Stazione di Como, 28 Aprile
Giancarlo, Carolina e i bambini
erano arrivati alla stazione di Como e, come da programma, i nonni paterni di
Alessia, Paolo e Maria, erano andati a prenderli. Non c’era infatti una linea
ferroviaria che arrivasse a Menaggio e i due anziani
non volevano che i piccoli viaggiassero sul pullman fino al paesino. “C’è della
brutta gente al giorno d’oggi” – dicevano – “ e visto che sono ancora bambini,
meritano di essere trattati con tutte le comodità. Ci sono tanti turisti che visitano
Menaggio. I nostri nipotini non possono di certo fare
il viaggio in pullman in piedi!”. Avevano pronunciato queste esatte parole
durante una cena di famiglia. Alessia era rimasta stupita e intenerita da quel
gesto d’affetto, dal momento che, quando era piccola lei, non l’avevano mai
fatto, anzi nemmeno proposto; però era felice che di quell’amore potesse godere
qualcun altro. “Che abbiano un cuore?”, aveva pensato ironicamente, dal momento
che si era posta una domanda retorica, sicuramente con risposta negativa,
almeno per lei. Giacomo, dopo aver ascoltato il racconto della cugina
sull’accaduto, aveva sbarrato gli occhi, inarcando i sopraccigli e facendo una
smorfia. “Affetto, eh?” aveva detto, ridendo, condividendo gli stessi dubbi di Ale. “Se Paolo e Maria sono capaci di provare amore verso
qualcuno o qualcosa, a parte loro stessi e il denaro, cambio facoltà e vado a
studiare filosofia, promesso!”. E dal momento che Momo odiava, o meglio
disgustava profondamente quella materia, doveva proprio essere sicuro di quello
che stava dicendo. “Ma come siete cattivi, ragazzi!”, aveva detto Delia, la
mamma del ragazzo, con un tono di finto rimprovero. “Cattivi,eh?”- rispose Momo, mantenendo il
tono ironico- “voglio vedere se cambierai idea dopo che ci avranno spediti a
dormire nella stalla e avvelenati!”. E la discussione si era conclusa con una
sonora risata.
Milano, appartamento sul naviglio grande, 28 Aprile
In un baleno, Alberto era
piombato sulla soglia della casa di Giacomo. Il ragazzo non fece in tempo a fargli
segno di accomodarsi, che l’uomo era già entrato e si era accasciato sulla poltrona del
soggiorno, ansimando. “Giacomo per favore chiudi la porta, in fretta!”, lo
pregò sottovoce. Il ragazzo non se lo fece ripetere e offrì un bicchiere
d’acqua ad Alberto, aspettando che si calmasse. “Scusate … lo so che vi sembro
matto …. non volevo ….”, ma si interruppe, il viso coperto dalle mani.
“Tranquillo Alby, rilassati … forza, dicci che cosa
sta succedendo”, disse Edoardo, mettendo il suo braccio intorno alle spalle
dell’amico. “Qualcuno mi perseguita. Mi hanno trovato …. hanno scoperto ….”, ma
non riuscì ad aggiungere altro, la sua voce fu spezzata dalle lacrime. “Chi ti
ha trovato? Chi ti perseguita?” chiese insistentemente Edoardo con l’intento di
far parlare l’amico. Dopo pochi minuti Alberto riprese il discorso; ora
sembrava lucido e tranquillo, la voce ferma e sicura. Si alzò in piedi e
pronunciò le sue parole mentre con passi veloci, che rivelavano il suo reale
stato d’animo e d’inquietudine, nonostante l’uomo si fosse imposto di
controllarsi, percorreva il perimetro del salotto di Momo. “Due anni fa, come
sapete, mio padre è mancato. I medici sostengono che si tratti di morte
naturale, infarto, ma onestamente non ci credo. Non ha mai sofferto di cuore, è
sempre stato un uomo che scoppiava di salute. In più il caso ha voluto, che
dopo la sua morte, l’azienda che dirigeva sia completamente entrata in crisi,
abbia dichiarato il fallimento e questo
ha permesso ad una nuova compagnia di ricomprarla a basso prezzo … non una
compagnia qualunque … ma quella che faceva maggior concorrenza a quella di mio
padre, la “Blue Marine”. Pur facendo un lavoro
completamente diverso, ho pensato di interessarmi di nascosto alla vicenda e,
grazie ad alcune mie conoscenze, sono riuscito a scoprire che la “Blue Marine” non aveva denaro sufficiente per acquistarla e
non ha chiesto un prestito ad una banca… ma un’altra associazione l’ha comprata e ceduta alla
concorrenza. Ho deciso di arrivare al nome dell’associazione, avevo già un
valido motivo, ma sono diventato ancora più deciso nel mio proposito quando…”, qui si interruppe per un momento e arrossì
leggermente, poi riprese “fino a quando ho incontrato Angelica. E’ successo
tutto per caso. E’… o forse dovrei dire era …”- fece una breve pausa, come se
cercasse di chiarire bene la cosa a se stesso, prima di rivelarla agli altri-
“va beh continuiamo… è un’amica di mia moglie,
frequentano gli stessi corsi in palestra. Un giorno è venuta a pranzo, io ero
appena tornato dal cimitero, non sapevo che ci fosse. Non ero molto allegro, mi
manca molto mio padre e ogni volta che vado a “fargli visita” rimango ancora
molto turbato e scosso. Angelica si è subito preoccupata e mi ha chiesto come mai
ero così triste. E così dopo veloci presentazioni, le ho raccontato brevemente la
mia storia…ovviamente ho omesso i particolari. Mi
sono limitato a dirle che ero distrutto per la morte di mio padre ed ero
amareggiato per il fatto che la “Blue Marine” fosse
riuscita ad acquistare l’azienda. Il giorno seguente è venuta nel mio ufficio e
mi ha raccontato che suo padre lavorava nella stessa azienda del mio e aveva
talmente sofferto per il crollo della compagnia e il suo conseguente
licenziamento, che era morto dal dolore, il suo cuore non aveva retto. Sono rimasto particolarmente colpito dalla
vicenda, Angelica era distrutta. Ricordare il recente passato non le aveva
fatto bene, aveva appoggiato il capo sulle sue braccia, quasi per voler
nascondere le lacrime che le rigavano il viso, pronunciava parole intrise di
dolore e rabbia. Voleva vendetta. Ho deciso di raccontarle quello che sapevo ….
Oh quanto me ne pento ora!! Le ho detto che avevo intenzione di andare fino in
fondo alla storia e che avrei trovato il modo di denunciare e incastrare i membri
di quell’associazione e Angelica si è offerta di aiutarmi. Grazie al suo aiuto
sono riuscito a entrare nella “Blue Marine” e ho
investigato. Ho trovato dei file e dei documenti che mettono chiaramente in
evidenza il fatto che l’azienda sia spalleggiata da un’altra associazione,
illegale direi; si è spacciata con il nome di “West Coast”,
ma ho provato a ottenere informazioni e non
ho ottenuto nessun risultato. Oltre al computer, ho deciso di dare
un’occhiata in tutto l’ufficio del capo e ho trovato una busta, era stata
aperta e riposta con cura, riportava un messaggio breve, ma freddo e preciso:
“Domani riceverai nuove informazioni. West Coast”.
Sono tornato a casa e ho raccontato tutto ad Angelica il giorno seguente,
accennandole il fatto che vi avrei chiesto aiuto in caso avessi ottenuto prove
più sicure. Era evidentemente molto preoccupata per me, sembrava spaventata, mi
ha pregato di desistere dall’impresa perché non era un gioco avere a che fare
con un’associazione di quel tipo, potevo essere in pericolo. Ma non è riuscita
a convincermi e quello stesso giorno sono ritornato alla “Blue
Marine”. L’orario era lo stesso della volta precedente e, sperando di avere
fortuna, ho cercato la nuova busta nel posto in cui avevo trovato la
precedente. Doveva essere un’abitudine dell’amministratore riporre i messaggi nello
stesso luogo: infatti la lettera era là, dove mi aspettavo di trovarla. Anche
questa volta era già stata aperta. L’ho letta: “Perletti(cognome
di Alberto) sta investigando, vuole scoprire tutto. Sta diventando pericoloso. Non
è solo, un’altra persona lo sta aiutando. Trovala ed eliminala. A lui penseremo
dopo.”. Ho chiamato subito Angelica,
dicendole che sarei corso da voi per chiedere aiuto,perché la situazione sta
peggiorando, perché ha ragione lei, questo non è un gioco, perché ora è in
pericolo, per colpa mia, e non potrei mai permettere che le accada qualcosa di
male. Non le ho rivelato le esatte parole della lettera, non ne ho avuto la
forza, le ho solo detto che deve rimanere fuori da questa storia e che non
voglio più nemmeno il suo sostegno, perché voglio portare a termine la
questione da solo. Sono venuto da voi appena ho potuto, ma devo scappare ora;
ho tenuto mia moglie all’oscuro di tutto, non voglio che cominci a sospettare
qualcosa. Vi prego aiutatemi. Lo so che vi chiedo moltissimo, ma andare alla
polizia non serve a niente. Aiutatemi a investigare. Per favore, vi imploro.
Sono disperato. Dobbiamo prenderli prima che la trovino. Dovete aiutarla. Non
so quanto servirà non vederla più. Per fortuna non la conoscono, non sanno dove
abita, non sanno dove si trova ora. Ma se la trovassero? Aiutatemi. Mi ha detto
che in questi giorni soggiornerà a Menaggio, con la
sua famiglia, perché è il luogo d’origine di suo papà e festeggiare in quel
luogo la Pasqua è come se la sua famiglia fosse ancora tutta riunita insieme,
come faceva una volta. Edoardo, Delia, Giacomo, so che vi chiedo l’impossibile,
ma siete le uniche persone di cui mi fido veramente. Aiutatela, o la
uccideranno”.