ora possiamo iniziare» afferma David
dopo un po'.
Mi volto verso Danny e gli lancio un'occhiata spaurita, mentre lui mi
fissa completamente a suo agio, senza capire il mio senso di
disorientamento.
Okay, ammetto che non gli ho mai confessato quanto io sia
maledettamente inganfita. Ma insomma, mica mi aspettavo che mi portasse
a fare una specie di scalata prima di sposarmi! E' che non sapevo che
il mio futuro marito, oltre che amare il rugby, adora anche il brivido
dell'avventura, cosa che io non sopporto – almeno, lo
sopporterei, se solo avessi un minimo di equilibrio e di coraggio!
«Per prima cosa, aprite i vostri moschettoni»
annuncia
David, appoggiandosi a un albero. «Attenzione
però,
perché hanno la ghiera.»
E che diavolo sarebbe la ghiera?
Con un'alzata di spalle, tento di aprirne uno. Ma presto mi accorgo che
non è un normale moschettone, perché è
come se
fosse bloccato.
«Amore, devi fare così» mi riprende
Danny, come se
fossi una bambina che impara a camminare ma che è appena
caduta
per la centesima volta a terra a gambe per aria.
«Okay, ci siamo?» fa David, spazientito.
Annuisco un paio di volte, con poca convinzione, mentre Danny esaudisce
un sicuro: «Sì.»
A questo punto David inizia a fare qualche passo verso la scaletta
attaccata a un albero non molto alto. «Questi segni rossi
alle
corde legate all'esterno della scala segnano che voi dovete
attaccarvici i moschettoni. Mi raccomando però, attaccatene
uno
alla volta, in modo che se per caso uno non dovesse tenere, o che non
fate in tempo ad attaccare anche l'altro, ce n'è sempre uno
attaccato che vi potrà salvare in casi estremi. Sono stato
abbastanza chiaro fin qui?»
Aspetta un momento, che cavolo vuol dire “se per caso uno non
dovesse tenere”?!
Anche questa volta io annuisco intimorita mentre Danny ha un'aria
perfettamente convinta.
«Bene, una volta che avete attaccato i rispettivi
moschettoni,
iniziate a salire, procedendo sempre nel modo che vi ho spiegato prima,
cioè ne staccate uno, lo riattaccate alla corda successiva,
e
poi fate lo stesso con l'altro.»
C'è un attimo di pausa, dopodiché David inizia a
salire
per farci vedere come si deve fare. Una volta sulla piattaforma
attaccata a metà dell'albero, si gira verso di noi per
riprendere a spiegare: «Qui dovete agganciare i due
moschettoni a
queste due corde esterne, in modo da non cadere. Una volta fatto,
iniziare a camminare sul filo, e se avete paura, potete mettere i piedi
a papera in modo da sentirvi più sicuri.»
Camminare sul filo?! Ma che è, impazzito?
«Quando arrivate alla piattaforma successiva, ripetete il
procedimento dei moschettoni alternati fino ad arrivare dall'altra
parte. Come potete vedere, qui c'è la carrucola.»
La che?!
Cristo, mi sento male.
«La troverete sempre alla fine di ogni percorso,
perché
è l'unica che vi permetterà di arrivare a terra.
Ora vi
insegno come si fissa alla corda.»
Una volta che ci ha mostrato come si fa, si lascia cadere a peso morto
attaccato alla corda della carrucola.
E io dovrei fare un salto del genere per poi lasciarmi praticamente
schiantare all'albero successivo? Dio, ma sono completamente fuori di
testa. E pensare che c'è gente che 'ste cose le fa come
sport.
«Non preoccupatevi, c'è la rete davanti all'albero
ed è impossibile farvi male» aggiunge poi.
Per un momento mi sento un pochino meglio.
«Ottimo, ora potete fare un giro di prova. Ma solo sulla
carrucola.»
Ed è esattamente in questo istante che mi sento crollare.
Quando arrivo sulla piattaforma attacco il gancio di sicurezza e
afferro la corda. Bene, sono pronta per buttarmi.
«Forza!» mi incoraggia David.
Annuisco una volta, sperando di farmi coraggio, subito dopo mi lascio
andare e appena realizzo che sono in perfetta caduta libera faccio un
piccolo gemito. Appena vedo la rete vicina, chiudo gli occhi per la
paura. Non voglio schiantarmi, non voglio proprio.
Una volta che sento di aver toccato la rete senza essermi fatta male,
tiro un sospiro di sollievo mentre torno indietro lentamente.
«Dovevi attaccarti alla rete, sennò come pensi di
scendere?»
Giusto, perché non ci ho pensato prima?
Adesso sto penzolando a metà della corda come un sacco di
patate.
Dio, che figuraccia.
Quando tocco finalmente terra, David si allontana salutandoci e
augurandoci “buona fortuna” - il che mi terrifica
completamente –, mi rivolgo a Danny:
«Tesoro»
mormoro, sperando in un inizio ad effetto. «Quale percorso
facciamo, quello verde per bambini?»
«No, sei matta? Mi annoierei a morte, iniziamo con quello
intermedio» risponde lui, dopodiché si avvia alla
scaletta.
Intermedio? Vuol dire che dovrei aver già fatto quello per
principianti, dico bene?
Fantastico, morirò.
Dieci minuti dopo sono sulla prima piattaforma con le mani che mi
sudano da morire.
«Amore, non credi che sia un tantino difficile?»
domando, mentre fisso il filo davanti a me.
Lui scuote la testa. «E' tutta questione di
determinazione»
ribatte, aldilà del filo che ha appena passato in pochi
secondi.
«Giusto» borbotto io.
Va bene Ev, fissa la piattaforma dove c'è Danny. Guardala
bene,
non è poi così lontana, no? Su, ancora qualche
passo.
Appena arrivo a destinazione, lancio un urlo di gioia. Il filo
maledetto è fatto! Ora mi aspetta... il ponte della morte.
«Danny» grido, ansimando. «Questa rete va
salendo...
Ciò vuol dire che ci alziamo di altezza» gli
faccio notare
poi.
«Sì, e allora?»
“Allora vuol dire che se cado da qui mi spacco la testa, Dio
santo!” vorrei scoppiare a urlare.
«Niente» mormoro con un fil di voce, ma lui
è troppo
lontano per sentirlo. Non mi aspetta neanche, quello stronzo.
«Andiamo, è un normalissimo ponte
tibetano!» sento che aggiunge poi.
Okay, Ev, stai calma. Non tremare, così farai traballare la
rete
e sarai ancora più instabile di prima. Puoi farcela, sta
tutto
nella determinazione, l'ha detto anche Danny prima.
Dopo mezz'oretta, arriviamo alla fine del percorso blu.
Io ho il fiatone, le mani e i piedi nelle scarpe bagnati di sudore e la
matita degli occhi che, so già, mi sarà colata
fino a
metà guancia. Così ora non sembro più
un pinguino,
ma un incrocio tra un pinguino con seri problemi mentali e un panda.
«Su, Evelyn» esordisce il mio fidanzato, che
è ormai
a terra e mi sta fissando con impazienza. «Buttati!»
Dai che ce la fai, sei grande, sei arrivata fin qui senza esserti rotta
niente, è un ottimo traguardo, no?! E poi, l'hai fatta anche
prima la carrucola.
Dio, solo che questa volta sono molto più in alto.
Mi aggrappo alla fune e socchiudo gli occhi. D'accordo Evelyn, il
trucco sta nel non guardare giù.
Prima di lanciarmi, faccio un forte respiro di incoraggiamento. Una
volta buttata, grido a pieni polmoni senza contegno.
Cinque minuti dopo, arrivo a terra e mi sdraio sull'erba stravolta.
«Proprio bello» commento, con affanno.
«Adesso però sono un po' stanca, torniamo a
casa?»
«Di già?!» sbotta Danny, incredulo.
«Pensavo di fare quello rosso, io!»
«Okay» affermo io, sorridendo. «Io
però ti aspetto qui.»
«Noo!» replica lui. «Sei arrivata fin
qui, non puoi tornare indietro, sarebbe tutta fatica
sprecata!»
Ma io ho già
sprecato un sacco di fatica per niente, maledizione.
«No, davvero. Sono proprio stanca, e poi non
riuscirò mai
a fare quello rosso. E' per alpinisti esperti» gli faccio
notare.
«Alpinisti?» ripete lui, con una risata divertita.
«Dai, sarà facilissimo, vedrai!»
aggiunge, tirandomi
per il polso.
Io do uno strattone. «Ti ho detto di no!»
Lui si volta verso di me, dapprima irritato, poi assume un'aria
intenerita. «Tranquilla, Ev, prima ho visto una bambina che
l'ha
fatto tutto, e ho sentito che s'è divertita talmente tanto
che
avrebbe voluto rifarlo almeno altre tre volte.»
Gli lancio un'occhiata sospetta. «Quale bambina?»
«Quella di prima con le treccine, l'hai sentita, no, che
parlava di un percorso bellissimo?!»
Oh, sì, è vero. Non faceva che ripetere quanto
era entusiasmante il percorso che aveva fatto con il padre.
Sì, posso farcela. E poi, ho Danny che mi da una mano.
«Va bene» annuncio poi, annuendo.
Danny mi mostra un sorriso del tutto soddisfatto. «Ottimo,
andiamo.»
Appena salgo la scala mi accorgo di quanto sia lunga. Cristo, questo
percorso sarà alto almeno due volte quello blu.
«Tesoro» sento che urla Danny dalla piattaforma.
«Questo è un po' più difficile
dell'altro,
però.»
«Oh, okay» sussurro, sentendomi il cuore in gola.
Quando arrivo al piedistallo, alzo lo sguardo per cercare Danny. E' a
una ventina di metri di distanza e sta attraversando una specie di
scala flottante.
Dio mio, non ce la farò mai.
Ma insomma Ev, se pensi così è ovvio che non ci
riuscirai.
Annuendo, rivolgo lo sguardo verso il prossimo ostacolo che devo
superare, ed è... una specie di corda a forma di trapezio
flottante, e subito dopo ce n'è uno, poi un altro e un altro
ancora.
E qui che diavolo devo fare?!
«Amore» grido, in preda al panico. «Come
devo dare qui?»
«Devi mettere un piede dentro il primo trapezio, l'altro in
quello successivo e andare avanti così fino alla
fine.»
«Ma non sono attaccati praticamente a niente!»
ribatto, urlando istericamente.
«Non preoccuparti, basta aspettare che smettano di
muoversi.»
«Ma non è sicuro!»
«Certo che sì» replica lui, alzando gli
occhi al
cielo. «Se cadi rimani attaccato alle corde di
sicurezza.»
«E se non reggono?» azzardo io.
«E' impossibile!»
Con un forte sospiro, metto il piede – tremante –
all'interno del trapezio più vicino, subito dopo inizio ad
ondeggiare sempre più velocemente, mentre cerco di rimanere
attaccata con un solo piede.
«Danny, questo coso non smette di dondolare!»
«Stai calma!»
«COME CAZZO FACCIO A STARE CALMA CRISTO SANTO?!»
scoppio improvvisamente.
Okay, forse ho esagerato.
«Dio, Evelyn, che cagasotto che sei!» si lamenta
lui.
«Devi solo aspettare di avvicinarti al prossimo. Cerca di
rimanere in equilibrio.»
«Ma io non ho equilibrio!» e detto questo, il piede
sfila
via dalla fune e cado gridando tutta l'aria che ho nei polmoni,
credendo seriamente di morire, ma per fortuna le corde di sicurezza mi
reggono.
«Oddio, Ev, ti sei fatta male?» esclama Danny
preoccupato, rivolgendomi finalmente un po' di attenzione.
«No» sbotto, freddamente. «Ora
però chiama David, voglio scendere da questo fottuto
coso.»
«Ma» ribatte lui. «Se provi ad attaccarti
con le mani e a tirarti su facendo un po' di forza, forse...»
«VAI A CHIAMARE DAVID PORCO CAZZO!»
«Okay, va bene» fa Danny, alzando le mani in segno
di resa.
«Finisco il percorso velocemente e vado da lui.»
Trascorrono quindici minuti – che a me sono sembrati ore
–
in cui rimango con i piedi penzoloni a dondolare come una perfetta
imbecille.
Non ci credo neanche morta che quella bambina è riuscita a
farlo tutto, 'sto cazzo di percorso.
Poi finalmente arriva David, che mi corre incontro insieme a Mark per
un “recupero”, come lo hanno definito loro.
Quando finalmente ho i piedi a terra, cerco di riprendere a respirare
regolarmente.
Non ho neanche voglia di guardare Danny, talmente sono alterata.
Per fortuna che la giornata era iniziata splendidamente, eh.
Una volta che mi hanno tolto tutta questa dannata imbragatura e il
casco, faccio qualche passo verso la macchina dopo aver sussurrato
“grazie, ci vediamo” a David e Max.
Nel passare, sento una voce familiare che grida eccitata:
«Dai,
mamma, vieni anche tu! E' bellissimo qui!» così mi
volto,
e vedo la bambina con le trecce che salta su una piattaforma del
percorso verde.
«Andiamo, Ev, te l'ho già detto che mi
dispiace»
ripete Danny, forse per la milionesima volta, abbandonandosi
sul
divano a peso morto. «Scusami, non volevo farti passare quel
che
hai passato.»
«Okay» faccio io chiudendo la porta d'ingresso di
casa alle
mie spalle, poi dopo una breve pausa trillo: «Però
mi hai
mentito!»
«Ma non credevo che saresti caduta e avessi fatto un
putiferio del genere!»
«Sì ma se tu non mi avessi detto quella bugia, io
non
sarei venuta. Mi hai praticamente costretta a farlo, quel dannato
percorso rosso di merda!»
«Ma era una piccola
innocua bugia!» ribatte lui. «Pensavo che ce
l'avresti
fatta comunque, pensavo che ti servisse solo una spinta in
più
per incoraggiarti!»
«Incoraggiarmi mentendo?»
«Ma non era una cosa così grave, sei tu che hai
ingigantito tutto, dannazione!»
«Ingigantito?! Potevo morire!»
«Morire? Secondo te ero così irresponsabile da
farti rischiare di morire?! Ma fammi il favore!»
«D'accordo, comunque resta il fatto che mi hai mentito, non
sei
stato sincero con me» ritorno al discorso di prima,
incrociando
le braccia.
Lui alza gli occhi al cielo. «Ripeto che non è una
cosa grave.»
«Ma è tutta una questione di principio! Tu mi hai
mentito,
e se non l'avessi fatto non sarebbe successo niente di tutto
questo!»
Ci sono alcuni secondi di assoluta silenzio, io rimango a guardarlo in
cagnesco mentre lui mi fissa negli occhi, con uno sguardo misto tra il
dispiaciuto e l'irritato.
D'un tratto il mio cellulare inizia a squillare, ed io mi sento subito
sollevata.
Quando però vedo che in chiamata è mia madre,
chiudo un
occhio e schiaccio il pulsante verde. «Ciao, mamma.»
«Ciao tesoro! Che è successo?» esclama
lei, a voce alta.
«Ehm, come stai?» tento di cambiare argomento io.
Lo sapevo che avrebbe reagito così.
«Non crederai di scamparla in questo modo!»
«Volevo solo accertarmi che stessi bene» replico
io, sperando che funzioni.
«D'accordo» fa lei, con un sospiro, come se si
stesse
sforzando di rimanere calma. «Io comunque sto bene, tu
piuttosto?
Che cavolo è successo di così
importante?»
«Non è successo niente» mi affretto a
dire io,
cercando di tranquillizzarla. «E' solo una notizia che vi
volevo
dare.»
«Ah» fa lei, «dimmi.»
«Pensavo di partire per Venezia...» inizio, con un
forte
respiro d'incoraggiamento. «...domani» finisco poi,
con un
sussurro.
«DOMANI?!» gridano all'unisono mia madre e Danny.
Io per un momento mi sento completamente spiazzata. «Ehm,
sì, prima parto prima torno, e non voglio perdermi tutti i
preparativi per il matrimonio» aggiungo poi, con un fil di
voce.
«Sì ma domani è troppo...»
comincia mia madre, parlando freneticamente.
Ma poi anche Danny si aggiunge sovrapponendosi per un attimo alla voce
di mia madre: «Come cavolo pensi di...»
E tutto il resto, sono solo pezzi di conversazione qua e là
che sento a stento.
«...neanche esserti informata su...»
«...e il lavoro...»
«...dopo che ti sei...»
«...per quanto tempo credi...»
«...vagando alla cieca senza...»
«...non sai neanche se...»
«...e poi chi...»
«BASTA!» grido dopo alcuni minuti, con la testa che
mi scoppia.
Improvvisamente le voci cessano, e io mi siedo sulla poltrona,
massaggiandomi con la mano libera la tempia sinistra.
Di questo passo impazzisco sul serio.
Dopo pochi secondi di silenzio, affermo prendendo un bel respiro:
«Lo so, è una decisione presa un po' velocemente,
ma sono
sicura di quello che ho scelto. E non ho intenzione di ritardare la
partenza, più aspetto peggio è.»
Danny mi fissa allibito, mentre mia madre dall'altra parte della
cornetta mormora timidamente: «Quindi parti
domani.» Forse
più a sé stessa che a me.
Annuisco, anche se non mi può vedere.
«Esatto» ho poi la forza di dire.
«Okay, non te lo impedirò, piccola mia»
dice dopo
qualche minuto di silenzio. «Perché lo sai che
rimarrai
sempre la mia piccola, vero?»
Sorrido. «Certo che lo so, mamma. Ti voglio troppo
bene.»
«Anche io, tesoro, anche io.»
Quando chiudo la chiamata, Danny mi lancia un'occhiata preoccupata.
«Ne sei sicura?» sussurra poi.
«Sì, certo» rispondo io, con convinzione.
«Da sola?»
«Da sola.»
A questo punto si alza e si avvicina a me, senza smettere di guardarmi
negli occhi.
«Io sarò sempre al tuo fianco» dice,
accarezzandomi una guancia con dolcezza.
«Lo so» affermo io, facendogli un piccolo sorriso.
Poi gli
prendo la mano e intreccio le mie dita con le sue. «Lo
so.»
*** Spazio Autrici ***
Ed eccoci qui, gente, con il terzo capitolo di questa storia :D
Anche se questo chap l'ho scritto meeesi fa (ancora quando era in corso
Ds2!), ricordo come se fosse ieri quel giorno.
Era sera ed ero appena tornata da una specie di gita con mia cugina,
appunto, appassionata di avventure tra gli alberi, e mi aveva convinta ad
andare con lei (quando maiiii!). Ed io che, come Ev, sono una totale
inganfita e ho tipo zero equilibrio (specialmente quando si tratta di
stare appesa a un filo :/), ho fatto la sua stessa figuraccia. Al
percorso intermedio okay, me la sono cavata, ma quando poi mi ha
costretta a seguirla in quello rosso ho toccato il fondo, cadendo
davvero come un sacco di patate, e poooi sono stata salvata da un uomo
volante in perizoma... (sì, un po' come Tarzan!)
Ahahahhahah,
mamma, credo che me lo ricorderò per tutta la vita :))
Così, per farla breve, non ho esitato a mettere per iscritto
la mia esperienza adattandola a Ds3 :DD
Sì, la maggior parte delle cose successe a Ev sono davvero
capitate a me, a parte il punto in qui Ev cade e non riceve aiuto
subito (se fosse successo a me ciao che "porco cazzo" avrei urlato!
Ahahahahahah)
Bieen, dato che non ci sono nuovi personaggi, posso parlare
dell'andamento che ha preso Ds3. Siamo decisamente a buon punto, la mia
socia Linduz prosegue inarrestabile e a marce forzate xP (ieri sera ha
giusto giusto finito il capitolo 6 e iniziato l'8, e a parer mio ha
fatto e sta continuando a fare un lavoro bellissimo) (che esagerata u.u
ndLeslie), mentre a me manca poco per completare il 7 ;D
Mi piace così tanto scrivere Ds3! Principalmente
perché
mi diverto da morire, e poi perché lo vedo molto come uno
sfogo
quando ne ho bisogno... è proprio bello, sì **
Okay, non ho nient'altro da dire, se non ringraziare immensamente chi
ci sta seguendo e chiedervi in ginocchio di recensire.
Non vogliamo un poema di recensione (come quelli che ci lascia quella
pazza di Maria Paola <3), ci vanno benissimo pochissime parole,
davvero. Grazie con tutto il nostro cuore a chi lo farà,
abbiamo
proprio bisogno di sentire nuovi pareri, sia negativi che positivi! :)
Baciii,
Lalla and Leslie
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