4.
Recensione.
Karen’s
PoV
È sera,
è buio, e io sono in casa da sola.
Di nuovo.
Eccheppalle!
Il film che ho messo nel lettore DVD scorre sullo schermo, fotogramma
dopo fotogramma, rigorosamente in inglese. Io non sto nemmeno facendo
finta di guardarlo.
C’è il computer acceso vicino a me, con una
finestra aperta sulla pagina della mia mail, una sulla home di Facebook
e una sulla pagina account di EFP. Lo sbircio una volta ogni tanto,
quasi sperando che succeda qualcosa pur di dar tregua alla noia che mi
rende irrequieta.
È sabato sera, e io sono a casa da sola, ad annoiarmi a
morte. A meditare piani omicidi di vendetta, ma so benissimo che non li
considererò nemmeno di striscio… mi faccio i film
solo per passare il tempo.
I miei sono fuori a cena, a dare la caccia a uno di quegli infiniti
piatti del buon ricordo che mio padre ama tanto. Mia sorella invece
è uscita con i suoi amici, è andata a ballare.
Grazie per l’invito, eh.
Certo, logico, io studio in un’altra città, torno
qui per il weekend e regolarmente --no, dico, REGOLARMENTE-- quelli
escono, o fuori per un giretto tra città, o fuori a cena con
amici e colleghi, o a ballare in discoteca o a una festa di compleanno.
E regolarmente --no, dico, REGOLARMENTE-- io sto a casa. Fantastico.
Le parole della mia bellissima sorella mi rimbombano nelle orecchie,
portando anche una bella pugnalata:
--Esci coi tuoi amici, deficiente!--
E non è tanto quel deficiente a ferire, so che lo dice un
po’ per rompere le scatole e un po’ per affetto,
quanto la quarta parola.
Amici.
Averceli gli amici, vorrei ribattere. C’ho provato una volta,
e m’ha riso in faccia. Tanto per cambiare.
Ne ho appena cinque o sei di amici, idiota d’una bionda. Ma
Dalila la sera non esce, con Andrew è un casino da quando
Judith m’ha tirata in mezzo, Mel è in vacanza con
il suo ragazzo. Seli e Annie stanno in altre città.
Apro di scatto gli occhi e fisso la luce, cercando non tanto di
accecarmi quanto di scacciare le ombre che già sento premere
attorno a me.
Le ombre dei miei
pensieri, della mia rabbia, del mio rancore.
E così ritorno su EFP, recupero una storia e comincio a
recensire un capitolo che avevo lasciato indietro per questioni di
tempo.
E la recensione si forma pian piano, con pazienza infinita, mentre io
allineo ogni parola, ogni punto esclamativo, ogni faccina digitata con
i simboli matematici. E viene lunga, lunghissima.
C’è il saluto iniziale, dove rispondo ai
ringraziamenti, sempre molto calorosi, degli autori. Ad esso,
ovviamente, seguono il solito “chiedo venia” per
aver saltato il capitolo precedente, che prometto di recuperare qui in
seguito. Sono scuse esagerate simpatiche, giocose, tanto per ridere,
anche se il dispiacere d’origine un po’
c’è. E non è per manie di persecuzione,
anche se quelle non mancano, ma perché so benissimo quanto
gli autori apprezzino le mie recensioni.
Dopo questi due primi trafiletti, comincia il vero commento. Ed
è un commento che si articola seguendo i paragrafi della
storia, lasciando un parere e un complimento su ogni aspetto che
ritengo sia di rilievo o che semplicemente mi è piaciuto
tanto. E sono sempre tanti, forse anche troppi, gli elementi che mi
colpiscono. Dal banale aggettivo per caratterizzare il gesto di un
personaggio al cliff-hanger mozzafiato con cui è stato
concluso il capitolo. Sono recensioni complete, quasi professionali, ma
anche simpatiche… perché le urla contro il
personaggio che fa il bastardo non mancano mai, così come
non mancano gli scleri o le faccine.
E infine ci sono le mie “note a fondo pagina”, dove
faccio ulteriori complimenti sullo stile, sulla storia in generale,
sulle descrizioni, sulla trama. E chiudo con la mia firma, il mio
“famoso” bacio.
Io sono contenta che gli autori mi apprezzino tanto, perché
è importante anche per me sapere di aver lasciato una bella
recensione. Anche se è più corta di quelle che
lascio ai miei autori preferiti, anche se contiene una piccola critica
scritta ovviamente con tatto e umiltà --sì,
perché non sono una ruffiana, se faccio dei complimenti vuol
dire che li meritano--. Mi piace far sentire loro che ci sono, che
sarò lì per loro se mai saranno insicuri su un
capitolo, o se hanno paura che i fan li abbandonino perché
hanno un blocco o dei problemi che impediscono loro di pubblicare. Mi
piace far sentire loro che sono un’amica, oltre che una fan,
anche se non li conosco personalmente.
Ma alla fine forse un po’ li conosco, perché
nonostante i personaggi siano tanti lo scrittore è sempre
uno. E da qualche parte, in quei personaggi, c’è
sempre in pezzo d’identità del loro creatore. A
volte è anche più di un pezzo, forse.
E così scrivo ogni frase, mettendoci complimenti, ironia,
stima, rispetto, emozione, risate. Metto tutto quello che posso, e
forse so anche perché. O almeno, lo immagino. Me lo dicono
anche loro che sono un angelo, a scrivere sempre così tanto.
Quello che forse però non sanno, e che di per certo non so
nemmeno io, è che sono sempre in due le persona che
finiscono per beneficiare di quelle recensioni: una è
ovviamente, l’autore; l’altra invece, sono io.
Perché tutte quelle parole messe pazientemente in fila una
dietro l’altro sono le parole che io ho lasciato nella
valigia. Sono tutte le parole che non ho detto mai, che non dico mai,
che non dirò mai. Ed è per questo che il mio
grazie a loro diventa ancora più sentito, più
vero: perché condividendo i loro sogni mi permettono di
immedesimarmi un po’ nei loro personaggi e di vivere altre
esistenze, e di dire altre parole.
E forse anche loro lo sanno, a livello magari inconsapevole,
perché quando mi ringraziano lo fanno con repliche
altrettanto dettagliate, altrettanto intrise di rispetto e gratitudine.
Ecco perché mi piace recensire, perché passo
serate come queste non a scrivere a mia volta ma a stilare un commento
dettagliato della storia di qualcun altro. Perché
è un atto non solo voluto e apprezzato e spontaneo e bello,
ma è anche un atto dovuto. A loro, e anche un po’
a me stessa.
Angoletto!
Ed eccomi qua, puntuale di lunedì sera! Vabbè,
puntuale come i cavoli a merenda, ma sorvoliamo...
Allora,
questo è il secondo capitolo di Bottled Up inside, e il
quarto se
vogliamo prendere in esame tutta la saga. Non ho molto da dire a
riguardo, se non ammettere che è un po' strano e che non ho
la minima
idea di come sia venuto fuori (un po' come quest'intera saga, a dirla
tutta)... ma è venuto fuori, perciò eccolo qui!
E diciamocelo, a chi di noi autori non piacerebbe ricevere sempre
recensioni così? :)
Se
qualcuno di voi lettori ha voglia di lasciare un commento, non
preoccupatevi: apprezzo di sicuro! Per qualsiasi domanda,
curiosità o
quant'altro, vi ricordo che potete trovarmi sia su EFP che qui su
Facebook: DreamWanderer
Un bacio a tutti voi!
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