Ero
nella mia città, ero con la mia migliore amica, ma non
riuscivo a sorridere né a piangere, mi trovavo in uno stato
di totale sospensione, un limbo dove il dolore e la tristezza
aleggiavano come fitta nebbia e non mi permettevano di vedere e
scorgere e provare niente. Grigiore dei sensi, intorpidimento delle
membra e immobilità dell'essere.
Era staticità e apatia.
Mi trovavo in camera di Nikki ed eravamo sdraiate sul letto, avevo
appena finito di raccontarle tutto quello che era accaduto poche ore
prima, rivedendomi per l'ennesima volta i fatti davanti agli occhi,
come se stessi guardando ancora quel dannato film, peccato che non
fossi una spettatrice ignara e inconscia ma l'attrice reale e che
quello, purtroppo, non fosse una cazzo di semplice e banale storia
scritta da altri.
Anche lei era silenziosa, nessuna delle due aveva proferito mezza
parola dalla fine del racconto.
Entrambe guardavamo il soffitto, come se fosse la cosa più
interessante del mondo, ma nessuna di noi lo guardava veramente,
pensavamo entrambe.
Ad un tratto schioccò la lingua sul palato.
“Io quello lo ammazzo, anzi no, lo castro direttamente e, se
non dovessi riuscirci, glielo tiro e poi lo annodo ma non con un
semplice nodino del cacchio, uno di quelli che non può
slegare, tipo quelli delle cime delle barche, come si chiama.. ah
sì, nodo savoia. Testa di cazzo! Tesoro, mi dispiace
tanto”
Si avvicinò a me, spalla contro spalla, inclinai la testa
dalla sua parte e lei fece lo stesso, ci fissammo per circa un minuto.
La vedevo, era preoccupata, dispiaciuta e amareggiata; non volevo si
sentisse male anche lei, era parecchio empatica quando si trattava di
me.
Risi, ripensando alla sua frase di poco prima, e la vidi alzare
entrambe le sopracciglia, sicuramente stava pensando che fossi
impazzita.
“E da quando sai fare i nodi marinareschi?”
domandai curiosa.
“Hem... imparerò su internet o comprerò
un libro illustrato, ce la posso fare... Ma vuoi mettere la
soddisfazione che avrei ad impedire al Dio del sesso, nonché
Mr egocentrico, di scopare per un bel pezzo?”
Ridemmo. Era contagiosa Nikki, riusciva a strapparmi una risata anche
se non avevo nessuna voglia di ridere e credo che sorvolò
sul fatto che la mia fosse una risata un po' tirata.
“Hai due occhi gonfissimi, è meglio se ti riposi
un po'..”
Mi fece una carezza sulla testa e si azò, si
avvicinò ad uno dei suoi millemila cassetti
ed estrasse un pigiama.
“Mettiti questo, stasera dormi con me, poi domani potrai
andare a casa tua, non ti lascio sola stanotte. Nel frattempo vado a
prepararti una tisana della mamma”
“Grazie, ma niente tisana, ho lo stomaco completamente
chiuso.”
Fece no con il dito e assunse quell'aria materna “La tisana
la bevi o te la faccio ingoiare con l'imbuto!”
Ecco, mai contraddirla.
“Sì, mammina” le risposi accennando un
sorriso.
“Vado e torno”
Scomparì in un battibaleno. Mi cambiai e l'attesi a gambe
incrociate sul letto.
Forse avrei dovuto avvisare qualcuno, Steve o Bruce, ma da loro era
già mattina, quindi Steve era a lezione e Bruce, molto
probabilmente, immerso in una vasca nuvola in qualche centro benessere;
avrei mandato un sms appena mi sarei svegliata.
Lasciai il telefono spento in borsa, non mi andava nemmeno di
controllare se ci fossero messaggi o chiamate. E se mi avesse chiamato
Alex? Certo, per quale motivo avrebbe dovuto farlo? Inutile sperare o
farsi castelli in aria, era meglio lasciar perdere, dovevo solo
riposarmi e riprendermi, domani sarebbe stato un altro giorno.
Le lacrime, questa volta, scesero da sole.
Ma che mi aveva fatto? Dov'era finito il mio carattere? La mia forza di
volontà?
Non avevo più pianto da quando ero arrivata all'aeroporto,
perché doveva accadere, ancora, adesso?
Solo per aver pensato a lui per un attimo fugace? Era entrato in me
così profondamente che nemmeno riuscivo a rendermi conto
delle mie azioni, emozioni e sensazioni?
Sicuramente! Ed io mi sentivo una cretina per aver permesso che
accadesse tutto ciò.
Stupida, stupida Samantha.
Arrivò Nikki con la tisana fumante.
Mi asciugai gli occhi con la manica del pigiama, velocemente, non
volevo che mi vedesse piangere.
“Tieni scricciola, questa ti calmerà e ti
permetterà di dormire un pochino”
“Ok, grazie. Hai messo lo zucchero?”
“Certo che no, ti conosco bene, io!”
E mi sorrise sincera, non disse nulla, nemmeno quando mi
fissò il viso. Dio quanto le volevo bene.
Si mise il pigiama ed io finii la mia tisana. Nell'arco di cinque
minuti eravamo entrambe sotto il piumone, vicine.
“Nikki, tu domani devi andare a lezione, appena mi sveglio
vado a casa mia e ci vediamo poi la sera”
“Non preoccuparti, comunque ho già avvisato
Tara”
“Ah giusto, non l'ho nemmeno chiamata, sono una persona
pessima”
“Smettila o ti tiro un pugno su quella testolina buffa.
Adesso dormi, domani penseremo a cosa fare e tutto il resto”.
Ci abbracciammo come sorelle, come gemelle, come amiche che si volevano
un bene dell'anima.
Mi sentivo meglio, più rilassata e calma, non mi accorsi
nemmeno che mi addormentai in un lampo. Sfinita.
Mi stiracchiai, ma appena lo feci sentii tutti i muscoli dolermi. Ma
come cavolo avevo dormito?
Mi alzai ed andai in bagno a lavarmi la faccia, con mio stupore notai
che gli occhi non erano gonfi, segno che avevo riposato e non avevo
pianto nel sonno.
Ritornai in camera e trovai Nikki.
“Buongiorno bella addormentata, come ti senti?”
Domandò curiosa e sorridente.
Era strano vederla così allegra di primo mattino,
perché era come me, e ci metteva un po' ad ingranare una
volta uscita dalla culla dei sogni, inoltre era già vestita.
“Sinceramente? Mi sembra di essere stata investita da un tir,
mi fanno male tutti i muscoli”
Ridacchiò e si sedette sul letto, la raggiunsi e mi sedetti
vicino a lei.
“Ma tu, piuttosto, che ci fai a casa? Non dovresti essere a
lezione?”
“Hai fame?” Domandò in risposta.
“Mangerei una mucca, ma non hai risposto alla mia
domanda” Sorrise ancora. Iniziava a non quadrarmi qualcosa.
“Nikki, da quando sei così allegra di primo
mattino?”
“Hem.. è primo pomeriggio” Spalancai gli
occhi. Avevo dormito parecchio!
Mi alzai di scatto, mi vestii e presi il cellulare dalla borsa, Nikki
fissava i miei movimenti con attenzione, accesi il cellulare e
iniziarono a sentirsi beep
a tutto spiano.
A quanto pareva avevo ricevuto un bel po' di sms.
“Nikki, che diavolo c'è? Son cinque minuti che mi
fissi come se fossi un'aliena!”
“Se prometti che non ti arrabbi, ti dico una cosa”
Alzai un sopracciglio e la guardai.
“Che hai combinato? Non avrai chiamato Alex!”
“No, giuro che non l'ho chiamato” disse muovendo le
mani davanti a sé, negando ulteriormente.
“E allora che hai fatto? Lo sai che non posso arrabbiarmi con
te”
“Oggi è mercoledì”
“E allora?” Risposi convinta. Ma fu un attimo.
“Mercoledì! Come mercoledì! Nikki!
Com'è possibile?” Guardai il cellulare che avevo
in mano e vidi che segnava esattamente mercoledì. La guardai
aspettandomi una risposta.
“Ti ricordi la tisana?” Affermai con il capo.
“Gli ho messo dentro il sonnifero di mamma, volevo dormissi
tranquilla, ma mi sa che ho esagerato con la dose”
“Nikki! Ma sei impazzita?” Sbottai.
“Scusami Sammyna, ma l'ho fatto per il tuo bene, anche se sei
un po' indolenzita, almeno ti sei riposata, non hai pensato e giuro che
ti abbiamo monitorato. Giusto, ti ricordo che hai promesso di non
arrabbiarti..” Alzai gli occhi al cielo.
“Sei assurdamente incredibile” Alla fine l'aveva
fatto per il mio bene e in un certo senso potevo comprenderla, era
inutile arrabbiarsi, forse avrei fatto anch'io la stessa cosa.
“Lo so, e tu mi vuoi bene anche per questo” disse
trillante. Aveva ragione.
“Si, pazza di un'amica che non sei altro, Ma adesso con che
coraggio chiamo il Campus dopo tre giorni senza mie notizie? Conoscendo
Steve e forse anche Mark avranno allertato la Polizia, la fforestale, i
marines, l'aviazione o..” M'interruppe.
“calma, calma testolina, secondo te, ti avrei lasciato nei
casini? Ho chiamato Steve lunedì, gli ho detto che eri qui e
ha detto che avrebbe pensato lui ad avvisare chi di dovere”.
“Previdente”
“Astuta direi, non ti sei accorta di nulla”
Scoppiammo a ridere, poi prese il cellulare dalla mia mano.
“Vediamo un po' se lo stronzo ti ha scritto”.
Mi morsi un labbro, non ci avevo nemmeno pensato. Sentii un tonfo del
cuore.
Diamine, Alex aveva la capacità di sbattermi dal paradiso
all'inferno solo a nominarlo.
“Hai parecchi messaggi in segreteria e di testo suoi, il
resto sono di Bruce, Steve e Mark.”
Parecchi suoi messaggi... Cosa diamine voleva? Prima agiva e poi voleva
parlarmi? Prima faceva quel cazzo che voleva e poi, magari, pretendeva
di darmi delle spiegazioni? Avevamo un discorso da chiarire, ma dopo
quello che ho visto alla sfilata non c'era molto da dire: i fatti
parlavano da sé.
Però da buona masochista avrei voluto sentire la sua voce,
Dio quanto mi mancava!
Avrei voluto e potuto, bastava un attimo, schiacciare una semplicissima
sequenza di tasti sul cellulare, ma a che pro?
“Ho paura Nikki... Una fottuta paura di sapere, via telefono,
qualcosa di più brutto e doloroso di quello che ho
già visto.”
“Da quando ti lasci schiacciare senza reagire? Hai sempre
affrontato le questioni di petto, e non sarà certo un
distributore automatico di sesso a gettoni che ti farà
cambiare! Sammy, non posso credere che non ci sia una buona spiegazione
a quanto accaduto, stava andando tutto troppo bene tra voi.”
La interruppi.
“Appunto troppo bene. Troppo bello e perfetto per essere
vero.”
“Adesso basta! Cazzo! Non ti riconosco
più!” Sbottò.
La fissai basita, non era da Nikki alzare la voce.
“Sammy, Alex non è Steve. La vostra storia
è diversa, voi siete diversi e vi siete presi a testate per
un tempo indefinito perché volevate entrambi la stessa cosa.
Quando due persone fanno come voi due, quando si comportano uno in
riflesso dell'altro, esattamente come specchi, significa che di fondo
qualcosa c'è, e quel qualcosa non può essere
altro che amore. Solo che quell'altro è una testa di cazzo
bella e buona, egocentrico, geloso ma anche innamorato e cretino come
tutti gli uomini, e tu sei piena di paure perché ti sei
innamorata di lui. Sono sicura che a tutto c'è una
spiegazione, almeno secondo me. Quindi adesso libera la mente, torna in
te e rifletti su quanto ti ho detto. Vai a farti una passeggiata sulla
spiaggia che ti piace tanto, oppure prendi l'auto e vai a farti un paio
di curve sopra Santa Barbara, la moto è meglio di
no, fai qualcosa che ti piace fare... Sfogati e poi, più
tardi, penseremo a cosa fare”. Nikki aveva ragione, su tutto.
“Prendi il cellulare” e me lo porse “Non
voglio che tu vada in giro senza. Prenditi tutto il pomeriggio, ci
vediamo qui per l'ora di cena”. Sorrise.
Afferrai il cellulare e l'abbracciai.
“Grazie...”
“Adesso fila.”
Iniziai a camminare sulla spiaggia di Santa Monica.
Nonostante fosse ancora inverno, tolsi le scarpe e cercai quel contatto
con la sabbia che non sentivo da tempo.
La sabbia era fredda e i raggi del sole riscaldavano appena l'aria, il
profumo di salsedine e rena umida, trasportato dal flebile vento,
m'investì in pieno. Respirai a pieni polmoni.
Ero a casa.
Mi sedetti a pochi metri dal bagnasciuga, abbracciai le ginocchia e
guardai l'orizzonte, in quell'esatto punto dove il cielo e il mare si
uniscono fino a fondersi insieme, dando la parvenza di essere un unico
elemento. Immensità.
Ripensai alle parole di Nikki e cercai di creare un quadro completo
della situazione, estraniandomi e vedendo il tutto con distacco, come
se fossi una persona esterna, non coinvolta.
Era difficile inquadrare i comportamenti di una persona come Alex,
imprevedibile e troppo particolare per la logica comune, ma soprattutto
difficile perché riusciva a far sparire una buona parte
della mia razionalità.
E come sempre accadeva, quando si accantonavano momentaneamente le
emozioni ed i sentimenti, anche se spingevano e facevano accelerare i
battiti ad un'immagine, ad una frase o ad un ricordo, oppure facevano
increspare la pelle, provare un brivido o far scendere una lacrima, si
ritrovava la lucidità. Un grande sforzo, senza dubbio.
Salì la rabbia.
Mi ero fatta calpestare, non avevo chiesto spiegazioni ed ero scappata
per l'ennesima volta; avevo agito d'istinto, ancora.
Dovevo fare qualcosa: chiarire e perdonare o chiudere ed andare avanti,
altre soluzioni non potevano essere prese in considerazione.
Fanculo all'orgoglio e al possibile devasto che mi avrebbe potuto
cogliere, meglio un attimo da leone che uno da agnello o da cogliona.
Volevo delle spiegazioni e le avrei avute, nel bene o nel male e
sicuramente ci sarebbero state delle conseguenze.
Infilai la mano in borsa per estrarre le chiavi dell'auto e trovai la
busta che mi aveva dato la madre di Alex.
L'afferrai in mano e la guardai.
Vero che non volevo sentire la sua voce e leggere i suoi messaggi,
l'avrei affrontato direttamente, ma quella busta richiamava la mia
curiosità, adesso, in maniera morbosa.
Che cazzo c'era dentro? Che voleva quella donna?
Feci un respiro profondo e l'aprii.
“Ma guarda un po' la stronza fashion... Ma per chi mi ha
preso? Per una puttana?” Parlai a voce alta.
Un assegno con un post it appiccicato sopra con scritto:
Per il disturbo.
Saltai in piedi e gridai con tutto il fiato che avevo in corpo un bel Vaffanculo.
Infilai tutto in borsa e mi diressi, con passo incazzoso, all'auto;
sarei andata da Nikki con una decisione, sarei rientrata a New York
l'indomani, qualcuno mi avrebbe dovuto dare parecchie spiegazioni,
altrimenti le avrei cavate dalla sua bocca a suon di schiaffi.
Parcheggiai l'auto e suonai, aprì la governante e
m'indicò di raggiungere le ragazze in salone. Immaginai ci
fosse anche Tara.
Vidi Nikki seduta sulla poltrona con un sorriso e mentre entravo dalla
porta
“Nikki, devo tornare a New York tu non sai..” e
m'interruppi, vedendo Tara con Alex seduti sull'altro divano.
“Che cazzo ci fa lui
qui?” Domandai a voce alta.
Tara e Nikki si guardarono, poi Nikki le disse “Te l'avevo
detto che era meglio avvisarla”
“Se l'avvisavi non sarebbe venuta qui” rispose Tara.
“Secondo me sì”
“No, non l'avrebbe fatto”
“Sì”
“No”
Evitai di guardare Alex, concentrandomi sulle mie due amiche,
nonostante sentissi il suo sguardo bruciarmi sulla pelle.
“Basta!” Si zittirono e si girarono a fissarmi.
“Ho chiesto che diavolo ci fa lui qui!”
“Sam..” proferì Alex.
“Zitto, non sto parlando con te! Allora?”
“L'ho trovato mentre scendeva dal taxi davanti all'agenzia,
sapevo quello che era successo e così gli sono andata
incontro, poi...”
“Devi ascoltarlo, Sammy” disse Nikki. Assottigliai
gli occhi.
A quanto pareva il tutto era stato anticipato e io non mi ero nemmeno
preparata uno straccio di discorso. E adesso? Adesso avrei improvvisato.
Appoggiai una mano alla fronte, toccai le tempie e chiusi gli occhi.
“Che cazzo sei venuto a fare?” chiesi bassa,
evitando di guardarlo.
“Non fare mai più una cosa del genere!”
Spostai la mano e finalmente lo guardai, si era alzato in piedi e mi
fissava, serio, la mascella tirata. Mi misi a braccia conserte e
sfoderai il sorrisino più stronzo che avessi potuto fare. Se
pensava di rigirare la frittata aveva sbagliato tutto.
“Scusa?”
“Hai capito”
“Fino a prova contraria faccio quello che voglio... E poi tu
eri troppo impegnato, se non ricordo male, con la tua nuova, oppure
ripassata, amichetta”
“Non è come pensi”
“Certo e le marmotte confezionano la cioccolata”
“Sam, sto dicendo sul serio”
“Anch'io, Alex.”
“Ragazzi vi lasciamo soli, se avete bisogno di noi siamo di
là...” disse Nikki.
Continuai a fissare Alex ma allungai un braccio in direzione di Nikki e
Tara
“Voi due ferme, è casa vostra. Alex tu vieni con
me” L'avevo detto con un tono che non ammetteva repliche, mi
accorsi della durezza della frase solo quando le mie due amiche mi
fissarono preoccupate.
Diedi le spalle ad Alex, sorrisi a Tara e Nikki e mi avviai verso
l'auto. Sentii Alex salutare e i suoi passi seguirmi.
Aprii lo sportello dell'auto.
“Sali!” dissi senza voltarmi.
Misi in moto l'auto quando chiuse la portiera e partii.
“Sam, so che sei arrabbiata...”
“Alex, non sono arrabbiata, sono incazzata nera, sono delusa,
amareggiata e ferita”.
“Mi dispiace.”
“Anche a me.”
Scese il silenzio.
Forse stava pensando a cosa dire o il modo giusto per affrontare il
discorso. Alzai il volume dello stereo, scalai e sorpassai, accelerai,
mi spostai sulla corsia di sinistra e cambiai. La strada era libera,
sapevo dove volevo andare.
“Sam, è la tua auto?”
“Domanda idiota” Era targata Sammy.
“Non stai esagerando con la velocità?”
“Cos'è hai paura?” domandai.
“No”
“Bene. Hai qualcosa di sensato da dire o preferisci andare
subito all'aeroporto?”
“Non scenderò dall'auto finché non
avremo chiarito”
“Sei tu quello che deve dare spiegazioni, non io”
“Cazzo Sam, te ne sei andata senza dire niente!”
“Mi hai dato i motivi per farlo, mi pare.”
“Ti ho chiamato talmente tante volte al cellulare, che la tua
segreteria è diventata la mia migliore amica. Ah a
proposito, non c'è più spazio per i messaggi
vocali. Ti ho cercato ovunque tra domenica e lunedì, avanti
e indietro, volevo persino chiamare la polizia. Ho rotto i coglioni a
Bruce in piena notte per sapere dove cazzo fossi, ho svegliato tutti i
ragazzi all'alba per sapere se avevano tue notizie. Niente. Nessuno
sapeva nulla. Come pensi mi sia sentito? Dio, Sam, ero
preoccupato da morire, stavo impazzendo.. e poi scopro che sei venuta
qui, da Steve nel tardo pomeriggio di lunedì”
“Mai una volta che si facesse i cazzi suoi”
“Stupida, tu non ti rendi conto di quanto mi hai fatto stare
in pena.”
Stupida io? Poverino, si era preoccupato e adesso faceva la vittima, ma
era grazie a lui, alle sue azioni, ai suoi silenzi e alle sue mancanze
che ero tornata a casa.
Misi la freccia ed uscii dall'autostrada, eravamo arrivati a Santa
Barbara, m'infilai nella strada che portava verso la montagna, la zona
più panoramica e piena di curve.
“Si chiamano conseguenze, Alex, ma forse non sai nemmeno cosa
siano. Ah, ti consiglio di allacciare la cintura e di chiudere la
bocca, adesso”. Fredda e tagliente.
Se prima ero nervosa e incazzata, dopo le sue cazzate lo ero il doppio.
“Non sono un bambino cazzo!”
Lo
ignorai completamente. Iniziai a
sorpassare le auto, avevo rabbia e adrenalina da far defluire,
altrimenti gli sarei saltata alla gola. Alzai la musica, mandai avanti
un paio di canzoni e trovai quello che faceva al caso mio: Airplaines.
“Che
diavolo..” Gli lanciai un'occhiataccia. Si
zittì subito, spiazzato.
Sorpassai,
accelerai, scalai, si aggrappò alla maniglia
laterale; ero concentrata sulla strada, sulle curve, sulle poche auto
che incontravamo; sentivo i giri del motore salire e diminuire. Alex
finalmente si era zittito, forse aveva capito o forse pregava di non
morire, ma non me ne curai, ero completamente fuori giri.
Arrivai
nel punto in cui volevo, uno spiazzo abbastanza ampio, tirai il
freno a mano e fermai l'auto.
Polvere
come veleno.
Aprii la
portiera e scesi, veloce.
“Sei
un coglione” e la sbattei, chiudendola.
Scese
pochissimi istanti dopo e me lo trovai davanti. Adesso potevo
sfogarmi a dovere.
“Come
hai potuto? Prima dici che mi ami, te ne fai un'altra
davanti a tutti, fotografi e amici, e con che faccia tosta ti presenti
davanti a me? E quella donna che per te era solo lavoro ed invece
è tua madre? Mi rompi i coglioni perché sono
uscita con Bruce, fai lo stronzo, balli con quella puttana, m'ignori
dopo averti detto che mi mancavi e poi hai il coraggio di passare da
vittima, dopo che te la sei fatta e magari anche scopata a fine
sfilata. Anziché parlare con Christopher e credere alla mia
versione ti sei fatto abbindolare come un idiota da quella stronza
senza cervello, poi anziché chiarire anche solo con un
messaggio, con una cazzo di parola come scusami, oppure ho sbagliato,
che fai? Niente. Nada. Zero. Ma vogliamo parlare del fatto che hai
preferito credere a quella stronza e non a me? Non mi hai dato fiducia,
cazzo! Ma ti rendi conto di quello che hai fatto? Se volevi lei,
bastava poco a dirlo, ma potevi evitare di farmi star male facendomi
vedere quello che ho visto e comportandoti diversamente, invece di fare
lo stronzo immaturo e testa di cazzo. Te l'ho già detto non
sono una bambolina con cui giochi per un po' e poi appoggi sulla
mensola!
Hai
preferito ferirmi e stare zitto, lasciare che azioni ed eventi
parlassero per te.
Bugie,
bugie e ancora bugie e silenzi. Che cosa ti ho fatto
perché tu ti comportassi così? Spiegamelo, cazzo!
Perché non riesco a capirlo. Sei incoerente, vivi nelle tue
convinzioni, nelle tue teorie assurde, ti comporti come uno stronzo
silenzioso e menefreghista, sei... sei...” Si era avvicinato,
era a meno di una spanna e mi fissava serio.
“Sono
qui” disse grave.
“Grazie
al cazzo, idio...” Mi abbracciò
e mi strinse a lui. Cercai di liberarmi ma non me lo permise.
“Lascia...”
“Ascoltami,
per favore...” Lo disse in un sospiro,
un sussurro lieve, che sapeva di supplica e dolcezza; un soffio
invisibile ma consistente di quello di cui avevo bisogno: era pieno di
lui.
M'immobilizzai
ed inspirai lui,
in silenzio, in attesa. Sospesa in quel caldo e sincero abbraccio pieno
di dolore e amore, emozioni e sentimenti, paura e felicità.
“Mi
dispiace, amore mio. Scusami... mi sono comportato come
un idiota, mi sono lasciato illudere da una stupida
fotografia e traviare da una stronza, ho lasciato che la gelosia e la
paura prevalessero su tutto. Scusami... se sono stato uno stupido
egoista che ha perso di vista la ragione e si è fatto
offuscare la mente e il cuore. Scusami... se sono stato uno stronzo la
sera della festa e ti ho ignorato, se ho ballato con un'altra e non ti
ho rivolto mezza parola, ma ti ho fissato solamente. Scusami... se sono
uno scemo che ti ha sentito piangere e non ha fatto niente se non
guardarti combattuto, se non ti ho chiamato subito per chiarire e ho
lasciato passare troppo tempo. Scusami... se sono stato un cretino che
ti ha messo in secondo piano tacendoti alcune cose. Scusami... se sono
un menefreghista e ho dubitato delle tue parole e dei tuoi gesti.
Scusami... se sono un emerito codardo che aveva paura di affrontare una
semplice situazione e ho preso e perso troppo tempo. Scusami... se sono
un pezzo di merda che si è fatto baciare da un'altra davanti
ai nostri amici e a mezzo mondo, ma soprattutto davanti a te, se mi
sono lasciato cogliere alla sprovvista da qualcosa che doveva
stare lontano. Scusami... se sono un imbecille di prima
categoria che non ha pensato con il cuore e ha solamente guardato con
gli occhi, chiusi tra l'altro... Ma... Sam, tu riesci a farmi perdere
la razionalità e la capacità di giudizio, mi
rendi irrazionale e pazzo, vivo solo di emozioni, le più
disparate, e sensazioni quando si tratta di te. Tu non ti rendi conto
dell'effetto devastante che hai su di me, basta un niente
perché tu mi spedisca nell'Empireo e poi giù,
diretto, sparato, nella parte più bassa e terribile
dell'Inferno. La cosa più incredibile è che tu
non te ne rendi minimamente conto. Mi sono preoccupato da morire prima
di sapere perché non riuscivo a trovarti da nessuna parte,
ti ho cercato ovunque per ore, avanti e indietro, ho persino pensato a
tutte le cose brutte che potevano esserti capitate. Ero stretto in un
morso di paura e angoscia e terrore, non sapevo... io non sapevo
dov'eri né come stavi. Dio, Sam, sono stato malissimo, ho
pianto.” Mi strinse con più forza.
“Ho
rotto i coglioni a tutte le compagnie aeree per prendere
il primo volo per venire da te, per respirare il tuo profumo, per
averti tra le braccia, per spiegarti tutto, per rispondere alle tue
domande, per farmi insultare, per ascoltare la tua voce, guardare i
tuoi occhi, ma soprattutto per dirti che sono un coglione, che ho
sbagliato e che mi manchi da star male, Non sono capace di starti
lontano, non riesco a ragionare se non sei con me, io...” Lo
abbracciai con amore e dolore e gioia. Era impossibile non lasciarsi
andare, era impossibile non amarlo con tutta me stessa, era impossibile
essere ancora arrabbiata dopo quelle parole.
“Sam...
ti amo. Ti prego... perdonami. Sono un
coglione.”
La paura
scemò, il cuore accelerò e mi sentii
invadere dal calore delle emozioni, che solo lui riusciva a far
esplodere come fuochi d'artificio. Scesero le lacrime.
“Alex...
Ti amo... e si, sei un coglione”
Tremò in una risata silenziosa.
Prese il
mio viso tra le mani, con i pollici asciugò le
lacrime e posò delicatamente le labbra sulle mie. Era
tenerezza, era emozione, era amore.
Noi.
Semplicemente noi.
Posò
la sua fronte alla mia e sussurrò a fior di
labbra “Grazie”.
Avrei
potuto morire in quel momento, complice della
profondità e della sincerità dei suoi occhi,
delle sue parole e di lui, totalmente lui.
Avevo
bisogno di lui per star bene ed essere felice, avevo bisogno
della sua presenza ed essenza per essere me stessa e completarmi, per
trovare il mio spazio di mondo.
Cercai
le sue labbra e lo baciai, libera dai pensieri e dalle
spiacevoli sensazioni, libera dai tormenti che mi avevano assillato e
torturato nei giorni precedenti, libera da tutto e con il cuore leggero.
Tra le
sue braccia, sulle sue labbra, nel suo cuore e nella sua mente,
lì, in quello spiazzo, sotto quel cielo, davanti a quel
panorama e illuminati dalla luna, mi sentii veramente a casa e completa.
In pochi
attimi il bacio divenne profondo, vorace. Sentii le sue mani
stringersi sui glutei e mi sollevò, lo abbracciai con le
gambe e infilai le mani tra i suoi capelli. Ci perdemmo in quel bacio,
affogammo uno nella bocca dell'altro. Trasporto e Passione.
Sentii
la schiena appoggiarsi all'auto, inclinai la testa e le sue
labbra furono sul mio collo: baci, languidi tocchi e dolci morsi.
Respiri e sospiri, cuori accelerati e desiderio.
Ad un
tratto un gorgoglio cupo echeggiò tra noi e Alex si
spostò appena per guardarmi, occhi lucidi e un dolcissimo
sorriso.
“Hem...
il mio stomaco, avrei un po' di fame...”
Rise,
con quella risata che mi piaceva tanto e che mi faceva
volteggiare il cuore.
“Direi
che allora dobbiamo assolutamente andare a mangiare
qualcosa, ho una certa fame anch'io, oggi non ho mangiato nulla, ero
troppo nervoso e se... andiamo avanti così va a finire che
mangio te...” Ridacchiai.
La
tempesta era passata ed era tornato il sereno.
“Allora
andiamo, ti porto in un posto carino, sempre se mi
fai scendere...”
“Ok,
tu sei di casa quindi tocca a te far da Cicerone,
tigrotta mia. Però ti prego, guida più
piano.”
“Non
dirmi che avevi paura!”
Ridacchiò.
“Paura no, ma mi hai lasciato
spiazzato, non ti facevo capace di fare certe cose.”
“Vedi...
con me non ti stancherai mai. Dove la trovi un'altra
così?”
“Così
imprevedibile, pazza, splendida, sexy,
dolce, unica, incredibile, bellissima”
“Hey”
lo interruppi “Sei il mio adulatore
preferito, ricordami di parlare con te nel caso la mia autostima
dovesse scendere sotto i piedi”
Sorrise
sulla mia fronte mentre i miei piedi toccarono terra,
materialmente parlando, perché mi sembrava di camminare di
nuovo in paradiso.
“Andiamo,
ti porto a mangiare il pesce. Ti porto all' Harbor
Restaurant.”
Aprii la
portiera e sentii il suo braccio stringersi intorno alla mia
vita, la sua bocca sfiorò il mio orecchio e il suo torace si
appoggiò alla mia schiena.
“Mi
sei mancata stellina” mi lasciò un
bacio sulla guancia e fece il giro dell'auto e salì.
Sorrisi
con il cuore.
“E
così ceniamo sul pier di Santa Barbara a lume
di candela.” disse dopo che il cameriere se ne fu andato.
“Ti
piace?”
“Particolare,
ma non importa il luogo quando sono con te,
potevamo anche mangiare un hot dog in una bettola che andava bene lo
stesso, l'importante è che tu sia con me, perché
sei tu che rendi speciale le mie giornate.”
Ok,
aveva deciso che voleva vedermi sciolta come una candela: io la
cera, lui la fiamma.
Lui era
con me, noi eravamo insieme e il resto non contava
più; certo c'erano questioni irrisolte che avremmo chiarito
ma bastava la sua presenza per non farmi pensare a nient'altro. Era
gioia.
I
bicchieri tintinnarono ai nostri innumerevoli brindisi e le nostre
risate si sparsero briose nella sala, i nostri occhi non si lasciavano
mai, o quasi, giusto il tempo per non far schiantare il pesce sul viso
o farlo rotolare sul tavolo.
“Alex,
prendi il dolce?”
“Tra
poco con te, non qui, non sarebbe carino...”
“Scemo.”
“Arrapato,
fatina mia”
“Ok,
il dolce a casa, adesso una passeggiata per
digerire”
“Se
proprio mi tocca...”
“Ti
tocca, poco ma sicuro”
“Allora
andiamo, così possiamo andare prima a
casa” e ghignò malizioso.
Eccolo,
era lui in tutto e per tutto, nei suoi gesti, nei suoi sorrisi
e nelle sue battutine. Non potevo desiderare né volere di
più.
“Sam,
aspetta!”
“Lumaca!”
“Lumaca
a chi?”
“A
te, sei un leone con la velocità di una
lumaca”
“Tzè..
io ho le scarpe e tu le hai
tolte.”
“Embè?
Sei senza fisico.” Gli feci una
linguaccia, mentre camminavo all'indietro sulla sabbia e lo guardavo
con la luce della luna.
“Ah
si eh?! Adesso vediamo”. Si fermò,
si tolse le scarpe e le calze in un attimo e scattò.
Non me
l'aspettavo, feci appena in tempo a girarmi, fare due passi che
mi brancò e mi trascinò con lui sulla sabbia.
Iniziò
a punzecchiarmi i fianchi con le dita e a farmi il
solletico. Ridevo come una pazza.
“Allora
stellina, cos'è che non ho?”
“Niente,
niente! Ah ah ah ah” Era a cavalcioni
sopra di me, avrei potuto disarcionarlo e invertire le posizioni, ma mi
serviva qualcosa per farlo smettere o rallentare.
“Alex,
fermati, mi vien da vomitare!” Si
immobilizzò. Fui veloce, un colpo di reni, lo feci
sbilanciare e invertii le posizioni.
“Ma
cosa..”
“Scherzavo”
e sghignazzai.
“Che
stronza!”
Ridemmo.
“E
adesso che siamo così?”
“Adesso
che ti ho atterrato, sono soddisfatta e ti
punirò per avermi fatto il solletico” e
così dicendo mi abbassai sul suo viso e sfiorai le sue
labbra, nel frattempo scesi a far coincidere le nostre
intimità e mi mossi, strusciandomi appena.
“Oh,
se ti vendichi così, ti farò tutti
i giorni il solletico”
Sentii
le sue mani infilarsi sotto il giubbetto, farsi strada sotto il
maglione e spostare la maglietta; appoggiai i gomiti ai lati del suo
viso e mi appoggiai completamente a lui. Le sue mani scivolavano sulla
mia pelle, erano calde e lisce, si muovevano sicure fino alla
schiena e ancora più su. Brividi. Iniziai a baciargli il
collo, le guance, a giocare con il respiro nell'orecchio e a lambirne
il lobo, poi tornai sulla bocca, che mi attendeva famelica e ci
baciammo intensamente. Lo desideravo, lo volevo. Mi staccai brusca.
“Che
succede?”
“Niente.
Voglio stare qui ancora un minuto e poi andare a
casa mia, con te.”
Ero
idiota, lo sapevo da me, ma volevo guardare e respirare il mio
oceano con lui, un'ultima volta prima di tornare a New York.
Scesi
dal suo bacino eccitato e mi sedetti vicino a lui; si
alzò a sedere e, muovendosi impercettibilmente, si
mise dietro di me e mi avvolse tra le sue braccia, facendomi appoggiare
la schiena al suo torace e prendendo le mani nelle sue.
Restammo
così qualche attimo, in silenzio ed ammirare la
luna piena che si specchiava sull'acqua, creando quella strada argentea
che sembrava volerci condurre a lei, la sabbia brillava al candore di
quella luce e l'oceano suonava la risacca della sua melodia.
Pace ed
emozioni si fusero nel silenzio di quella serata invernale.
“Sam,
hai le mani e i piedi gelati.”
“Anche
tu”
“Che
dici se andiamo a casa al caldo? Non voglio che ti
ammali”
“Sì,
hai ragione. Andiamo”
Ci
alzammo, raccattammo le scarpe e ci dirigemmo, mano nella mano,
all'auto.
“Vuoi
guidare tu?”
“Non
so la strada e poi, se dovessi guidare, va a finire che
ti tocca riportarmi su quella strada spettacolare piena di curve,
quando l'unica cosa che vorrei veramente è assaporare altre
curve... ” fece l'occhiolino, sorridendo malizioso.
Avevo
riprese il pacchetto intero. Non potevo chiedere di
più.
Sulla
via del ritorno cantammo e parlammo come se niente fosse mai
accaduto, come se quella maledettissima settimana fosse semplice fumo
disperso dal vento.
Chiusi
la porta di casa e buttai le chiavi sul mobile all'ingresso.
“Questa
è casa tua?”
“Direi
di si, non m'improvviso una ladra quando devo andare a
dormire”
“E'
decisamente immensa!”
“E
non hai ancora visto niente. Dai seguimi, andiamo di
sopra, che la sabbia mi sta facendo impazzire”
“Ti
seguo” replicò guardandosi attorno.
Tolsi il giubbino e lo appesi, lo stesso fece Alex e ci incamminammo
verso le scale di marmo bianco, che separavano il salone in due parti e
portavano al piano superiore, dividendosi, poi, a destra e a sinistra.
Non
sentivo i passi di Alex e mi girai a cercarlo. Era fermo immobile a
guardarsi in giro.
“Alex?”
“Ci
sono.”
“Ma
dai?” Sghignazzai.
“Che
fai, mi prendi in giro?”
“No,
ma che dici?”
In due
balzi mi raggiunse, con il sorriso e quell'aria sexy e tenebrosa
che tanto mi faceva impazzire, si fiondò sulle labbra e
iniziò a baciarmi ancora e ancora.
Le sue
mani afferrarono il maglione, lo sfilarono e iniziò a
lambire, baciare e mordere il collo, ondeggiai travolta dai suoi
movimenti e mi trovai semi sdraiata sui gradini con lui sopra. Sfilai
il suo maglione e mi tuffai di nuovo sulle sue labbra, ne volevo
ancora, non mi sarei mai stancata di quel contatto; infilai le mani
sotto la sua maglietta, volevo sentire e toccare la sua pelle,
assaporarla, annusarla, così presi i lembi del tessuto
superfluo e la sfilai. Visione celestiale!
Quanto
mi piaceva quel torace, delineato alla perfezione e abbronzato,
liscio e marmoreo; feci scivolare le mani su ogni tratto di pelle,
sfiorando ogni singola cellula e non tralasciando un misero lembo;
m'inarcai, aggrappandomi alle sue spalle, volevo sentirne il calore e
il profumo, sfiorai la sua spalla con il naso e lasciai dei piccoli
baci e prosegui fino il collo e la parte sotto l'orecchio. Avvolta dal
tepore e dal profumo, chiusi gli occhi e nascosi il viso nell'incavo
della sua spalla. Dio quanto mi era mancato!
“Stellina?”
“Mmmm
adoro il tuo profumo e l'odore della tua
pelle...”
Lo
sentii respirare profondamente e poggiare la testa alla mia.
“Sam,
ti voglio”
Mi
sfilò la maglia e scese a baciare la clavicola,
oltrepassò il seno e continuò sul fianco fino al
bordo dei Jeans, poi risalì verso l'ombelico, lento e
delicato.
“Alex,
fermati. Se dovesse entrare qualcuno e ci trovasse qui
così?”
“In
piena notte? Bhè.. Lo salutiamo! E facciamo
ciao con la mano” e così dicendo tornò
a baciare e lambire la pancia, risalendo fino al reggiseno e ancora
sulla clavicola, con i denti spostò la spallina e riprese a
disegnare quei ghirigori umidi che mi facevano impazzire e che mi
eccitavano terribilmente.
Quando
le sue mani strinsero i seni e lui affondò con la
bocca sul collo, gemetti e mi inarcai ancora contro di lui,
strusciandomi come una tigrotta in cerca di piacere.
“Saliamo...”
dissi bassa.
“Sto...
bene... anche... qui” rispose grave tra un
bacio e un morso delicato.
“Ho
un'idea..” S'interruppe e mi fissò.
Sorrise malizioso.
“Adoro
le tue idee perverse.. che hai in mente?”
“Seguimi”
Lo
condussi in camera mia, aprii la porta e una volta dentro la
richiusi, si appoggiò alla porta.
“Camera
tua?”
“Si”
“E'
un appartamento non una camera”
constatò mettendomi le mani sui fianchi.
“Più
o meno”, presi la sua cintura e la
slacciai.
“Andiamo”
“Sul
letto?” Lambii il suo labbro e lo mordicchiai.
Afferrai i suoi jeans e m'incamminai verso il bagno.
“Ok,
niente letto... che hai in mente?”
Aprii
un'altra porta, quella del bagno.
“Bagno”
“Adesso?”
“Idromassaggio”
Gli slacciai i pantaloni
e mi abbassai trascinandoli con me, risalii accarezzandogli le gambe e
le cosce; presi l'elastico dei boxer e iniziai a tirarlo verso di me,
facendo scorrere l'indice e il pollice. Lo fissai negli occhi e li
abbassai, appoggiandomi al suo torace con il seno e spingendoli verso
il basso con il ginocchio.
“Questa
si chiama istigazione notturna al sesso
nell'idromassaggio”
Feci
scorrere la mano dal suo fianco e circondai il suo sesso con la
mano. Un gemito.
“Forse”
dissi sensuale.
“Ma
se non ti va...” e feci per indietreggiare di
un passo.
“Eh
no fatina, adesso che hai svegliato Alex Junior non
vorrai scappare...” disse portando le mani dietro la mia
schiena e slacciando il reggiseno.
Mi alzai
in punta di piedi e lo baciai, mentre la mano e le dita
accarezzavano la pelle calda e tesa. Scesi dalle punte dei piedi e
spostai la mano, arretrando di un passo.
“Odio
quando fai così...”
“E'
per una buona causa, golosone” mi spostai fino
alla vasca e aprii l'acqua della vasca interrata, rovesciai
il bagnoschiuma e poi, lentamente e sensualmente, slacciai i jeans e li
abbassai insieme agli slip.
“Ecco,
così va meglio..” Gli risposi con
un sorriso, ed entrando nella vasca.
“Che
fai? Mi raggiungi o resti appoggiato alla
porta?” domandai chiudendo l'acqua.
Non feci
quasi in tempo a finire la frase che comparve davanti ai miei
occhi in tutto il suo splendore di uomo e maschio.
Sempre
perfetto, molto probabilmente aveva veramente i geni di un Dio!
Entrò,
si accomodò e s'immerse bagnandosi faccia e i capelli, poi
con le mani li
spettinò e sorrise. Impossibile abituarsi a così
tanta semplicità e bellezza, persino i gesti più
semplici trasudavano ammirazione e goduria degli occhi.
“Che
c'è?”
“Niente,
ti guardavo” Ecco, mi ero imbambolata.
Possibile che riuscisse a farmi sempre quest'effetto? No, non ero
normale.
Mi mossi
tra la schiuma e le bolle e scivolai sopra di lui, a
cavalcioni. Occhi negli occhi, le sue mani si posarono subito sui
fianchi.
“E
perché mi guardavi?”
“Perchè
a volte mi sembra di vivere un
sogno”
“Dolce
stellina” Mi attirò a
sé e le nostre intimità si sfiorarono e si
toccarono, cercammo il contatto tra le nostre bocche e le nostre lingue
presero a danzare, dolcezza e tenerezza, che pian piano scemarono
lasciando posto a passione e desiderio, le nostre mani iniziarono a
vagare alla ricerca di pelle e carne da toccare, stringere e assaporare.
Lo
volevo e non volevo più aspettare.
Mentre
era distratto a mordicchiare il mio seno, mi alzai appena, mossi il
bacino e posizionai Alex Junior nella giusta
posizione, scesi leggermente, interruppe la sua adorazione del seno e
dei capezzoli e mi guardò.
Adesso
avevo totalmente il suo sguardo nel mio e i nostri visi si
sfiorarono, circondai, con le braccia la sua nuca e lui la mia schiena,
iniziai a scendere lenta, volevo gustarmi ogni singolo millimetro
insieme alle sue microscopiche reazioni.
“Sam...
vuoi farmi morire...”
“Shhhh”
Gli
occhi erano oceano e mare, emozioni allo stato liquido si
riversarono come uno specchio nei miei, i respiri diventarono sospiri e
i nostri corpi si fusero.
Gemiti e
movimenti di bacino. Le sue mani scesero sul mio fondo
schiena, le lingue ripresero la loro danza, i corpi seguirono
l'istinto e noi tornammo nella nostra terra: Lussurolandia.
E
l'orgasmo ci travolse.
"Lascia,
faccio io"
"Sicuro?"
"Mi
piace asciugarti i capelli e respirare il tuo profumo"
Come
facevo a non essere pazza di lui? O innamorata persa? Amavo
i suoi piccoli gesti, che gli venivano spontanei o che spesso erano
talmente unici che era nessun'altro avrebbe mai compiuto. Il mio Alex.
Il
mio amore. Il mio mondo.
Inutile
dire che una volta sotto le coperte ripartimmo ancora per Lussurolandia,
troppo
presi da noi, dall'essere di nuovo insime, vicini e uno parte
dell'altro.
E far
l'amore con Alex era quanto di più bello e appagante
potesse esistere.
Mi
strinse a sè e ci lasciammo abbracciare da Morfeo,
facendoci cullare il sonno da quell'incanto magico chiamato Sogno.
Angolino
autrice: Mi spiace se questo non è uno dei
capitoli migliori che ho scritto, ma spero che un pochino vi sia
piaciuto lo stesso.. L'importante è che non mi prendiate a
testate..purtroppo è un periodo parecchio sfigato..e gli
imprevisti, quando arrivano, arrivano, peccato che non siano mai
vincite stramilionare o inviti a sfilate XD Adesso vado a rispondere
subito alle recensioni che mi mancano.
Piccole precisazioni sul capitolo:
Il discorso del sonnifero: con mezza compressa (purtroppo nelle mie
sfighe c'è anche l'insonnia) riesco a dormire
tranquillamente per 20 ore. Quindi ho pensato che raddoppiando la dose
l'effetto potrebbe essere allungato.. se ho sbagliato chiedo
venia.
Nikki si arrabbia volutamente perchè capisce che sammy va
spronata e che si sta facendo troppe paturnie. Secondo il suo punto di
vista sono state delle incomprensioni, perchè stando a
quello che le raccontava Sam, nemmeno lei poteva credere che Alex
l'avesse abbandonata.
Il discorso della madre di Alex verrà ripreso nel prossimo
capitolo.
Solitamente ringrazio con una sfilza di nomi, tutte le persone che
seguono questa storia, ma un po' per mancanza di tempo e problemini
vari, non ho la testa per intabellare tutti.. quindi Vi ringrazio,
semplicemente.
In particolare ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo: prettivitto, gwen_87,
ElisinaUchiha, sister82, Princesa18, Genn,
Vera1982, baby 2080, Keil, CrisAngel, Biancaneve90, GingerRoxanne,
rodney, franklyn e liven.
Grazie
per le vostre recensioni, mi fanno star bene e mi danno la
possibilità di rientrare nella storia, anche quando sono
occupata a vivere altro, grazie per le emozioni che mi donate, grazie
per la vostra presenza. Grazie di cuore.
Un benvenuto
ai nuovi lettori.
A presto
SJ
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